domenica 21 febbraio 2021

regolamento edilizio di roma - testo coordinato

Sperando di fare cosa gradita e utile ai tecnici e non, mi sono preso la briga di riportare in un post il Regolamento Edilizio di Roma Capitale, in un testo coordinato con le varie modifiche apportate dalle delibere comunali degli ultimi ottant'anni. ovviamente il testo non ha alcun valore legale e vi si faccia riferimento a proprio rischio e pericolo.


il testo è redatto utilizzando i documenti reperibili presso questa pagina del sito ufficiale di Roma Capitale e attingendo alle copie dei precedenti regolamenti edilizi reperibili presso l'Archivio Storico Capitolino sito in piazza dell'Orologio.




QUELLO CHE SEGUE NON E' UN TESTO REGOLAMENTARE UFFICIALE
il testo qui sviluppato è una elaborazione personale, non ha carattere di ufficialità
non può essere utilizzato come testo di riferimento ufficiale
si faccia riferimento al presente testo a proprio rischio e pericolo

se non è un testo ufficiale, perché questa pagina allora?

Ci sono notizie da fonti attendibili che dicono che il regolamento edilizio della Capitale sia in fase di completa riscrittura (vi sono citazioni a questa cosa anche in atti dell'amministrazione), data la sua ormai evidentissima inadeguatezza ed obsolescenza (il testo originario è del 1934 e riprende molti dei passaggi di quello del 1924, quindi ad oggi è un testo che in buona parte ha novantasei anni), ma questa sembra essere una attività che va avanti ormai da molti anni e non si ha possibilità di sapere se e quando il suo frutto vedrà la luce: probabilmente in vista di questa importante svolta per la città, si è forse lasciato un po' indietro la cura del regolamento vigente, il quale però, passetto passetto, viene in piccole parti modificato ed integrato, senza che si sia mai reso disponibile nelle forme ufficiali un testo aggiornato e coordinato.
Ho pensato quindi di fare cosa gradita ai colleghi tecnici e alle altre figure che possono averne bisogno, di trasferire qui il testo coordinato, cercando di mettere a posto tutti i tasselli e sperando di non aver commesso errori od omissioni (tra delibere pubblicate ma non approvate dalla Provincia, modifiche effettuate in delibere secondarie, è facile sbagliarsi): per questi motivi, il testo qui riportato deve intendersi come mero strumento di studio alla stregua della curiosità, senza avere alcuna pretesa di ufficialità.
Dato che con un eventuale futuro prossimo sviluppo del regolamento quello vigente perderebbe ogni efficacia, mi sembra comunque giusto lasciare una traccia a futura memoria di questo testo anche quando non avrà più alcun valore, anche per saper ricostruire, un domani, quale era la normativa in vigore in un determinato momento, cosa che può sempre tornare utile quando si effettuano valutazioni sulla conformità edilizia di un immobile o quando si deve valutare la congruità di un titolo edilizio rilasciato nel passato.
In questa ottica, per tenere traccia della evoluzione nel tempo del regolamento stesso ed anche con riguardo ai regolamenti precedenti, in alcuni degli articoli più significativi per l'edilizia ho aggiunto dei miei commenti in cui ho inserito o la versione originaria di quello specifico articolo, o degli appunti su quale era la disciplina relativa nei regolamenti precedenti a quello vigente, che risale al 1934 (ma il primo regolamento Roma lo ha avuto ancora prima di entrare a far parte dell'Italia, nel 1864), o delle note su quelle che erano le indicazioni dei regolamenti ancora precedenti.

premesse e note:
  • il testo base è riscritto dal pdf pubblicato sul sito del Comune, riferibile al testo coordinato aggiornato al 1997. il testo risale per la gran parte alla stesura del 1934;
  • gli articoli 48 bis, 48 ter, 48 quater, 48 quinques, 48 sexies sono stati approvati con delibera 48 del 2006, approvata dalla Provincia di Roma con deliberazione di giunta provinciale n°1200/1944 del 28 novembre 2006, ed il relativo testo è copiato da quello della delibera;
  • le modifiche agli articoli dal 48 bis al 48 sexies e l'aggiunta del 48 octies, 48 nonies è autorizzata nella delibera 7 del 2011 della quale non mi sembra di rintracciare analoga approvazione da parte della Provincia avvenuta per la delibera del 2006, e si potrebbe presupporre che non sia mai entrata in vigore, ma tale affermazione va presa con la dovuta attenzione;
  • per approfondimenti sulla storia dei regolamenti edilizi, fate riferimento a quest'altro mio post.
  • purtroppo l'assenza di un testo coordinato ufficiale del Comune non consente di avere certezza della correttezza del testo che segue.
  • in colore diverso dal nero, nel testo, degli appunti sulle modifiche del testo nel tempo o dei  miei commenti, oppure ancora possono essere riportati in colore diverso degli articoli di cui non si abbia certezza circa la loro effettiva rilevanza e validità.

Regolamento Generale Edilizio di Roma Capitale

TITOLO I NORME PRELIMINARI

CAPO I - AUTORIZZAZIONI

Art. 1. Opere edilizie soggette ad autorizzazione

Nel territorio del Comune di Roma non possono essere eseguite senza autorizzazione del Sindaco le opere seguenti:
1. costruzione, restauro, riattamento, trasformazione in genere, demolizioni anche parziali, sia interne che esterne, di edifici e di muri di cinta;
2. scavi, rinterri e modificazioni al suolo pubblico o privato con opere e costruzioni sotterranee;
3. apertura al pubblico transito di strade private;
4. coloritura e decorazioni dei fabbricati e dei muri di cinta in genere,visibili all'esterno e anche all'interno per i fabbricati aventi carattere artistico;
5. apposizione di tende aggettanti sullo spazio pubblico;
6. collocazione di insegne di mostre e vetrine per botteghe, di tabelle o cartelli, di lumi, di cartelloni od oggetti a scopo di pubblicità e di qualunque altro oggetto che a qualsiasi scopo venga esposto o affisso all'esterno dei fabbricati.
L'autorizzazione non è richiesta per i seguenti lavori sempre che non debbano essere eseguiti negli stabili dichiarati d'importante interesse:
1. demolizione o ricostruzione parziale o totale dei pavimenti;
2. coloriture interne;
3. impianti per servizi accessori, come illuminazione, riscaldamento, ventilazione, ascensori ed opere inerenti, salva l'osservanza delle disposizioni sancite da leggi o da altri regolamenti.
Ogni opera, in cui le strutture di conglomerato cementizio semplice o armato abbiano funzioni essenzialmente statiche o comunque interessino l'incolumità delle persone, dovrà essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere ovvero da un architetto, iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni ai sensi della legge sull'esercizio professionale.

l'articolo 1 è rimasto immutato fin dalla originaria stesura del Regolamento, del 1934. Anche la versione del regolamento del 1912 conteneva una disposizione analoga e genericamente estesa all'intero territorio comunale, ma, relativamente al regolamento del 1912, vi sono state delle vicende specifiche relativamente proprio a questa caratteristica. si faccia riferimento a questa mia pagina. Per l'epoca, il fatto che la licenza edilizia servisse per edificare sull'intero territorio comunale non era una cosa affatto scontata.

Art. 2. Domande di autorizzazione

La domanda di autorizzazione ad eseguire o modificare opere previste nell'art. 1 deve essere indirizzata al Sindaco, firmata dal proprietario o da un suo legale rappresentante, dal progettista e dal direttore dei lavori e deve contenere: l'obbligo ad osservare le norme particolari dei Regolamenti di edilizia e di igiene del Comune, l'elezione di domicilio in Roma,l'indicazione del nome del costruttore e dell'assistente debitamente abilitati; oltre quelle altre formalità richieste dalle disposizioni regolamentari del Comune. Gli eventuali cambiamenti del direttore dei lavori, del costruttore o dell'assistente dovranno essere preventivamente denunciati. Il progettista e il direttore dei lavori debbono essere ingegneri o architetti, abilitati ad esercitare la professione nello Stato, ovvero geometri o periti industriali edili, parimenti abilitati al detto esercizio, nei casi e nei limiti assegnati alla loro attività professionale dalle disposizioni speciali che li riguardano.
Il Sindaco può, eccezionalmente, accettare domande di concessione di costruzioni firmate da chi non sia proprietario purché dalle domande  stesse o da altro atto risulti il consenso scritto dal proprietario, la cui firma deve essere autenticata nei modi di legge, e sempre che il richiedente offra, a giudizio dell'amministrazione, garanzie sufficienti per il buon uso della licenza.

la versione iniziale dell'art. 2 era formulata in modo differente, non sono riuscito a ricostruire il testo iniziale, comunque questa formulazione è stata ideata nel 1936 (con deliberazione 1804 dello stesso anno) e da allora non risulta essere stata modificata.

Art. 3. Documenti a corredo delle domande di autorizzazione
(la D.C.C. n°295/1991 ha specificato i documenti a corredo della domanda)

Alla domanda di autorizzazione devono essere allegati:
a) una pianta d'insieme, con tutte le possibili indicazioni delle larghezze stradali dei nomi dei confinanti e delle altezze degli edifici adiacenti;
b) piante quotate dei singoli piani, compresolo scantinato e la copertura, con l'indicazione delle costruzioni terminali;
c) almeno una sezione quotata fatta secondo la linea di maggiore importanza;
d) i prospetti interni ed esterni con le quote riferite ai piani stradali e dei cortili o giardini e i precisi rapporti altimetrici con le proprietà confinanti;
e) lo schema degli impianti idrici e igienico-sanitari e delle fognature domestiche;
f) il documento comprovante l'avvenuta denuncia del progetto agli effetti delle imposte di consumo;
g) una breve relazione illustrativa con l'indicazione dei materiali da impiegare nei prospetti esterni;
h) le fotografie delle località da cui risulti lo stato di fatto dei fabbricati adiacenti ed eventualmente di quello da modificare;
i) copia autentica delle eventuali convenzioni fra confinanti.
I disegni debbono essere a semplice linea. La pianta di cui alla lettera a) deve essere in scala non minore di 1:5.000, le altre piante e i disegni in scala 1:100; i progetti devono essere presentati in quadruplice copia qualora trattasi di progetti normali e in quintuplice copia se trattasi di progetti soggetti al benestare della Sovrintendenza ai Monumenti e del Ministero della Pubblica Istruzione (oggi ministero dei Beni Culturali, ndr) a norma delle vigenti disposizioni - ovvero - di progetti relativi ad opere da eseguire in zone adiacenti alla Città del Vaticano le quali - a termine dell'art. 7 del trattato approvato con Legge 27 giugno 1929 n. 810 - non devono costituire introspetto nella Città stessa (DCC 4294/1980).
Il Comune ha facoltà di chiedere in casi speciali la produzione di disegni di particolari in altra scala o al vero, nonché la indicazione del tipo di coloritura dei prospetti e il tipo delle persiane, degli avvolgimenti o delle tende.

Art. 4. Presentazione dei progetti - Tasse edilizie

All'atto della presentazione del progetto, previo pagamento delle tasse edilizie prescritte, è rilasciata al proprietario una ricevuta con l'indicazione del numero della pratica.
Il Sindaco,entro i trenta giorni successivi, comunica all'interessato gli eventuali rilievi o richiede gli altri documenti che ravvisi necessari per l'inizio dell'esame del progetto.

Art. 5. Commissione tecnica consultiva urbanistica 
(abrogato con dcc 176/1994)

Art. 6. Composizione ed integrazione della Commissione consultiva edilizia
Art. 7. Funzionamento della Commissione consultiva edilizia
Art. 8. Articolazione dell'attività della Commissione consultiva edilizia
Art. 9. Organi e procedure della Commissione Edilizia
Art. 9bis. Incompatibilità

articoli da 6 a 9bis abrogati con dcc n°3/1997

gli articoli dal 5 al 9 avevano originariamente una struttura diversa ma sempre riferita alla composizione ed al funzionamento della commissione edilizia. la commissione doveva esprimersi sui progetti presentati e, ai sensi dell'allora articoli 8, "progetti di massima", poteva esprimersi su richiesta dell'interessato anche per ottenere un giudizio di fattibilità, senza quindi dover necessariamente presentare una domanda di licenza.

l'articolo 6 fu tuttavia "resuscitato" dalla d.c.c. 103/2003 per la definizione del Comitato per la Qualità Urbana ed Edilizia il quale in effetti opera con i poteri tipici della commissione edilizia. Il testo del regolamento citato è presente nella d.c.c. appena linkata.

Art. 6 Composizione, attribuzione e funzionamento del Comitato per la qualità urbana ed edilizia di Roma Capitale 

La composizione, il funzionamento e le competenze del Comitato per la qualità urbana ed edilizia di Roma Capitale sono disciplinate da apposito Regolamento Speciale allegato al presente Regolamento Generale Edilizio.



RICORDO CHE QUESTO TESTO NON E' UFFICIALE

Art. 10. Efficacia dell'autorizzazione

L'approvazione dei progetti e l'autorizzazione ad eseguirli si intendono in ogni caso concesse sotto riserva dei diritti dei terzi ed entro i limiti e sotto la piena osservanza di tutte le norme legislative e regolamentari che disciplinano l'attività edilizia, restando comunque esclusa ogni possibilità di deroga alle norme stesse.
L'autorizzazione è personale ed è valida esclusivamente per il proprietario dell'immobile al quale è intestata: in caso di trapasso del proprietario dell'immobile gli eredi, cessionari o aventi causa, debbono chiedere che sia a loro intestata. Il Comune accoglierà la domanda sempreché non siano intervenute nuove cause che lo impediscano e salvo quanto è prescritto nell'art. 11 del presente Regolamento.

Art. 11. Decadenza e rinnovazione dell'autorizzazione

L'autorizzazione s'intende decaduta quandole opere non siano iniziate entro un anno dalla data dell'autorizzazione stessa o quando i lavori siano rimasti sospesi per più di centottanta giorni.
Quando sia chiesta la sola rinnovazione di una licenza già concessa, il Sindaco può dispensare il richiedente da una nuova documentazione.

Art. 12. Revoca dell'autorizzazione

L'autorizzazione può essere revocata:
1. quando il direttore dei lavori non abbia assunto l'effettiva direzione o l'abbia abbandonata e nonsia stato sostituito previa comunicazione al Comune;
2. quando l'autorizzazione risulti ottenuta in base a tipi alterati o non rispondenti al vero;
3. quando il titolare dell'autorizzazione contravvenga a disposizioni generali o speciali di legge o di regolamento o alle condizioni inserite nella autorizzazione o apporti modificazioni arbitrarie al progetto approvato.

CAPOII- ESECUZIONE DELLE AUTORIZZAZIONI

Art. 13. Inizio dei lavori

Per le nuove costruzioni a confine con il suolo pubblico, il proprietario deve attenersi all'allineamento ed ai capisaldi altimetrici, che, a sua richiesta, sono dati dall'Ufficio del Comune mediante verbale da redigersi in doppio esemplare e da firmarsi dal proprietario e dal rappresentante dell'Ufficio tecnico predetto. Il proprietario, prima di iniziare la costruzione, deve anche richiedere l'indicazione della quota e della sezione delle fogne stradali. L'Ufficio tecnico comunale fornisce, redigendone verbale, le indicazioni del caso in relazione alla possibilità di immissione delle fogne private nella fogna stradale. Le spese e tasse sono a carico del richiedente. Appena la costruzione abbia superato il livello del piano stradale il proprietario deve darne avviso per iscritto all'Ufficio che fornì l'allineamento e quote, perché possa eseguire il controllo.

Art. 14. Controllo sull'esecuzione dei lavori

L'autorizzazione e i disegni approvati debbono sempre trovarsi sul luogo della costruzione fino a che l'edificio sia stato dichiarato abitabile, ed essere ostensibili ad ogni richiesta dei funzionari del Comune.
Il Sindaco esercita un costante controllo sulle modalità di esecuzione dei lavori autorizzati, e ne ordina la sospensione qualora riconosca che non vengano rispettate le norme del Regolamento edilizio e quelle speciali indicate nell'autorizzazione a costruire. ovvero che sia variato il progetto in base al quale questa fu rilasciata.

Art. 15. Ultimazione dei lavori

Non appena una fabbrica sia ultimata in ossatura e copertura, il proprietario, prima di cominciare l'intonaco, deve darne denuncia scritta all'Ispettorato edilizio, il quale provvede ad una prima visita per accertare se la costruzione risponda alle norme del presente Regolamento e di quello d'igiene, specie nei riguardi delle condutture di scarico delle canne di aerazione delle cappe e di quanto non più controllabile a costruzione finita.
Deve altresì il proprietario dare denuncia scritta dell'ultimazione di tutto il fabbricato, cioè quando siano finiti gli intonaci,i pavimenti e le scale, completatigli infissi di porte e finestre, sistemati i cessi, la fognatura domestica,i serbatoi e la conduttura dell'acqua potabile, domandandola visita definitiva per il rilascio del permesso di abitabilità.
La visita viene eseguita a cura dell'Ispettorato edilizio, con l'intervento di un rappresentante dell'Ufficiale sanitario. Il proprietario, debitamente avvertito per iscritto del giorno e dell'ora, ha diritto di intervenire o farsi rappresentare.

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

Art. 16. Licenza di abitabilità

La licenza di abitabilità può essere rilasciata solo quando sia constatata l'osservanza di tutte le norme edilizie con speciale riguardo a quelle contenute nel presente Regolamento e nel Regolamento di igiene e solo dopo spirati sei mesi dalla copertura dell'edificio. I mesi da novembre a febbraio sono valutati ciascuno per metà, e quelli dal giugno al settembre ciascuno per uno e mezzo.
Il rilascio della licenza di abitabilità è subordinato inoltre al pagamento di tutte le somme dovute per tasse ed imposte di qualsiasi genere inerenti alla costruzione, salva la successiva definizione delle eventuali contestazioni pendenti.
Può in via eccezionale rilasciarsi la licenza di abitabilità anche prima del termine suindicato di sei mesi, quando trattasi di fabbricati molto aerati ed assolati o di altezza limitata o costruiti con muri sottili prevalentemente in mattoni o provvisti di regolare ed efficace impianto di riscaldamento.

parte aggiunta con deliberazione n°1643 del 15 marzo 1935:
Per gli stabili in condominio, i quali non rispondono in ogni loro parte alle condizioni di abitabilità prescritte dai vigenti regolamenti, può farsi luogo al rilascio della licenza di abitabilità con esclusione degli appartamenti che presentino irregolarità, sempre che le irregolarità stesse consistano in lievi modifiche abusive circoscritte nell'ambito dei singoli appartamenti stessi, e che, in ogni modo, non costituiscano motivi di inabitabilità per l'intero stabile.

parte aggiunta con deliberazione n°5077 del 13 luglio 1935:
Per ogni opera in cui le strutture di conglomerato cementizio semplice od armato abbiano funzioni essenzialmente statiche e comunque interessino l'incolumità delle persone, la relativa licenza di abitabilità sarà rilasciata subordinatamente alla presentazione, da parte degli interessati, della licenza prefettizia d'uso della costruzione di cui all'art. 4 della Legge 3 febbraio 1934 n. 373, parte II.

