L'efficientamento energetico degli edifici deve ad oggi essere uno dei pilastri dell'edilizia e, anche alla luce delle recenti disposizioni fiscali per favorire il ripristino delle facciate, conviene accendere la luce su quello che è, a parere di chi scrive, un enorme vuoto nella normativa italiana: la realizzazione del cappotto esterno difatti non è espressamente classificato in nessuna definizione di intervento edilizio, lasciando un alea di incertezza che non fa che danneggiare questo tipo di intervento che invece dovrebbe essere sollecitato, facilitato e chiarificato, vista anche la "spinta" notevole che è stata data a questo tipo di intervento nel cosiddetto super-ecobonus.
il presente post è aggiornato nei contenuti ad aprile 2021
il cappotto termico difatti è un elemento tecnico di grande utilità nell'efficientamento energetico, ed anche efficace perché consente di correggere facilmente i ponti termici del fabbricato (dipende poi da come è strutturato l'edificio: per esempio gli aggetti di balconi e sporti devono comunque essere gestiti con attenzione), ferma restando sempre la necessità assoluta della progettazione energetica e delle relative verifiche (anche per la correzione dei ponti termici, appunto).
la realizzazione del cappotto tuttavia, sebbene sia abbastanza facilmente inquadrabile dal punto di vista delle norme energetiche, lo è molto meno da un punto di vista prettamente edilizio. Nel DPR 380/01 difatti non vi è un esplicito richiamo ad un intervento di questo tipo, ed essendo un tipo di opera che incide sulla sagoma dell'edificio, occorre prestare una certa attenzione alla corretta interpretazione, al di là di quello che dicono di fare i Comuni.
Anzitutto, occorre verificare se la regione in cui si interviene non abbia specificamente inquadrato la questione. Il Lazio non mi risulta lo abbia fatto: tuttavia, l'art. 12 della LR 6/2008 indica che le opere di realizzazione di cappotti termici non incidono sul computo delle volumetrie ma solo all'interno di ben specificate dimensioni massime. la disposizione potrebbe considerarsi implicitamente abrogata dal successivo d.lgs. 102/14 di cui si dirà.
i richiami riconducibili direttamente o indirettamente a questo tipo di intervento si trovano in delle norme disparate, vediamo i riferimenti principali:
- art. 26 comma 1 della L. 9 gennaio 1991 n°10 - dispone che "al risparmio e all'uso razionale dell'energia" si applica l'art. 9 della L. 28 gennaio 1977 n°10, cioè sono soggetti a concessione gratuita. ad oggi diremo che sono opere sottratte dal contributo di costruzione, come le opere di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo. Non viene quindi esplicitamente detto che sono assimilate a dette opere, ma solo che sono esentate dal contributo di costruzione. l'art. 9 della L 10/77 non definisce gli interventi, ma individua genericamente quelli che non sono oggetto di contributo e che possono essere anche relativamente invasivi. Lo stesso articolo della L. 10/91 dispone che sono assimilate alla manutenzione ordinaria alcune installazioni di impianti da fonte rinnovabile, ma il cappotto termico non rientra in questa definizione, in quanto elemento passivo;
- l'art. 11 del d.lgs. 30 maggio 2008 n°115 prima, e l'art. 14 commi 6 e 7 del d.lgs. 4 luglio 2014 n°102 poi, hanno disposto che i maggiori spessori dei muri perimetrali o delle coperture necessarie per l'installazione di cappotti o insite nella progettazione di nuovi edifici non devono essere computate nel calcolo del volume edificabile e, soprattutto, possono derogare, fino a limiti prefissati, alle norme sulle distanze tra costruzioni, alle altezze e agli altri indici urbanistici. anche qui, non viene specificato nulla riguardo alla tipologia di intervento in cui ricade espressamente la realizzazione di un cappotto termico, ma è specificato che lo stesso può essere realizzato in deroga alle distanze. I commi 6 e 7 sono più di recente stati modificati dal d.lgs. 73/2020 che ha disposto l'abrogazione del comma 6 e la riscrittura del comma 7, producendo una lettura forse più chiara rispetto a prima, dove io avevo sottolineato alcune criticità: lascio qui appresso, in grigio chiaro, laddove qualcuno avesse necessità di ricostruire la storia evolutiva della norma, il precedente testo di questo post che qui vado invece a modificare, allineandolo all'attuale disciplina dell'unico comma 7, il quale comunque non appare esente da incongruità. Questo comma parla della possibilità di poter derogare a molti parametri urbanistici, tra i quali altezze e distanze ma anche superfici imponibili, i maggiori spessori delle murature perimetrali dovuti ad interventi di efficienza energetica finalizzate ad ottenere una riduzione del 10% delle trasmittanze limite, purché nell'ambito di opere di "manutenzione straordinaria, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia". appaiono quindi intanto escluse manutenzioni ordinarie e nuove costruzioni, ma le "ristrutturazioni edilizie" ad oggi possono ricomprendere anche interventi decisamente invasivi come demolizione e ricostruzione con nuovo sedime. Scompare quindi la disciplina previgente che prevedeva la possibilità di deroga anche nel caso di nuove costruzioni. la deroga rimane comunque legata al raggiungimento di una prestazione inferiore di un 10% rispetto ai limiti del d.lgs. 192/05, dunque si presti enorme attenzione a questo dettaglio giacché ad oggi è molto spesso necessario operare in deroga alle distanze (in particolare in quelle porzioni di città costruite fino agli anni '60) in quanto quelle vigenti in molti casi sono inferiori al limite di legge vigente. Va sottolineato, però, che dalla struttura della frase che utilizza il legislatore, sembra leggersi che la deroga vige solo per quella porzione di lavoro che è necessaria per ridurre di un 10% il limite di trasmittanza, anche se probabilmente si voleva dire che è derogabile tutto ciò che serve ad abbattere la trasmittanza termica, purché questa risulti, a fine lavori, del 10% inferiore a quella limite di legge*. Purtroppo, però, la norma sembra invece dire che la deroga si applica solo a quella porzione di opera che consentirebbe di abbattere di un ulteriore 10% la trasmittanza limite, e ciò è incongruo, perché appare quindi che tutto ciò che serve a raggiungere la trasmittanza limite, non sarebbe ammesso a deroga. Anche qui, comunque, non troviamo una indicazione relativa alla collocazione della realizzazione di un cappotto termico in uno specifico intervento edilizio, anzi la norma sembra proprio non prendere nessuna posizione indicando genericamente che il cappotto potrebbe rientrare in una qualunque definizione "a scelta" tra MS, RC ed RE: questo a mio parere non aiuta, ma nemmeno crea danni.
