domenica 13 dicembre 2020

sanatorie nella futura nuova disciplina delle costruzioni

Si apprende che il Legislatore sta componendo un nuovo testo unico dell'edilizia, con completa riscrittura della norma, dunque in totale sostituzione dell'attuale DPR 380/01 del quale probabilmente non sentiremo la mancanza. In questo post, un mio breve commento sull'ipotesi, contenuta nelle bozze del testo, che porterà a delle innovazioni nel tema delle sanatorie edilizie.

immagine di libero utilizzo scaricata da Pixabay


Anzitutto, il testo della proposta di legge si può trovare già on line su diversi portali dedicati: io ad esempio l'ho scaricato attraverso Edilportale. in calce a questo post, o nel testo stesso, ho copincollato gli articoli di cui si parla.

nella bozza è presente un capitolo dedicato all'accertamento di conformità, declinato in tre articoli: 37, 38 e 39 (da non confondere con quelli della disciplina vigente che quasi casualmente in parte si sovrappongono, e sono il 36, 37 e 38). i primi due articoli propongono una nuova disciplina per gli accertamenti di conformità, che introduce un concetto più flessibile di "doppia conformità" che fino ad oggi ha creato non pochi problemi.

è positiva, a mio parere, la novità secondo la quale le procedure di accertamento di conformità vengono poste sotto una istanza a sé stante, senza quindi "appoggiarsi" alle procedure ordinarie che all'occorrenza vengono declinate in "sanatoria" (come la SCIA) o "tardive" (come la CILA): in questo modo la procedura appare più chiara e meglio definibile (e, soprattutto, elimina il rischio di "sbagliare il titolo"), ma, con la forma che gli si vuole dare, il Legislatore di fatto impone che ogni sanatoria debba ottenere un provvedimento espresso da parte dell'ufficio procedente: difatti da come è scritto l'art. 37 (ricordo che parliamo sempre di bozze non in vigore), una volta depositata l'istanza, l'ufficio ha novanta giorni di tempo per provvedervi: trascorso tale termine, non vi è né tacito diniego (come è oggi per l'art. 36) né tacito assenso (che si prevede solo per le istanze ordinarie), ma occorre comunque attendere l'esito dell'accoglimento dell'istanza - posto che, trascorsi i novanta giorni, l'amministrazione diventa inadempiente di fronte alla L. 241/90, ma questo per il cittadino è solo un problema in più, non una soluzione. Da un lato questa definizione autonoma di procedura è positiva, ma dall'altra provocherà moltissimi problemi logistici in città importanti, come Roma, in cronica carenza di organico, dove viene depositata una quantità enorme di sanatorie, anche per opere molto modeste che oggi vengono gestite attraverso le CILA tardive, pratiche quindi che non prevedono una istruttoria da parte dell'ufficio, mentre un domani dovranno confluire nell'unica procedura onnicomprensiva. Sottoporre ogni tipo di abuso (dal semplice tramezzo spostato fino all'invasivo ampliamento) alla stessa procedura, ed assoggettarla all'obbligo di risposta dell'ufficio, potrà tradursi in un blocco degli uffici amministrativi che anche se si dedicassero solo a questo, non avrebbero modo di gestire la mole immensa di domande che perverrebbero. Potrebbe essere utile, anche temporaneamente, nel caso, ammettere una procedura di sanatoria tacita e semplificata per opere minori, tipo quelle che oggi possono essere gestite, appunto, con CILA in sanatoria, relegando la procedura più complessa per le opere che attualmente sono soggette a SCIA o PdC, o qualcosa del genere.

interessante anche la possibilità di eseguire modeste opere per consentire la conformazione dell'immobile alla normativa vigente per poterlo quindi sanare: ciò emerge, a parere di chi scrive, in quanto finalmente si è compreso che è una inutile incongruenza quella attuale di imporre che un immobile possa essere sanato nell'esatto stato in cui si trova al momento della richiesta di sanatoria, impedendo di fatto la possibilità della cosiddetta "sanatoria condizionata", cioè la sanatoria conseguita previa realizzazione, appunto, di modeste opere per rendere l'immobile conforme. La Giurisprudenza, difatti, ha, fino ad oggi, letto - ovviamente, correttamente - il dettame normativo in senso del tutto stretto, rendendo impossibile eseguire qualunque opera, anche molto modesta, per conformare un immobile per renderlo sanabile, ma con la triste conseguenza che un immobile che ha bisogno di modeste opere per essere conforme alla norma ha tre opzioni residuali: la prima, non conseguire nessuna sanatoria e rimanere abusivo; la seconda, eseguire opere di "ripristino" verso un precedente stato di progetto, di fatto rinunciando alla sanatoria ed eseguendo opere che possono essere impattanti; terzo, eseguire le opere conformative "abusivamente" per poter quindi finalmente sanare.