TITOLO II- NORME RELATIVE ALLA MASSA E ALLA UBICAZIONE DEI FABBRICATI

Art. 17. Zonizzazione - Norme relative al sistema di costruzione

Agli effetti delle disposizioni contenute negli articoli che seguono, la città è considerata divisa in due parti, e cioè: parte centrale e parte periferica.
Tutto il territorio del Comune posto all'esterno del nucleo edilizio indicato nella pianta allegata è considerato appartenente alla parte periferica.
Ferma restando la disposizione contenuta nell'art. 19 del presente Regolamento ,le caratteristiche delle costruzioni di tipo non intensivo debbono corrispondere alle Norme contenute nei R.D.L. 6 luglio 1931 n. 981 e 13 luglio 1933 n. 1331.

Art. 18. Norme per i fabbricati di tipo intensivo al limite di altre zone - Eccezioni per i tipi speciali di edifici

I fabbricati di tipo intensivo, che sorgono al limite tra la zona destinata a costruzione intensiva e le altre zone a diverso tipo di costruzione, debbono avere la distanza minima:
a) dal confine con zona a palazzine di 7 m;
b) dal confine con zona villini, villini signorili, ville signorili, casette a schiera di 10 m;
c) dal confine con zone a parco privato e pubblico di 8 m.
I prospetti che guardano verso i limiti di zona, debbono essere decorati.
Perle costruzioni di pubblica utilità che dovessero sorgere in zona non intensiva e particolarmente per scuole, chiese, palestre, costruzioni di pertinenza dell'ENAL e di altre opere assistenziali, può essere concessa una maggiore estensione di area fabbricabile e una maggiore altezza in relazione alle necessità e al carattere dell'edificio. sempreché si abbiano sufficienti spazi di isolamento destinati a giardino.

Art. 19. Altezze dei fabbricati - Distacchi fra i fabbricati

La sagoma dei fabbricati nella sezione in senso normale alla strada, deve essere contenuta nell'inclinata avente per ascissa la larghezza stradale al livello del marciapiede e per ordinata cinque parti della larghezza stessa fino ad un massimo di 35 m nella parte periferica della città, e tre mezzi fino ad un massimo di 25 m nella parte centrale.
La sagoma dei fabbricati nella sezione in senso normale allo spazio interposto fra due edifici diversi, o fra due corpi di fabbrica di uno stesso gruppo di edifici, deve essere contenuta nell'inclinata avente per ascissa la larghezza del distacco e per ordinata i 5/3 di essa nella parte periferica e i 5/2 nella parte centrale della città. In ogni caso il distacco non dovrà essere inferiore a 8 m nella parte periferica ed a 6 m nella parte centrale.
Qualora il distacco fra due fabbricati sia in diretta comunicazione con ampi cortili o con strade, e abbia una lunghezza non superiore a 20 m è concesso il distacco di 10 m perla parte periferica, e di 8 m perla parte centrale, qualunque sia l'altezza che raggiungono le fronti sul distacco.

parte aggiunta con deliberazione n°1457 del 8 maggio 1941:
A parziale modifica dell'art. 19 del Regolamento generale edilizio e sino a nuova disposizione in merito, l'altezza massima dei fabbricati nella parte periferica delle città, specificata dall'art. 17 del Regolamento suddetto, viene limitata a 28 m (specifica aggiunta nel 1941).

parte aggiunta con deliberazione n°3279 del 23 ottobre 1941:
Si potrà eccezionalmente consentire un'altezza superiore ai 28 m in quegli isolati già sistemati con costruzioni alte più di 28 m, quando ciò risulti necessario per evitare che le nuove costruzioni diano luogo ad inconvenienti estetici notevoli.
Ai progetti di costruzione peri quali è stata rilasciata la licenza di costruzione anteriormente all'8 maggio 1941 sono applicabili le disposizioni del R.E. precedentemente in vigore.
La norma è rappresentata dai grafici seguenti:
S = inclinata entro la quale deve essere contenuta la sagoma dei fabbricati;
H altezza massima;
L= larghezza stradale.

[figura]

Art. 20. Distacchi per stabilimenti industriali e per edifici scolastici

Nella costruzione di stabilimenti industriali può, volta per volta, udito il parere dell'Ufficio d'igiene, essere imposto un distacco maggiore di quello stabilito nell'articolo precedente, tenendo conto della natura dell'industria che dovrà essere esercitata.
Per le aree contigue agli edifici scolastici il distacco e le altezze debbono essere determinate in base alle speciali disposizioni contenute nel Decreto del Ministro dell'Educazione Nazionale del 4 maggio 1925, relativo alle Norme per la compilazione di progetti di edifici scolastici in esecuzione del R.D. 31 dicembre 1923 n. 3125.

Art. 21. Norme relative alla misura delle altezze dei fabbricati

L'altezza delle fabbriche nelle strade sia pubbliche che private e nei distacchi tra un fabbricato l'altro, viene misurata dal  piano del marciapiede alla linea superiore della cornice di coronamento o alla linea d'imposta del tetto.
Se il proprietario di un'area o di un edificio ha costituito una servitù di non edificare per tutta la fronte dell'immobile, sopra una zona dell'area dal lato opposto a confine della strada può elevare la sua costruzione sino alla altezza permessa dalla sezione stradale, aumentata dalla profondità di detta zona di servitù contenuta nei limiti massimi prescritti.
La servitù deve essere costituita in modo da non poter essere estinta, rinunciata o modificata senza il consenso del Comune.
È proibito usufruire comunque del muro di parapetto come parete di ambienti, quando ciò serva a dare al fabbricato un'altezza maggiore di quella che gli competerebbe in relazione alla larghezza stradale.
Nel caso di strade in pendenza l'inclinata limite, di cui all'art. 19, è tracciata in corrispondenza della sezione mediana dell'edificio, in modo però che l'elevazione del fabbricato, nel punto più basso della strada, non sorpassi di oltre 1,25 m l'altezza massima corrispondente alla larghezza stradale.

Art. 22. Altezze dei fabbricati non prospettanti su strada e dei fabbricati annessi

L'altezza dei fabbricati non prospettanti su strada, esclusi i villini, deve essere contenuta nell'inclinata di cui all'art. 19, avente origine sulla strada da cui il fabbricato ha accesso, e non può sorpassare il massimo stabilito in detto articolo.
L'altezza dei fabbricati accessori ammessi nelle diverse zone non deve superare i 3,50 m.

parte aggiunta successivamente al 1950:
Tale altezza va misurata dal piano stradale qualora gli accessi al fabbricato accessorio siano dalla strada.

Art. 23. Norme relative alla misura delle larghezze stradali in rapporto alle altezze dei fabbricati

La larghezza stradale si determina con la media delle misure prese sulle normali ai due estremi del prospetto del fabbricato, non tenendo conto della maggiore ampiezza eventualmente dovuta all'incontro di esse normali con via trasversale.
Perle fabbriche in angolo fra strade di larghezza diversa,l'altezza massima competente alla strada di maggiore larghezza, può concedersi anche per il prospetto sulla strada di larghezza minore per un'estensione corrispondente alla sezione della strada minore e in ogni caso per 12 m.
Quando però la strada minore abbia una larghezza non superiore a 8 m la concessione di cui al comma precedente è limitata ad una estensione sulla strada minore di 8 m.
Nel caso che all'angolo delle due strade venga progettato e concesso uno smusso od una rientranza, l'estensione per l'altezza massima sui fronti stradali è computata dagli angoli estremi dello smusso o della rientranza medesima.
Il Sindaco ha facoltà di autorizzare, a titolo compensativo, che la maggiore altezza ammessa al risvolto sia usufruita, tenendo bassa la parte dell'edificio in angolo, in qualsivoglia punto del prospetto sulla via di minore larghezza, purché venga realizzata una buona soluzione architettonica e la detta maggiore altezza sia contenuta in un tratto, a partire dall'angolo, non superiore al doppio della strada minore.

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

Art. 24. Eccezioni ai limiti di altezza

Qualunque sia la larghezza stradale può, uditi l'Ufficio d'Igiene e la Commissione sanitaria comunale, essere autorizzata un'altezza maggiore della massima consentita dagli articoli precedenti, sempre che si realizzi una buona soluzione igienica ed architettonica in rapporto all'ambiente, quando trattisi di edifici pubblici o di pubblica utilità, di edifici di carattere monumentale o situati in località speciali per condizioni altimetriche, o quando sia richiesto da necessità industriali.

Art. 25. Norme per costruzioni arretrate dal filo stradale

L'arretramento dei fabbricati dal filo stradale può essere autorizzato per un minimo di 2,50 m purché si verifichi una delle seguenti condizioni:
a) quando, mediante convenzione, regolarmente trascritta con i proprietari delle aree confinanti, lo stesso arretramento venga
assicurato per tutta la parte del lotto dei fabbricati compresi tra due vie;
b) quando, mediante convenzione come sopra,resti assicurata la decorazione dei muri ciechi ai lati che affacciano sulla zona arretrata;
c) quando ai muri ciechi laterali vengano addossati, per conto del medesimo proprietario e sulla propria area, corpi di fabbrica decorati in unità architettonica con il prospetto arretrato.
L'area libera anteriore ai fabbricati deve essere convenientemente recinta, sistemata e mantenuta a giardino o a piazzale.
Il Sindaco, a norma delle disposizioni vigenti, provvederà di ufficio salvo rivalsa delle spese, qualora il proprietario, benché diffidato, non provveda a mantenere in stato decoroso l'area libera in questione.

Art. 26. Chiusura delle zone di distacco tra fabbricati

Le fonti delle zone di distacco sulle vie pubbliche, tra due fabbricati, debbono essere chiuse con pilastri e cancelli o muri di cinta costruiti decorosamente e con criteri unitari architettonici, anche se la zona di distacco appartenga a due proprietari.

Art. 27. Costruzioni su aree derivate da lottizzazioni irregolari

La licenza di costruzione su lotti di terreno ricavati in tutto o in parte dal frazionamento di aree circostanti a costruzioni già eseguite o autorizzate non può essere rilasciata qualora la residua area scoperta a servizio di queste ultime risulti inferiore a quella stabilita in relazione ai vari tipi di costruzione.

Art. 28. Norme per le costruzioni a distanza dai confini

Nel caso di area libera contigua ad altra parimenti libera, il proprietario che intenda costruire a distanza dal confine deve lasciare una zona libera di larghezza proporzionata alla massima altezza permessa dal Regolamento, salvo che comprovi di avere stipulato con il confinante una convenzione, debitamente trascritta, per la costituzione di servitù che garantisca tra i due fabbricati la permanenza di una zona libera regolarmente riferita al fabbricato più alto.

TITOLO III

norme relative all'interno delle costruzioni

Capo I - Cortili

(le norme del presente capo non hanno subito modifiche fin dalla originaria stesura del regolamento, nel 1934)

art. 29 Ampiezza dei cortili

L'area libera dei cortili, anche se pensili, nelle nuove costruzioni, comprese in esse anchele sopraelevazioni, deve essere della misura minima di un quinto della somma delle suerfici, senza detrazione di vuoti, dei muri che li circondano nella parte periferica della città e di un ottavo nella partre centrale.
L'altezza massima dei muri prospicienti sui cortili può essere di una volta e mezza la normale media tra le pareti opposte nella parte periferca, e di due volte nella parte centrale.
La normale condotta dal mezzo di ciascuna finestra di ambiente di abitazione deve avere una dimensione libera minima di metri otto.
Le altezze vanno riferite al piano del cortile.
Le rientranze nei perimetri dei cortili sono ammesse quando la loro profondità non oltrepassi la metà del lato aperto sul cortile. Negli altri casi di profondità maggiore le rientranze vengono equiparate alle chiostrine e devono perciò, agli effetti degli ambienti e delle dimensioni, rispondere alle norme fissate per le chiostrine medesime.

(le disposizioni del regolamento del 1912 sono similari: il rapporto tra area libera e muri deve essere sempre di 1/5. le norme per la parte centrale erano contenute in un altro articolo, il 43, e la prescrizione era sempre 1/8; la normale libera invece non era fissa ma doveva essere non inferiore a 2/5 dell'altezza. nel 1924 rimane ovviamente il rapporto di 1/5 ma la normale si amplia a 2/3)

attenzione: in alcune versioni il secondo capoverso viene trascritto erroneamente indicando "una volta o mezza". la versione corretta è "una volta e mezza"

art. 30 Costruzioni entro i cortili

Sull'ammissibilità di costruzioni nell'interno dei cortili delibera il Sindaco, udito il parere della Commissione edilizia e dell'Ufficio d'Igiene, determinando caso per caso le eventuali cautele per i locali destinati ad abitazione.
In ogni caso la copertura di detti fabbricati deve essere facilmente accessibile per la pulizia e gli ambienti sottostanti debbono risultare bene aerati nelle proporzioni degli altri ambienti normali.

art. 31 Cortili secondari

Fatta eccezione per le case a tipo popolare, è permessa la costruzione di cortili secondari o mezzi cortili allo scopo di dare luce ed aria a scale, latrine, stanze da bagno, corridoio e ad una sola stanza abitabile per ogni appartamento, nel limite massimo di quattro stanze per ciascun piano, sempreché l'alloggio, di cui fanno parte, consti di non meno di tre stanze oltre l'ingresso e gli accessori.
Ogni cortile secondario deve avere un'area libera minima di un dodicesimo della somma delle superfici dei muri che lo circondano.
La normale minima misurata tra una finestra e il muro opposto deve essere di metri 6, se i muri prospicienti il cortile non superano metri 16 di altezza, di metri 7 se l'altezza è compresa tra metri 16 e metri 24, e di metri 9 se l'altezza è superiore a metri 24.
I cortili secondari debbono esser facilmente accessibili per la nettezza. nei cortili secondari non sono permesse rientranze nei perimetri.

(si noti che il cortile secondario ha caratteristiche univoche per tutta la città, a differenza del cortile che varia tra città interna ed esterna. nei regolamenti del 1912 e del 1924 non vi è traccia del cortile secondario, dunque questa sembra essere una novità del regolamento del 1934)

art. 32 chiostrine

E' permessa la costruzione di chiostrine allo scopo soltanto di dare aria e luce a scale, latrine, stanze da bagno, corridoi, esclusa ogni altra destinazione di ambienti anche nei piani terreni. ogni chiostrina deve avere un'area libera uguale almeno ad un diciottesimo della somma delle superfici dei muri che la limitano, e la normale, misurata tra una finestra e il muro opposto, dovrà essere di metri 3,50 se l'altezza è compresa tra metri 12 e 18, e di metri 4 se l'altezza è superiore ai metri 18.
Le chiostrine devono essere aerate dal basso, risultare in comunicazione diretta con vie, per mezzo di corridoi o passaggi, ed essere facilmente accessibili per la nettezza necessaria.

(nel regolamento del 1912, art. 38, le chiostrine dovevano avere un'area libera di 1/25 e la normale doveva essere di 2,50mt., tuttavia già nel regolamento del 1924 la specifica appare identica a quella attualmente vigente)

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art. 33 pozzi di ventilazione

In relazione alla speciale destinazione dell'edificio, quando si sia già provveduto alla sistemazione di un gabinetto con bagno e al cesso di servizio per ogni appartamento secondo le norme del presente Regolamento e di quello di Igiene, possono essere consentiti altri gabinetti e bagni aerati da pozzi di ventilazione, di ampiezza non inferiore a metri quadri 1,50, previa constatazione dell'efficienza degli impianti di ventilazione.

art. 34 cortili e chiostrine a confine di proprietà

Per i cortili e per le chiostrine da costruire sul confine di altre proprietà, debbono sempre essere soddisfatte le condizioni di area minima e di minima normale stabilite nei precedenti articoli, tenuto conto della massima altezza che potrebero raggiungere sulla linea di confine le costruzioni dei vicini, secondo le norme del presente regolamento, in relazione alle vie su cui prospettano i lotti limitrofi; e cià allo scopo di non creare servitù sui fondi vicini e non pregiudicare in alcun modo le possibilità costruttive dei confinanti.
A tale norma si può derogare quando il proprietario che vuol costruire adduca un atto di costituzione di servitù a carico del fondo vicino e del proprio, dal quale risulti stabilito sul confine, per contrbuto delle due o più proprietà o a carico di una sola fra esse, un cortile (o chiostrina) rispondente all'altezza dei muri che lo dovranno fiancheggiare.
Nell'atto di costituzione di servitù, regolarmente trascritto, deve esser dichiarato che le medesime non potranno essere rinunciate nè esitinte, nè modificate senza il consenso del Sindaco.

art. 35 costruzioni circostanti a cortili irregolari

nonostante eventuali violazioni del Regolamento vigente al tempo in cui furono iniziate le costruzioni circostanti a cortili esistenti, colui che procede a costruzioni, ricostruzioni o sopraelevazioni ai margini dei cortili stessi deve lasciare lo spazio occorrente a raggiungere le dimensioni stabilite dal presente regolamento.
Qualora, peraltro, la violazione risalga ad epoca inferiore ai 30 anni, le nuove opere possono essere eseguire rispettando le dimensioni che il cortile avrebbe avuto se dai precedenti proprietari fossero state osservate le norme regolamentari del tempo. Il Sindaco, in tal caso, prima dell'approvazione del progetto, comunica ai detti proprietari quali ambienti debbono in conseguenza essere dichiarati inabitabili.

art. 36 balconi interni

La proiezione orizzontale e la sporgenza dei balconi e di qualsiasi altra costruzione scopertra prospiciente su cortili non devono essere detratte nel computo dell'area libera e della normale agli effetti degli articoli 29 e seguenti; ambedue sono invece detratte nelle chiostrine. L'area occupata dai balconi coperti deve essere detratta nel computo dell'area libera e della normale dei cortili e delle chiostrine.

art. 37 pavimentazione dei cortili e delle aree interposte fra i fabbricati

Le aree libere interposte tra i fabbricati e i cortili aventi superficie minore di 100mq debbono essere pavimentate. Le aree libere di superficie maggiore possono essere sistemate con aiuole e viali preferibilmente pavimentati e lavabili, ma debbono sempre avere sui pati dei fabbricati una zona pavimentata di larghezza non inferiore a 1m.
Ogni cortile o locale interno scoperto deve essere sistemato in modo che le acque di qualunque provenienza non abbiano a ristagnarvi.

art. 37 bis Spazi destinati al ricovero delle biciclette

1. In tutti i cortili e negli spazi comuni degli edifici esistenti, acquisito, ove necessario, il parere dell’Assemblea Condominiale, è consentito individuare appositi spazi idonei e facilmente accessibili da destinarsi al ricovero di mezzi di trasporto alternativi ai mezzi motorizzati, quali le biciclette, anche mediante l’installazione di rastrelliere.
2. In caso di interventi di nuova edificazione, di demolizione e ricostruzione o di ristrutturazione edilizia di interi edifici, nonché interventi che intervengano sui cortili condominiali e sugli spazi comuni, quota parte di questi ultimi, in misura non inferiore all’1% della SUL oggetto dell'intervento, deve essere destinata a spazi idonei al ricovero di mezzi di trasporto alternativi ai mezzi motorizzati, quali le biciclette, resi opportunamente sicuri e facilmente accessibili.
3. In entrambi i casi previsti dai commi 1 e 2, gli spazi destinati al ricovero delle biciclette sono a servizio esclusivo di chi abita o lavora negli edifici collegati al cortile e alle parti di uso comune.
4. In caso di inosservanza alla presente norma è prevista, ai sensi dell'art. 7/bis del D.Lgs. 267/2000, una sanzione amministrativa, da un minimo di 25 Euro a un massimo di 500 Euro.

l'articolo è introdotto dalla delibera di assemblea capitolina n°8/2018. non ho trovato l'informazione circa il fatto se detta delibera sia stata approvata dalla provincia o se fosse effettivamente da sottoporre alla stessa procedura cui dovevano essere sottoposte le altre precedenti.
è curioso che per stabilire la dimensione minima della superficie da destinare a spazi per biciclette si indichi il parametro della SUL degli spazi comuni, laddove la stragrande maggioranza delle superfici degli spazi comuni per espressa indicazione dell'art. 4 delle NTA del PRG vigente ne sia sottratta dal relativo calcolo.