riporto il testo del comma 7 vigente al settembre 2021:
"Nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature
esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori,
necessario per ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei
limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le
modalita' di cui al medesimo decreto legislativo, non e' considerato
nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle
superfici e dei rapporti di copertura. Entro i limiti del maggior
spessore di cui sopra, e' permesso derogare, nell'ambito delle
pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al
titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai
regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra
edifici, alle distanze minime dai confini di proprieta', alle
distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario,
nonche' alle altezze massime degli edifici. Le deroghe vanno
esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile."
[segue un precedente testo del post, oggi superato dagli sviluppi normativi, che lascio qui per eventuale necessità di ricostruire la storia evolutiva della norma] Tuttavia, la formulazione dei commi 6 e 7 appare a mio parere ambigua, in quanto parla, al comma 6, di "nuove costruzioni" ed al comma 7 di "riqualificazioni energetiche": la norma insomma sembra dimenticare che esistono anche le ristrutturazioni importanti di primo e secondo livello (che sono quelle in cui più facilmente si ricade quando si fa un cappotto su un intero edificio), lasciandole prive, apparentemente, della deroga, a meno che non si voglia seguire comunque l'indicazione per le "nuove costruzioni" del comma 6, la quale prevede che per beneficiare della deroga, bisogna raggiungere un indice di prestazione più basso di un 20% rispetto al già restrittivo limite normativo: tale abbassamento è un importante vincolo quando si opera in ristrutturazione. Se si opera in riqualificazione, invece (comma 7) la deroga è anche qui subordinata al raggiungimento di un valore superiore a quello minimo di norma: qui ci si riferisce ai valori di trasmittanza del singolo elemento, che devono essere inferiori di un ulteriore 10% ai già restrittivi limiti di legge (ed attenzione sempre ai ponti termici, perché il calcolo secondo me li deve ricomprendere). Comunque si ribadisce che anche qui non vi è una esplicita indicazione su come deve essere visto l'intervento di installazione di cappotto termico. Secondo questa riflessione, va da sé che laddove l'intervento è effettuato su edifici che già non rispettano le distanze minime perché eseguiti in epoca antecedente all'imposizione delle relative regole, è obbligatorio eseguire interventi di efficientamento che raggiungano i limiti aumentati
;
- il glossario unico dell'edilizia libera non parla espressamente di cappotti termici ma, alla voce 5, inserisce nelle opere non soggette ad alcun titolo quelle di "riparazione, sostituzione, rinnovamento" dei rivestimenti interno ed esterno. a mio parere, la realizzazione del cappotto termico non rientra in questa definizione in quanto non è una sostituzione del rivestimento esistente e, comunque, si presti attenzione al fatto che, per quanto visto nel punto precedente, la manutenzione ordinaria sembra non poter beneficiare della deroga alle distanze. Fino all'emanazione degli altri glossari degli altri interventi edilizi (e qui si nota l'incongruenza di pubblicare un solo glossario invece che tutti assieme), direi che nemmeno questo documento ci riesce a fornire una indicazione del tipo di intervento;
- le 42 definizioni standardizzate dell'edilizia, la definizione 18 nel definire la sagoma dell'edificio indica la sua conformazione planivolumetrica contenuta entro il perimetro esterno, specificando solo che gli sporti e gli aggetti non vi rientrano solo se fino ad un aggetto di 150cm. il cappotto termico non può essere considerato un aggetto o uno sporto, quindi va ricompreso nel concetto di sagoma, e, per conseguenza, l'installazione di un cappotto incide sulla sagoma ma, per effetto delle disposizioni delle leggi viste sopra, non incidono sul volume, se si rispettano i vincoli normativi ivi previsti;
- il DPR 380/01 nel merito non dice nulla di specifico, ma, indirettamente, e parallelamente con l'allegato A del decreto SCIA 2 e leggendo gli articoli 3 e 10 comma 1 lett. c), indica che la manutenzione straordinaria non può contemplare la variazione di sagoma, mentre per la ristrutturazione edilizia, è specificato che vi si rientra quando vi è variazione di sagoma per immobili vincolati. Andando per differenza, quindi, potrebbe apparire non sbagliato collocare l'intervento nel risanamento conservativo se riguarda immobili non vincolati, ma apparirebbe invece rientrante nella ristrutturazione laddove è presente un qualunque vincolo di cui al codice dei beni culturali (e la definizione è vasta, quindi vi rientrano immobili con qualunque tipo di vincolo, sia di beni culturali che paesaggistici).
