lunedì 6 aprile 2020

TAR Lazio e sanatorie a Roma

oggi parliamo di una sentenza TAR Lazio che ha di fatto posto seri problemi alla delibera 44/2011 di Roma Capitale, quella che dispone le (importanti) sanzioni per gli abusi edilizi in attuazione della legge Regione Lazio n°15/2008. Dato che gli eventi stanno modificandosi in questi giorni riguardo a queste discipline, è utile tenere d'occhio gli sviluppi.

N.B. nel giugno 2024 ho aggiunto in calce al post link e commento ad ulteriori sentenze, più recenti, inerenti lo stesso tema.


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La sentenza è la numero 7818/2019 TAR Lazio sez. 2 Bis (cui è stato proposto appello al CdS), di cui ne ha già parlato l'avv. Andrea di Leo di Legal Team in un ottimo post odierno in cui estende la riflessione alla situazione generale sulle sanatorie del Lazio, alla luce anche della LR 1/2020 di cui ho parlato anche io pochi giorni fa. Su questi temi non mi dilungo e vi rimando al post citato: qui mi interessa approfondire i contenuti della sentenza laziale.

La sentenza è specifica su Roma, e riguarda, tra l'altro, la delibera 44/2011 emanata dal Comune di Roma in recepimento della LR 15/2008, la legge sul contrasto all'abusivismo edilizio nel Lazio che tanto è stata criticata non tanto per il suo obiettivo generale (il contrasto all'abusivismo edilizio è una attività fondamentale ed importantissima dell'attività della Pubblica Amministrazione) quanto per le disposizioni esagerate, contrastanti col DPR 380/01 e per l'introduzione di meccanismi irragionevoli per il calcolo delle oblazioni che portavano a computare sanzioni a volte anche superiori al valore commerciale stesso dell'immobile. A dire che la legge 15/2008 della Regione Lazio era irragionevole, non eravamo solo noi poveri tecnici, ma nientemeno che la Corte Costituzionale. Alla luce di questa sentenza, dopo 12 anni, la Regione ha appunto apportato importanti, ma molto mirate, modifiche alla norma, attuate mediante la LR 1/2020 (link sopra).

la sentenza entra nel merito della sanzione, elevata da un municipio romano ad un condominio, per aver realizzato abusivamente un foro in facciata di 12 cm di diametro (!) per farvi passare una tubazione fecale (per riparazione di una tubazione ammalorata che evidentemente non poteva essere riparata in altro modo) e per aver realizzato una porta in facciata, in un volume su un locale terrazza condominiale, non presente nei progetti originari dell'edificio: di più non è possibile comprendere. Per entrambe queste difformità, il municipio procedeva applicando le sanzioni per ristrutturazione edilizia abusiva, ed elevava per detti abusi una sanzione di euro 20.000 oltre all'intimazione al ripristino.

Anzitutto il TAR differenzia, giustamente, i due interventi edilizi contestati. per la porta, conferma che l'opera rientra nella ristrutturazione edilizia, consolidando così il filone giurisprudenziale cui si è sempre preferito aderire secondo cui ogni singola modifica di prospetto rientra in tale fattispecie, ed essendo una difformità rispetto al progetto edilizio, a nulla rileva il lungo decorso del tempo dall'esecuzione dell'abuso e la sua contestazione, con ciò consolidando un altro orientamento giurisprudenziale importante, secondo cui gli abusi vanno perseguiti anche a distanza di molti anni, se realizzati in completa assenza di un titolo o in evidente difformità dallo stesso (anche se nel caso di specie ad un certo punto si dice che un progetto non è stato reperito presso l'amministrazione, il che è verosimile).

per quanto riguarda il foro in facciata, invece, viene derubricato ad opera di manutenzione straordinaria, in quanto inquadrato dal tribunale nelle opere finalizzate ad integrare impianti igienico-sanitari. dato che a Roma tale intervento è invece generalmente inquadrato nel risanamento conservativo (e strano che in questo contesto invece lo avessero inquadrato come RE), e visto che questo comporta una innovazione rispetto a questa visione, vale la pena citare direttamente il passaggio della sentenza:
[...] il Collegio rileva che, sul piano edilizio e fermi ulteriori aspetti di conformità estranei al presente giudizio, la realizzazione della tubazione in questione e l’apertura dell’esiguo foro che vengono in rilievo non rientra nel regime del permesso di costruire. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 380 del 2001, sono ricomprese nella categoria degli interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”. L’opera posta in essere – la quale, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della controinteressata non integra un “manufatto” – rientra in quest’ultima categoria, con conseguente illegittimità, in parte qua, della determinazione adottata dall’amministrazione
La questione più importante della sentenza, tuttavia, è quella relativa alla contestazione dell'entità della sanzione pecuniaria, oltre alla contemporanea irrogazione della sanzione ripristinatoria.