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CAPO II

Ambienti

Art. 38. Semisottosuoli

I semisottosuoli destinati ad uso di abitazione devono possederei requisiti seguenti:
a) altezza minima tra il pavimento e il soffitto di 3 m;
b) sopraelevazione minima pari alla metà della loro altezza dal piano dei marciapiedi o dal livello del cortile;
c) intercapedine ventilata e fognata larga non meno di 50 cm intorno ai muri esterni, a partire da un piano inferiore ai 30 cm dal piano del pavimento interno;
d) vespaio ventilato sotto il pavimento, di un'altezza minima di 0,30 m;
e) vani di finestra di una superficie minima di aria e luce pari a 1/8 della superficie del vano.
I sottosuoli abitabili nelle zone a costruzione intensiva sono permessi soltanto quandola larghezza stradale, o lo spazio libero antistante all'edificio, sia di almeno 10 m.

Art. 39. Piani terreni

I piani terreni ad uso di bottega, laboratorio e pubblici esercizi debbono avere:
a) altezza minima di 3 m misurata dal pavimento al soffitto o all'intradosso della volta, a due terzi dalla monta (la lettera è stata cambiata con DCC 2431 del 1976, la differenza con la versione originaria è l'altezza, che prima era fissata in minimo 3,20 metri per le botteghe e 4,0 metri per laboratori e pubblici esercizi. la delibera del 76 evidentemente si ispira al decreto sanità del 1975);
b) sotterranei o vespai ben ventilati in tutta la loro estensione;
c) vano di porta, vetrina o finestra all'aria libera, di una superficie complessiva pari a 1/8 della superficie degli ambienti, con apertura a riscontro nei locali aventi una lunghezza superiore a 7 m;
d) la disponibilità di una latrina per ogni locale.
I piani terreni destinati ad uso di abitazione debbono essere sopraelevati dal piano stradale di almeno 1 m e soprastare in tutta la loro estensione a sotterranei o a vespai ben ventilati.

(nel regolamento del 1912, l'art. 48 indicava per i piani terreni una altezza minima indistinta di 4 metri, mentre quelli abitabili superiori non doveva essere inferiore a metri 3. identiche le indicazioni contenute nell'art. 45 del regolamento del 1924: in entrambi i precedenti regolamenti vi era poi una regola secondo cui l'altezza dei piani abitabili superiori al piano terra non necessariamente doveva essere uguale, per ragioni estetiche, ma tre metri era il minimo) 

Art. 40. Abitazioni

Nei piani destinati ad uso di abitazione debbono essere rispettati i seguenti requisiti:
a) per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a 14 mq peri primi 4 abitanti ed a 10 mq per ciascuno dei successivi;
b)le stanze delle abitazioni non debbono avere superficie inferiore a 9 mq; se esse sono destinate a stanze da letto per due persone la loro superficie non può invece essere inferiore 14 mq;
c) ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno 14 m2; il «posto di cottura», eventualmente annesso al locale di soggiorno, deve comunicare ampiamente con quest'ultimo e deve essere adeguatamente munito di impianto di aspirazione forzata sui fornelli;
d) l'alloggio monostanza deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a 28 mq se per una persona e non inferiore a 38 mq se per due persone;
e) tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani scale e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d'uso;
f) per ciascun locale di abitazione, l'ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2% e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento;
g) l'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,70 m;
h)le stanze da letto e quelle di soggiorno debbono essere dotate di finestra apribile all'aria aperta.
Nel caso di altezze interpiano inferiori a 3,20 m dovrà essere apportata una proporzionale riduzione anche alla volumetria edificabile nelle varie zone di P.R.G. quando queste siano state stabilite tenendo conto di tale valore.

l'articolo qui sopra è stato completamente riscritto, assieme al successivo, con la delibera 2470 del 23 maggio 1978. è possibile ritenere che il testo di detto articolo fino alla sua modifica poteva essere ancora quello della originaria stesura del regolamento, che così recitava:
nei piani destinati ad uso abitazione le stanze debbono avere:a) cubatura minima di mc 25; b) superficie minima delle finestre aperte all'aria libera di un decimo della superficie della stanza, purché in nessun caso inferiore ad un metro quadrato; c) altezza minima di metri 3; d) ventilazione verticale od orizzontale, ovvero mezzi sussidiari di ventilazione. L'altezza potrà essere ridotta a metri 2,80 negli ambienti situati in piani superiori al quarto, quando la finestra abbia davanti a sè una normale libera di almeno metri 16. Ogni stanza di abitazione, in case di tipo popolare, deve essere munita di arieggiatore in efficienza.

nel 1924, le prescrizioni di cui sopra erano dettate dall'art. 48 dell'allora regolamento (il quale a sua volta era sostanzialmente simile alle prescrizioni del testo dell'art. 56 del regolamento del 1912), che così recitava:
tutti gli ambienti destinati ad abitazione debbono avere almeno una finestra aperta all'aria libera e prospettante verso un conveniente spazio libero che si abbia ragione di ritenere immutabile. La superficie illuminante delle finestre deve essere non minore di 1/10 della superficie della stanza e se vi è una sola finestra essa non può essere mai inferiore ad un metro quadrato. La detta proporzione di 1/10 potrà essere ridotta al minimo di 1/15, quando le finestre abbiano innanzi a loro un ampio spazio libero e perciò aria e luce abbondanti. I corridoi debbono avere illuminazione ed aerazione diretta mediante una finestra, quando abbiano lunghezza maggiore di metri otto.
N.B. le citazioni di cui sopra provengono da copie di atti reperibili presso l'Archivio Storico Capitolino o presso la Biblioteca Romana, a cui il lettore deve fare riferimento qualora avesse necessità di certificare la veridicità della fonte: io in questa sede non posso fornire alcuna garanzia nel merito.


Art. 41. Cucine, bagni e gabinetti

a) Le cucine debbono avere un'altezza non inferiore a quella degli altri ambienti, cubatura non inferiore a 15 m3 ed almeno una finestra apribile all'aria aperta della superficie minima di 1,50 mq;
b) l'altezza utile minima interna dei locali adibiti a bagni e gabinetti è fissata in 2,40 m. La stanza da bagno deve essere fornita di apertura all'esterno per il ricambio dell'aria o dotata di aspirazione meccanica. Nelle stanze da bagno sprovviste di apertura all'esterno è proibita l'installazione di apparecchi a fiamma libera;
c) per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.

la versione originaria di questo articolo, il quale è stato sostituito nel 1978 con la delibera citata sopra ed il cui originario titolo era "cucine, bagni e latrine", era questa:
le cucine debbono avere un'altezza non inferiore a quella degli altri ambienti, cubatura non inferiore a metri 15, e almeno una finestra della superficie minima di 1,50 mq munita di arieggiatore. Le latrine e i bagno devono avere finestre aperte all'aria della superficie minima di mq 0,50 e munite di arieggiatore.
la differenza più significativa è che nella originaria stesura del RE non vi era la possibilità di avere bagni ciechi, i quali quindi possono ritenersi legittimi, se con arieggiatore meccanico, solo dal 1978 in poi. 

Art. 42. Corridoi, disimpegni e ripostigli

a) L'altezza minima interna di corridoi, disimpegni in genere e ripostigli è fissata in 2,40 m;
b) non possono essere considerati quali ripostigli o simili gli ambienti, muniti di finestra apribile, che abbiano una superficie superiore a 4 mq.

anche questo articolo, come il precedente, è stato riscritto con delibera del 1978. le disposizioni del regolamento originario e fino almeno agli anni 50 (non ho notizie di eventuali ulteriori correzioni tra il 1949 ed il 1978, ma probabilmente non ce ne sono state) così disciplinava: 

Art. 42 Corridoi
i corridoi della lunghezza di oltre metri 8 debbono avere illuminazione e aerazione diretta mediante una finestra ed essere di larghezza non inferiore a metri 1,15

Art. 43. Sottotetti abitabili

I sottotetti abitabili debbono avere una cubatura di 25 mc essere muniti di controsoffitto con una camera d'aria d'altezza non minore di 25 cm ventilata a mezzo di aperture verso l'esterno munite di griglie e avere tra il piano del pavimento ed il soffitto un'altezza non minore di 2 m misurata alla parete verso l'imposta del tetto, purché l'altezza media non sia inferiore a 2,50 m.

Art. 44. Coperture

Le coperture dei fabbricati debbono avere una sottostante camera d'aria dell'altezza minima di 35 cm ventilata mediante apertura verso l'esterno munita di griglie.
La camera d'aria tanto per il tetto quanto per le soffitte può essere sostituita, con l'approvazione preventiva del Comune, da uno spessore a tre strati di materie isolanti o, se compresa tra due strati isolanti, può essere ridotta a 10 cm.
Quando le coperture sono rivestite di asfalto, questo dovrà essere protetto da un pavimento che lo difenda dal calore.

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

Art. 45. Sotterranei

I sotterranei ad uso di cucina, di magazzini, di lavatoi e simili debbono sporgere dal suolo almeno per una quarta parte della loro altezza ed essere ben ventilati ed illuminati direttamente.
I muri ed i pavimenti di tali locali debbono essere difesi dall'umidità del sottosuolo mediante uno strato di asfalto o altra materia isolante data alla superficie dei muri di spiccato al di sotto del piano del pavimento e mediante muri doppi o intercapedini ben fognate e ventilate.
I sotterranei destinati ad uso di cucine debbono avere l'altezza minima libera di 3 m dal pavimento al soffitto.

Art. 46. Sotterranei a più piani

In via eccezionale, e su parere conforme dell'Ufficio d'Igiene, può essere concessa l'autorizzazione per la costruzione di sotterranei a più piani nei casi di importanti edifici ad uso di alberghi, teatri, magazzini, con aperture di luce munite di vetri praticabili sui marciapiedi del suolo pubblico, nella misura da determinarsi caso per caso e con accessi facili dall'esterno, in numero proporzionato alla loro estensione.
La ventilazione naturale deve essere ottenuta mediante feritoie o aperture praticate esclusivamente nella proprietà privata.
L'altezza minima di ciascun piano dei sotterranei non può essere inferiore a 3 m dal pavimento al soffitto. I progetti relativi ai sotterranei a più piani debbono,oltre ai prescritti documenti, contenere lo schema dei sistemi di illuminazione naturale e artificiale e di ventilazione, il tipo e la descrizione dei sistemi di intercapedine e di isolamento per l'umidità, il tipo di fognatura e il relativo schema di impianto di sollevamento delle acque nel caso in cui la fognatura stradale non permetta un deflusso diretto.

gli articoli dal 43 al 46 non sembrano essere mai stati modificati dal 1934.

Art. 46bis. Ambienti non destinati ad abitazione

Agli edifici o ai locali, esclusi quelli disciplinati dal precedente art. 39, aventi destinazione d'uso diversa da abitazione ma che prevedano sosta di persone (ad esempio uffici, alberghi, ecc.) si applicano, oltre tutte le disposizioni contenute nel presente Regolamento che non siano in contrasto con la specifica destinazione d'uso prevista, anche le disposizioni di cui ai precedenti articoli n. 40,lettere e), f), g); n. 41, lettera b) c n. 42. lettera a).

l'art. 46 bis è stato inserito con la stessa delibera DCC 2470/1978 con cui sono stai modificati gli articoli 40 e 41.

CAPO II- SCALE E MURI D'AMBITO

Art. 47. Scale

I vani scala possono essere realizzati anche privi di illuminazione naturale diretta, purché sia assicurata una idonea ventilazione naturale o meccanica centralizzata. Le scale aperte e non coperte, che siano aggiunte a quelle normali, non sono considerate agli effetti del computo dell'area occupata dall'edificio. Parimenti non vengono considerate, agli effetti del computo dell'area occupata, le gabbie aperte degli ascensori e montacarichi.

altro articolo sostituito con la delibera del 1978. il testo originario in vigore presumibilmente dal 1934 fino almeno al 1949 e con buona probabilità fino al 1978 così recitava:


art. 47 scale

tutte le scale che servono a più di due piani, oltre il terreno, devono essere ventilate ed illuminate mediante finestre aperte all'aria libera. quelle di due soli piani superiori possono essere illuminate solamente dall'alto, mediante apposito lucernario di superficie non minore della metà della superficie del vano, con sufficienti aperture per la ventilazione diretta dall'esterno, di una superficie complessiva non minore di un sesto del vano interno della scala.
il numero degli appartamenti servito da una sola scala deve essere limitato a seconda delle condizioni di aerazione e di ampiezza della scala stessa, e non può essere di norma superiore a quattro per piano.
possono prendere luce ed aria dalle gabbie delle scale soltanto gli ingressi, i corridoi, gli anditi, i passaggi e i locali di sgombero.

la specifica, contenuta nell'attuale versione del testo, circa la non assoggettabilità al computo del volume per le scale esterne probabilmente si è resa necessaria per venire incontro alle esigenze di messa in sicurezza antincendio, in quegli edifici che necessitavano di una ulteriore rampa di scale rispetto alla principale la quale, se assoggettata a volume imponibile, sarebbe stata praticamente sempre irrealizzabile nei contesti urbani.

Art. 48. Muri d'ambito

I muri d'ambito delle case di abitazione debbono avere spessore tale, secondo il materiale impiegato e il sistema di costruzione, da proteggere sufficientemente i locali dalle variazioni atmosferiche esterne, a giudizio dell'Ufficio tecnico e d'igiene.

il pdf del Comune per questo articolo, il cui testo è immutato dal 1934, aggiunge le seguenti note a margine: legge 30 aprile 1976 n°373, Capo III: DPR 28 giugno 1977 n°1052, titolo III; DGRL 31 luglio 1978 n°3659; DPGRL 16 agosto 1978 n°1021



Articolo 48/bis - Risparmio energetico e fonti rinnovabili di energia.

Negli edifici pubblici e privati di nuova costruzione deve essere assicurato fino al 2007 la copertura di 15% del fabbisogno energetico dell’edificio con l’utilizzo di sistemi di contenimento (sistemi passivi) ed un altro 15% del fabbisogno energetico del medesimo edificio mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, fermo restando che il 50% del fabbisogno di energia primaria per acqua calda sanitaria deve essere assicurato mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia. Dal 2008 negli edifici pubblici e privati di nuova costruzione dovrà essere assicurata la copertura del 30% del fabbisogno energetico complessivo dell’edificio con fonti di energia rinnovabile. Per gli interventi privati che siano inseriti nei Programmi di recupero urbano, nei Programmi Integrati, nei Progetti Urbani e negli Accordi di Programma o che siano oggetto di permessi di costruire in deroga, il limite minimo del 30% del fabbisogno energetico complessivo dell’edificio è aumentato fino al 50%. Tale limite vale anche per tutti gli interventi per la realizzazione di edifici pubblici o di uso pubblico, fermo restando il limite del 50% per il fabbisogno di energia primaria per acqua calda sanitaria. Per tale finalità dovranno essere realizzate, con soluzioni organicamente inserite nell’estetica dell’edificio, integrate al progetto edilizio ed integrate secondo la migliore esposizione solare, coperture tecnologiche a captazione energetica, finalizzate alla conservazione e solarizzazione, che accolgano ed integrino collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria e moduli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica destinata all’illuminazione delle parti comuni. Gli impianti devono essere adagiati in adiacenza alla copertura inclinata (modo retrofit) o meglio integrati in essa (modo strutturale). I serbatoi di accumulo degli impianti solari termici devono essere preferibilmente posizionati all’interno degli edifici. Nel caso di coperture piane i pannelli potranno essere installati con inclinazione ritenuta ottimale, purché non visibili dal piano stradale sottostante ed evitando l’ombreggiamento tra di essi se disposti su più file. Potranno essere adottate anche soluzioni alternative a quelle in copertura che saranno oggetto di apposita valutazione da parte della “commissione tecnica per la certificazione energetica degli edifici” istituita presso il Dipartimento VI con determinazione 6 dirigenziale n. 96 del 12 maggio 2005 in attuazione della deliberazione della Giunta Comunale n. 281 del 12 maggio 2004. Per la realizzazione dei collegamenti dei collettori solari e dei moduli fotovoltaici al volume tecnico di cui all’art. 48/ter deve essere predisposto un cavedio di sezione opportuna per poter alloggiare una conduttura di mandata e una di ritorno all’impianto solare termico, due canaline (corrugati) per alloggiare i collegamenti elettrici all’impianto fotovoltaico e il collegamento alla rete di terra. Per il collegamento dell’impianto solare alle singole utenze devono essere predisposti opportuni cavedi o vani che possano contenere la linea di mandata dell’acqua calda sanitaria e un collegamento elettrico. Una specifica relazione giurata da tecnico abilitato, dovrà essere parte integrante della documentazione richiesta per il rilascio del titolo abilitativo e dovrà certificare che il sistema adottato sia per il tetto captante che per gli impianti ad esso collegati siano idonei a soddisfare il fabbisogno minimo per il risparmio energetico di cui ai precedenti commi 1 e 2 del presente art. 48/bis. 

In sede di rilascio del certificato di agibilità degli edifici dovrà essere prodotta apposita perizia giurata che certifichi la sussistenza degli impianti e la loro idoneità ad assicurare il fabbisogno di cui sopra. La destinazione del volume tecnico collocato sul tetto captante o nel sottotetto verrà verificata in sede di agibilità mediante sopralluogo degli uffici tecnici municipali oppure mediante la medesima perizia giurata di cui al comma precedente. Le prescrizioni di cui al primo comma vigono anche nel caso di complessiva ristrutturazione di edifici esistenti. Qualora gli interventi riguardino edifici situati nella zona “A” di P.R.G. vigente e Città storica di P.R.G. adottato deve essere verificata la loro compatibilità con i valori storici, morfologici e tipologici degli edifici. 

le disposizioni del 48 bis dovrebbero ritenersi implicitamente abrogate dal d.lgs. 28/2011

Art. 48/ter – Risparmio energetico e definizione del volume imponibile. 