Dunque io non ho trovato una norma che ha espressamente collocato l'installazione di un cappotto esterno in uno specifico intervento edilizio. Molti, leggendo in senso ampio le disposizioni della L. 10/91, tendono a farlo rientrare nella definizione di manutenzione straordinaria e quindi soggetto a CILA. Sicuramente non lo classificherei come manutenzione ordinaria perché comprendendo la riduzione delle distanze, la circostanza va sempre verificata e non può non incidere sui parametri edilizi: inoltre, per come visto in uno dei punti precedenti, la manutenzione ordinaria comunque non sembra poter accedere alle deroghe alle distanze quindi nemmeno converrebbe sforzarsi di rientrarci. Come si è visto la manutenzione straordinaria non parrebbe essere perché nella stessa non può essere ricompresa variazione di sagoma (punto 3 della parte II della tabella A allegata al decreto SCIA 2), e l'intervento non è espressamente mai sottratto dal computo della sagoma.
A distanza di qualche anno dalla originaria stesura di questo post è intervenuta una sentenza TAR Lazio che forse per prima entra abbastanza nel dettaglio della vicenda e che cita proprio i passaggi normativi sia regionali che nazionali di cui si è discusso sopra.
Questa sentenza, che è la n°17948/2024 sezione 2s, è emessa con riguardo ad un contenzioso tra un comune (di Nepi, in provincia di Roma e quindi nel Lazio) ed un proprietario riguardo alla correttezza dell'applicabilità dell'ordine di demolizione ad un cappotto termico realizzato attorno ad una abitazione (presumibilmente a tipologia edilizia monofamiliare isolata) ed ulteriormente rivestito con pietra locale. Da quel (poco) che si può comprendere dalla lettura del solo dispositivo emerge che il cappotto è stato eseguito con una tecnica costruttiva particolare, per cui allo strato isolante (che sembra essere stato di meno di 10 cm effettivi) è addossato un rivestimento in pietra che a sua volta è sostenuto probabilmente non direttamente sullo strato isolante ma su una controfodera in muratura, e ciò ha causato un ispessimento di tutte le pareti perimetrali che va da un minimo di 25 ad un massimo di 45 cm: sicuramente quindi si parla di un rivestimento "termico" che esubera dalle dimensioni geometriche limitative delle norme sia regionali che nazionali sopra citate per cui l'azione repressiva appare giustificata, anche per via della presenza di molteplici vincoli tra cui quello paesaggistico. Il TAR conferma la bontà dell'operato del comune indicando in sostanza che: quando il cappotto termico produce un ampliamento volumetrico, questo è tale a tutti gli effetti di legge, anche urbanistici (a meno che non si rientri rigorosamente nelle dimensioni indicate dalle norme sopra citate, ndr) e che non si può evocare il principio di adeguamento alle norme igienico-sanitarie per evitare tale incidenza; che l'ispessimento delle murature incide sulle distanze tra costruzioni e distanze dai confini, in quanto non esente (se oltre i parametri delle norme, ndr); che comunque non è stata provata dalla proprietà l'effettiva incidenza dell'intervento sulle prestazioni energetiche. Di questa sentenza può essere utile qui riportare un breve estratto:
4.2 Fuori centro è il secondo motivo di ricorso, con cui si afferma che le distanze dell’edificio dal confine sarebbero conformi a quanto stabilito dalla normativa sulla riqualificazione energetica, di cui al D.lgs. 102/2014 e L.R. 8/2006.
Da un lato, infatti, va sottolineata la genericità del richiamo fatto alla precitata normativa, non essendo chiarite le ragioni della sua applicabilità alla fattispecie concreta, viepiù sotto un profilo temporale quanto al D.lgs. 102/2014, essendo state le opere realizzate tra il 2008 e il 2009; peraltro, nemmeno è stata fornita alcuna prova in ordine alla effettiva riconducibilità dell’intervento in esame nell’ambito degli interventi di riqualificazione energetica, non avendo la ricorrente provato l’intervenuta riduzione significativa dei limiti di trasmittanza, come previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. Dall’altro, come correttamente osservato nel verbale di sopralluogo, risulta in ogni caso superato il limite del maggior spessore delle murature esterne di 25 cm previsto dall’art. 12, comma 1, L. R. 6/2008, con violazione delle distanze non derogabili dai confini, senza che la ricorrente abbia fornito elementi di prova contraria in merito.
Dunque nel caso di specie oggetto della controversia sicuramente c'è stata una scarsa dimostrazione delle effettive prestazioni tecnico-energetiche del cappotto, cosa che avrebbe potuto almeno aiutare a sostenere l'ipotesi della deroga alle distanze; tuttavia, in generale appare comprendersi che un cappotto termico comunque va ad incidere sui volumi e, in quanto tale, si rafforza in me l'ipotesi che è un tipo di intervento che non può rientrare nella definizione di manutenzione straordinaria.
La sentenza cita anche l'art. 32 TUE nel passaggio in cui dice che in zona a vincolo paesaggistico tutte le difformità sono almeno variazioni essenziali, ma questo passaggio normativo è stato abrogato dal decreto salva-casa.
