sabato 23 novembre 2019

Roma: abitabilità ante 1934 ed agibilità

Roma è una città che, almeno nel XIX secolo, era molto "avanti" riguardo alla normativa, rispetto al resto d'Italia. già in epoca insospettabile impone l'obbligo di licenza edilizia per l'edificazione nelle zone centrali (in molte città d'Italia questo obbligo arriverà, implicitamente, solo con la L. 1150 del 1942) ed anche da prima di tale data imponeva la necessità di dotarsi di un certificato di abitabilità per poter abitare i fabbricati di nuova realizzazione.



Il certificato di abitabilità, nella Roma del XIX secolo, trova la sua normazione all'interno del Regolamento Edilizio e di pubblico Ornato approvato prima dell'annessione della Capitale al Regno d'Italia (1864): è quindi un documento scritto alla fine dell'era papalina, sotto il regno del vulcanico Papa Pio IX (che gettò le basi di quella che è l'attuale Amministrazione Capitolina), in un periodo in cui nella città non vigevano leggi del Regno sabaudo, ovviamente. Questo documento si può trovare presso l'Archivio storico Capitolino ma anche pubblicato su Google Play libri come ebook a consultazione gratuita

All'art. 22 detto regolamento recita: "le fabbriche nuove non potranno essere abitate [...] se i proprietari non ne avranno ottenuto l'assenso dalla Magistratura; dalla quale verrà accordato solo quando la Deputazione speciale edilizia, con l'intervento dei periti, anche sanitari, avrà verificato il perfetto asciugamento dei muri, e la stabilità e salubrità dell'edificio".

L'art. 6 dello stesso regolamento introdurrà il primo obbligo di licenza edilizia per le costruzioni a Roma. ricordo che siamo nel 1864, altro che "ante 1967"!

Dall'art. 22 del Regolamento deriverà quindi l'obbligo di dotarsi del certificato di abitabilità il quale già contiene il nucleo di quella che sarà poi l'agibilità che usiamo ancora oggi: detto documento, letteralmente, deve attestare la sussistenza delle condizioni di abitabilità (avvenuta prosciugatura dei muri, cioè locali privi di umidità qualunque sia la sua origine), ma anche di stabilità (dal che si intuisce che il Comune doveva verificare anche che l'edificio fosse stato costruito secondo la buona regola dell'arte costruttiva, pur in assenza di leggi specifiche sulla progettazione strutturale, le quali arriveranno solo nel XX secolo). Nel certificato di agibilità di oggi si devono attestare anche molte altre condizioni, tra cui la rispondenza della costruzione al progetto approvato e le certificazioni degli impianti, fra le altre.

la disposizione viene presa con parole quasi identiche nel primo regolamento edilizio dell'era sabauda, quello emanato nel 1872. all'art. 27 si legge difatti che "le fabbriche nuove non potranno essere abitate, e quelle in cui siansi eseguiti restauri o ampliazioni non potranno di nuovo abitarsi, se i proprietari non ne avranno ottenuto dalla Giunta l'assenso: dalla quale verrà accordato solo quandola Deputazione speciale Edilizia, con l'intervento dei periti sanitari, avrà verificato il perfetto asciugamento dei muri, la stabilità e salubrità dell'edifizio [...]". Con le identiche parole permarrà nell'art. 22 del Regolamento Edilizio e di Ornato del 1892. entrambi questi documenti sono disponibili per la libera consultazione (anche senza prenotazione dei fascicoli) presso l'Archivio Storico Capitolino.

Se avete necessità o curiosità di approfondire il tema dei regolamenti edilizi romani del XIX e dei primi decenni del XX secolo, vi rimando a quest'altro mio post.