Al fine di favorire gli interventi per il risparmio energetico e per l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energie, dal calcolo del cosiddetto “volume imponibile*”, così come definitivo dalle N.T.A. del vigente P.R.G. sono esclusi: − la quota parte dello spessore dei muri esterni di tamponamento superiore ai 30 cm. e fino ad un massimo di 50 cm.**; − la quota parte dello spessore dei solai superiore a 20 cm. e fino ad un massimo di 45 cm.; − il vano collocato sul tetto captante o nel sottotetto, in quanto considerato volume tecnico perché destinato ad accogliere gli impianti, i serbatoi e le masse d’accumulo per l’acqua calda ed il calore prodotto dai collettori solari ed in quanto inferiori all’altezza massima netta interna di cm. 240. In tale volume devono essere ospitati i componenti del circuito primario dell’impianto solare termico ed i dispositivi di condizionamento della potenza dell’impianto fotovoltaico e di connessione alla rete (quadro elettrico e dispositivi di interfaccia con la rete). 

* la definizione di "volume imponibile" non esiste né nelle norme tecniche del PRG approvato 2003, né in quelle del PRG approvato 2008. probabilmente, ci si voleva riferire alla definizione di "volume costruito" che, per definizione in entrambe le versioni del PRG, è dato dal prodotto della SUL per l'altezza reale del piano. Dunque se così fosse, il calcolo degli spessori afferisce inevitabilmente anche quello della SUL la quale quindi andrebbe calcolata non togliendo tutto ciò che è oltre i 30cm di spessore, ma solo quello che è tra i 30 ed i 50cm. tuttavia invece laddove avessero voluto riferirsi alla definizione di volume fuori terra, il collegamento con la SUL non sarebbe così automatico, ma a quel punto non avrebbe senso aver specificato gli spessori da sottrarre, dato che quest'ultima definizione è più vaga ed afferisce solo ai volumi fuori terra. in ogni caso, debbono considerarsi ormai prevalenti le 42 definizioni uniformi del regolamento edilizio tipo ufficialmente approvate dalla Regione Lazio.
**l'indicazione deve intendersi, come già detto nella nota precedente, di fatto integrativa/sostitutiva di quella del PRG. Va però evidenziato che nella Legge Regione Lazio n°6/2008 è contenuta una ancora diversa modalità di scomputo degli spessori murari, in quanto la fascia di esonero dal calcolo va da 30 a 55cm. Essendo la norma regionale intervenuta dopo la delibera 48/2006, dovrebbe ritenersi prevalente. Si noti difatti che l'art. 48/ter che avrebbe dovuto entrare in vigore a seguito della delibera del 2011 si adeguava, correttamente, ai parametri della legge regionale, indicando che la computazione degli spessori si interrompeva a 30 cm e per ulteriori 25 cm, cioè 30-55.

Art. 48/quater - Sistemi di accumulo, riutilizzazione delle acque meteoriche e di risparmio idrico. 

In caso di superficie di verde condominiale o di pertinenza superiore a 30 mq., all’interno del lotto edificabile o nell’edificio, localizzato negli ambienti interrati sfruttando spazi non diversamente utilizzabili, dovrà essere realizzato un sistema di accumulo e recupero delle acque piovane per l’irrigazione, la pulizia delle parti comuni e gli scarichi dei water. La realizzazione della vasca per l’accumulo dell’acqua deve consentire il recupero di almeno il 70% delle acque meteoriche. L’impianto idrico così formato non potrà essere collegato alla normale rete idrica e le sue bocchette dovranno essere dotate di dicitura “acqua non potabile”, secondo la normativa vigente. E’ fatto obbligo di installare nei servizi igienici cassette d’acqua per i water con scarichi differenziati dotate di un dispositivo comandabile manualmente che consenta la regolazione, prima dello scarico, di almeno due diversi volumi di acqua. E’ inoltre fatto obbligo di installare rubinetterie dotate di miscelatore aria ed acqua.

in questo articolo, non è specificato quali interventi edilizi fanno scattare l'obbligo. probabilmente ci si riferisce alle nuove costruzioni. La Legge Regione Lazio 26 maggio 2006 n°8 la quale è successiva temporalmente alla delibera che istituisce questi articoli indica che tali obblighi si attivano nel caso di nuove costruzioni o di ristrutturazioni edilizie. Probabilmente si deve ritenere prevalente la successiva indicazione regionale.

Art. 48/quinquies - Pavimentazioni, aree verdi, superfici ed aree libere del lotto. 

I materiali di finitura ed allestimento delle superfici esterne e delle aree di pertinenza degli edifici dovranno essere idonei ad assicurare, indipendentemente dalle esigenze che sono destinate a soddisfare, la permeabilità del terreno, anche mediante materiali e pavimentazioni drenanti, per una superficie non inferiore al 50% della superficie libera del lotto stesso. 

Art. 48/sexies - Fase transitoria. 

Le prescrizioni previste per le nuove costruzioni degli articoli 48/bis, ter, quater e quinquies entreranno in vigore 180 giorni dopo la data di approvazione della presente deliberazione, fatto salvo quanto già previsto dai disciplinari tecnici allegati alle convenzioni in corso di stipula. Sono esclusi dalle prescrizioni contenute nel presente provvedimento i permessi di costruire rilasciati alla data di entrata in vigore della presente deliberazione.

gli articoli dal 48 bis al 48 sexies sono stati aggiunti con delibera 48 del 2006, approvata dalla Provincia di Roma con deliberazione di giunta provinciale n°1200/1944 del 28 novembre 2006, ed il relativo testo è copiato da quello della delibera. Successivamente, è intervenuta la delibera 7 del 2011 la quale però non sembra essere stata contro-validata dalla Provincia, pertanto detti articoli potrebbero ritenersi come mai entrati in vigore. Qui appresso si riportano gli articoli di questa delibera - i quali peraltro andrebbero a sostituirsi a quelli qui sopra riportati - ma non si può garantire in questa sede che siano da considerarsi operativi a tutti gli effetti, in mancanza di una esplicita indicazione in tal senso da parte delle amministrazioni. Gli articoli introducono, tra gli altri, limiti specifici per le serre solari di cui ho parlato ampiamente in quest'altro mio post.

Articolo 48/bis – Risparmio energetico e fonti rinnovabili di energia. 

1. Gli edifici pubblici e privati di nuova costruzione devono possedere un indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale (E.P.i.) migliorativo rispetto al limite stabilito dal D.Lgs. n. 192/2005 e successive modificazioni e integrazioni secondo quanto riportato nella seguente tabella: 

S/V ≤ 0,2 = 0% 
0,2 < S/V ≤ 0,9 = Interpolazione lineare tra 0% e 40% 
S/V > 0,9 = 40% 

Tale miglioramento dovrà essere ottenuto attraverso misure di contenimento, sistemi solari passivi e attraverso l’impiego di fonti rinnovabili di energia. Per gli edifici destinati all’esercizio del culto, escluse le loro pertinenze, la percentuale migliorativa è ridotta della metà. 

2. Negli edifici pubblici e privati di nuova costruzione o in occasione di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione degli impianti termici esistenti, relativamente all’intera unità edilizia, l’impianto di produzione di energia termica deve essere progettato e realizzato in modo da coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primaria richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l’utilizzo di fonti rinnovabili. Tale limite è ridotto al 20 per cento per gli edifici situati nella parte di città storica dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità – così come chiaramente individuata nel P.T.P.R. adottato dalla Regione Lazio e pubblicato sul BURL n. 6 del 14 febbraio 2008 –. In caso di impossibilità tecnica, adeguatamente documentata mediante relazione asseverata da tecnico abilitato, a raggiungere il completo soddisfacimento della disposizione del precedente capoverso, il dimensionamento ottimale dell’impianto 8 proposto dovrà esser valutato dalla “Commissione Tecnica per l’Energia”, istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica. 

3. Negli edifici pubblici e privati di nuova costruzione, il cui titolo abilitativo sia stato richiesto dopo il 22 giugno 2008 (data di entrata in vigore della L.R. n. 6/2008) e non ancora rilasciato, deve essere assicurata la seguente produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile: 
a) per superfici con destinazioni d’uso a: – abitazioni singole; – abitazioni agricole; – abitazioni collettive; una produzione minima di 1.000 kWh annui per ogni unità immobiliare e per le parti comuni;
b) per superfici con destinazioni d’uso a: – strutture ricettive alberghiere; – strutture ricettive extra-alberghiere; una produzione minima di 1.000 kWh annui per ogni 60 posti letto o frazione; 
c) per superfici con destinazioni d’uso diverse dalle precedenti deve essere assicurata una produzione pari al 100% del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione estiva, fermo restando l’obbligo di assicurare una produzione minima di: – 1.300 kWh annui per S.U.L. inferiori a 100 mq.; – 5.000 kWh annui per S.U.L. comprese tra 100 e 500 mq.; – 1.000 kWh annui, ulteriori, per ogni 500 mq. di S.U.L. superiori ai primi 500 mq.; – 10.000 kWh annui per S.U.L. superiore a 2.500 mq. 

Per tali finalità i sistemi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché quelli previsti dal comma 2, qualora siano sistemi solari, devono essere installati sulle coperture degli edifici, al fine di massimizzare l’efficienza dei sistemi stessi con soluzioni organicamente inserite nell’estetica dell’edificio. Gli impianti sui tetti a falde devono essere posizionati in adiacenza alla copertura inclinata o meglio integrati in essa. I serbatoi di accumulo degli impianti solari termici devono essere posizionati in maniera non visibile dal piano stradale ovvero all’interno dei volumi tecnici degli edifici. Nel caso di coperture piane i pannelli possono essere installati con inclinazione ritenuta ottimale, purché non visibili dal piano stradale sottostante ed evitando l’ombreggiamento tra di essi se disposti su più file. In caso di impossibilità tecnica, adeguatamente documentata mediante relazione asseverata da tecnico abilitato, a raggiungere la quota sopra prevista per gli edifici indicati al punto a), la produzione minima per ogni unità edilizia, non dovrà in ogni caso essere inferiore a 1.000 kWh annui per ogni 100 mq. di S.U.L. Qualora anche le quantità previste al capoverso precedente non possano essere soddisfatte per impedimenti tecnici, documentati attraverso relazione asseverata da tecnico abilitato, i sistemi per la produzione di energia da fonti rinnovabili potranno essere installati nelle pertinenze delle unità edilizie ovvero in strutture appositamente realizzate ed integrate. Tale ubicazione, in caso di impedimenti tecnici, è consentita 9 anche per gli edifici indicati al punto b) e punto c) ferme restando le quantità ivi previste. In caso di ulteriore impossibilità tecnica, a raggiungere il completo soddisfacimento del dettato del precedente capoverso, per il raggiungimento dei succitati quantitativi di produzione energetica da fonti rinnovabili, è consentita la partecipazione alla realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili installati fuori dal lotto di pertinenza, ovvero l’acquisizione di diritti sui medesimi, purché si tratti di impianti comunque localizzati all’interno del territorio comunale. Tale alternativa adeguatamente documentata, sarà valutata dalla “Commissione Tecnica per l’Energia” istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica. 

4. All’atto della richiesta del titolo abilitativo dovrà essere prodotta una specifica relazione, sottoscritta da tecnico abilitato, con i necessari elaborati tecnici e calcoli redatti secondo i criteri specificati in premessa, che attesti come gli interventi previsti, siano idonei a soddisfare i requisiti del presente articolo. All’atto della presentazione della Dichiarazione di Fine Lavori dovrà essere allegato l’Attestato di Qualificazione Energetica, redatto in duplice copia da un tecnico abilitato e asseverato dal Direttore dei Lavori. In sede di richiesta del certificato di agibilità degli edifici dovrà essere depositato l’Attestato di Certificazione Energetica e prodotta apposita relazione asseverata che attesti la sussistenza degli impianti e la loro conformità al progetto depositato. Nel certificato di agibilità dovrà essere indicata la Classe Energetica come individuata nell’Attestato di Certificazione Energetica depositato per il rilascio dello stesso. La destinazione del volume tecnico, finalizzato al soddisfacimento delle presenti norme, collocato sul tetto captante o nel sottotetto verrà verificata in sede di agibilità mediante sopralluogo degli Uffici Tecnici Municipali oppure mediante perizia giurata. 

5. Le prescrizioni dei commi precedenti si applicano anche agli interventi di ristrutturazione edilizia su interi edifici. In caso di impedimenti tecnici, adeguatamente documentati, eventuali deroghe al capoverso precedente saranno valutate dalla “Commissione Tecnica per l’Energia” istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica. 

6. Sono sempre fatti salvi i limiti previsti da vincoli relativi a beni culturali, ambientali e paesaggistici. 

7. In caso di impedimenti, adeguatamente documentati, di natura tecnica che ostacolino l’installazione di impianti solari sull’edificio o sulle pertinenze, o impediscano l’uso di impianti alimentati da altre fonti rinnovabili di energia, devono essere valutate soluzioni alternative quali cogenerazione ad alto rendimento secondo il D.Lgs. n. 20/2007 e pompe di calore. Tale alternativa ed eventuali deroghe alle prescrizioni, adeguatamente documentate, saranno valutate dalla “Commissione Tecnica per l’Energia” istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica. 


Art. 48/ter – Risparmio energetico e casi di esclusione dal volume imponibile e della superficie utile lorda. 

1. Al fine di favorire gli interventi per il risparmio energetico e per l’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, dal calcolo del volume fuori terra e della “superficie utile lorda” (S.U.L.) e dell’altezza degli edifici, come definiti dalle NTA del PRG sono esclusi: 
– il maggior spessore delle murature esterne degli edifici, siano esse tamponature o muri portanti, per la parte eccedente i 30 centimetri, fino ad un massimo di 25 centimetri; 
– il maggior spessore dei solai intermedi a contatto con ambienti riscaldati, per la parte eccedente 30 centimetri, fino ad un massimo di 15 centimetri; 
– il maggior spessore dei solai intermedi a contatto con ambienti non riscaldanti e dei solai a contatto con l’esterno, per la parte eccedente 30 centimetri, fino ad un massimo di 25 centimetri; 
– il vano collocato sul tetto captante o nel sottotetto in quanto considerato volume tecnico perché destinato ad accogliere gli impianti, i serbatoi e le masse d’accumulo per l’acqua calda ed il calore prodotto dai collettori solari. In tale volume devono essere ospitati i componenti del circuito primario dell’impianto solare termico ed i dispositivi di condizionamento della potenza dell’impianto fotovoltaico e di connessione alla rete (quadro elettrico e dispositivi di interfaccia con la rete); 
– i vani tecnici di cui al punto precedente dovranno avere una altezza netta interna, da pavimento ad intradosso del vano, non superiore a m. 2,40; 
– gli altri maggiori volumi o superfici, sia in facciata che in copertura, anche di altezza utile superiore a m.1,80 se ricavati tra l’intradosso del solaio di copertura e estradosso dell’ultimo livello di calpestio, purché finalizzati, attraverso l’isolamento termico ed acustico, alla captazione diretta dell’energia solare e alla ventilazione naturale, alla riduzione dei consumi energetici o del rumore proveniente dall’esterno.

2. I sistemi bioclimatici passivi, come le serre captanti, nonché altri spazi strettamente funzionali al risparmio energetico per la captazione e lo sfruttamento dell’energia solare e il guadagno termico solare negli edifici, non sono computati nel calcolo dei volumi e delle S.U.L. ammissibili purché rispettino le seguenti condizioni: 
– dimostrino, attraverso calcoli energetici che il progettista dovrà allegare al progetto, la loro funzione di riduzione del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale di una quantità pari ad almeno il 10%, attraverso lo sfruttamento passivo e/o attivo dell’energia solare;
 – le dimensioni in pianta non siano superiori al 15% della superficie utile dell’unità immobiliare connessa o dell’unità edilizia oggetto dell’intervento; 
– la formazione della serra non deve determinare nuovi locali riscaldati o comunque locali idonei a consentire la presenza continuativa di persone (locali di abitazione permanente o non permanente, luoghi di lavoro, etc.); 
– i locali retrostanti mantengano il prescritto rapporto di illuminazione e aerazione naturale diretta; 
– se dotati di superfici vetrate siano provvisti di opportune schermature e/o dispositivi mobili e rimovibili, per evitare il surriscaldamento estivo; 
– il progetto deve valutare il guadagno energetico, tenuto conto dell’irraggiamento solare, calcolato secondo la normativa UNI, su tutta la stagione di riscaldamento. Come guadagno si intende la differenza tra energia dispersa in assenza del sistema bioclimatico e quella dispersa in presenza del sistema stesso; 
– nel caso di serre solari, queste devono essere integrate prioritariamente nella facciata esposta nell’angolo compreso tra sud/est e sud/ovest. 

3. Ogni edificio può dotarsi di un sistema di ventilazione naturale, per il riscaldamento ed il raffrescamento degli ambienti. Il sistema di ventilazione prefigurandosi come volume tecnico non sarà conteggiato nel volume e nella S.U.L. dell’edificio alle seguenti condizioni: 
– consenta la circolazione di flussi d’aria differenziati per stagione; 
– vengano usati materiali da costruzione con elevata capacità termica. 

4. Le soluzioni alternative alle indicazioni del presente articolo e le eventuali ulteriori esclusioni di spessori supplementari, adeguatamente documentati, impiegati ai fini del risparmio energetico, o dell’ottenimento degli incentivi previsti, saranno valutate dalla “Commissione Tecnica per l’Energia” istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica. 

Art. 48/quater – Sistemi di risparmio della risorsa idrica. 

1. Fermo restando quanto previsto dall’art. 104 delle NTA del PRG, negli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia su interi edifici è fatto obbligo di: − installare nei servizi igienici cassette d’acqua per i water con scarichi differenziati dotati di un dispositivo comandabile manualmente che consenta la regolazione, prima dello scarico, di almeno due diversi volumi di acqua; − installare rubinetterie dotate di miscelatore aria-acqua; − per le destinazioni non residenziali individuate alle lettere b, c, d, e, f dell’art. 6 delle NTA del PRG, installare rubinetteria monocomando comandata a sensore, a pedale o a tempo. Le prescrizioni del presente comma si applicano anche al patrimonio esistente per tutte le categorie di intervento, così come classificate all’art. 9 delle NTA del PRG, con la sola esclusione della manutenzione ordinaria. 

2. Ulteriori criteri e modalità di salvaguardia delle risorse idriche e del loro uso razionale, da attuare negli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia, verranno regolamentati dopo l’individuazione degli stessi da parte della Giunta Regionale ai sensi dell’art. 4, comma 1, della L.R. n. 6/2008. 

Art. 48/quinquies – Pavimentazioni, aree verdi, superfici ed aree libere del lotto. 

Negli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione edilizia su interi edifici e di ristrutturazione urbanistica, è obbligatorio l’impiego di pavimentazioni drenanti nelle sistemazioni delle superfici esterne e aree di pertinenza, almeno per il 50% della superficie pavimentata. Qualora la superficie coperta SC sia superiore al 50% della superficie fondiaria SF le prescrizioni del precedente punto dovranno essere estese alla totalità della superficie non coperta. 

Art. 48/sexies – Interventi impiantistici. 