Da un certo punto di vista, forse un po' estremo ma come visto corroborato anche da una certa visione giuridica, la realizzazione di un cappotto potrebbe equipararsi ad un
volume tecnico. in fondo, ci sono degli elementi di parallelismo tra cappotti termici e volumi tecnici: entrambi sono sottratti dalla cubatura edificabile (giustificandone l'efficientamento energetico); entrambi sono funzionali al corretto funzionamento di un impianto (per il cappotto, ci si riferisce a quello termico, riducendone il consumo); entrambi sono realizzati al di fuori della sagoma perché non si possono fare all'interno della stessa. in tale visione, sembrerebbe quindi che un cappotto termico sarebbe più facilmente inquadrabile nella
ristrutturazione edilizia: del tipo pesante se l'immobile è soggetto a vincoli; del tipo leggera negli altri casi. Ne conseguirebbe che l'intervento sarebbe inquadrabile in Permesso di Costruire o nella SCIA alternativa in caso di immobili vincolati; SCIA ordinaria nel caso di immobili non vincolati. Ed attenzione, conseguentemente, all'articolo 44 che è lì in agguato. Il concetto appena espresso poi sembra a parere di chi scrive prendere maggiore slancio ispirandosi alle
recenti modifiche apportate alle norme sulle variazioni di prospetto introdotte dal DL "semplificazioni" n°76/2020, che sembrano seguire la stessa logica. Tenderei quindi ad azzardare quanto segue, pur rimandando la responsabilità delle scelte ai progettisti ed ai committenti che intraprendono l'avventura:
- un cappotto esterno eseguito su immobili non vincolati, potrebbe ritenersi correttamente collocabile nella ristrutturazione edilizia leggera, attualmente autorizzabile in SCIA ordinaria;
- un cappotto esterno eseguito su immobili ricadenti in un qualunque vincolo istituito ai sensi del Codice dei Beni Culturali (d.lgs. 42/2004), ricadrebbe invece nella ristrutturazione edilizia pesante, soggetto a Permesso di Costruire o SCIA alternativa.
Visto che abbiamo evocato il discorso vincolistico, anche nella citata sentenza, può essere
opportuno citare il DPR 31/17, dispositivo che ha introdotto una ampia casistica di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica. L'allegato A del decreto, che specifica gli interventi esclusi, nel caso di vincolo paesaggistico (quindi parliamo esclusivamente della parte III del Codice e quindi dei vincoli paesaggistici, e non dei vincoli della parte II che sono i vincoli dei beni culturali), sono anche quelli di coibentazione volti a migliorare l'efficienza energetica degli edifici, e quindi pare proprio riferirsi ai cappotti termici sia interni che esterni; tuttavia subito dopo specifica che sono libealizzati solo laddove non comportano la realizzazione di elementi "emergenti dalla sagoma" e che rispettino i caratteri originari dell'edificio in quanto a materiali e finiture. un cappotto termico va ad "ispessire" la sagoma, dunque non sembrerebbe essere un intervento "emergente", anche se è senz'altro un qualcosa che "emerge" rispetto alla sagoma originale del fabbricato. Tuttavia, specificando ancora che sono ricompresi anche quelli effettuati sulla falda, sembra proprio volersi riferire alla realizzazione di ispessimenti esterni.
Sulla questione del cappotto esterno in zone sottoposte a regime di tutela è stata prodotta dalla DGABAP del MiBACT una risposta ad un quesito specifico sollevato dalla Direzione Generale Politiche Abitative della Regione Lazio, che chiedeva al
ministero di esprimersi circa la effettiva attribuzione dell'intervento del cappotto termico alle opere sottratte dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica. Purtroppo non ho reperito la domanda fatta dalla Regione,
ad ogni modo è pubblicata la risposta della DGABAP. prima di parlare di questa risposta, è bene specificare le ragioni della domanda: nella Regione Lazio attualmente (gennaio 2021) viviamo una situazione di stallo procedurale dovuto al fatto che
l'approvazione definitiva del PTPR Lazio è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale e, quindi, ci si trova in un momento di interregno in cui vigono delle norme di salvaguardia in cui, effettivamente, se un'opera è sottratta all'autorizzazione paesaggistica (in virtù del DPR 31/17) si superano alla radice una nutrita serie di problemi; la risposta del MiBACT comunque va intesa come riflessione valevole sull'intero territorio nazionale.
Il Ministero parte dalla definizione stessa di intervento e ripercorre la logica che è alla base del DPR 31/17: pur dovendo rimandare il lettore all'analisi autonoma del testo, ne estrapolo qui gli elementi essenziali: 1. secondo il MiBACT, l'intervento sarebbe classificabile come manutenzione straordinaria, limitatamente alla sua riconduzione alla disciplina dell'art. 21 LR 24/98, e questo significa che effettivamente sono opere eseguibili anche nel temporaneo periodo di interregno che viviamo nel Lazio; 2. l'intervento va riferito all'immobile su cui viene eseguito, e per fare ciò occorre ripercorrere i contenuti della
circolare del 2017 della stessa D.G. in cui erano stati sviluppati degli elementi per poter distinguere la classificazione degli interventi, secondo la quale nell'ambito di un vincolo "storico", un edificio deve considerarsi di un certo rilievo laddove eseguito prima del 1945; 3. rimane sempre e comunque il nodo della finitura esterna: solo se rimane identica, in edifici post 1945 in zona con vincolo paesaggistico "storico" è possibile rientrare nell'esenzione dall'autorizzazione: ne consegue pertanto che tutti gli altri casi sono ricompresi nell'obbligo di autorizzazione, la quale comunque nel Lazio sembra poter essere rilasciata anche nel periodo transitorio.
