Oggi un post breve per commentare la recente sentenza del
Consiglio di Stato n°6661/2018, nella quale viene sostanzialmente affermato che l'agibilità non solo attesta le condizioni di "salubrità", ma contemporaneamente attesta la condizione di conformità al progetto dell'unità immobiliare.
Non solo: la condizione di conformità, secondo il Consiglio, deve perdurare nel tempo. Con ciò si vuole affermare evidentemente che non possono esserci dei passaggi edilizi illegittimi nella storia di un immobile (o, se si ravvisano, devono essere sanati - se sanabili) a pena del fatto che l'agibilità non può essere rilasciata a prescindere.
Questa sentenza cade nello specifico di una attività commerciale, ma l'agibilità afferisce anche l'ambito degli immobili residenziali per cui il concetto è estensibile anche a questi.
Altro aspetto da considerare è il seguente: come ho già avuto modo di esprimere in
questo post sulla CILA, il concetto dell'agibilità espresso nuovamente dal Consiglio di Stato si inserisce anche nel discorso della conformità urbanistica, la quale va implicitamente verificata in qualunque passaggio autorizzativo dell'immobile, anche autorizzato attraverso atti meramente comunicativi, come la CILA (che si differenzia anche sostanzialmente dalla SCIA, che è un atto segnalativo e presuppone l'acquisizione di un titolo edilizio, a differenza della prima che invece è ritenuta dalla legge una procedura obbligatoria ma nell'ambito dell'edilizia che non richiede l'acquisizione di un titolo edilizio. In ogni caso, spesso anche le opere che vanno in "semplice" CILA
necessitano di una nuova agibilità.
Ciò implica in altre parole che ogni trasformazione dell'immobile deve avvenire solo partendo da uno stato edilizio conforme a sua volta ad un precedente titolo edilizio: e quindi ogni volta che si presenta una nuova istanza, prima occorre verificare la documentazione pregressa che ha autorizzato le precedenti fasi di trasformazione. Se così non fosse, occorrerà sanare le difformità,
ammesso che siano sanabili. Se l'immobile non ha avuto trasformazioni dalla sua edificazione, o se ne ha avute ma di non autorizzate, il documento al quale fare riferimento sarà ovviamente il progetto correlato all'originario permesso di costruire/licenza edilizia.
In questo post ho scritto come effettuare la ricerca di questi documenti nella Capitale.
Ancora più di recente, segnalo
Consiglio di Stato sez. II n°3836/2021 nella quale viene trattato il tema della separazione dei concetti tra agibilità ed abitabilità, anzi tra inagibilità ed inabitabilità, ovvero perché l'una, attualmente gestita dal DPR 380/01, sia diversa dalla seconda, originariamente contenuta nel TULS. Si conferma comunque che l'agibilità non può essere separata dal concetto di conformità edilizia.
Mi sembra utile richiamare in questo post la
sentenza TAR Campania, Napoli, sez II n°1160/2022 (
qui su lexambiente.it da cui ho preso contezza della notizia) in cui viene stabilito dal Giudice che non è legittimo un annullamento di una agibilità da parte di un comune, nel caso in cui questi non abbia provveduto ad approfondire e riscontrare sul posto delle presunte irregolarità nella documentazione allegata all'istanza. In particolare, il comune contestava il fatto che la certificazione dell'impianto elettrico avesse una data apparentemente incompatibile con la tempistica di esecuzione delle opere, ma il cittadino ritiene che tale motivazione sia insussistente a violare il lasso temporale concesso dall'art. 21 nonies L. 241/90 per l'annullamento dei titoli o, meglio, che se il comune ritenesse che l'atto viziato produca pregiudizio all'intera istanza, avrebbe dovuto approfondire mediante sopralluoghi ed indagini dirette sull'impianto per stabilire se, effettivamente, la circostanza era tale da far decadere il titolo. Il TAR, dando prima ragione al ricorrente sulle motivazioni del ricorso, allarga il discorso e ribadisce il concetto fondamentale secondo cui l'agibilità si ritiene correttamente formata solo se i presupposti per la sua formazione sono rispettati. è utile isolare la seguente massima:
Come è stato recente chiarito sia dalla giurisprudenza, anche all’esito della successiva evoluzione normativa, la disciplina della certificazione dell'agibilità, "non configura una vera e propria ipotesi di silenzio assenso in senso tecnico, di cui all'art. 20 della L. n. 241 del 1990, ma dà invece luogo ad una sorta di legittimazione ex lege, che prescinde dalla pronuncia della Pubblica amministrazione e che trova il suo fondamento nella effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per il rilascio del titolo (Cons. Stato, 17 maggio 2021, n. 3836; T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 03 dicembre 2019, n. 2138)