1. Produzione centralizzata dell’energia termica. Negli edifici con più di 10 unità abitative o superiori a 2.500 mc. è obbligatorio l’impiego di impianti di riscaldamento centralizzati, dotati di sistema di gestione e contabilizzazione individuale dei consumi. Per tutte le categorie di edifici, così come classificati in base alle destinazioni d’uso all’art. 3 del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, nel caso di nuova costruzione di edifici pubblici e privati e di ristrutturazione degli stessi conformemente all’articolo 3, 12 comma 2, lettera A), del D.Lgs. n. 192/2005, è obbligatoria la predisposizione delle opere, riguardanti l’involucro dell’edificio e gli impianti, necessarie a favorire il collegamento a reti di teleriscaldamento, nel caso di presenza di tratte di rete ad una distanza inferiore a metri 1.000 ovvero in presenza di progetti approvati nell’ambito di opportuni strumenti pianificatori. 

2. Reti di distribuzione dell’acqua calda sanitaria. In tutti gli edifici, le reti di distribuzione dell’acqua calda sanitaria interne alle abitazioni dovranno prevedere un allaccio per gli elettrodomestici che utilizzano nel loro ciclo acqua calda. 

3. Scaldabagni elettrici. Negli edifici pubblici e privati con destinazioni d’uso ad: − abitazioni singole; − abitazioni collettive; − abitazioni agricole; − strutture ricettive alberghiere; − strutture ricettive extra-alberghiere; non è consentito l’utilizzo di riscaldatori elettrici per la preparazione dell’acqua calda sanitaria. 

4. Efficienza degli impianti di illuminazione. Il primo criterio di contenimento energetico è quello di favorire l’utilizzo dell’illuminazione naturale. In relazione all’uso razionale dell’energia elettrica è obbligatorio per le zone non destinate alla permanenza di persone negli edifici pubblici e del terziario, e per le sole parti comuni degli edifici residenziali, l’uso di dispositivi che permettono di controllare i consumi di energia dovuti all’illuminazione. In particolare, pur prevedendo che l’illuminazione artificiale negli spazi di accesso, di circolazione e di collegamento deve assicurare condizioni di benessere visivo e garantire la sicurezza di circolazione degli utenti, è previsto: 
− Edifici a destinazione abitativa: 
− obbligo di installazione di interruttori a tempo e/o azionati da sensori di presenza in tutte le parti comuni (garage, vano scale, corridoi, cantine, ecc.) eccetto negli androni dove sarà presente luce fissa con lampade a basso consumo. 
− Edifici a destinazione non abitativa: 
− obbligo di installazione di lampade a basso consumo e di interruttori a tempo e/o azionati da sensori di presenza in tutti gli ambienti utilizzati in modo non continuativo (bagni, depositi, archivi, magazzini, garage); 
− obbligo di installazione di lampade a basso consumo energetico (ad esempio LED) in tutti gli ambienti destinati ad un uso continuativo e/o a permanenza di persone. 
− Nelle aree esterne di pertinenza di tutti gli edifici: − obbligo di installazione di interruttori crepuscolari e lampade a basso consumo energetico; 
− nelle aree comuni (private, condominiali o pubbliche) i corpi illuminanti dovranno essere previsti di diverse altezze e avere sempre il flusso luminoso 13 orientato verso il basso per ridurre al minimo le dispersioni verso la volta celeste e il riflesso sugli edifici. 

5. Efficienza degli impianti elettrici. L’architettura degli impianti elettrici interni dovrà prevedere una doppia distribuzione delle linee prese: utenze varie elettriche e forza motrice. Le utenze varie elettriche sono utenze interrompibili attraverso un interruttore motorizzato programmabile: questa misura dovrà consentire lo spegnimento manuale/automatico delle utenze trascurate o degli elettrodomestici in stand-by. 

6. Contenimento dei consumi per la climatizzazione estiva. Nel caso in cui fosse presente un impianto di trigenerazione non è consentita la installazione di impianti di raffrescamento o climatizzazione di tipo autonomo. Per gli edifici residenziali è consentita la installazione di terminali per l’erogazione dell’energia frigorifera con potenza elettrica installata non superiore a 15 W/mq. di S.U.L. 

Art. 48/septies – Incentivi. 

L’Amministrazione Capitolina favorisce e promuove la realizzazione degli interventi di risparmio energetico e di utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili attraverso specifici provvedimenti, ove migliorativi rispetto alle prescrizioni dei precedenti articoli 48 e segg., di: 
– incentivo economico, nella forma di cofinanziamenti attraverso bandi pubblici e di accordi con istituti di credito per finanziamenti e tassi agevolati; 
– incentivo urbanistico, attraverso l’incremento delle previsioni del piano urbanistico, della S.U.L. o della volumetria prevista nelle aree oggetto di intervento. 
A tali interventi, considerati come interventi di Miglioramento Bioenergetico (art. 10 comma 7 NTA), sono assimilabili, ai fini di questo articolo, quelli che prevedano l’uso di impianti di cogenerazione ad alto rendimento secondo il D.Lgs. n. 20/2007, anche abbinati al teleriscaldamento, di rigenerazione e pompe di calore. La misura degli incentivi sopra citati è subordinata alla stesura di un Regolamento Attuativo ed è subordinata all’acquisizione del parere vincolante della “Commissione Tecnica per l’Energia” istituita presso il Dipartimento VI. 

Art. 48/octies – Fase transitoria. 

Fermo restando l’applicazione delle disposizioni in materia di contenimento energetico e produzione di energia da fonte rinnovabile previste dal presente provvedimento, in considerazione delle impossibilità tecniche di adeguamento dei progetti in corso di istruttoria, le prescrizioni di cui all’art. 48 bis, comma 1, si applicano ai progetti il cui titolo abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data di entrata in vigore della presente deliberazione. Art. 48/nonies – Istituzione della “Commissione Tecnica per l’Energia” e relative funzioni. La Commissione Tecnica per l’Energia è istituita presso il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica sentite le Commissioni Consiliari Permanenti competenti; i membri, in numero di 7 e nominati dalla Giunta Capitolina su proposta dell’Assessore competente, sono: − il Presidente, nella persona del Direttore del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica o di un suo delegato; 14 − il Direttore del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici o di un suo delegato; − il Direttore del Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana o di un suo delegato; − il Coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico in materia di politiche di riduzione delle emissioni climalteranti e la produzione ed il consumo sostenibile dell’energia, a supporto dell’Osservatorio Ambientale o di un suo delegato; − un membro esperto di qualità architettonica, nominato dal COQUE; − un membro esperto in fisica tecnica ambientale e nel settore degli impianti tecnici; − un membro esperto in bioarchitettura e bioedilizia. La Commissione svolge le seguenti funzioni: a) supporta il Dipartimento ai fini del controllo generale e della supervisione dell’attuazione delle prescrizioni contenute nella presente deliberazione in relazione alle deroghe e ai casi particolari; b) provvede alla verifica e al monitoraggio a campione dei progetti realizzati e delle misure adottate; c) predispone proposte tecniche per la definizione di un regolamento per i miglioramenti bioenergetici di cui all’articolo 48-septies; d) svolge supporto tecnico-scientifico e consulenza per gli altri Dipartimenti sulle questioni energetiche; e) predispone semestralmente alle Commissioni Consiliari competenti un report sulle attività svolte e sullo stato di attuazione della presente deliberazione. 

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

TITOLO IV

NORME RELATIVE ALLE OPERE ESTERNE DEI FABBRICATI

art. 49 Estetica degli edifici

Le fronti delle case e degli edifici in genere, prospettanti su vie o spiazzi pubblici o comunque da queste visibili, debbono, con speciale riguardo alla loro ubicazione, corrispondere alle esigenze del decoro edilizio, tanto per ciò che si riferisce alla corretta armonia delle linee, quanto ai materiali da impiegarsi nelle opere di decorazione e dalle tinte.
I muri divisori, tanto nelle fabbriche esistenti quanto nelle nuove, esposti in tutto o in parte alla pubblica vista, debbono essere decorati e sistemati in modo che sia resa visibile, attraverso cancellate od occhiali, la vegetazione interna.
Il Sindaco, in applicazione dell'art. 1 delle Norme generali e prescrizioni tecniche per l'attuazione del P.R. e di ampliamento approvato con R.D.6 luglio 1931 n. 981, convertito in Legge 24 marzo 1932 n. 355, ha facoltà in sede di disamina preliminare dei progetti, di prescrivere linee architettoniche e forme di decorazioni analoghe - per quanto possibile - a quelle di edifici circostanti ovvero armonizzanti con esse,e di stabilire limitazioni e direttive intese ad ottenere un determinato inquadramento urbanistico per le costruzioni prospettanti su importanti vie o piazze, con particolare riguardo agli edifici da fabbricare sullo sfondo delle vie, per i quali deve essere tenuto conto della necessità di assicurare armoniche prospettive.

l'articolo è ormai divenuto obsoleto in quanto non esiste più un organo che valuta la qualità dei progetti, a parte il Comitato per la Qualità Urbana ed Edilizia il quale però si esprime solo per interventi di un certo tipo all'interno della città storica. Il regolamento in questo passaggio richiama il PRG del 1931 perché è per essere le norme di questo piano che fu scritto.

art. 50  - Aggetti o sporgenze dei fabbricati

Negli edifici e sui muri fronteggianti il suolo pubblico e d'uso pubblico, sono vietati:
a) aggetti e sporgenze superiori a 15 cm dall'allineamento stradale, sino all'altezza di 2,20 m dal piano del marciapiede;
b) porte e gelosie o persiane che si aprano all'esterno ad una altezza inferiore a 2,20 m dal piano stradale se la strada è con marciapiede e di 4,50 m se la strada è senza marciapiede;
c) ripari o spalliere sul muro di parapetto nelle terrazze che non siano decorose.

art. 51 - Balconi

I balconi non possono collocarsi ad altezza minore di 3,20 m, sopra il piano del marciapiede e non debbono oltrepassare il limite di 50 cm dal ciglio del marciapiede verso l'interno. Ove non esista il marciapiede,l'altezza non potrà essere minore di 4,50 m dal piano stradale.
I balconi coperti e circondati da pareti (bow-windows), semplici o multipli, possono essere permessi quando non si oppongano ragioni di estetica o di igiene.
Per i balconi coperti debbono osservarsi le stesse altezze prescritte per i balconi, con l'avvertenza che l'altezza di 4,50 m va misurata in corrispondenza del punto più basso del loro profilo.
Tanto i balconi quanto i bow-windows non debbono sporgere dal filo di fabbricazione più del decimo della larghezza della via e, di regola, non oltrepassare la sporgenza di 1,40 m.
Nella zona di distacco minimo, l'estensione dei balconi non potrà superare il 75% della lunghezza della facciata.

1. Costruzioni in aggetto sul fronte stradale. 
Sono ammesse solamente sulle strade, sia pubbliche che private, aventi una larghezza non inferiore a 16 m.
L'aggetto non potrà essere spiccato ad altezza inferiore a 4,50 m dal piano stradale, con avvertenza che tale altezza va misurata in corrispondenza del punto più basso dell'aggetto stesso (e cioè dove la strada si trova a quota più elevata).
La sporgenza massima dell'aggetto non dovrà essere superiore a 1/20 della sezione stradale ed in ogni caso a 1,40 m.
La lunghezza della fronte della costruzione in aggetto non dovrà superare nel suo complesso la metà della fronte a filo stradale dell'edificio (agli effetti di tale misura non dovrà considerarsi come fronte utile quella determinata da eventuali costruzioni accessorie ad un sol piano a filo stradale che sorgesse in prosecuzione dell'edificio principale). La costruzione in aggetto dovrà essere contenuta nell'inclinata di cui all'art. 19 del RE.

2. Costruzioni in aggetto su distacchi. 
Per quella porzione di zona di distacco che eccedesse i limiti minimi stabiliti dal RE e dalle Norme tecniche per l'attuazione del PR, non vi è alcun limite per le costruzioni in aggetto, salvo quanto stabilito nell'ultimo comma del presente paragrafo.
Qualora invece le costruzioni in aggetto dovessero invadere la zona dei distacchi minimi consentiti, l'aggetto non dovrà superare in sporgenza il decimo della distanza fra il fronte del fabbricato al limite del distacco minimo ed il confine di proprietà. La fronte della costruzione in aggetto non potrà superare la terza parte di ciascun fronte dell'edificio.
L'aggetto non potrà essere spiccato ad altezza inferiore a 4 m dal marciapiede che circonda l'edificio con l'avvertenza che tale altezza va misurata in corrispondenza del punto più basso dell'aggetto stesso (cioè dove tale marciapiede si trova a quota più elevata, naturalmente sul prospetto considerato).
Le stesse norme di cui ai due commi precedenti si applicheranno anche ai distacchi dal filo stradale imposti, per taluni isolati intensivi e semintensivi, dai Piani particolareggiati di esecuzione che a tale scopo vincolano a zone di rispetto una striscia lungo le strade di Piano regolatore.
Nelle zone a destinazione estensiva (villini, villini signorili, ecc.), e qualora la costruzione in aggetto superi l'altezza di un piano, la superficie della costruzione stessa, verrà computata nella superficie coperta fabbricabile nel lotto (100 m2+ 1/5 per la
destinazione a villini, 1/6 per la destinazione a villini signorili, ecc.)

3. Indipendentemente dalle su esposte limitazioni il Comune avrà facoltà di ridurre o di vietare addirittura le costruzioni in aggetto, in tutti quei casi in cui ritenesse che le costruzioni stesse arrecherebbero pregiudizio alle esigenze estetiche o di tutela ambientale.

4. Le costruzioni in aggetto saranno tassativamente vietate in tutti gli edifici ricadenti in quella parte della zona centrale della città compresa tra piazza del Popolo, via del Babuino, vicolo del Borghetto, via Sistina, via Quattro Fontane, via XX Settembre, via XXITV Maggio, via IV Novembre, via S. Eufemia, via dei Fori Imperiali, via del Tulliano, via del Foro Romano, via S. Teodoro,via dei Cerchi, piazza Boccadella Verità, Lungotevere Aventino, ponte Sublicio, piazza di Porta Portese, via delle Mura Portuensi, viale di Trastevere, viale Glorioso, via Dandolo, via Morosini, via Goffredo Mameli, via Garibaldi, via della Lungara, piazzale della Rovere, via dei Penitenzieri, borgo S. Spirito, largo Alicorni, piazza Rusticucci, largo del Colonnato, via di Porta Angelica, piazza del Risorgimento, via Stefano Porcari, via Giovanni Vitelleschi, via delle Fosse di Castello, ponte Sant'Angelo, Lungotevere Tor di Nona, Lungotevere Marzio, Lungotevere in Augusta, Lungotevere Arnaldo da Brescia, via Luisa di Savoia, piazzale del Popolo.

questo articolo è stato quasi completamente riscritto tra il 1949 ed il 1952, con diverse delibere. fino al 1949 era più asciutto nelle disposizioni e così recitava:
I balconi non possono collocarsi ad altezza minore di metri 4 sopra il piano del marciapiede e di metri 4,50 di quello stradale, ove non esista marciapiede. I balconi coperti e circondati da pareti (bow-windows - oggi verande, secondo le 42 definizioni standardizzate) semplici o multipli, possono essere permessi quando non si oppongano ragioni di estetica o di igiene.
Per i balconi coperti debbono osservarsi le stesse altezze prescritte per i balconi, con l'avvertenza che l'altezza di metri 4,50 va misurata in corrispondenza del punto più basso del loro profilo. Tanto i balconi quanto i bow-windows non debbono sporgere dal filo di fabbricazione più del decimo della larghezza della via e, di regola, non oltrepassare la sporgenza di metri 1,40.
Nelle zone di distacco deve essere limitato il numero dei balconi sia coperti che scoperti, a meno che non si aumenti adeguatamente il distacco minimo.

Dal 1952 in poi non ha subito modifiche fino ad oggi. le disposizioni che si avevano fino al 1949 non erano molto diverse da quelle del regolamento del 1924.

art. 52 - Caratteristiche dei muri di prospetto e delle recinzioni

I muri dei fabbricati costruiti a filo stradale, debbono essere rivestiti con pietra naturale o artificiale, per l'altezza non minore di 1 m, dal piano del marciapiede.
Le aree fronteggianti vie o piazze aperte al traffico devono essere recinte con muro o cancellata.
I muri di cinta aventi carattere definitivo posti sulle linee delle vie o piazze sistemate o in via di sistemazione, devono avere carattere decoroso, intonato all'ambiente e con zoccolo in pietra naturale o artificiale.
La suddetta prescrizione si applica anche ai muri di divisione dei giardini e dei cortili visibili dalle vie pubbliche o soggette a pubblico transito.
L'altezza massima dei muri divisori interni nelle zone estensive e semiestensive non può superare 1,80 m salvala facoltà di sovrapporre reti metalliche o cancellate.

art. 53 - Deflusso delle acque pluviali - Fognoli

Le acque pluviali provenienti dalla copertura di fabbricati debbono essere addotte in apposite canalizzazioni, di ampiezza proporzionata alla superficie della copertura stessa.
Dette acque debbono successivamente essere convogliate nella fognatura pubblica, secondo quanto prescritto dall'art. 11 del «Regolamento per gli allacci e gli scarichi nelle fognature del Comune di Roma».
La porzione inferiore delle canalizzazioni verticali addossata ai muri fronteggianti strade pubbliche deve essere, per l'altezza non inferiore a 2 m a partire dal suolo, di materiale resistente e sotto traccia, in modo da non fare aggetto, a meno che detta porzione inferiore sia collocata in un angolo rientrante del muro, nel quale caso non è necessario porla sotto traccia.

l'articolo è stato modificato verso gli anni 80 comunque le disposizioni originarie non erano molto dissimili: in origine il testo era più articolato, poi è stato compattato grazie al riferimento al regolamento per gli allacci, prima assente. Le norme sulle acque pluviali si trovano anche nei regolamenti precedenti.

art. 54 - Numeri Civici

Gli ingressi su strade o piazze, sia pubbliche che private, debbono essere contrassegnati con targhette del tipo stabilito dal Comune e recanti il numero civico da esso determinato.
Il proprietario è tenuto a riprodurre il numero civico in modo ben visibile sulle mostre o tabelle applicate alle porte, quando queste occupino interamente la parte della parete destinata alla targhetta.
Qualora il proprietario non proceda alla riproduzione del numero civico nel modo determinato dal presente articolo, entro un mese dalla intimazione fattagli, vi provvede d'ufficio il Comune a totale spesa del proprietario.