Questi concetti sono stati rafforzati da una seconda, breve
circolare ministeriale del 4 marzo 2021 (circolata ad aprile 2021), nel quale si puntualizza che l'intervento di
cappotto termico esterno, se realizzato su edificio successivo al 1945,
può (e non
deve o, comunque, non necessariamente)
più facilmente
rientrare nelle opere escluse dall'autorizzazione (punto A.2 dell'allegato A al DPR 31/17), mentre invece molto difficilmente, per non dire mai, potrà rientrarvi nel caso di edifici ante 1945. Ovviamente,
il tutto acquista validità solo laddove esista un vincolo paesaggistico: questa cosa la puntualizzo perché anche nei siti di stampa specializzata è stata fatta passare l'idea che il parere sarebbe comunque richiesto per ogni edificio costruito prima del 1945: ovviamente ciò non ha senso, poiché solo la presenza del vincolo paesaggistico impone l'attivazione delle procedure previste dal Codice dei Beni Culturali. Si badi bene, comunque, che il MiBACT ben chiaramente non indica un automatismo tra età dell'edificio ed esenzione dall'autorizzazione, poiché dipende anche dal tipo di intervento che si pone in essere e dalle sue caratteristiche geometriche, oltre che prettamente estetiche: un cappotto che produce un ispessimento di 20cm potrebbe ritenersi, quindi, sottoposto ad autorizzazione paesaggistica anche in immobili post 1945 e con mantenimento delle caratteristiche originali, se va a modificare la geometria del fabbricato.
Prima ho scritto, e qui sotto ancora scriverò, che invece a mio parere l'intervento, date le sue caratteristiche e stante l'assenza di una sua esplicita collocazione nelle definizioni ufficiali, sarebbe più facilmente riconducibile nella ristrutturazione edilizia, la quale invece sarebbe esclusa tra le opere eseguibili nel periodo transitorio dell'art. 21 LR 24/98, ed è per questo che a questo punto non posso che suggerire sempre grande attenzione nell'intervenire in zone vincolate nel Lazio.
Alla luce della disamina di cui sopra, e visto che da un punto di vista delle norme civilistiche, energetiche e paesaggistiche l'intervento appare sollecitato e semplificato, nel preciso intento di perseguire un interesse pubblico primario e strategico (la riduzione del consumo energetico, con conseguente riduzione di CO2, riduzione polveri sottili, riduzione della potenza degli impianti e conseguente facilitazione dell'introduzione di impianti da fonte rinnovabile, conseguente miglioramento della qualità dell'aria, etc), sarebbe auspicabile da parte del legislatore una chiarificazione ed una espressa equiparazione dell'intervento del cappotto termico alla manutenzione straordinaria o risanamento conservativo, e sarebbe utile anche semplificare le disposizioni dell'art. 11 d.lgs. 102/14 che appaiono sia troppo restrittive, sia incomplete in quanto ignorano una parte degli interventi previsti dal d.lgs. 192/05, sebbene, per come visto, il d.lgs. 73/2020 abbia apportato significative modifiche a questa norma. Fino a che non ci saranno sviluppi chiarificatori sulla collocazione effettiva dell'intervento nella normativa, non posso che suggerire grande cautela nello scegliere il titolo edilizio per l'autorizzazione di un cappotto termico.
Sul tema della cogenza del vincolo, abbiamo una recente Sentenza
TAR Veneto n°307/2020 in cui viene citata la circostanza dell'esclusione dall'autorizzazione paesaggistica. In dettaglio, in questa sentenza si parla di un cappotto termico realizzato attorno ad un edificio che il PRG locale specifica come di pregio, vincolando gli interventi al rispetto di certi caratteri architettonici e, contestualmente, veniva annullata d'ufficio la CILA che la proprietà aveva depositato in sanatoria per avvenuta realizzazione del cappotto. il TAR non entra nel merito della validità della CILA rispetto all'intervento, ma annulla comunque l'atto comunale di annullamento più che altro perché avrebbe usato lo strumento sbagliato per farlo, ma comunque censura il comune laddove dice che l'intervento non poteva farsi perché incompatibile con le prescrizioni del piano regolatore, in quanto per il DPR 31/17 l'intervento è fattibile anche senza autorizzazione paesaggistica.
Il DPR 31/17 cita due volte opere riconducibili alla coibentazione esterna: una prima volta, nella voce A.2, laddove specifica che non è soggetto ad autorizzazione paesaggistica un intervento di coibentazione volto all'efficienza energetica, e nella voce B.5, laddove invece indica che se l'intervento di efficientamento comporta modifica dei caratteri morfotipologici dell'edificio o dei materiali dei rivestimenti, è soggetto ad autorizzazione semplificata. Dunque la lettura che sembrerebbe potersi dare al dispositivo è che il discrimine è nella possibilità di riproporre al di sopra della superficie del cappotto la stessa finitura materica dell'edificio originario (e legittimo). Dunque l'intervento del cappotto termico in zona con vincolo paesaggistico è attività libera dall'autorizzazione paesaggistica solo laddove sulla superficie del cappotto non produce variazione dei materiali di rifinitura dell'edificio originale: si pensi però a casi tipo facciate in cortina faccia a vista, realizzata con veri mattoni invece delle piastrelle incollate: in tal caso, per rientrare nella definizione, bisognerebbe installare il cappotto e quindi riproporre all'esterno la facciata in cortina (perché la prescrizione è anche sul rispetto dei materiali), il che rappresenta un problema anche di tipo statico per via dei pesi in aggetto e, quindi, dei costi e della complessità dell'intervento. Ad ogni modo, se il vincolo è nel rispetto del
materiale, è chiaro che un cappotto termico va a produrre un rivestimento di
materiale diverso (generalmente, polistirene o lana di vetro poi rivestiti da altri strati verso l'esterno), ma è vero pure che le norme paesaggistiche si focalizzano molto sull'aspetto esterno, a differenza dei vincoli dei beni culturali che prendono molto a cuore anche l'aspetto della materia non direttamente visibile.
