Degli studi medici ed odontoiatrici molto si è detto e molto si è scritto in Internet, ma forse manca un approfondimento specifico su quelli che sono gli aspetti più specificatamente urbanistici ed edilizi che afferiscono a questi immobili.
Lo studio medico è tipicamente
l'ufficio dove il professionista svolge la sua attività, e dove riceve i pazienti. In base all'attività del medico e ad alcuni aspetti organizzativi, può assumere connotati diversi, e questi possono a loro volta riflettersi sulle prescrizioni di tipo urbanistico ed edilizio.
Lo studio medico si differenzia anzitutto nettamente dall'ambulatorio: il primo risponde alla descrizione del paragrafo precedente, ed è di fatto legato all'attività del professionista in sé (il quale esercita la propria attività perché iscritto nell'apposito albo, ed è quindi autorizzato a prescindere), l'ambulatorio invece è una organizzazione di mezzi, strutture e persone, in cui il professionista medico è uno degli elementi che compongono il sistema. La differenza è sostanziale: per aprire lo studio medico di fatto non servono autorizzazioni (appunto perché il professionista è autorizzato dall'iscrizione all'albo, e lo studio è solo il luogo in cui egli esercita la professione, ma con eccezioni come per esempio per gli studi odontoiatrici, soggetti in genere ad autorizzazione sanitaria), mentre invece per aprire un ambulatorio occorre una specifica autorizzazione sanitaria, rilasciata dopo aver verificato la sussistenza di una serie di requisiti (o anche tramite autodichiarazioni).
Le singole regioni legiferano nello specifico (nel Lazio, abbiamo la
L.R. 4/2003 ed il
Regolamento Regionale n°2/2007), e possono comunque assoggettare ad autorizzazione sanitaria anche alcune categorie di studi medici, in particolare quelli nei quali si svolgono attività più delicate sul paziente. Generalmente, lo studio medico del professionista che opera privatamente o che opera come medico di famiglia in convenzione con il servizio sanitario nazionale non richiedono una specifica autorizzazione.
Da un punto di vista edilizio ed urbanistico gli studi medici seguono le regole dei comuni uffici, spesso indicati anche come immobili direzionali. Vediamo i singoli aspetti che si ritiene possano essere rilevanti.
per quanto riguarda la
destinazione d'uso, in passato vi è stata
molta confusione dovuta ad alcune norme regionali che lasciavano talvolta intendere la presenza di delle deroghe, consentendo agli studi medici (e studi odontoiatrici, o in generale alcune delle attività soggette ad autorizzazione) di poter operare senza curarsi della destinazione d'uso dell'immobile; oggi la situazione è mutata ed è più omogenea a livello nazionale (per il Lazio, la "deroga" è scomparsa a partire dal 2007, anno di pubblicazione del
regolamento n°2/2007; sul punto la stessa Regione nel 2014 ha emanato una
specifica circolare, la n°405928/2014, nella quale è indicato che gli studi avviati in cui vigeva la deroga e che erano stati autorizzati in precedenza, potevano continuare a beneficiarne, ma, implicitamente, quelli avviati successivamente devono adeguarsi anche dal punto di vista urbanistico). Potrebbero tuttavia ritenersi in alcuni casi ancora legittimi quegli studi medici che sono stati impiantati quando erano in vigore queste norme derogatorie: in ogni caso, lo studio medico coincide con l'attività del singolo professionista, quindi anche se un nuovo professionista subentra ad uno precedente, si tratta comunque di nuova attività.
Un immobile adibito completamente o prevalentemente a studio medico, di uno o più medici, deve possedere la destinazione di ufficio, rientrante quindi nella categoria generale di cui all'art. 23 ter comma 1 lett. b) del DPR 380/01, ovvero "produttiva e direzionale"; se invece nell'immobile si instaura attività di studio specialistico, può essere invece più idonea una funzione d'uso di "servizi alle persone" o qualcosa di affine. è evidente, quindi, che uno studio medico non può essere instaurato in immobili che si trovano in altre categorie generali, quali residenziale (lettera a) o commerciale (lettera c). Se si vuole instaurare l'attività in un immobile che non ha destinazione direzionale, occorre operare un mutamento di destinazione d'uso, il quale può essere rilevante o non rilevante in base alla disciplina vigente sempre di cui all'art. 23 ter.