TITOLO V

norme di sicurezza per le costruzioni

Capo I - stabilità delle costruzioni

i contenuti di questo titolo si devono ritenere superati dalle vigenti norme tecniche per le costruzioni e dalle attuali disposizioni del DPR 380/01.

art. 55 - fondazioni e murature

Coloro che dirigono o eseguono lavori di costruzione o di modificazione di fabbricati, debbono provvedere, sotto la loro personale responsabilità, affinché i fabbricati stessi siano compiuti a regola d'arte, riescano solidi, rispondenti alle norme di sicurezza e d'igiene prescritte da leggi e regolamenti in vigore, ed atti alla loro rispettiva destinazione.
Debbono fra l'altro essere osservate le norme seguenti:
a) è vietato costruire sul ciglio o al piede dei dirupi su terreni di non buona consistenza e di eterogenea struttura, detritici o franosi o comunque atti a scoscendere;
b) le fondazioni, quando è possibile, debbono posare sulla roccia viva e compatta opportunamente ridotta a piano orizzontale e denudata del cappellaccio, ovvero su terreno di buona consistenza nel quale debbono essere convenientemente incassate.
Quando non si possa raggiungere il terreno compatto e si debba fabbricare su terreni di riporto recente o comunque sciolti, si debbono adottare i mezzi dell'arte del costruttore per ottenere un solido appoggio delle fondazioni, oppure queste debbono essere costituite da una platea generale.
c) Le murature debbono essere eseguite secondo le migliori regole d'arte, con buoni materiali e con accurata mano d'opera.
Nella muratura di pietrame è vietato l'uso dei ciottoli di forma rotonda se non convenientemente spaccati. Quando il pietrame non presenti piani di posa regolare, deve la muratura stessa essere interrotta da corsi orizzontali di mattoni a due filari o da fasce continue di calcestruzzo di cemento dello spessore non inferiore a 12 cm estesi a tutta la larghezza del muro,e che la distanza reciproca di tali corsi o fasce non sia superiore a 1,50 m.
I muri debbono avere dimensioni tali che il carico unitario su di essi esistente mantenga il giusto rapporto col carico di rottura del materiale più debole di cui sono costituiti.
d) Nei piani superiori a quel terreno debbono essere vietate le strutture spingenti contro i muri perimetrali ove non siano munite di robuste catene.
I tetti debbono essere costruiti in modo da escludere qualsiasi spinta orizzontale.
e) Le travi in ferro dei solai a voltine o tavelloni devono essere rese solidali con i muri per almeno 2/3 dello spessore dei muri stessi; nei corpi di fabbrica multipli le travi degli ambienti contigui debbono essere, almeno ogni 2,50 m,rese solidali fra loro in corrispondenza dei muri di appoggio.
In tutti i fabbricati a più piani dovranno eseguirsi ad ogni piano, sui muri perimetrali e su tutti i muri portanti, cordoli di cemento armato; nelle costruzioni in mattoni a cortina vista e di spessore di due sole teste il cordolo in cemento potrà essere sostituito da quattro filari di mattoni collegati con malta di cemento, fermo restando l'obbligo di solidarietà delle travi con i muri di cui alla lettera c).
g) I lavori in muratura, qualunque sia il sistema costruttivo adottato, debbono essere sospesi nei periodi di gelo, nei quali la temperatura si mantenga, per molte ore, al di sotto di zero gradi centigradi.
Quando il gelo si verifichi solo per alcune ore della notte, le opere in muratura ordinaria possono essere eseguite nelle ore meno fredde del giorno, purché, al distacco del lavoro, siano adottati i provvedimenti di uso comune per difendere le murature dal gelo notturno.
Nelle strutture di cemento armato debbono essere strettamente osservate le prescrizioni per l'accettazione degli agglomerati idraulici e per l'esecuzione delle opere di conglomerato cementizio semplice o armato vigenti al momento dell'inizio dei lavori e in particolare quelle portate dal R.D.L. 29 luglio 1933 n. 1213 (oggi non più vigente).
Per gli altri materiali da costruzione debbono essere osservate le Norme fissate per la loro accettazione dal Ministero dei Lavori Pubblici.

Art. 56. Provvedimenti per costruzioni che minacciano pericolo

Quando una casa, un muro o in genere qualunque fabbrica o parte di essa minacci pericolo, il proprietario, i conduttori o gli inquilini sono in obbligo di darne immediatamente denuncia al Comune, e, nei casi di urgenza, provvedere a un immediato sommario puntellamento.
L'Ispettorato edilizio, ricevuta notizia che un edificio o manufatto presenti pericolo o che un lavoro sia condotto in modo da destare fondate preoccupazioni nei riguardi della pubblica incolumità, dopo un sommario accertamento indica al proprietario, o a chi per esso, i provvedimenti più urgenti da prendere.
In caso di mancata osservanza delle disposizioni indicate, il Comune, in seguito a relazione dell'Ispettorato stesso, e salvi i provvedimenti contingibili ed urgenti richiesti a tutela della incolumità pubblica, fa intimare al proprietario l'ordine di provvedere senza ritardo alla riparazione ed eventualmente allo sgombero ed alla demolizione dell'edificio che minaccia rovina.

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

CAPO II - PREVENZIONE DEI PERICOLI D'INCEDIO

Art. 57. Numero e tipo di scale


I fabbricati per uso di civile abitazione dovranno essere provvisti di scale che uniscono tutti i piani nella misura minima di una per ogni 350 m2 di superficie coperta.
È vietato costruire scale di legno quando debbano servire a più appartamenti. Nei casi in cui ne sia permessa la costruzione, questa deve essere curata in modo che il legno sia visibile; deve inoltre esservi almeno un'altra scala costruita con materiali incombustibili.

il divieto di realizzare scale in legno si trova già nel regolamento del 1912 all'art. 94.

Art. 58. Focolai, camini e condotti di calore

I focolai debbono essere costruiti sopra volta in muratura o sopra materiali incombustibili. Ogni focolare deve avere canna propria e indipendente dalle altre, prolungata oltre il piano di copertura dell'edificio.
È ammesso l'uso di canne comuni a più impianti quando con appositi accorgimenti si riesca ad evitare interferenze nel tiraggio dei singoli apparecchi.
I locali destinati a cucina debbono, inoltre, essere dotati di cappa posta sopra i fornelli, comunicante con canna esalatrice che dovrà possedere i requisiti elencati nel comma precedente. Qualora si usino fornelli elettrici è sufficiente che detta canna esalatrice sfoci all'aria libera, su un muro esterno, purché sia dotata di efficiente aspiratore elettrico e purché lo sbocco non sia ubicato direttamente sotto finestre di stanze di abitazione.
Tale ultima soluzione può essere ammessa anche in caso di fornelli a fiamma viva, quando, per motivi strutturali o tecnici, non sia possibile prolungare le canne esalatrici delle cucine oltre il piano di copertura del fabbricato.
Le cucine di ristoranti, alberghi e collettività in genere dovranno essere dotate di tutti gli impianti che l'Ufficio d'Igiene prescriverà caso per caso.
Gli scaldabagni e i fornelli isolati debbono essere muniti di canna indipendente per l'asportazione dei prodotti della combustione. Le canne dei camini o dei caloriferi debbono essere costruite con tubatura incombustibile e inalterabile e collocate a distanza di almeno 14 cm da ogni trave o travicello di legno.
Le loro teste o fumaioli debbono essere costruiti in maniera decorosa, debbono essere bene assicurati con staffe di ferro.
Quando occorra di attraversare con conduttori di calore o di fumo un solaio o altra parte di fabbrica che possa incendiarsi, si debbono impiegare tubi di ferro o di altri metalli, rivestiti da altro tubo incombustibile ed isolati dalle parti combustibili.

l'art. 58 è stato completamente riscritto, in questa veste, con DCC 2470 del 23 maggio 1978. Nella originaria versione del 1934 così formulava (e si ritiene che dall'origine fino al 1978 non abbia subito modifiche, o almeno così risulta formulata al 1949):

art. 58 focolai, camini e condotti di calore
(testo in vigore dal 1934 fino a, si presume, il 1978)

i focolai debbono essere costruiti sopra volta in muratura o sopra materiali ncobmulstibil. ogni focolare o cucina di qualisiasi tipo deve avere canna prorie ed indipendente dalle altre, la quale si prolunghi fino oltre il tetto, salvo che trattisi di cucina elettrica, nel qual caso è sufficiente che sia provveduto in modo dioneo all'aspirazione dei vapori. gli scaldabagni e i fornelli isolati debbono essere muniti di canna indipendnte per l'espotazione dei prodotti della combustione. le canne dei camini o dei caloriferi debbono essere costruite con tubolatutra incombustibilee inalterabile e collocate a distanza di almeno centimetri 14 da ogni trave o travicello di legno.
Le loro teste o fumaioli debbono essere costruiti in maniera docorosa, con pietra o altro materiale adatto, e sportegeredal tetto non meno di metri 1.
I fumaioli che si elevano sui tetti, con tubi o con leggere strutture, debbono essere ben assicurati con staffe di ferro.
Quando occorra di attraversare con conduttori di calore o di fumo un solaio od altra parte di fabbrica che possa incendiarsi, si debbono impiegare tubi di ferro o di altri metalli, rivestiti da altro tubo incmbustibile ed isolati dalle parti combustibili.

norme analoghe, anche se distribuite su articoli diversi (95-100) erano contenute anche nella versione del Regolamento risalente al 1912.

Art. 59. Condotti di fumo

Ferme restando le disposizioni contenute nel Regolamento di igiene, è vietato di far esalare il fumo inferiormente al tetto o stabilire condotti di fumo con tubi esterni ai muri prospettanti sul suolo pubblico.

Art. 60. Condotti di gas

I tubi di condotta e gli apparecchi che servono alla distribuzione del gas nell'interno della proprietà, devono essere collocati in modo da riuscire facilmente controllabili. I tubi per gas incassati attraversanti muri, tramezzi, pavimenti o spazi vuoti rinchiusi, debbono essere di ferro, rame od ottone e uno degli estremi del tubo di rivestimento deve essere lasciato aperto. È fatta eccezione per casi nei quali sia provveduto altrimenti alla libera circolazione dell'aria attorno ai tubi.

Art. 61. Autorimesse

Gli ambienti destinati ad uso di autorimesse debbono avere le pareti di perimetro ed il soffitto resistenti al fuoco, le porte in materiale metallico o rivestite di lamiere metalliche o di materiale incombustibile, debbono essere ventilati e avere impianti interni o apparecchi di spegnimento.
Il nulla osta per l'uso di questi locali viene rilasciato dal Comune, previo regolare collaudo eseguito dai propri organi competenti.

Un tempo il comune acquisiva d'ufficio il parere del comando Vigili del Fuoco, ma oggi non è più cosi. in ogni caso, le norme a cui fare riferimento ad oggi sono quelle del DPR 151/2011.

Art. 62. Impianti di spegnimento

Nei grandi fabbricati, negli alberghi. nei collegi e scuole, negli edifici pubblici, negli stabilimenti industriali, nelle officine. nei depositi di infiammabili e di combustibili, debbono esistere impianti o apparecchi interni di spegnimento progettati a seconda dell'importanza dell'edificio.


RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO


TITOLO VI - NORME PER L'ESECUZIONE DEI LAVORI

il testo degli articoli di questo titolo non pare aver mai subito modifiche fin dall'originaria stesura del 1934. Nel pdf ufficiale del comune, relativamente a questo titolo, una nota in calce riporta i seguenti riferimenti: Legge 30 aprile 1976 nç373 art. 17, DPR 28 giugno 1977 n°1052 art. 19- DPGR 16 agosto 1978 n°1021 DGR 31 luglio 1978 n°3659. 

Art. 63. Segnalazione dei cantieri

Nei cantieri nei quali si eseguono nuove costruzioni, o grandi restauri, ed in genere ovunque si intraprendano opere edilizie di qualche importanza, deve essere affissa, in vista del pubblico, una tabella chiaramente leggibile nella quale siano indicati:
1) il nome e cognome del proprietario del fondo o l'indicazione della pubblica amministrazione dalla quale dipende il lavoro;
2) il nome e cognome del progettista e direttore della costruzione;
3) il nome e cognome del costruttore che ha assunto la esecuzione dell'opera e quello dell'assistente.

Art. 64. Recinzione e illuminazione della zona dei lavori

Chiunque voglia far costruire, ricostruire, demolire un fabbricato o un muro di cinta, dell'altezza di oltre 4 m dal livello stradale, ovvero eseguire altra opera qualsiasi che interessi il suolo stradale e disturbi o renda pericoloso il transito, deve, prima di dar principio ai lavori, recingere il luogo destinato all'opera con un assito di aspetto decente.
Nell'autorizzazione ad eseguire tali opere è stabilito lo spazio del suolo pubblico o d'uso pubblico che lo steccato può recingere e l'altezza dello stesso.
I serramenti delle aperture d'ingresso in tali recinti debbono aprirsi all'interno, essere muniti di serrature o catenacci ed essere mantenuti chiusi nelle ore di sospensione del lavoro.
Tutti i materiali e gli ordigni di costruzione e di demolizione debbono essere disposti nell'interno del recinto.
Gli assiti o altri ripari debbono essere provvisti, ad ogni angolo, di lanterna rossa collocata in modo e di tali dimensioni da essere facilmente visibile.
Le lanterne debbono essere mantenute accese, a cura di chi fabbrica, durante l'intero orario della pubblica illuminazione stradale.

Art. 65. Deroga alle norme sulla segnalazione e recinzione dei cantieri

Alle disposizioni precedenti può essere derogato:
a) quando si tratti di lavori di poca entità e di breve durata, nei quali casi il Comune può consentire che in luogo dell'assito si appongano i soli segnali luminosi di cui sopra;
b) quando si tratti di tinteggiature di prospetti, brevi opere di restauro esterne, ripuliture di tetti, o quando all'osservanza delle disposizioni stesse ostino ragioni di pubblico transito.
In tali casi debbono collocarsi nella via sottostante due o più idonei segnali che avvertano i passanti del pericolo.
Quando non sia autorizzata la costruzione dell'assito, il primo ponte di servizio verso il suolo pubblico non può essere costruito ad altezza minore di 2,50 m misurati dal suolo al punto più basso dell'armatura del ponte, e deve avere il piano eseguito in modo da riparare con sicurezza lo spazio sottostante.

Art. 66. Ponti e scale di servizio

I ponti, i cavalletti, le andatoie, le scale di servizio ai lavori e le incastellature, debbono essere poste in opera con le migliori regole dell'arte e in guisa da prevenire qualsiasi sinistro agli operai e la caduta dei materiali. Le funi delle burbere o delle macchine, con le quali vengono sollevati da terra ai ponti di servizio i materiali di costruzione, debbono essere munite di organi di agganciamento di sicurezza che impediscano la caduta dei materiali o dei recipienti che li contengono.
Le impalcature dei ponti e delle andatoie debbono essere munite, a modo di riparo, da mancorrente o barriera solida fissata all'altezza di 1 m circa dall'impalcatura. Tali difese debbono essere collocate anche in tutte le altre parti dove possa esservi qualche pericolo.
Le dette impalcature devono essere munite di uno zoccolo di riparo aderente al tavolato, di altezza sufficiente ed in ogni caso non minore di 20 cm.
I traversoni debbono essere solidamente ancorati nella muratura e collegati con i ponti di servizio.
Ogni piano compiuto deve essere ricoperto con tavolato generale fino a che non sia costruita la volta o il solaio definitivo.

Art. 67. Ponti di servizio e assi a sbalzo su suolo pubblico

È vietato costruire ponti per fabbricare e porre assi a sbalzo sopra il suolo pubblico senza l'autorizzazione comunale, la quale,
peraltro, non esonera l'interessato dall'adottare ogni maggiore cautela a garanzia della pubblica incolumità.
In caso di cattiva costruzione di un ponte o di mancanza di cautele nella posa di assi a sbalzi, il Comune ha facoltà di ordinare l'immediato sgombero del ponte e la rimozione delle assi.

Art. 68. Ponti a sbalzo ed armature eccezionali

Per la costruzione di ponti a sbalzo e per il collocamento di armature eccezionali per opere monumentali e di quelle necessarie ad elevare grandi pesi, come statue, grossi monoliti e simili, è necessaria una speciale preventiva autorizzazione.

Art. 69. Responsabilità degli esecutori di opere

Nonostante le precedenti disposizioni riguardanti i ponti di servizio, la responsabilità circa l'idoneità dei medesimi, come di ogni altro mezzo d'opera, spetta, secondo le rispettive attribuzioni a coloro che ne curano l'esecuzione. Essi debbono porre la maggior cura per evitare ogni pericolo nell'esecuzione degli sterri, nell'assicurare e sbadacchiare i cavi, nelle armature delle volte e loro disarmo, nell'elevazione dei carichi, nell'assicurare provvisoriamente ogni opera sporgente, come pianciti di balconi, cornici e simili, nell'eliminare legnami, cordami, attrezzi deteriorati e consumati, nell'evitare l'accumulo di materiali su
ponti in quantità eccessiva e nell'eseguire le demolizioni.
Il Sindaco ha facoltà di controllare mediante funzionari ed agenti l'osservanza di queste disposizioni e di imporre maggiori eventuali cautele.
La sorveglianza da parte del Comune non attenua in alcun modo la responsabilità dei diretti esecutori dei lavori.

Art. 70. Installazioni obbligatorie nei cantieri edilizi

I cantieri destinati a lavori edili di notevole importanza devono essere provvisti di una razionale latrina e di una installazione provvisoria di cucina e lavatoio.

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Art. 71. Scarico di materiali - Demolizioni

È vietato gettare, tanto dai ponti di servizio, quanto dai tetti o dall'interno delle case, materiali di demolizione o altro. Tali materiali debbono essere posti in panieri o incanalati in condotti chiusi e fatti scendere con le dovute precauzioni, ammucchiati nei cortili o entro gli steccati, poscia trasportati agli scarichi.
Le demolizioni debbono essere eseguite in modo da evitare eccessivo sollevamento di polvere mediante sufficienti bagnature.

ad oggi, oltre a quanto descritto, occorre altresì rispettare le direttive della delibera 100/2016 che prevede di dover allegare ai titoli edilizi, ed al momento del collaudo, specifici documenti circa la tracciabilità e lo smaltimento dei rifiuti. Ne ho parlato in un post specifico.

Art. 72. Precauzioni per assicurare la nettezza delle strade

Il costruttore deve mantenere la via pubblica costantemente netta su tutta l'estensione dei suoi lavori e nelle immediate vicinanze.
Le materie terrose e gli altri materiali provenienti dagli scavi e dalle demolizioni, quando non siano utilizzabili, debbono essere trasportati in giornata agli appositi luoghi di scarico pubblico.
Il costruttore deve provvedere che i carri all'uopo impiegati siano siffattamente costruiti, caricati e condotti, che nessuna quantità di materiale venga sparsa durante il tragitto.
Quando si verifichi uno spargimento qualunque di materiale, deve il costruttore immediatamente provvedere al nettamento della parte della via pubblica su cui questo si è verificato.

Art. 73. Scarichi pubblici

I luoghi per gli scarichi pubblici sono fissati dall'Ufficio tecnico del Comune, sentito, ove d'uopo, l'Ufficiale sanitario, e di essi è data l'indicazione nella licenza rilasciata dal Comune.
I materiali scaricati debbono essere spianati in modo tale da non lasciare cavità ed altre ineguaglianze che si prestino al ristagno delle acque.