Purtroppo, pur cercandone, non ho trovato sentenze specifiche sul tema: segnalatemi ogni spunto che ritenete sia stato omesso in questo post.
Dato che il tema ne è intimamente connesso, non si può omettere di spendere due parole sul discorso della
prevenzione incendi. Il recente
Decreto Ministero Interno 25 gennaio 2019 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n°30 del 5 febbraio 2019: in questo decreto sono state introdotte, dall'articolo 2, delle disposizioni specifiche per le caratteristiche di resistenza delle facciate degli edifici, consistenti nella indicazione che gli elementi di facciata non devono danneggiarsi e cadere durante un incendio, e devono essere concepiti per evitare o quantomeno limitare la possibilità che un incendio sviluppato all'interno di un appartamento si propaghi a quelli limitrofi.
Ai sensi del comma 1 dell'art. 2, le disposizioni si applicano agli edifici soggetti alle disposizioni di prevenzione incendi, escludendo quindi quelli le cui caratteristiche non rientrano tra quelle che fanno scattare le prescrizioni.
Le disposizioni, per espressa previsione del Decreto, si applicano sia agli edifici di nuova costruzione, e sia a quelli nei quali viene effettuato il "rifacimento delle facciate per una superficie superiore al 50% della superficie delle facciate". Il criterio di calcolo dunque è diverso rispetto a quello del decreto requisiti minimi: la superficie da considerare è solo quella delle facciate e non quella dell'intero involucro disperdente: ciò è del tutto normale visto che gli obiettivi delle norme sono differenti.
La norma comunque usa termini non "edilizi" e purtroppo poco circostanziati: non si comprende bene cosa si debba intendere per "rifacimento" delle facciate, e sarebbe stato auspicabile l'utilizzo di terminologie già presenti nella normativa italiana. Io non ho la risposta a questo quesito, quindi per ora taccio: tuttavia, mi sento di poter dire che l'installazione di un cappotto termico esterno può facilmente integrarsi nella definizione di "rifacimento" delle facciate perché va ad incidere su quegli elementi che la norma stessa va ad attenzionare. In ogni caso, è bene coinvolgere un professionista specializzato in prevenzione incendi quando occorre realizzare un cappotto termico su di un fabbricato nel quale si prevede di intervenire su più del 50% della superficie di facciata.
grazie per l'articolo, volevo chiedere se ritiene possibile far ricadere l'intervento in CILA ed avvalersi della legge regionale 6/2008 art. 12, se lo spessore totale delle murature esterne, compresa la facciata ventilata, non superano i 30+25cm
RispondiEliminaio non ho trovato riferimenti normativi che espressamente collocano questo intervento tra quelli realizzabili in CILA, anche se sarebbe auspicabile che lo fosse, per tutta una serie di ragioni. agirei con cautela.
EliminaSecondo me l'argomento è tanto semplice quanto contraddittorio. Per il cappotto termico che implichi l'installazione di pannelli isolanti è necessaria l'autorizzazione paesaggistica. Non si può semplificare e dire che basti riproporre al di sopra del cappotto termico (con pannelli) la stessa finitura sottostante in quanto comunque non si avrebbe il rispetto delle finiture orginarie (i pannelli costituiscono una variazione dei materiali originari ed eccedono la sagoma originaria). Quando si parla di non necessità dell'autorizzazione paesaggistica si fa riferimento ad interventi di cappotto termico consistenti nella posa in opera di intonaci con proprietà termiche. Detta interpretazione trova conferma anche nell'elenco degli interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, in cui si dice esplicitamente che se l'intervento di coibentazione implica l'installazione di manufatti che eccedano la sagoma dell'edificio si è soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata. Ne valgono osservazioni su variazioni di distanze e previsione dei vari PRG/PSC, che fanno riferimento esclusivamente all'aspetto urbanistico ma NON a quello paesaggistico.
RispondiEliminagrazie per l'approfondimento.
EliminaConsiglierei al riguardo di leggere la circolare applicativa del Mibac n. 42 del 21 luglio 2017: a pagina 24 il Ministero, riguardo i cappotti termici e quindi gli interventi A2 ed A3 dell'allegato al DPR 31/2017, sembra focalizzare l'attenzione sul concetto di "rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche dei materiali e delle finiture" solo per immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale. Ergo, da ciò che ne ho dedotto, sembrerebbe che per gli altri immobili la realizzazione di un cappotto esterno non necessiti di autorizzazione paesaggistica.