Sulla necessità del mutamento d'uso per poter legittimamente avviare attività di studio medico o di studio specialistico, si iniziano a consolidare anche le visioni della giustizia amministrativa: la recente sentenza
TAR Lazio, Latina, n°326/2022 tratta il caso di un comune che annulla una comunicazione di inizio attività di fisioterapia in assenza dell'autorizzazione urbanistica per il cambio d'uso: il cittadino insorge ma il TAR da ragione al comune, indicando che l'atto di autorizzazione urbanistica non necessariamente è implicito nella SCIA "commerciale" e che deve essere espressamente autorizzato, anche laddove non comporti l'esecuzione di opere edilizie.
Il fatto che lo studio professionale ricada nel direzionale deve essere convalidato nelle norme del piano regolatore locale, ma a volte questa corrispondenza può essere complessa da trovare.
Per esempio, nelle
norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore di Roma attualmente in vigore, gli studi professionali, tra i quali senz'altro rientrano gli studi medici del singolo professionista o di professionisti associati (purché non costituiscano un ambulatorio), rientrano nella funzione
servizi, sottofunzione
direzionale privato, in base a come indicato all'art. 6 comma 1 lettera c) delle stesse norme.
Il piano regolatore di Roma è stato approvato prima che venisse introdotto l'art. 23 ter del DPR 380, e per questo motivo il PRG non segue lo schema del DPR: ad armonizzare le due cose ci ha pensato una circolare del dipartimento PAU (
prot. 191432/2017) nella quale è stabilito che le destinazioni di cui alla lettera c) rientrano, con eccezioni che non riguardano gli studi professionali, nella categoria generale del "produttivo e direzionale". Forse anche per altri comuni occorre fare un percorso di questo tipo per avere la certezza della collocazione della destinazione nella normazione comunale.
Visto che li abbiamo evocati, si può brevemente dire che gli ambulatori possono giacere in una categoria urbanistica diversa da quella degli uffici e degli studi medici, ed anche in questo caso sono state concesse delle deroghe (per esempio è famosa quella per gli studi odontoiatrici
Ricordando che la
destinazione catastale non necessariamente ha una corrispondenza univoca e diretta con la destinazione urbanistica, di norma gli uffici devono essere accatastati come A/10, ma in determinati casi possono anche avere destinazione C/1, sempre avendo destinazione urbanistica "direzionale".
Il discorso di cui sopra tuttavia non vale se lo studio medico occupa solo una
piccola porzione di un immobile residenziale, ma qui la normativa si fa più frastagliata a livello regionale e comunale. a Roma questa cosa è legittimata da un punto di vista edilizio dal comma 4 dello stesso art. 6 delle norme tecniche di attuazione citato prima: il comma 4 stabilisce infatti che non comporta cambio di destinazione d'uso l'adibire una porzione di un immobile, fino al 25% della sua Superficie Utile Lorda (le regole per calcolarla sono sempre indicate nelle stesse norme tecniche, e sono regole diverse da quelle del calcolo della superficie lorda commerciale), con una diversa destinazione, purché questa non si trovi in un più alto livello di carico urbanistico. Questa cosa è specificatamente consentita dall'art. 22 comma 3 del DPR 270/2000, ma senza indicazione di dimensioni effettive o relative: in caso in cui la regione o il comune abbia indicato dei limiti in tal senso (come appunto il 25% del prg romano) a mio parere prevale l'indicazione edilizia data nei regolamenti e non quella generica indicata nel dpr. il direzionale, secondo il PRG romano, ha
carico urbanistico basso, quindi può essere instaurato in qualunque altra funzione, essendo presenti solo tre livelli: basso, medio, alto. Altra regola è che la trasformazione non implichi frazionamento catastale (e questo si ha quando la porzione di immobile a destinazione diversa diventa completamente autonoma dal resto dell'immobile, dunque le due porzioni devono sempre comunicare direttamente).
tecnicamente questa cosa vale per ogni tipo di immobile e non necessariamente solo per le abitazioni: è possibile quindi ricavare uno studio professionale, quindi anche studio medico, all'interno di un locale commerciale. in questo caso però occorre fare attenzione alla questione dell'autorizzazione per l'attività commerciale, perché sebbene lo studio medico non è soggetto ad autorizzazione, l'attività commerciale lo è, e la presenza di una diversa attività nello stesso immobile può generare problemi e incompatibilità.