Il condominio contesta, ed il TAR dà piena ragione, la sproporzione della sanzione di 20.000 euro irrogata dal municipio, in aderenza alla delibera 44/2011. La delibera viene considerata irragionevole nella misura in cui dispone una sanzione da 15.000 a 25.000 euro per tutti gli interventi edilizi che possono rientrare nella fattispecie della Ristrutturazione Edilizia (RE2, una sottocategoria introdotta dal PRG romano) che sono obiettivamente moltissimi e di diversissima natura ed impatto sull'edilizia e non possono essere raggruppati in modo omogeneo perché troppo diversa è la loro natura. il TAR si concentra sulle sanzioni di cui al punto 6 della delibera, ma a parere di chi scrive le sanzioni di questa delibera sono tutte sproporzionate (che dire dei 25.000 euro secchi che sarebbero applicabili nel caso di realizzazione di cornici, pensiline ed elementi ornamentali o di soppalchi non praticabili in zona A?). La sentenza ribadisce anche che è illegittimo il doppio regime sanzionatorio che impone la normativa romana (in coerenza con quella laziale) secondo cui in zona A si applica sia la sanzione pecuniaria che la demolizione, laddove la norma statale impone l'alternanza tra le due (la legge nazionale dispone la doppia sanzione solo nel caso di immobili vincolati - art. 33 comma 3 TUE - ma non anche nelle zone A, dove vige l'alternanza).

Peraltro occorre rilevare che nell'accogliere la doglianza di parte ricorrente, che impugnava il punto 6 lett. a) della delibera 44/2011, lo stesso punto va considerato annullato dal TAR, come confermerà la successiva sentenza 12844/2024 sotto commentata.

alla sentenza di che trattasi è stato proposto appello al Consiglio di Stato: quando verrà emessa la relativa sentenza tornerò ad aggiornare questo post e sarà interessante vedere se verranno confermate le impostazioni di questa sentenza. La sentenza di appello non risulta ancora emessa a giugno 2024.

aggiornamento di Giugno 2024

Questo post è stato pubblicato nel 2020 ma fino a giugno del 2024 non sembra essersi ancora messo mano alla delibera assembleare 44/2011 che, ormai, è ampiamente valutata come illogica e sproporzionata nel meccanismo applicativo delle relative sanzioni. Tuttavia, una sentenza ancora più recente, sempre TAR Lazio naturalmente, in particolare la n°10489/2024 del 24 maggio 2024 ribadisce ancora una volta l'illogicità e sproporzione della delibera 44 nella misura in cui ha indotto il municipio territorialmente competente ad ingiungere una sanzione di 25.000 euro per aver realizzato, a quanto sembra cogliersi, delle porzioni orizzontali di condotto fumi per collegare una preesistente canna fumaria ad un nuovo forno installato in un locale piano terra (non si capisce se questi condotti sono esclusivamente interni, o anche parzialmente esterni). La sentenza citata tuttavia stavolta non si ferma semplicemente a dire che è illegittima la sanzione, ma che è illegittima proprio la disposizione della delibera, limitatamente, però (purtroppo), allo specifico caso trattato. Della sentenza è utile qui riportare uno dei passaggi essenziali:
In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso merita parziale accoglimento, nei termini sopra indicati, con conseguente annullamento del provvedimento sanzionatorio impugnato e della presupposta disposizione della delibera assembleare (punto 8), pure gravata, nei soli limiti dell’interesse qui azionato in relazione alla quantificazione per lo specifico intervento realizzato in assenza di titolo edilizio, non valutabile in termini di superficie utile lorda (istallazione senza titolo di due tratti di canalizzazione in acciaio inox di collegamento della cappa e del forno a gas alla canna fumaria preesistente) e ferma l’applicabilità della sanzione pecuniaria; con salvezza dei successivi provvedimenti che l’amministrazione riterrà di adottare.
Dunque la sentenza non annulla tutto il punto 8 della delibera, ma lo fa limitatamente al caso di specie, cioè la realizzazione di modeste tratte di canalizzazione per collegamento tra cappa e canna fumaria esterna, ma è chiaro che si tratta di una interpretazione che apre la possibilità di azionare ricorsi (e vincerli) con relativa facilità. Sarebbe comunque il caso che Roma Capitale provvedesse a riformulare una delibera palesemente illogica: tra le parole delle sentenze TAR sembra proprio potersi leggere un chiaro sollecito in tal senso indirizzato agli organi di governo comunali (e regionali?).