RispondiEliminaConsiglierei al riguardo di leggere la circolare applicativa del Mibac n. 42 del 21 luglio 2017: a pagina 24 il Ministero, riguardo i cappotti termici e quindi gli interventi A2 ed A3 dell'allegato al DPR 31/2017, sembra focalizzare l'attenzione sul concetto di "rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche dei materiali e delle finiture" solo per immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale. Ergo, da ciò che ne ho dedotto, sembrerebbe che per gli altri immobili la realizzazione di un cappotto esterno non necessiti di autorizzazione paesaggistica.
RispondiEliminamha... io l'ho letta diversamente: se immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale vanno riproposti i materiali originari secondo le usuali tecniche di restauro (senza cappotto altrimenti si alterano materiali e finiture esistenti). Negli altri casi è possibile utilizzare materiali e tecniche aggiornati tecnologicamente (come il cappotto) ma, essendo interventi emergenti dalla sagoma (peraltro anche la coibentazione del tetto), vanno in semplificata. Si salva solo l'intonaco termico che è liberalizzato su tutti glli immobili ad esclusione degli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale
RispondiEliminaBuongiorno
RispondiEliminaSecondo lei una CIL è sufficiente per una riqualificazione energetica super ecobonus 110 su unità unifamiliare in zona senza vincoli per interventi di cappotto termico, sostituzione caldaia e infissi, fv, solare termico, batterie di accumulo e colonnina di ricarica. Siamo a Marsala in Sicilia
la CIL ha un ambito applicativo molto limitato. nel post ho espresso alcune riflessioni circa il corretto inquadramento urbanistico. Comunque se parliamo di Sicilia, regione a statuto autonomo, bisogna vedere la normativa locale che può essere diversa da quella nazionale.
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RispondiEliminaBuongiorno, il mio quesito riguarda l'accessibilità alla detrazione del 110% per interventi su un immobile del centro storico di Roma.
RispondiEliminaStante la natura particolare del vincolo dell'Unesco, derivante dall'art. 24 delle NTA del PRG, come da lei ben illustrato in uno specifico post, per gli edifici non puntualmente vincolati che ricadono all'interno delle mura Aureliane, a suo giudizio, è applicabile il capoverso del comma 2 art. 119 del decreto Rilancio “qualora l’edificio sia sottoposto ad almeno uno dei vincoli previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio"?
Oppure per accedere alla detrazione del 110% direttamente con gli interventi trainati va dimostrato che "gli interventi trainanti di efficientamento energetico siano vietati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali" ?
In questo secondo caso mi sembra che non ci sia qualcosa (circolari od altro)che vieti esplicitamente il "cappotto termico"; ho trovato solo che è necessario richiedere l'autorizzazione, fermo restando che probabilmente la soprintendenza non approverebbe l'intervento.
Per cui mi chiedo come dimostrarlo a priori?
Grazie
tendenzialmente confermo che il vincolo del centro storico non può essere del tutto annoverato tra quelli del codice dei beni culturali. bisogna valutare quindi caso per caso perché confermo che non ci sono indicazioni generali che vietano cappotti esterni.
EliminaGrazie architetto!
Eliminacappotto realizzato nel 2013 con cil del ottobre 2013 nessuno ha avuto da ridire qualcosa. Che succede?
RispondiEliminaè una situazione da valutare: effettuerei una valutazione di conformità.
EliminaSalve a tutti, siamo in città storica a Roma (zona Bologna), NON inserita in carta per la qualità. Un mio amico ha richiesto un parere Coque per fare un cappotto su una facciata totalmente liscia e affacciata in una corte interna del tutto secondaria, con volumi e box auto, completamente chiusa alla vista pubblica e con edifici di qualità medio bassa. Il parere Coque è necessario in base alle NTA, per gli interventi dalla RE in su, ma ha detto andiamo sul sicuro... Certo del loro parere positivo, dato che avrebbe riproposto stessa finitura, colore, soglie in travertino etc, è andato avanti con i computi metrici, la progettazione della centrale termica, in attesa dei 45 giorni... Gli hanno dato parere negativo già per due volte, la prima dicendo che le informazioni erano carenti (?!), la seconda perché non ha previsto l'eliminazione di tutti i motori dei condizionatori esistenti, che ovviamente i proprietari (GIUSTAMENTE) non rimuoveranno mai....
RispondiEliminaMorale della favola, state attenti e non date niente per scontato... il mio amico a questo punto presenterà una Cila per Manutenzione Straordinaria e eluderà il problema Coque (già 3 mesi di tempo perso) rischia qualcosa?
Buonasera, devo presentare una SCIA in alternativa al Permesso di costruire, per interventi riferiti all'Ecobonus 110%.
RispondiEliminaIl fabbricato è in zona vincolata da PTPR, in quanto è compreso all'interno dei "beni di'insieme: vaste località ..." ed all'interno dei "corsi delle acque pubbliche".
Gli interventi che si andranno a realizzare sono:
- cappotto termico in facciata (attualmente l'immobile ha una finitura ad intonaco e dopo l'applicazione del cappotto termico le facciate verranno di nuovo intonacate).
La mia domande è la seguente:
E' necessaria la richiesta di Autorizzazione Paesaggistica Semplificata o posso, in applicazione al DPR 31/2017 allegato A, comma A2, dichiarare che l'autorizzazione non è necessaria, anche a seguito della nota del Mibact di fine 2020.
farei riferimento alla nota MiBACT, comunque se si è in dubbio sarebbe sempre preferibile depositare una richiesta di autorizzazione (cosa peraltro prevista dalla norma): l'ufficio dovrebbe valutare, prima di procedere, se l'intervento sia effettivamente soggetto o meno alla disciplina, e se lo ritiene sottratto, dovrebbe comunicarlo al termine della prima fase istruttoria.