Art. 74. Rimozione degli steccati

Immediatamente dopo il compimento dei lavori, il costruttore deve far togliere gli steccati, i ponti e le barriere posti per il servizio dei medesimi e restituire alla circolazione il suolo pubblico libero da ogni ingombro.
Il proprietario che interrompa, per qualsiasi ragione, l'esecuzione delle opere, deve fare eseguire quelle ritenute necessarie per togliere eventuali sconci e pericoli per l'incolumità e l'igiene pubblica e per garantire la solidità delle parti costruite. In caso di inadempimento di tale prescrizione, il Comune può procedere alla esecuzione di ufficio, e a spese del proprietario, delle opere di cui sopra.
Trascorso un mese dalla interruzione delle opere, deve cessare ogni occupazione del suolo pubblico con materiali, ponti e puntellature.

Art. 75. Divieto di servirsi di acqua delle fontanelle pubbliche e dei canali

Nessuno può servirsi, per le costruzioni, dell'acqua defluente da pubbliche fontanelle o corrente nei fossi e canali pubblici, né deviarne o impedirne il corso in qualsiasi modo, senza permesso del Comune.

TITOLO VII - DISPOSIZIONI RELATIVE AI FABBRICATI ESISTENTI - OPERE ESTERIORI AI FABBRICATI

Art. 76. Trasformazioni e restauri

Salve le eccezioni espressamente previste dal presente Regolamento, debbono, nelle trasformazioni e nei restauri dei fabbricati esistenti, essere applicate le disposizioni relative alle nuove costruzioni.

Art. 77. Manutenzione degli edifici esistenti

I proprietari delle case sono obbligati a mantenere in buono stato i prospetti e le fronti interne riguardo agli intonaci, alle tinteggiature dei muri, agli infissi ed alle vernici; sono obbligati altresì a togliere nel più breve tempo qualunque iscrizione o imbrattamento che arbitrariamente vi sia fatto anche da altri.
Il Comune può provvedere alle riparazioni necessarie per eliminare inconvenienti ai prospetti delle fabbriche in contrasto con le disposizioni precedenti, a spese del proprietario, quando questi, regolarmente diffidato, non vi provveda nei termini prefissigli.

Art. 78. Tinteggiatura dei fabbricati (26)

È vietata l'applicazione, ai prospetti dei fabbricati, di tinte che offendano l'estetica e il decoro civico, avuto riguardo alla natura dell'edificio da tinteggiare e alle caratteristiche della località nella quale esso sorge.

fin qui, il testo che, probabilmente, era quello originario del 1934. Con delibera n°1457 dell'8 maggio 1941 è stata aggiunta la parte che segue:

Ai progetti di costruzione di nuovi edifici, gli interessati dovranno allegare campioni di acquerello delle tinte che intendono applicare ai fabbricati.
Comunque, prima di far luogo all'esecuzione di tinteggiature o di intonaci colorati. sia delle nuove che delle vecchie costruzioni, gli interessati dovranno eseguire campioni sul posto e richiederne l'approvazione scritta, lasciando il campione di tipo in essere sul fabbricato sino all'ultimazione delle tinteggiature definitive.
Salve le sanzioni previste dalle Norme in vigore, in caso di inosservanza alle disposizioni sopraccennate, il Comune potrà ordinare l'applicazione di nuove tinte e di nuovi intonaci e, in caso di inadempienza, potrà eseguire i lavori di ufficio a spese degli interessati.

Art. 79. Tabella per la nomenclatura stradale

I proprietari sono obbligati a rispettare i numeri civici e le tabelle nomenclative apposte ai fabbricati cittadini e a ripristinarli qualora siano distrutti o danneggiati.
In caso di demolizione di fabbricati che non debbano essere ricostruiti, o di soppressione di porte esterne di accesso, il proprietario deve notificare al Sindaco i numeri civici degli ingressi che saranno soppressi.

Art. 80. Esecuzione di opere in fabbricati e ville aventi carattere artistico e storico

Per i fabbricati e per le ville aventi speciale carattere artistico e storico, e per quelli per i quali sia intervenuta la notificazione di cui all'art. 5 della Legge 20 giugno 1909 n. 364, l'esecuzione dei lavori tanto nell'interno quanto all'esterno, che modifichino la disposizione di parti di essi o ne alterino la forma, le linee architettoniche o le parti ornamentali, quali nuove costruzioni, sopraelevazioni, chiusure o spostamenti di vani, variazioni di cornici o di altre membrature architettoniche, nuove tinteggiature e simili, è subordinata alla osservanza delle disposizioni di cui all'art. 14 di detta Legge 20 giugno 1909 n. 364, e della Legge 11 giugno 1922 n. 778, avuto anche riguardo all'interesse riflesso nei rapporti dei prossimi edifici monumentali e del paesaggio.
Le autorizzazioni per l'esecuzione di tali opere non possono essere rilasciate se non previo speciale consenso del Ministero delle Pubblica Istruzione. Le domande di autorizzazione debbono essere corredate da tipi particolareggiati di tutte le opere da eseguire per il restauro e per le nuove costruzioni.
Tutto ciò che costituisce o completa la decorazione architettonica degli edifici di cui al presente articolo, tanto all'esterno quanto all'interno, come colonne, pilastri (anche se non necessari alla statica), mostre di porte o finestre, cancelli, edicole, camini, rivestimenti marmorei, pitture murali, graffiti, sculture in alto e basso rilievo, nonché statue, busti, vasi, urne o altro, facenti parte dell'architettura dell'edificio, si intende far parte integrante dell'edificio stesso e non può essere asportato, spostato, o in qualsiasi maniera modificato senza preventiva autorizzazione del Comune e consenso della Soprintendenza ai monumenti.
A tale vincolo sono anche soggetti i frammenti antichi, le lapidi, gli stemmi, le mostre, i graffiti o altra qualsiasi opera di carattere monumentale o storico o che abbia altrimenti forma di bellezza, esposta da tempo alla vista del pubblico, anche se infissa o aderente a fabbriche non contemplate dal presente articolo.
Nel caso di demolizioni o trasformazioni degli immobili regolarmente autorizzate, il Sindaco può prescrivere che tali memorie siano collocate in modo conveniente nel nuovo edificio o in luoghi prossimi o conservate in pubbliche raccolte.
Nel permettere demolizioni o trasformazioni di immobili, che abbiano qualche pregio artistico o storico, il Sindaco può imporre speciali condizioni, vigilare sulla esecuzione delle opere ed effettuare tutti i rilievi e calchi che creda opportuno nell'interesse della storia e dell'arte.

ovviamente, le disposizioni di questo articolo non fanno più riferimento alla norma del 1909 ma a quella vigente ad oggi, che è naturalmente il Codice dei Beni Culturali d.lgs. 42/2004, laddove trattasi di edifici oggetto di dispositivo di vincolo diretto. Il testo però fa riferimento anche, in generale, agli edifici "aventi speciale carattere artistico e storico" non meglio definiti e non solo quelli oggetto di specifica disciplina di tutela.

Art. 81. Ritrovamento di opere di pregio artistico e storico

Il proprietario dell'immobile in cui vengano eseguiti lavori, il direttore dei lavori stessi e il costruttore debbono, nel caso di ritrovamento di costruzioni, di opere e di oggetti che abbiano pregio storico od artistico, farne denuncia senza indugio e a norma di legge alle autorità competenti e al Sindaco e osservare successivamente le prescrizioni che vengono dalle predette autorità impartite.

RICHIAMO L'ATTENZIONE SUL FATTO CHE QUESTO TESTO NON HA ALCUN CARATTERE DI UFFICIALITA': VI SI FACCIA RIFERIMENTO A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO

Art. 82. Apposizione di insegne e mostre

L'apposizione di insegne, mostre anche luminose, vetrine di botteghe e cartelli indicanti ditte ed esercizio di arti, mestieri, professioni ed industrie, anche provvisori, e di qualunque altro oggetto che a qualsiasi scopo voglia esporsi o affiggersi all'esterno dei fabbricati, è subordinata all'autorizzazione del Sindaco. Tali mostre non debbono alterare in alcun modo o coprire gli elementi architettonici dell'edificio. Le mostre e vetrine debbono di regola rimanere entro il perimetro dei vani e, quando non facciano stabilmente parte del fabbricato, debbono essere applicate in modo da riuscire facilmente pulibili anche nelle parti interne.
L'autorizzazione può essere rifiutata quando trattasi di edifici storici od artistici o di insieme architettonico di particolare importanza, o quando, tenuto conto della forma delle mostre, insegne e simili, nonché del materiale che si vuole impiegare e della tinteggiatura, sia riconosciuto ostarvi ragioni di pubblico decoro e di edilizia.
Uguale disposizione è applicabile ai tabelloni.
Per i magazzini siti su strade principali o in edifici di carattere artistico e per quelli di eccezionale importanza, anche se si trovino in istrade secondarie, dovranno essere presentati in acquarello i disegni delle tabelle e delle mostre esterne in iscala non minore di 1:20.
Sono proibite le insegne e tabelle dipinte a guazzo.
Gli aggetti delle mostre non debbono oltrepassare 12 cm dall'allineamento stradale. Solo in via eccezionale, quando si tratti di mostre di singolare ricchezza ed importanza artistica, possono essere autorizzati aggetti maggiori, sempreché compatibili con la larghezza delle strade o dei marciapiedi.
Può essere consentito di apporre insegne a forma di banderuola di limitata sporgenza solo quando queste non rechino alcun disturbo alla viabilità, non nuocciano al decoro dell'ambiente e non alterino il diritto di veduta dei vicini.
In caso di riparazioni o di modificazioni del piano stradale, che richiedano la temporanea rimozione di mostre, vetrine od altro oggetto occupante il suolo o lo spazio pubblico, i concessionari sono obbligati ad eseguire la rimozione e la ricollocazione in pristino, con le modifiche rese necessarie dalle nuove condizioni del piano stradale, a tutte loro spese, rischio e pericolo.
Le autorizzazioni di cui al presente articolo sono revocate quando le mostre, le vetrine, le insegne (semplici o luminose) non siano mantenute pulite e in buono stato 0 quando, a seguito di reclamo degl'interessati, si riscontri che esse turbano il diritto di veduta dei vicini. Possono altresì essere revocate in ogni altro caso in cui il Sindaco ne ravvisi la necessità.

Art. 83. Apposizione di cartelli e di oggetti di pubblicità

È proibito, senza autorizzazione comunale, collocare oggetti di qualsiasi genere fuori delle botteghe, anche a scopo di pubblicità. Il rilascio del permesso ha luogo in base a domanda e su presentazione del tipo in disegno o fotografia, riscontrato confacente al decoro e al carattere della località.
È vietata l'esposizione di oggetti luminosi a scopo di pubblicità, nonché l'affissione di cartelloni di pubblicità, di iscrizioni, di pitture e simili, sui prospetti e sui fianchi delle case prospicienti piazze, piazzali, aree presso le basiliche maggiori o minori, urbane o suburbane, o presso i monumenti dell'antica Roma e sulle piazze monumentali.
Sono del pari vietate l'apposizione e l'affissione di cui al comma precedente su muri e su decorazioni architettoniche delle chiese, dei palazzi e degli edifici di carattere storico o artistico nonché sulle mura o sulle porte della città.
Per la pubblicità mediante cartelloni su pali entro terreno o proprietà private visibili dalle strade pubbliche o dalle linee ferroviarie, indipendentemente dalle autorizzazioni riservate in casi speciali ad altri Enti, è necessaria l'autorizzazione comunale, che sarà accordata solo quando risulti accertato, in base a presentazione del progetto che l'estetica della località non resti in alcun modo turbata.
Per le località aventi speciale interesse dal punto di vista delle bellezze naturali e panoramiche, l'autorizzazione è subordinata al nulla osta della Soprintendenza ai monumenti.
Tutte le iscrizioni esposte alla pubblica vista devono essere in corretta lingua italiana. È tuttavia consentito aggiungere la traduzione in lingue straniere, sempre che il testo italiano occupi il posto principale e meglio esposto alla pubblica vista.
Le insegne, i cartelli, le iscrizioni e gli oggetti di ogni specie esposti senza autorizzazione, ovvero senza l'osservanza delle norme contenute negli articoli precedenti, saranno rimossi d'ufficio a spese dei trasgressori, e, ove non siano noti, a spese dei proprietari dell'immobile, qualora questi, regolarmente diffidati, non vi provvedano nel termine loro prefisso.

TITOLO VIII - DISPOSIZIONI RELATIVE AL SUOLO E ALLO SPAZIO PUBBLICO

Art. 84. Occupazione temporanea del suolo e dello spazio pubblico

È vietato occupare, anche temporaneamente, il suolo o lo spazio pubblico senza preventiva autorizzazione del Sindaco, il quale può accoglierla, dietro pagamento della relativa tassa, quando ritenga l'occupazione stessa conveniente, non contrastante col decoro cittadino e non dannosa alla pubblica igiene.
È vietato del pari transitare sui marciapiedi con veicoli a traino animale o meccanico. Per l'attraversamento di essi allo scopo di entrare negli stabili o uscirne deve essere richiesta al Comune la costruzione di apposito passo carrabile.

Art. 85. Occupazione permanente del suolo e sottosuolo pubblico

Il Sindaco può consentire l'occupazione permanente di suolo pubblico per costruzioni, quando essa conferisca decoro al fabbricato che deve sorgere e quando lo consentano le condizioni delle proprietà confinanti e le esigenze della viabilità.
Sotto le stesse condizioni può consentire la creazione di intercapedini coperte sotto il suolo stradale e la occupazione permanente di spazio pubblico con sporgenze o balconi.
Può altresì il Comune consentire l'occupazione del suolo e del sottosuolo stradale con impianti per servizi pubblici di trasporto o con canalizzazioni idriche elettriche e simili. Il concessionario, oltre che al pagamento del contributo prescritto per l'uso del suolo pubblico, è tenuto ad osservare tutte le necessarie cautele perché il suolo stesso non subisca danneggiamenti e perché non sia in alcun modo reso difficile o pericoloso il pubblico transito.
La concessione è subordinata al pagamento del canone stabilito, salvo che si tratti di sporgenze aventi semplice scopo decorativo e non siano in alcun modo utilizzate.

Art. 86. Manomissione del suolo stradale

È inibito eseguire scavi o rompere il pavimento di strade pubbliche o aperte al pubblico transito per piantarvi pali, per immettere o restaurare condutture nel sottosuolo, per costruire o restaurare fogne o per qualsiasi altro motivo, senza speciale autorizzazione del Sindaco, il quale indicherà le norme da osservarsi nella esecuzione dei lavori. Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al pagamento della relativa tassa ed al deposito di garanzia da effettuarsi nella Tesoreria comunale, sul quale il Comune si rivarrà delle eventuali penali e delle spese non rimborsate dall'interessato.
Il ripristino della pavimentazione stradale dei marciapiedi o di altri manufatti alterati dal titolare dell'autorizzazione è eseguito, nel caso di autorizzazione rilasciata a privati, dagli appaltatori della manutenzione stradale, sotto la direzione dei competenti Uffici del Comune, ed a spese del titolare dell'autorizzazione, nel caso di autorizzazione rilasciata ad Aziende che gestiscono i pubblici servizi. Il restauro suddetto verrà eseguito a completa cura e spese dell'Azienda titolare dell'autorizzazione.

l'ultimo periodo di questo articolo era leggermente diverso nella originaria versione del 1934: fu così modificato nel 1986.

Art. 87. Manutenzione di aree private destinate a strade pubbliche

Le aree di proprietà privata, rimaste scoperte per essere destinate a strade, piazze e spazi di uso pubblico previsti dal Piano regolatore di massima e dai piani particolareggiati, debbono essere, al pari di ogni altra area scoperta, debitamente recintate.
L'inosservanza di detto obbligo, salva l'applicazione della penalità di cui all'art. 94 del presente Regolamento e di quelle previste dall'art. 41 della Legge generale urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, comporta l'esecuzione d'ufficio a carico del proprietario.
Dall'obbligo della recinzione possono essere esentati il proprietario o gli altri interessati che chiedano ed ottengano dal Comune speciale autorizzazione di lasciare aperte le dette aree al pubblico transito. Tale autorizzazione può essere concessa, sempreché risulti compatibile con le normali esigenze del traffico e delle comunicazioni con le vie adiacenti, quando sia stato constatato che i richiedenti hanno creato sull'area stessa le condizioni necessarie e sufficienti per la viabilità (piattaforma stradale, marciapiedi, fogne, illuminazione, ecc.) ed a condizione che essi si obblighino solidalmente, fornendo le garanzie che il Comune richiederà nei singoli casi, alla manutenzione in buono stato all'infuori di qualsiasi concorso dell'Amministrazione ed assumano la responsabilità solidale per i danni derivanti da difetti di costruzione o di manutenzione, dal fatto proprio o di terzi o da qualsiasi altra causa.
Fino a quando il Comune dopo aver proceduto alle espropriazioni necessarie. alla costruzione e sistemazione dei manufatti e loro accessori ed ai relativi servizi non abbia provveduto alla regolare iscrizione di dette aree nell'elenco ufficiale delle strade pubbliche e quindi alla immissione di esse nel proprio demanio stradale, le aree stesse, anche se già aperte al pubblico transito ai sensi del comma precedente, non sono considerate strade pubbliche.

l'originario testo di questo articolo era più compatto, e così recitava:

art. 87 strade private

è vietato aprire o mantenere aperte al pubblico transito strade private senza speciale autorizzazione del Governatore, il quale può rilasciarla solo a condizione che le strade stesse vengano costruite, pavimentate, illuminate e mantenute nette a spese dei proprietari e secondo le prescrizioni governatoriali relative al sistema di pavimentazione e di illuminazione, al deflusso delle acque e allo smaltimento delle immondizie.

nel 1943 venne aggiunto a questo testo una ampia parte con un testo che è praticamente identico a quello dei periodi successivi al primo.


Art. 87/A. Strade private

questo articolo, assieme al precedente, è stato praticamente riscritto totalmente attraverso due delibere del 1943 (la 2715 e 2745 del 16 settembre). inizialmente le "strade private" erano una parte integrante dello stesso art. 87, poi, nel testo vigente, è stato separato nell'articolo 87/A, ma di fatto è la prosecuzione logica del testo dell'art. 87.

L'autorizzazione a costruire strade non previste dal Piano regolatore particolareggiato di esecuzione può essere concessa in sede di approvazione del piano di lottizzazione dell'isolato, previo impegno da parte del richiedente di provvedere convenientemente alla sistemazione, alla illuminazione ed allo sbarramento della strada privata, agli imbocchi con la strada pubblica mediante muri, cancellate o termini lapidei collegati o meno da catene.
La concessione di licenze di costruzione per fabbricati che abbiano un fronte su strade private è subordinata all'autorizzazione predetta, salvi restando sempre i diritti dei terzi.
Le disposizioni che precedono sono applicabili anche alle strade private di fatto già esistenti e nelle quali siano state eseguite costruzioni.
Il libero transito sulle strade private può essere consentito alle condizioni di cui al secondo comma dell'articolo precedente, sempreché i fabbricati eventualmente esistenti rispondano alle esigenze del decoro e dell'estetica.
La denominazione stradale e la numerazione civica, apposte per necessità anagrafiche anche alle vie non facenti parte del demanio stradale del Comune, non mutano la condizione giuridica delle medesime.
Di tutte le vie private già esistenti, che siano lasciate aperte al pubblico transito, sarà formato un elenco che sarà semestralmente aggiornato e pubblicato. Il proprietario, o gli altri interessati, nel termine di giorni trenta dalla data di pubblicazione della deliberazione che approva il primo elenco o le successive aggiunte al medesimo, dovranno munirsi di espressa autorizzazione a mantenere aperte al transito le strade stesse ai sensi di questo articolo.
Il diniego di autorizzazione o la mancata richiesta di essa nel termine suindicato comporta l'obbligo della recinzione ai sensi del comma 1 dell'art. 87.
Gli impegni ed obblighi assunti dai proprietari ai sensi di questo articolo o del precedente si trasmettono ai loro aventi causa ed il relativo atto sarà soggetto a trascrizione.