Qualcuno mi ha chiesto se è possibile utilizzare la
legge recupero sottotetti della Regione Lazio per realizzare l'ufficio: a mio parere la risposta è negativa se l'intenzione è quella di realizzare una nuova unità autonoma a destinazione ufficio, in quanto la legge del Lazio prevede espressamente che si possa applicare solo per realizzare spazi residenziali o turistico-ricettivi, escludendo quindi tutte le altre destinazioni; tuttavia se invece si recupera il sottotetto per annetterlo ad una unità residenziale, allora in quegli ambienti annessi, convertiti all'uso abitativo, può ritenersi non vietato instaurarvi l'attività di ufficio, sempre se si è all'interno del 25% della SUL complessiva dell'unità immobiliare.
Gli studi medici, anche quelli dei medici di famiglia in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, non sono soggetti ad una specifica disciplina in merito all'abbattimento delle barriere architettoniche, ma seguono, come tutti gli altri immobili, le regole nazionali. Lo studio medico, anche del medico convenzionato, non è classificato come "immobile aperto al pubblico" perché anche se lo studio svolge di fatto una attività pubblica, si tratta sempre prevalentemente di attività professionale, e dunque non necessariamente un nuovo studio medico deve essere adeguato circa l'abbattimento delle barriere architettoniche, a meno che non sia prescritto per legge. Il Lazio, sempre nella
citata circolare n°405928/2014, ha specificato che se il medico non ha tra i suoi pazienti delle persone diversamente abili, e lo dichiara per iscritto (nell'ambito della richiesta di autorizzazione di cui al
Regolamento 2/2007, ma non specifica i casi degli studi non soggetti ad autorizzazione), non deve adeguarsi; viceversa, è soggetto all'abbattimento delle barriere architettoniche.
Tuttavia una sentenza di diversi anni fa del TAR Sicilia (
sentenza n°9199/2010) invece ritiene l'opposto, stabilendo che gli studi medici di medicina generale sono soggetti alla normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche in quanto immobili "aperti al pubblico" o comunque destinati allo svolgimento di un servizio pubblico, e quindi da adeguare alla norma in virtù della legge 104 la quale in effetti è generica ed ampia. non mi pare che questa sentenza abbia però avuto un seguito normativo: difatti le leggi nazionali, se lette in maniera ermetica (a parte la legge 104 che come detto è ampia e generica), non indicano nessun obbligo in tal senso. Questo discorso comunque deve eventualmente ritenersi valido per il medico che svolge il ruolo di medico di famiglia convenzionato con il servizio sanitario nazionale, mentre lo studio del medico privato senz'altro non ne è soggetto, salvo casi particolari (per esempio se si instaura l'ufficio in un edificio realizzato successivamente al 1989, e fermo restando quanto detto sopra riguardo alla presenza di pazienti diversamente abili). Rimane comunque il legittimo dubbio del se debba ritenersi nel caso obbligato all'adeguamento solo l'immobile in sè o se non debba ritenersi obbligatorio adeguare tutto il percorso dall'accesso del fabbricato fino all'unità immobiliare come sarebbe più logico: in alcuni contesti ed in edifici edificati anteriormente al 1989 questo può essere oggettivamente complesso.
La legge nazionale obbliga all'adeguamento solo in alcuni casi, come per esempio la "ristrutturazione di interi stabili". Dell'argomento ne ho
ampiamente parlato in questo post, a cui vi rimando completamente in quanto a mio avviso non ci sono elementi di peculiarità se non per quanto già detto.
requisiti igienico sanitari ed agibilità
la legge non entra nello specifico delle dotazioni degli studi medici rispetto ad un normale ufficio, se non per quanto concerne le dotazioni minime indicate dal DPR 270/2000 art. 22 che riguardano sostanzialmente gli arredi e le dotazioni impiantistiche, ma contengono anche prescrizioni specifiche.