Giusto per ribadire che la sentenza appena citata non annulla né tutta la delibera 44 né tutto il punto 8, si segnala che lo stesso TAR, anzi proprio la stessa sezione, emette, a distanza di pochi giorni, una ulteriore sentenza, la n°11340 del 3 giugno 2024, invece giudica ragionevole l'applicazione di una sanzione di 7.500 euro, sempre calcolata ai sensi della delibera 44/2011, per opere varie tra cui la modifica di una scala e la realizzazione di un montavivande interno.

Ulteriore sentenza TAR Lazio, sempre del 2024, è inoltre la n°12844/2024 del 26 giugno che interviene in una controversia tra un cittadino ed il suo municipio che gli contesta che l'installazione di due "ampie" pergotende (una di circa 22 mq, l'altra di circa 16, neanche troppo "ampie") eseguite in zona territoriale omogenea A ma, soprattutto, in un immobile soggetto a vincolo puntuale ai sensi della parte II del Codice dei Beni Culturali, rientrano nella fattispecie della ristrutturazione edilizia in quanto capaci di alterare i prospetti del fabbricato vista anche la loro visibilità che, per quanto desumibile leggendo il dispositivo, era comunque evidente anche da suolo pubblico. Il municipio, in modo corretto secondo la valutazione del Giudice, applica la duplice sanzione sia demolitoria che pecuniaria, trattandosi di ambito vincolato e di zona A, ma quella pecuniaria viene considerata sproporzionata dal TAR proprio perché calcolata ai sensi della delibera 44/2011; in questo dispositivo viene fatto espresso riferimento alla sentenza 7818/2019 indicando che già in quella è stato disposto l'annullamento del punto 6 lett. a) e, dunque, pur confermando la sanzione demolitoria, rimanda al municipio la valutazione della sanzione da comminare che, a questo punto, non potendosi applicare la delibera 44, essa andrà calcolata, a questo punto ed a parere del sottoscritto, in base all'art. 33 comma 4 DPR 380/01 che dispone l'irrogazione di una sanzione compresa tra 516 e 5.164 euro, ciò in quanto la L.R. 15/2008 non ha riportato all'interno del suo corpo la disposizione del TUE secondo cui oltre alla demolizione si applica anche la sanzione pecuniaria, in caso di immobili sottoposti a vincolo.


4 commenti:

  1. secondo me se si dimostra che l'apertura della porta nasce dalla costruzione iniziale non deve rientrare in una ristrutturazione edilizia ma bensi in una mancata variante al progetto presentato e quindi art. 22 del dpr 380/01 con sanzione di euro 2.000,00 se zona omogenea A e euro 1.000,00 se altra zona

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    1. concordo, ma il titolo che si presenta oggi deve essere coerente con quella che era la variante mancata di allora: in questo caso si trattava di variazione di prospetto, quindi ristrutturazione edilizia. il TAR infatti su questo non dice che il comune ha sbagliato ritenendola tale.

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  2. Buonasera, ultimamente mi sto imbattendo in diversi casi di abusi edilizi commessi in fase di esecuzione delle opere. In particolare mi riferisco a finestre difformi rispetto al progetto originario, o in posizioni diverse oppure ancora modificate da finestra a porta finestra ecc... Desidero chiederti, hai avuto a che fare con questo tipo di abuso? so per certo che devo eseguire una scia a sanatoria ma se la modifica riguarda tutti i piani nel rispetto della simmetria quante volte deve essere pagata la sanzione? solo una volta o per ogni unità immobiliare? Ho visto in alcune pagine del tuo blog che si parla di sanzione di 516 euro o 1.000 oppure ancora 2.000 euro ma secondo la dcc 44/2011 la sanzione dovrebbe essere di 1500 euro o sbaglio? la cosa che fa più paura è pensare di dover pagare la sanzione moltiplicata per ogni singolo appartamento oltre al contributo di costruzione. Grazie per il blog e per i tuoi eventuali suggerimenti

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    1. benvenuto nella nutrita combriccola di tecnici alle prese con queste difformità. astrattamente sarebbe ideale poter intervenire sull'intero fabbricato, ma quando parliamo di condomini è sempre difficile, se non impossibile, trovare l'unanimità; dunque si ritiene non sbagliato procedere sanando anche singole unità immobiliari. in entrambi i casi, se le difformità sono ascrivibili alla ristrutturazione edilizia, a mio parere la sanzione va calcolata come la legge prevede per questa tipologia di opere, cioè il doppio del contributo di costruzione.

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