Va da se che se il titolo edilizio o la SCIA viziati hanno maturato i 18 mesi di cui all'art. 21 nonies L. 241/90, occorre dapprima considerare l'eventuale circostanza circa l'impossibilità, per l'amministrazione, di agire in autotutela per l'annullamento del titolo.
- valutare la possibilità di eliminare i vizi - questa indicazione è espressamente prevista dalla norma (art. 38 TUE) e nasce dalla ratio secondo cui tra amministrazione e cittadino deve instaurarsi sempre, in caso di problemi, una collaborazione istituzionale che sia "alla pari" e leale. L'amministrazione quindi deve valutare se i vizi sono rimovibili: per esempio in caso di un fabbricato che di poco non rispetta le distanze minime regolamentari, può mettere in atto delle disposizioni per consentire al cittadino di modificare la struttura per far si che l'immobile rientri nei parametri di legge (non di rado anche la Giustizia Amministrativa in caso di siffatte difformità dispone l'annullamento del titolo solo per la porzione in difetto di legge, e non nella sua integralità). In caso di vizi formali, cioè contenuti nell'atto amministrativo e sue procedure, si deve valutare la possibilità di superare il vizio all'interno del funzionamento della macchina amministrativa (per esempio l'assenza del parere della commissione edilizia laddove previsto). Solo laddove ciò non sia possibile (e l'amministrazione dovrebbe motivarlo accuratamente), si passa alle ulteriori modalità esecutive. Questa procedura non prevede alcuna sanzione, ed è sostanzialmente un atto amministrativo interno (il privato vi deve comunque partecipare attivamente, se chiamato a farlo). Più complesso è il caso di assenza di autorizzazioni in presenza di vincoli tutelati da leggi nazionali (d.lgs. 42/04 codice dei beni culturali): tuttavia, anche in questo caso, trattandosi di "presupposti" (art. 19 c. 1 L. 241/90) per il conseguimento del titolo si potrebbe pure ritenere di poter operare a posteriori, provando a dialogare con l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo (tutti gli enti che tutelano vincoli sono amministrazioni pubbliche e quindi tutte soggiacciono allo stesso principio di leale collaborazione). Ricordiamo che, anche se gli atti sono rilasciati sulla base delle dichiarazioni rese dai tecnici privati, sia in caso di PdC soprattutto ma anche in caso di SCIA la Pubblica Amministrazione è comunque coinvolta nel "vizio", in quanto sta agli uffici preposti la verifica dei presupposti per il conseguimento dei titoli e quindi vi sarebbe comunque il problema di controllo tardivo degli atti.
- disporre la demolizione dell'abuso - il principio primario dell'azione amministrativa è quella di evitare che possano essere eseguite opere abusive e, in caso di rinvenimento delle stesse, rimuoverle. La rimozione dell'abuso è infatti l'obiettivo primario, perché in un mondo ideale gli abusi non devono esistere e quindi se vengono fatti, vanno rimossi. Tuttavia, esiste anche un principio, generato dalle norme europee, secondo cui l'azione amministrativa deve sì perseguire l'interesse pubblico ma deve anche farlo senza esagerare nel produrre danno al cittadino (soprattutto nel caso di cui parliamo, cioè opere eseguite in base ad un titolo edilizio comunque acquisito e ad opere conformemente realizzate in base a questo). Se la demolizione non può avvenire senza generare preguidizio (la valutazione dei principi spetta all'amministrazione: la legge è abbastanza vaga in questo, consentendo al Comune ampio margine di manovra) allora si può agire in base al terzo punto di cui appresso. Va comunque sempre valutato il caso specifico: se è stato annullato per "vizio" l'atto che ha autorizzato un intervento comunque perfettamente eseguibile come è stato fatto (per esempio è il caso dei vizi formali), l'azione demolitoria potrebbe apparire quasi sempre sproporzionata.
- irrogare una sanzione pari al "valore venale" delle opere eseguite - si badi bene che la sanzione irrogata dall'art. 38 è diversa da quella di cui all'art. 36, perché le procedure sono sostanzialmente diverse: l'art. 36 punisce chi ha eseguito opere legittime, ma senza aver chiesto il titolo; l'art. 38 invece punisce chi ha eseguito opere illegittime o mediante procedura autorizzativa viziata, ma comunque chiedendo e ottenendo una autorizzazione. A mio parere le due sanzioni tra loro sono sproporzionate (l'art. 38 dovrebbe essere punito più blandamente rispetto all'art. 36) ma così ha voluto il legislatore e ci si deve adeguare. il "valore venale" secondo legge deve essere disposto dall'agenzia del territorio (oggi agenzia delle entrate - dipartimento del territorio) e quindi si presuppone che si debba procedere secondo le regole di valutazione dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare. Mi spingo oltre e provo ad ipotizzare che una possibile motivazione per l'irrogazione della sanzione al posto della demolizione può essere proprio l'eccessivo danno che, in taluni casi, si genererebbe al privato, a fronte di un danno al pubblico interesse magari non elevatissimo (ricordando comunque che in caso di avvenuta valutazione circa il fatto che il danno al pubblico interesse è pari o inferiore al danno che si arrecherebbe al privato, allora l'azione amministrativa di annullamento in autotutela non dovrebbe proprio essere posta in essere - art. 21 nonies L. 241/90).
- a mio avviso può ritenersi valida anche una quarta via, che può essere quella di chiedere, entro i termini, la sanatoria ex art. 36. Questa procedura difatti può risultare sia più "economica" (il doppio del contributo di costruzione può risultare un valore di molto inferiore al valore venale, soprattutto nelle grandi città dove il valore "venale" è molto elevato), sia più "pulita" dal punto di vista amministrativo (di fatto si chiede nuovamente lo stesso titolo, ma eliminando all'origine il vizio). è chiaro che la cosa va valutata caso per caso ed è probabile che se si può agire in art. 36 è probabilmente altrettanto possibile "eliminare il vizio dalla procedura" e quindi operare secondo il punto 1 di questo elenco, che è la cosa preferibile (anche perché è l'unica modalità che non prevede sanzioni). Ovviamente, in alternativa, a mio parere è sempre possibile procedere al ripristino dell'originario stato dei luoghi, laddove sia economicamente sostenibile (per esempio in caso di cambi d'uso senza opere o con poche opere, o interventi in qualche modo analoghi).
Nonostante le ripetute segnalazioni del confinante il Comune dopo dei finti sopralluoghi accetta e autorizza la sanatoria
RispondiEliminasenza penale e la verifica della doppia conformità.
Un comportamento molto strano.
Nel 1995 presentavo ed ottenevo la concessione per la costruzione di un villino comprensivo di sottotetto appartamento e seminterrato. Al piano seminterato negli elaborati tecnici (legenda planimetria) veniva indicato e quindi autorizzato un bagno di mt 3,50x2,20 completo di finestra per luce ed areazione. Siccome trattasi di seminterrato le chiedo sè il tutto è regolare dal punto di vista tecnico-amministrativo.
RispondiEliminai locali di servizio "residenziali" generalmente sono incompatibili con le superfici non assentite come residenziali. andrebbe valutato con attenzione, anche con riguardo alla normativa locale (regolamento edilizio e prg).
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