In alcuni regolamenti edilizi locali possono essere esplicitate norme specifiche per le caratteristiche dei locali: così è per esempio nel
regolamento romano (nella versione di gennaio 2019) dove di recente è stato inserito l'art. 46 bis che specifica che gli immobili che non hanno destinazione residenziale ma che prevedano sosta di persone (uffici ma anche alberghi) devono rispettare le seguenti
condizioni per quanto riguarda gli ambienti interni: tutti gli spazi esclusi quelli di servizio (corridoi, bagni, etc) devono avere una finestra diretta all'aria aperta (no chiostrine e pozzi di luce), devono avere un fattore medio di luce diurna superiore al 2%, devono avere una altezza interna non inferiore a 2,70mt (non è specificato se è altezza media, quindi si considera altezza minima); i bagni possono avere altezza di 2,40mt e devono avere o finestra, o estrazione meccanica dell'aria da espellere all'esterno; i corridoi possono avere altezza di 2,40. Altre prescrizioni non vengono date, dunque non vi è l'obbligo della dimensione minima delle camere e non vi è dimensione minima totale dell'immobile, come invece è per le abitazioni.
Incrociando le disposizioni dell'art. 22 del DPR e del regolamento edilizio romano, emerge a mio parere che le sale d'attesa, che evidentemente prevedono lo stazionamento di persone, devono essere ricavate in ambienti dotati di illuminazione diretta, e non potrebbero quindi essere ricavate in corridoi o ingressi ciechi. Lo stesso concetto può estendersi anche al luogo in cui è posta l'eventuale segreteria, se prevede che vi sia del personale fisso. Questa tuttavia
è una mia interpretazione che potrebbe essere smentita da eventuali sentenze o regolamenti specifici.
Fondamentalmente, l'immobile in cui si instaura lo studio medico deve essere dotato del
certificato di agibilità o della SCIA per l'agibilità. L'agibilità non è un semplice passaggio burocratico ma implica la verifica della sussistenza di tutta una lunga serie di circostanze, tra cui: la
conformità edilizia dell'immobile (quindi assenza di situazioni abusive non sanate); la conformità riguardo alle normative tecniche sulle costruzioni (autorizzazione sismica o collaudo statico); la conformità riguardo ad eventuali vincoli; il rispetto della normativa sul contenimento energetico nelle costruzioni (ex L. 10/91, d.lgs. 192/05, decreto requisiti minimi); il rispetto della normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche; la
conformità degli impianti installati sia nell'immobile che nelle parti comuni del fabbricato. Tutto ciò deve essere attestato da un tecnico appositamente incaricato. L'agibilità non è richiesta solo per gli studi medici, ma
per poter utilizzare un qualunque immobile, ivi comprese le abitazioni.
Nel caso in cui l'immobile non sia dotato di agibilità (purtroppo in passato è stata considerata, a torto, una procedura accessoria o quasi facoltativa) è bene verificare preventivamente se vi sono le condizioni per poterla acquisire: oggi difatti il deposito di una SCIA per l'agibilità in immobili datati
può implicare procedure di rara complessità.
nota bene
In questo testo ho raccolto documentazione specifica, unendo il tutto alla mia esperienza professionale in ambito edilizio ed urbanistico. Tuttavia, la complessità della norma e la ramificazione locale della stessa non può produrre mai l'onniscenza, quindi
non assumo responsabilità riguardo alla rispondenza effettiva alla realtà di quanto contenuto in questo post, ed inoltre non posso essere certo che non esistano altre normative di senso opposto a quanto affermato, anche e soprattutto nell'ambito di regioni diverse dal Lazio. Le situazioni devono sempre essere studiate nello specifico: il mio studio è a disposizione per valutazioni di fattibilità o di conformità mirate alla situazione di singoli studi.
Buongiorno Marco, pertanto destinare non oltre il 25% di una residenza per esempio a studio dentistico, non comporta MdU e non serve nessuna pratica edilizia se non si eseguono opere, giusto? grazie
RispondiEliminala destinazione che si instaura non deve avere carico urbanistico superiore a quello dell'immobile ospitante, e non deve implicare frazionamento catastale.
EliminaBuonasera Marco,
RispondiEliminaleggo da molto il tuo forum e ti faccio i miei complimenti per la chiarezza e la celerità con la quale rispondi. Ho una domanda relativa ad una mia recente esperienza: trasformazione di un'abitazione prima in uno studio medico (privato), senza residenza, e poi in futuro in un poliambulatorio. C'è bisogno, secondo te, in entrambi i casi del MdU? Il municipio è il 2. Ovviamente ci saranno delle opere edilizie, non strutturali, per la trasformazione dell'abitazione nello studio medico/poliambulatorio. Saresti così gentile da spiegarmi se è necessario in entrambi i casi il MdU urbanistico? perché purtroppo, come tu hai già spiegato in vari post, non è chiaro. Tralasciando la parte catastale.