Eliminasalve. una domanda. un palazzo, esternamente molto "squadrato" che rientra in "carta di qualità" e "centro storico fuori le mura" può far realizzare il "cappotto termico" usufruendo dei benefici "110%"? grazie.
RispondiEliminaottenendo il parere della sovrintendenza capitolina non vedo problemi, ma so che hanno rilasciato già dei pareri negativi.
EliminaGrazie
Eliminarifacimento copertura piana condominio anni 60 con cappotto termico. applicazione legge 10. maggior altezza di 15 cm del tetto piano. sgravio 65%. quindi devo fare la scia.
RispondiEliminasecondo me sì. se la superficie è accessibile, attenzione all'eventuale riduzione dell'altezza utile dei parapetti perimetrali, che deve rimanere entro norma.
EliminaBuonasera architetto,
RispondiEliminadesidererei porle un quesito che riguarda la cosiddetta Legge 10, più propriamente D.lgs. 19 agosto 2005 n. 192, attestante la rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento energetico degli edifici.
In caso di nuova costruzione, e non solo, è obbligatorio presentare la Relazione Energetica ottemperando a quelle che sono le trasmittanze termiche per le diverse Zone Climatiche del nostro territorio.
Ora, per questo basta ottemperare solamente alla TRASMITTANZA prevista per la zona climatica in cui ricade l'edificio, oppure è altresì obbligatorio risolvere i PONTI TERMICI? Cioè l'edificio realizzato nei suoi tamponamenti non deve presentare dei ponti termici strutturali ( ad esempio la presenza di un pilastro).
In attesa di una sua risposta la saluto cordialmente.
Francesco
se parliamo di nuova costruzione o comunque di intervento rilevante, le verifiche richieste dalla norma non sono sulle trasmittanze dei singoli elementi, ma su una trasmittanza "media" che considera porzioni opache, porzioni trasparenti e, naturalmente, i ponti termici. Anche nel caso di riqualificazione energetica, dove in effetti è richiesto il rispetto del valore di trasmittanza "puntuale" del singolo elemento su cui si interviene, è sempre necessario considerare i ponti termici. Il ponte termico, nei fatti, non è richiesto solo nella valutazione se l'intervento è ammissibile al beneficio fiscale dell'ecobonus, ma ai fini del d.lgs. 192/05 e del decreto requisiti minimi 2015 vanno sempre considerati.
EliminaGrazie.
EliminaBuongiorno architetto,
RispondiEliminale pongo il seguente quesito in merito alla Relazione Tecnica (chiamata anche ex legge 10) obbligatoria da presentare per una nuova costruzione ed altro.
Nel FASCICOLO SCHEDE STRUTTURE di tale Relazione sono state rappresentate alcune soluzioni da adottare come chiusura di tamponamento dell'edificio, rispettando ovviamente le TRASMITTANZE di legge per le varie zone climatiche. Adesso vorrei, invece, realizzare tale tamponamento con un mattone monostrato POROTON non rappresentato nelle Schede delle Strutture della Relazione, sempre ovviamente rispettando la Trasmittanza Termica previste per legge per le diverse zone climatiche.
E le chiedo? Potrebbe esserci qualche INCOERENZA, ed incorrere in qualche sanzione, tra gli schemi previsti in fase di progetto nella Relazione Tecnica e questo con una soluzione monostrato con un mattone POROTON , adempiendo, ripeto, sempre alla Trasmittanza termica prevista per tale zona , ma con una soluzione diversa e non rappresentata nel Fascicolo Schede Strutture in fase di progetto.
In attesa di una sua risposta la saluto cordialmente.
Francesco
le verifiche di legge non si riferiscono solo alla trasmittanza ma anche ad altri valori, comunque se la nuova stratigrafia consente il rispetto di tutte le verifiche di legge, non vedo problemi ad effettuare un nuovo invio della relazione ad integrazione/sostituzione del precedente ed a trasmetterlo per tempo al comune.
EliminaGrazie.
EliminaBuonasera architetto,
RispondiEliminadesidererei porle il seguente quesito:
attualmente sono Progettista e D.L. per la costruzione di una casa per civile abitazione ed anche come Progettista e D.L. dell'impianto di climatizzazione invernale ed estiva, nonché responsabile della Relazione ex Legge 10. Attualmente, essendo sorto qualche dissidio con la committenza , di comune accordo abbiamo deciso di essere sostituito solamente per quanto riguarda la Progettazione e Direzione lavori dell'impianti di climatizzazione invernale ed estiva, rimanendo responsabile solamente per quanto riguarda la Relazione energetica (ex legge 10 del 1991).
Adesso le vorrei chiedere, per ottenere ciò come mi dovrei muovere verso l'amministrazione comunale?
E' bene inviare una nuova Relazione Tecnica a sostituzione o integrazione di quella già depositata, o è possibile inviare anche una dichiarazione da allegare a quella già depositata dove si asserisce questa mia decisione di dimissione.
In attesa di un suo riscontro la saluto cordialmente.
Francesco
Potete trasmettere una nuova legge 10 in cui sono dettagliati i vari ruoli ed i soggetti preposti
EliminaGrazie
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