Nel 1888, con il regio decreto 5849 verrà introdotto anche a livello nazionale l'obbligo dell'autorizzazione per l'abitabilità (art. 39), solo che i requisiti richiesti in questo testo sono esclusivamente di tipo igienico-sanitario e non attendono anche ad altri ambiti (tipo quello della sicurezza statica), pur specificando che vengono fatte salve eventuali ulteriori norme più restrittive previste nei regolamenti igienici. a Roma però, come abbiamo visto, continuerà a vigere il regolamento edilizio che specificherà sempre anche la questione della staticità quale requisito per il rilascio del certificato di abitabilità, ma tutto ciò fino al regolamento del 1912, nel quale, vista la presenza della norma nazionale e la presumibile parallela adozione del regolamento di igiene, prima assente, pur rimanendo l'indicazione sul certificato di abitabilità (art. 27), sembra scomparire quella relativa alla staticità. L'indicazione dell'obbligatorietà dell'agibilità da questa data in poi comparirà anche nel regolamento di Igiene (di cui però non ho reperito i testi dell'epoca - la versione attuale risale al 1949, con piccole modifiche più recenti) e, quindi, sembra si vada a perdere la correlazione tra abitabilità e verifica statica. Rimarrà comunque un documento che genericamente dovrà attestare l'attitudine di una costruzione ad essere igienicamente idonea ad essere abitata e, in ogni caso, l'art. 27 del R.E. del 1912 contiene comunque l'obbligo di chiedere una visita ispettiva prima dell'esecuzione degli intonaci, così da verificare la "rispondenza al progetto" (così è citato nel R.E.) e, forse (ma ciò non è specificato) il rispetto della regola dell'arte nell'esecuzione delle murature portanti.

La normativa avrà poi una radicale evoluzione nel 1934 (art. 220 e 221 del RD 1265/1934) quando verrà ulteriormente stabilito che per abitare le nuove costruzioni è necessario munirsi del certificato, il quale ancora si basa esclusivamente su criteri igienico-sanitari ma, in particolare, deve essere rilasciato anche "in conformità del progetto approvato", e quindi da questa data in poi l'abitabilità sarà correlata indissolubilmente alla conformità edilizia, come è ancora oggi. Nel testo anche del 1934 comunque non si cita espressamente la condizione di "staticità" o "stabilità" quale requisito stringente per il rilascio del documento: tuttavia, la dizione "conformità del progetto approvato" può ritenersi ampia e ricomprendere quindi anche i progetti strutturali. Sul tema della "perdurante condizione di conformità" di un immobile all'evoluzione dei titoli edilizi potete fare riferimento a questo mio post che cita un importante sentenza sul tema.

Comunque, giusto per rimarcare la lungimiranza della normazione romana, abbiamo già visto che nell'art. 27 del R.E. di Roma del 1912 viene espressamente indicata la obbligatorietà, da parte dell'ufficiale comunale, di verificare se l'edificio corrisponda alla licenza rilasciata. Ancora di più, l'art. 29 specifica che laddove alla costruzione fossero apportate varianti sostanziali, non si potrà produrre l'agibilità finché non siano state rimosse le difformità (senza specificare se per ripristino o per autorizzazione in variante, ma le strade probabilmente erano valide entrambe). tenete conto anche di questa circostanza nelle vostre ricerche.

Va detto però che le norme sulle strutture (di cui ho in bozza un post che non riesco a chiudere per mancanza di tempo) hanno una evoluzione non parallela nel tempo: inizialmente, infatti, vengono pubblicate norme solo per quanto riguarda il calcestruzzo armato oppure valevoli solo per zone dichiarate a rischio sismico (Roma non sarà classificata come a rischio sismico fino agli anni 2000), quindi tutte le costruzioni che a Roma verranno eseguite fino agli anni 80 e che hanno struttura in muratura (assai rari dopo gli anni 40, visto il dilagare della tecnica del calcestruzzo armato) di fatto non erano soggetti a nessun progetto strutturale (vedasi per approfondimento questo mio post specifico sul tema della sanatoria di interventi strutturali eseguiti su muratura portante): per conseguenza, si può teorizzare che non avendosi l'obbligo di progettazione strutturale per edifici in muratura in zona non sismica, non vi era conseguentemente nemmeno l'obbligo di dover verificare la rispondenza a qualche forma di progetto.