Grazie
A mio parere serve un mdu. Il primo peraltro è anche rilevante, ed è in zona A (il 99% del 2 municipio lo è). Comunque va sempre visto caso per caso.
EliminaSalve volevo aprire uno studio medico di base ma il fabbricato è situato all'interno di una piccola corte 35 mq mi hanno detto che debbo avere il consenso dell 'altro proprietario perche cambierebbe la destinazione originaria e anche potrei creare delle situazioni di aggravio nei confronti dell altro residente della corte mi hanno consigliato di accedere dalla strada facendo una variazione di prospetto .
RispondiEliminaOvvio che ci voglia L ASSENSO nel caso suo specifico nasce in automatico il condominio minimo .Oppure l'assenso dei coproprietari
EliminaGentilissimo Marco.
RispondiEliminacome al solito illumini la mia difficile ricerca serale a tante domande.
TI pongo la questione.
Il cliente proprietario di un grande negozio di ottica (circa 300 mq) con 6 vetrine vorrebbe adibire una piccola parte dell'attività a studio oculistico per il figlio, neoabilitato all'esercizio. Originariamente voleva frazionare l'attuale c1 costituendo 1 c/1 ed 1 a/10 ma a fronte di quanto da te riportato in forza al comma 4 dell'art 6 deduco che la procedura di frazionamento con mdu di una parte dell'attività commerciale non sia necessaria.
Il punto deriva dal fatto che non credo sussista la possibilità di svolgere professione medica in un locale commerciale se lo studio medico ed il locale commerciale sono fisicamente comunicanti (se devo evitare il frazionamento ne va da se che devono essere uniti) (cit. (cfr sentenza Cass. Civ. n.7738/1993 - "deve sempre essere prevista la separazione dei locali dove si svolge attività sanitaria da quelli dove l’attività è commerciale") tutto ciò premesso... come devo comportarmi?
è chiaro che prima va sciolto il tema della effettiva possibilità di compresenza delle due attività: la sentenza che citi ha quasi trent'anni, è possibile che nel frattempo le disposizioni siano diverse. Se possono convivere, puoi procedere come già da te ipotizzato, in presenza di tutti i presupposti richiesti; viceversa, occorrerà fare frazionamento e mutamento d'uso della parte frazionata.
EliminaGrazie, secondo te dove posso trovare riferimenti specifici per capire il sussistere legittimo della compresenza delle due attività? Tecnico municipio, ordine dei medici? francamente annaspo nel buio! comunque in caso di frazionamento e mdu mi confermi che a parere tuo basta una scia classica (non alternativa) in quanto il carico rimane basso? a che onerosità va incontro?
RispondiEliminasentirei la asl e il suap.
EliminaSalve. Vorrei aprire uno studio professionale su piano strada in un posto accatastato come c 3 nel municipio 2 di roma.cosa dovrei fare e quanto è facile fare un cambio di destinazione? Grazie
RispondiEliminaBuonasera Marco, è possibile derogare un ambulatorio dentistico alto 2.70 metri con l'istallazione di un soffitto radiante che lo porterebbe a 5 cm di meno se si può usare la regola del 2% come per le abitazioni?
RispondiEliminala regola del 2% non è applicabile "a posteriori", ma è solo una tolleranza esecutiva. Non è possibile quindi usare questo margine per effettuare modifiche successive agli immobili.
Eliminabuonasera, è possibile realizzare un ambulatorio in assenza di una finestra? eventualmente associato a ventilazione forzata?
RispondiEliminal'installazione di impianti per sopperire a finestre assenti o insufficienti non sembra essere una soluzione tecnica accolta dagli uffici.
EliminaBuonasera, nel mio condominio ,al secondo piano, due appartamenti sono diventati studi di sei medici di base + altri sei medici specialistici. Con il Covid la situazione è degenerata. Migliaia di pazienti usano ascensore e scale. Nessuno che disinfetti. Questi studi non dovrebbero avere un ingresso indipendente? E' legale l'utilizzo di appartamenti destinati a civile abitazione a studi medici di tali dimensioni? Se andiamo in causa su cosa possiamo appellarci? Grazie
RispondiEliminaBuongiorno,
RispondiEliminami chiedo se e possibile aprire uno studio medico oppure un ambulatorio in uno stabile che condivide le scale e altre parti comuni con un secondo proprietario residente ma non e stato costituito condominio.
grazie
Buongiorno, avrei una domanda; devo aprire un ambulatorio veterinario in uno spazio accatastato come C1, è possibile? Grazie mille per la disponibilità
RispondiEliminala categoria catastale può essere coerente con l'attività di ambulatorio veterinario, ma la cosa più importante è verificare la destinazione d'uso urbanistica.