Ancora nel solco del concetto secondo cui l'agibilità sussiste solo in presenza della conformità edilizia, segnalo ancora una sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, n°8629/2022, che presenta un caso particolare. La (il)legittimità edilizia del caso trattato dalla sentenza riguarda non il fabbricato sviluppante volume in cui si svolge l'attività (nel caso di specie, di somministrazione) - o, comunque, del fabbricato principale non se ne parla - ma una tettoia esterna che è adibita a copertura dei tavoli, sotto cui è pacifico che viene svolta l'attività. Ebbene, avendo questa tettoia delle difformità edilizie (riscontrate dal comune, il quale sarebbe anche rimasto in silenzio a fronte di una domanda di accertamento di conformità, dunque tacitamente respingendola, e quindi operando di conseguenza), ribaltando completamente la sentenza di prime cure, il Consiglio di Stato indica che l'agibilità è sostenuta dal concetto di legittimità edilizia con riferimento a tutte le parti dell'edificio che hanno a che fare con l'attività medesima e, quindi, anche la difformità della tettoia esterna proietta la sua ombra sull'agibilità. A nulla vale, nel caso di specie, il fatto che l'agibilità sarebbe stata acquisita prima delle trasformazioni abusive sulla tettoia, in quanto viene specificato che la condizione di legittimità edilizia deve essere continuativa nel tempo per sostenere la relativa agibilità. Di seguito una massima interessante:
In altre parole, il legittimo esercizio dell’attività commerciale è ancorato alla conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui essa si svolge, e ciò non solo in sede di rilascio dei titoli abilitativi, ma anche per l’intera durata del suo svolgimento, che richiede l’iniziale e perdurante regolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio dei relativi locali, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività esercitata in locali non conformi alla disciplina urbanistica (C.G.A.R.S. 18 maggio 2022, n. 591; Cons. Stato, V, 29 maggio 2018, n. 3212; VI, 23 ottobre 2015, n. 4880).
Di nuovo sul tema della relazione tra agibilità e stato legittimo degli immobili, segnalo sentenza Consiglio di Stato n°7258/2023 (qui su lexambiente) in cui viene ribadito e meglio chiarito il concetto di connessione univoca tra agibilità e legittimità dei titoli edilizi (come peraltro meglio definita nel frattempo dall'art. 9 bis comma 1 bis del DPR 380/01 introdotto dal decreto semplificazioni del 2020) indicando che in mancanza di quest'ultima, la prima è inefficace di fatto: in questa sentenza viene ulteriormente puntualizzato un concetto da me sempre teorizzato ma forse poco evidente, relativo al fatto che l'eventuale illegittimità, anche laddove scoperta a posteriori, dei titoli edilizi che sorreggono la legittimità di un immobile oggetto di agibilità, porta con sé l'inefficacia dell'agibilità eventualmente acquisita nel frattempo.
salve devo presentare un cambio di titolarità di un esercizio di vicinato e contestualmemnte effettuare la sostituzione delle vetrine su strada incollare nuovi pavimenti e rivestire di cartongesso le pareti con lavori in economia. Devo presentare una SCIA unica o devo fare una SCIA per il subingresso ed una CILA per il resto?
RispondiEliminaBuongiorno. Per un locale commerciale su due piani (piano cantina e piano terra)è stata fatta una CILA per realizzare un bagno e antibagno al piano terra in quanto il bagno originario si trovava al piano di sotto, rendendo così più funzionale il locale (il bagno al piano cantina è rimasto). Premetto che il locale fa parte di un edificio dotato di Certificato di agibilità dal 1968. Il proprietario deve vendere ed il notaio gli ha richiesto l'agibilità. L'intervento realizzato necessita di nuova SCIA agibilità pur non avendo modificato il numero di negozi indicato sul certificato del 1968 o basta il vecchio certificato per la compravendita? Se serve una nuova SCA, ho eventualmente immaginato che la procedura da presentare sia una SCA a modifica del certificato esistente e relativamente alla singola unità immobiliare. E' corretto secondo lei? Grazie.
RispondiEliminale indicazioni sul quando sia necessario aggiornare l'agibilità in caso di opere minori ormai non sono più molto chiare (non lo erano molto neanche prima): prima comunque in caso di variazione dei vani così come indicati sulla tabella delle consistenze, era necessario aggiornare il certificato. adesso che la tabella non esiste più, si deve fare riferimento solo alle poche parole riprotate sul DPR 380.
EliminaBuongiorno Marco, volevo un tuo parere sul rapporto tra destinazione d'uso riportata sull'elaborato di Licenza edilizia e quella richiesta e riportata poi successivamente sulla Licenza di Abitabilità. In caso di differenza quale 'è quella legittima? Nel caso specifico prima garage e poi cantina. Grazie per il tuo contributo
RispondiEliminadato che è ormai chiarito che l'agibilità non è un titolo edilizio, prevale ciò che è rappresentato nell'elaborato grafico allegato alla licenza edilizia, a mio avviso.
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