Art. 88. Tende aggettanti nello spazio pubblico

Il Sindaco può permettere l'apposizione alle porte ed alle finestre di tende aggettanti nello spazio pubblico dietro pagamento della relativa tassa e con l'osservanza delle condizioni che riterrà di imporre nei singoli casi.
Di regola, le tende aggettanti sono proibite nelle strade prive di marciapiedi. Nelle strade con marciapiede l'aggetto non può oltrepassare il limite di 50 cm dal ciglio del marciapiede verso l'interno.
Le tende, le loro appendici ed i loro meccanismi non possono essere posti ad altezza inferiore a 2,20 m dal marciapiede. Sono proibite le appendici verticali, anche di tela o guarnizioni di frangia, che scendano al di sotto di 2,20 m dal suolo, salvo casi speciali, in cui una minore distanza, a giudizio del Comune, non nuoccia al decoro della località - o al libero transito.
Ove nulla osti nei rapporti della luce e dell'areazione dei piani ammezzati, può essere rilasciata l'autorizzazione di porre tende verticali nel vano delle arcate o degli intercolunni dei portici. In tal caso le tende debbono essere uguali per materia, forma colore e decorazione ed avere meccanismi per l'innalzamento e per l'abbassamento conformi alle disposizioni che saranno impartite di volta in volta dal Comune.
Per gli immobili di interesse archeologico o storico il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al nulla osta della Soprintendenza ai monumenti.
L'autorizzazione di apporre tende di qualsiasi specie può essere revocata quando queste non siano mantenute in buono stato e pulite, o quando vengano a nuocere al libero transito ovvero impediscano la veduta in danno dei vicini.

TITOLO IX - DISPOSIZIONI GENERALI TRANSITORIE

Art. 89. Altezza dei fabbricati in alcune vie della parte centrale della città Piano attico

Nella parte centrale della città può essere raggiunta l'altezza di 12 m anche nelle vie e piazze di larghezza inferiore a 8 m, quando, a giudizio dell'ufficiale sanitario, si provveda ad assicurare al fabbricato da costruire o da ricostruire condizioni igieniche soddisfacenti.
In ogni caso è consentito un piano attico costruito con ritiro non inferiore all'altezza.

Art. 90. Applicabilità del Regolamento a precedenti autorizzazioni

Le costruzioni o trasformazioni di immobili non ancora iniziate alla data di entrata in vigore del presente Regolamento sono soggette alle disposizioni del Regolamento stesso anche se le relative autorizzazioni siano state accordate sotto l'impero di disposizioni precedentemente in vigore.

Art. 91. Osservanza del Regolamento d'igiene

Oltre le norme contenute nel presente Regolamento, devono, nella progettazione e nell'esecuzione di opere edilizie, essere osservate le disposizioni sull'igiene del suolo e dell'abitato contenute nel Regolamento d'igiene comunale.

Art. 92. Costruzioni rurali

Per le costruzioni rurali devono essere osservate le speciali norme contenute nelle leggi e nei regolamenti riguardanti il territorio dell'Agro romano.

Art. 93. Revoca di concessioni su suolo e spazio pubblico

Entro tre anni dalla pubblicazione del presente Regolamento il Comune potrà rivedere le autorizzazioni di cui agli articoli 45 e 49, rilasciate in base a disposizioni precedentemente in vigore, e ordinarne la revoca quando risultino in contrasto con le norme contenute nel presente Regolamento.

Art. 94. Sanzioni penali

Le contravvenzioni alle disposizioni del presente Regolamento sono passibili delle sanzioni previste dalla legge comunale e provinciale; salve le pene speciali che fossero stabilite da altre leggi e regolamenti.
Qualora si tratti di contravvenzioni riferentisi ad occupazioni di suolo o spazio pubblico, ovvero ad esecuzione di lavori vietati o per i quali sarebbe occorsa l'autorizzazione comunale, l'intimazione del Sindaco importa di pieno diritto l'obbligo per il contravventore di cessare immediatamente dalla occupazione e di desistere dagli atti vietati distruggendo i lavori e rimuovendo gli oggetti e i materiali.
Qualora invece si tratti di contravvenzioni derivanti dalla mancata esecuzione dei lavori o dal mancato adempimento di atti obbligatori, la intimazione del Sindaco importa di pieno diritto l'obbligo per il contravventore di eseguirli.
Se trattasi di lavori da eseguirsi su proprietà privata autorizzati, ma non condotti secondo le norme stabilite dal presente RE, il Sindaco, fatti gli accertamenti del caso, ne ordina la sospensione.
Se trattasi, invece, di lavori già in precedenza sospesi e che vengano lo stesso proseguiti, oppure di lavori iniziati senza regolare autorizzazione, il Sindaco ne ordina la demolizione. a spese e rischio del contravventore, entro un termine il più possibilmente breve.
Il Sindaco ha facoltà di provvedere d'ufficio, a spese dei contravventori, quando questi non diano esecuzione alle diffide ad essi notificate in conformità delle disposizioni del presente Regolamento e del R.D.L. 25 marzo 1935 n. 640, art. 4.

Art. 95. Responsabilità nell'esecuzione di opere autorizzate

L'osservanza delle disposizioni contenute nel presente Regolamento non limita in alcun modo la responsabilità dei proprietari, dei progettisti, dei direttori e degli esecutori dei lavori. nei limiti delle rispettive competenze, per atti od omissioni punite dalle leggi vigenti.

IL TESTO CHE PRECEDE NON E' UN TESTO UFFICIALE REGOLAMENTARE: NON SI ASSUME ALCUNA RESPONSABILITA' DERIVANTE DALL'USO O DAL RIFERIRSI AL PRESENTE TESTO.



31 commenti:

  1. gentile architetto, sono un collega e sto per presentare una CILA in sanatoria a Roma, nel V Mun. ed ho trovato una cucina di sup. 7mq, ma una cubatura di 18 mc, quindi maggiore dei 15mc, però la finestra della cucina risulta di mq. 1,32, inferiore ai 1,5 mq e non si può allargare in quanto è allineata con il resto delle finestre del palazzo. secondo te esiste una deroga alla sup minima dei mq. 1,50 della cucina ? grazie mille Marco M.

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    1. non mi risultano esistere deroghe. peraltro l'obbligo di finestra a 1,5mq è risalente nel tempo. se, comunque, nel progetto edilizio la cucina e la finestra sono rappresentate conformemente allo stato attuale, potresti fare riferimento a questo.

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    2. si in effetti non si sposta nessun tramezzo, quindi la cucina allo stato attuale risulta come nel 40. grazie mille

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  2. Salve Architetto, ho presentato una cila al quinto municipio di Roma per una fusione di due locali negozio, ho fatto fare le vetrine fisse e solo una apribile, non c'è l'ottavo della superficie ma solo perchè contestualmente ho fatto fare adeguato impianto di immissione/estrazione (come in moltissimi locali di Roma) e ora il tecnico che cura la pratica mi dice che il locale non rispetta l'art. 39 lettera C (quello appunto sull'ottavo), è vero che non ci sono modifiche nel regolamento edilizio ma è ovvio che nel 1934 non si facevano impianti di aerazione, non c'è qualche riferimento normativo che possa aiutarmi secondo lei?

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    1. purtroppo a mio parere no, perché le norme arrivate successivamente non mi risulta abbiano espressamente abrogato la normativa precedente. Diciamo che la Capitale avrebbe dovuto aggiornare più frequentemente il suo regolamento rispetto a quanto non abbia in verità fatto; detto ciò, forse con un nulla-osta ASL si potrebbe superare il problema, ma anche loro faranno difficoltà a superare l'imposizione del vincolo del regolamento edilizio.

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  3. E infatti io vorrei fare riferimento proprio al regolamento asl, in virtù del quale sono stati aperti parecchi locali con queste caratteristiche, anche se per l'attività che verrà aperta nel locale non serve il parere asl, grazie comunque del suo parere

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  4. Buongiorno, in merito all'apertura di finestre su chiostrine interne, vorrei sapere se esiste una deroga che permetta di aprire finestre per cucine e camere da letto nel caso in cui l'edificio sia costruito in aderenza e quindi intercluso su tre lati per cui l'unico modo di dare luce agli ambienti è aprire sulla chiostrina. Si tratta in particolare di una demolizione e ricostruzione fatta con piano casa su cui io dovrei fare una variante. da notare che prima delle demolizioni c'erano finestre che affacciavano sulla chiostrina interna.
    Grazie mille

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    1. l'unica deroga a cui ci si potrebbe appellare è quella dell'art. 10 co 2 DL 76/2020 di cui ho parlato in altri post, ma secondo me non si applica in caso di interventi integrali ed invasivi. attenzione, però, perché la regola sugli affacci in chiostrina è molto datata.

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  5. Buonasera Architetto,
    in virtù della giurisprudenza secondo cui il famoso principio di prevenzione di cui agli art. 873 e segg. cod. civ. non si applica quando il regolamento edilizio del Comune dispone un distacco minimo dei fabbricati dal confine e non consente la costruzione in appoggio o in aderenza, si può dire che nel Comune di Roma l'art. 28 del Regolamento abbia il suddetto effetto e che quindi debba essere sempre rispettata la distanza minima dal confine, anche quando sul fondo vicino non vi siano costruzioni preesistenti?

    La ringrazio fin d'ora per l'aiuto.

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    1. l'art. 28 non impedisce di poter edificare sul confine, tant'è che parla chiaramente di "possibilità": dalla lettura che se ne può fare di questo articolo, è che si applica solo laddove il costruttore decida di costruire a distanza.

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  6. Gentile collega,
    riguardo l'annosa questione degli affacci in chiostrina di cui all'art.32 del regolamento edilizio del comune di roma, vorrei una tua interpretazione sulla questione che segue:

    appartamento ante '67 nato con stanza di 6,9 mq con affaccio in chiostrina (che non rispetta neanche i RAI)... volendo modificare, è percorribile la seguente soluzione a tuo avviso:

    Riducendo l'ambiente ad una sup inferiore ai 4 mq, potrei destinarlo a ripostiglio o in alternativa a lavanderia (lavatrice e pilozzo)?
    O in estrema ratio potrei chiudere da dentro la finestra così da avere un ripostiglio senza affaccio in chiostrina (e a quel punto potrebbe anche essere maggiore di 4 mq)?

    Grazie per l'attenzione
    cordiali saluti

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    1. la riduzione della superficie al di sotto dei 4 mq o la destinazione a lavatoio a mio avviso supera il problema. la tamponatura dall'interno della finestra pure è una soluzione che in passato si è vista, ma è meno elegante.

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  7. Buonasera Architetto, sono un privato sto acquistando a Roma un appartamento al piano attico di un edificio del 1920 circa. La copertura è costituita in parte da un terrazzo condominiale e in parte a coppi. Vorrei realizzare un impianto fotovoltaico ad uso esclusivo dell'appartamento, è possibile realizzarlo sulla copertura a coppi? o sul terrazzo condominiale? Ho trovato varie fonti discordanti online per cui non capisco se è necessaria o meno una delibera assembleare del condominio. Avrei inoltre trovato un regolamento della sovraintendenza che sembrerebbe non consentirlo sul tetto a falde ma solo sui lastrici solari e in modo non visibile. Altra domanda, è possibile ampliare di poco la dimensione di due finestre che aprono sul terrazzo di proprietà e che peraltro sono coperte da una tettoia regolare e non visibili dal piano strada? Quali autorizzazioni occorrono? La ringrazio per l'attenzione. Cordiali saluti

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    1. per il fotovoltaico e il rapporto con il condominio, si possono installare impianti solo finché si dimostra che non si impedisce agli altri di poter fare altrettanto. per il resto, a Roma le possibilità variano moltissimo da zona a zona, quasi da isolato ad isolato: è impossibile rispondere in modo univoco. se vuole può contattarmi in privato per una consulenza personalizzata.

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  8. Buonasera, ho acquistato un immobile costruito nel 68 che ha una camera di servizio, con annesso wc, che affaccia in chiostrina. La camera di servizio non raggiunge la metratura minima di 9 mq, annettendo il wc alla cameretta raggiungerebbe tale metratura. Ho paura però che la modifica possa non essere accettata per via dell'affaccio in chiostrina. È una eventualità da prendere in considerazione?
    Grazie

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    1. una situazione del genere può essere accettata solo finché rimane conforme al progetto approvato: nel momento in cui si apportano modifiche, deve essere portato a norma con le regole vigenti. Almeno questo è l'approccio ritenuto più corretto.

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  9. Salve architetto, vorrei gentilmente sapere se in una villetta con un seminterrato alto 2,30 m netti, in planimetria destinato a lavatoio e stenditoio, sia regolare o eventualmente regolarizzabile..trattasi di costruzione del 1991 e senza abitabilità.
    Grazie.

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    1. occorre visionare il progetto edilizio originario in base al quale è stato rilasciato il titolo abilitativo: se la situazione è coerente con quello, non vi è motivo di preoccuparsi.

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  10. Buongiorno architetto. Ringrazio come sempre per il suo prezioso lavoro. Le chiedo se il negozio deve rispettare una superficie minima interna.

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    1. non mi risulta vi siano disposizioni specifiche per la dimensione minima dei locali commerciali. attenzione però al fatto che devono avere un servizio igienico e che questo molto probabilmente (dipende dall'attività) deve essere filtrato da un antibagno. il tipo di attività da instaurare può far nascere poi ulteriori esigenze di spazio che potrebbero rendere inutilizzabile il locale se troppo piccolo (ad es. presenza di dipendenti che devono avere uno spogliatoio dedicato).

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    2. la ringrazio infinitamentre. Esaustivo come sempre!

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  11. Buonasera Architetto, a seguito di manutenzione straordinaria per un'abitazione a Roma, è stato ricavato un secondo bagno con alzamento della pavimentazione di una zona della camera da letto, per migliorare la pendenza del passaggio dello scarico, ora l'altezza interna della camera è 2,65 m per la zona rialzata, e la parte restante l'altezza è di 2,75 m, la media è di 2,70. Nel Regolamento edilizio di Roma l'art. 40 c. g, cita che l'altezza minima è fissata a 2,70 m, secondo il suo parere si riferisce alla media o all'altezza minima? Anticipatamento la ringrazio e mi complimento nuovamente per il suo preziosissimo blog.

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    1. è una questione che è stata affrontata diverse volte, e purtroppo non c'è una interpretazione univoca. io tendo a ritenere che in assenza di una effettiva specifica si possa ritenere che sia altezza media, ma il tenore letterale del regolamento parla in effetti di altezza minima. direi che se la cosa è stata ben graficizzata nel titolo abilitativo, ed il municipio è rimasto silente, si può considerare una situazione conforme.

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  12. Buongiorno Marco, vorrei chiederti alcune cose.
    Dovrei ristrutturare un appartamento nella città storica a Roma che ha due vani destinati uno a ripostiglio e l’altro a bagno con in altezza di 2,15 m circa. In una porzione di casa di circa 10 mq infatti l’altezza risulta ribassata a 2,15 m e questo dato era già presente nei disegni di licenza edilizia (sopra c’è il locale lavatoio). Sulla conformità al progetto siamo a posto.
    Il problema sussiste nel fatto che il cliente vorrebbe ridurre il ripostiglio (con finestra apribile) da 5,20 mq a 4.50 mq (il regolamento edilizio lo vorrebbe a 4 mq perché è finestrato) a favore di una stanza studio che pero’ cosi’avrebbe una porzione di circa 1,40 mq ribassata a 2,15 m. Secondo la tua esperienza è possibile fare la media tra questi due volumi per ricavare l’altezza media dell’ambiente? Perché solo così riuscirei ad avere un’altezza di 2.70 m.
    Il bagno chè si vuole ingrandire invece non riesce ad avere un altezza media di almeno 2,40 m. Puo’ secondo te avere un altezza piu’ bassa visto che era già stato progettato cosi?
    Inoltre per farmi accettare il ripostiglio > di 4 mq posso rappresentare un infisso fisso anziché apribile oppure è una furbata che non va bene?
    Non so se sono stata chiaro.
    Ti ringrazio se vorrai aiutarmi, un cordiale saluto
    Luca

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    1. dovrei vedere le carte per rispondere in modo soddisfacente, comunque se avete già verificato che sussistono i presupposti per la legittimità per una altezza così sotto standard, a mio parere ed il linea generale potete continuare a trasformare l'immobile purché i valori igienico sanitari non vengano peggiorati nelle trasformazioni.

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  13. Buonasera architetto. Sto presentando una CILA per dei lavori in casa di un mio amico, che verrà venduta a breve. Il tecnico della parte acquirente mi ha fatto notare che una delle stanze, al momento non adibita a stanza da letto, è più piccola di 9mq, ed ha affermato che secondo il regolamento edilizio di Roma "non è ammissibile una stanza finestrata che sia più grande di 4mq ma più piccola di 9mq". A me sembra un interpretazione piuttosto restrittiva del regolamento. È se volessi una stanza adibita a studio? Non potrebbe essere di 7 mq ad esempio? Io avevo sempre inteso 9mq come minimo per le stanze DA LETTO singole, non tutte le stanze. Sennò perché nello stesso comma si parlerebbe di stanze da letto per due persone?
    Grazie in anticipo
    Federico

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    Risposte
    1. confermo l'interpretazione data dal collega: la volontà del regolamento edilizio è proprio quella di impedire che possano esistere vani di dimensioni tra i 4 ed i 9mq dotati di finestra; la definizione "studio" per la prassi romana non è accettata.

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  14. Scusi arch. Campagna, gli articoli da 48bis a 48sixties così come introdotti dalla DAC 7 del 14.02.1011 sono oggi da ritenersi validi oppure, come ipotizza lei, sono ancora da considerarsi mai entrati in vigore perché non contro-validati dalla Provincia? Inoltre, se l'art. 48bis nella precedente versione sarebbe stato, come ipotizza lei, implicitamente abrogato dal D.leg.vo 28 del 03.03.2011, a quali disposizioni a suo parere dovremmo attenerci oggi? Grazie.

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    Risposte
    1. continuo a sostenere che la dac 7/2011 non abbia prodotto effetti ma purtroppo finché non c'è una presa di posizione ufficiale da parte del Comune non posso darvi per certa questa ipotesi, che resta tale.il 48 bis a mio avviso può ritenersi abrogato solo per le parti che sono superate dal decreto citato, e dunque si applicano le disposizioni del decreto limitatamente a ciò che è puntualmente superato.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.