EliminaBuongiorno Arch. Marco Campagna, leggo i suoi interessantissimi Blog sulla realtà urbanistica Romana, e le faccio i miei complimenti, per la completezza e per il suo impegno.
RispondiEliminaMi sorge un dubbio sull'applicabilità pratica di diversa destinazione d'uso inferiore al 25% dell'immobile iriginario, con nuovo carico urbanistico inferiore.
Nella fattispecie vorrei destinare il 25% di un immobile residenziale a studio medico (presumo uso ufficio), all'atto pratico:
Invio una SCIA commerciale al Municipio magari con allegato il contratto di locazione?
Oppure è meglio inviare prima una SCIA edilizia all'ufficio tecnico?
Cosa mi consiglia?
Un cordiale saluto.
Geom. Antonio Onofri
Municipio X
se l'avvio della nuova attività non comporta opere edilizie, potrebbe non essere necessario presentare una pratica edilizia. potrebbe però laddove l'attività si instauri all'interno di uno degli ambienti "chiave" dell'alloggio, ad esempio il soggiorno: dato che un alloggio non può non avere un soggiorno, occorrerà trovare un altro ambiente per tale uso e quindi potrebbe essere necessaria una istanza edilizia.
EliminaBuonasera Architetto, avrei bisogno di avere un Suo cortese riscontro. Devo aprire uno studio odontoiatrico a Roma. Mi hanno detto che da una circolare della Regione Lazio risulta la possibilità di utilizzare immobili accatastati C1 ma ricadenti in aree aventi destinazione urbanistica a uffici. A tal riguardo volevo chiederLe se in tal caso era sufficiente verificare (per l'area in cui ricade l'immobile acc.C1 ) se tra le destinazioni ammesse dalle Norme Tecniche di PRG era compresa quella direzionale/servizi. Mi può confermare o meno se è corretto questa valutazione e se ai fini dell'autorizzazione dello Studio è necessario disporre di una formale destinazione urbanistica rilasciata dal PAU. Inoltre volevo chiederLe dove posso trovare la circolare del PAU prit.191432/2017. La ringrazio molto.
RispondiEliminala circolare PAU la trova pubblicata sul sito del comune: http://www.urbanistica.comune.roma.it/images/dipartimento/atti/circolari/2017-circolareesplicativa-md-191432.pdf mentre la circolare regionale a cui fa riferimento dovrebbe essere questa: https://www.ordinemedicifrosinone.it/fr/attachments/article/447/Circolare%20%20Regione%20Lazio.pdf . La questione comunque non è tanto di destinazione d'uso catastale, quanto piuttosto di specificazione urbanistica: al di là di come è accatastato, occorre valutare se la regolamentazione urbanistica in quella specifica zona ammette la destinazione d'uso uffici o servizi alle persone. l'eventuale adeguamento anche della categoria catastale va valutato a parte ma non inficia con il discorso urbanistico.
EliminaScusate se mi riallaccio all'argomento che stavate trattando ma, trovandomi nella medesima situazione, volevo fare all'Arch. Marco Campagna, una domanda a cui, sono sicuro, potrà dare risposta, e che è alla base dei casi di MDU degli Studi Odontoiatrici. Lo studio odontoiatrico è da considerare una delle attività ricadenti tra i "Servizi alle persone" elencati nelle NTA del Prg quale attività non solo professionale ma specialistica, oppure è da far ricadere nel semplice Direzionale? Ringraziando infinitamente per il servizio reso alla comunità dei tecnici disperati, vi saluto calorosamente. Grazie mille
Eliminanon è stata chiarita mai questa cosa, comunque tendo a ritenere che se si svolgono funzioni ambulatoriali (come è quasi sempre nel caso degli odontoiatri) secondo me va inquadrato come servizi alle persone. solo il medico di base o comunque il medico che non esegue trattamenti sul paziente può rientrare, sempre a mio modesto parere, nel direzionale puro.
EliminaNon fa una piega. Grazie mille come sempre.
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