Tutto ciò per arrivare a dire che la dizione di "verifica statica" contenuta nei requisiti per le abitabilità anteriori al 1934 è da intendersi come indicazione generica atta a richiamare delle verifiche generiche sull'effettiva bontà della costruzione a livello generale (rispetto della buona regola dell'arte). Ciò comunque non esime dal poter ritenere le abitabilità rilasciate tra il 1864 e fino ad almeno il 1912 (data comunque da aggiornare qualora dovessi riuscire ad approfondire la storia anche del reglamento d'igiene) un documento ufficiale che veniva rilasciato dopo opportune verifiche da parte dell'Amministrazione.

L'archivio delle abitabilità rilasciate per i fabbricati romani fino al 1934 è custodito presso l'Archivio Storico Capitolino che ha sede in Piazza dell'Orologio nel complesso della "chiesa Nuova" (stesso archivio che detiene le copie degli originari regolamenti edilizi dove il sottoscritto li ha reperiti); successivamente a tale data, quindi per quanto riguarda le abitabilità/agibilità rilasciate ai sensi del RD 1265/34, l'archivio competente è quello del Dipartimento Programmazione ed Attuazione Urbanistica, presso il quale è possibile effettuare la verifica on-line dell'esistenza del certificato, previa registrazione al sito del Comune o accesso tramite SPID.

Dunque per la città di Roma, incrociando le normative comunali e nazionali, potremmo delineare questo iter temporale:

  • dal 1864 fino al 1912 (data da verificare: leggi sopra) le abitabilità rilasciate dovevano attestare i requisiti sia igienico-sanitari che quelli di "staticità";
  • a partire dal 1888, l'abitabilità è resa necessaria da una norma nazionale, la quale fa comunque salve prescrizioni più restrittive dei regolamenti locali;
  • dal 1912 il regolamento edilizio di Roma non conterrà più norme sull'abitabilità, confluite probabilmente nella coeva prima versione del regolamento di igiene (affermazione da verificare con ulteriori ricerche). Dunque da tale data le condizioni generali per il rilascio dell'abitabilità sono quelle specificate dal RD del 1888 (e dal successivo RD 636/1907 in cui confluirà senza modifiche la norma del decreto del 1888);
  • tra il 1912 ed il 1934 si potrebbe quindi ritenere che le abitabilità non contenessero una espressa autorizzazione a seguito di verifica di staticità;
  • dal 1934 l'abitabilità contiene l'obbligo di verifica, oltre che delle condizioni igieniche, anche della rispondenza della costruzione al progetto approvato: dato che la definizione è ampia, per progetto si può intendere anche quello strutturale, laddove previsto dalle leggi vigenti;
  • dal 2001, anno in cui verrà pubblicato il DPR 380/2001 (che entrerà in vigore però nel giugno del 2003), il rilascio dell'agibilità è altresì connesso esplicitamente all'esistenza del collaudo statico delle strutture: e quindi tornerà, dopo diversi decenni, la norma che a Roma esisteva fin da prima dell'era sabauda.
tutto ciò per dire che è ragionevole ritenere che la presenza del certificato di abitabilità, anche se rilasciato in virtù di norme di natura differente, possa implicitamente sempre ricomprendere il concetto della verifica della staticità della struttura (forse l'affermazione perde di forza per quelle rilasciate tra il 1912 ed il 1934), e può quindi ritenersi logico che in presenza di detto documento si possa omettere, in caso di nuove procedure per l'agibilità, la produzione del "collaudo statico" per immobili risalenti nel tempo. Posto che, a mio modesto parere, non ha alcun senso chiedere l'attestazione di collaudo per edifici costruiti in epoche in cui detta procedura non era prevista o laddove addirittura non esisteva nemmeno un obbligo di progettazione strutturale: occorrerebbe che la questione venisse chiarita e risolta a livello di normazione nazionale.

Ovviamente quanto fin qui scritto è frutto di riflessioni personali basate sulla lettura dei testi normativi e sull'esperienza personale, ed è comunque un discorso generico e generale: non si assumono responsabilità in generale su quanto affermato e specificamente circa il fatto che le amministrazioni comunali possano ritenere comunque necessario il collaudo statico pur in presenza di una abitabilità/agibilità già rilasciata.

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