l'articolo 38 contiene una fattispecie particolare di procedura di sanatoria, ed è quella, a volte ventilata dalla Giurisprudenza ma più di recente quasi sempre negata, cosiddetta della sanatoria giurisprudenziale: con questo concetto ci si riferisce alle opere che sono conformi alla disciplina urbanistica vigente ma non erano conformi alle norme in vigore all'epoca della loro esecuzione. Il concetto attualmente presente negli articoli 36 e 37 (ma assente nell'art. 6 bis, quello della CILA tardiva) prevede che un intervento per essere sanabile deve essere conforme sia alle norme in vigore, sia a quelle in vigore all'epoca della loro esecuzione, e questo è l'arcinoto concetto della doppia conformità. Mi sembra comunque inutilmente ambiguo sviluppare due articoli, il 37 e 38, che per certi versi dicono le stesse cose e che hanno diversi commi che sono, di fatto, duplicati: i concetti dell'art. 38 potevano essere condensati in un paio di commi dell'art. 37, ma io non scrivo leggi e non mi spingo più in là di così.

sulla sanatoria giurisprudenziale si è scritto molto e se ne è parlato sia bene, sia male. Secondo me hanno ragione entrambi i fronti, sia chi contesta il principio, sia chi lo sollecita. Da una parte, consentire la sanatoria degli abusi secondo la norma in vigore può indurre legislatori poco onesti ad emanare leggi che consentano opere prima non consentite, garantendo così la possibilità di sanare opere che, quando sono state eseguite, non erano autorizzabili, e il concetto della doppia conformità tutela contro queste attività illecite; dall'altro, se io ho un immobile che all'epoca della sua realizzazione era in conflitto con delle norme che ora non sono più in essere, per sanarlo non avrei altra possibilità che demolirlo, salvo poi poterlo ricostruire esattamente nelle forme in cui era prima della sua demolizione, il che contrasta fortemente con il principio dell'efficienza del procedimento amministrativo e con il più ampio concetto secondo cui l'azione amministrativa non deve essere eccessivamente punitiva. Con le proposte contenute nella bozza di art. 38 si è cercato di smussare un po' entrambe queste spigolosità, sostanzialmente introducendo un diniego generale alla possibilità di sanare in questo modo interventi di nuova costruzione completamente abusivi (e, ciò, ben venga, perché impedisce o limita le speculazioni politiche sopra evocate) e, per altre opere comunque invasive ma meno "gravi", introducendo un limite temporale assoluto (individuato nella legge nel 31 dicembre 2019) a cui deve riferirsi la verifica del rispetto della norma temporalmente antecedente. quest'ultima scelta può apparire ambigua, perché la normativa "fluttua", nel senso che non necessariamente va sempre verso una maggiore permissività degli interventi, ma può essere invece altalenante nel tempo, talvolta consentendone alcuni, poi cambiando a vantaggio di altri, per poi tornare indietro: è la casistica che spesso può verificarsi con l'evoluzione dei piani regolatori, al cui stato temporale la verifica si deve sempre riferire, oltre che alla norma nazionale.

In generale, il concetto attualmente in vigore della doppia conformità si scontra con l'oggettiva realtà della complessità della normativa italiana: gli interventi devono essere conformi non solo alla normativa nazionale, la quale è tutto sommato semplice da ricostruire "temporalmente", ma deve anche rispondere alle leggi regionali e, soprattutto, alle norme locali intese come regolamenti edilizi e piani regolatori: questi ultimi in particolare subiscono modifiche nel corso del tempo, per naturale evoluzione della norma, ma che sono a posteriori più difficili da ricostruire. il Regolamento Edilizio di Roma attualmente in vigore, ad esempio, risale al 1934 ma molti articoli sono stati modificati in diversi momenti e alcuni di questi passaggi non sono individuabili con certezza, a meno di non mettersi a spulciare centinaia di libri che contengono le deliberazioni consiliari.

Lo stesso articolo (c. 4 lett. c, presente solo nell'art. 38) indica che per quanto riguarda la normativa tecnica e costruttiva (immagino ci si riferisca alle norme Tecniche per le Costruzioni, ma può riferirsi in senso ampio anche alle norme sul risparmio energetico, sugli impianti, ma, a mio parere, attenzione ad altre norme che attengono a fini diversi e tutelano interessi trasversali, come le prescrizioni di prevenzione incendi, le quali invece probabilmente andranno verificate al momento della richiesta), si debbano rispettare le norme in vigore al momento dell'esecuzione dell'intervento, e non quelle attualmente vigenti: ben venga questa specifica perché attualmente molti problemi si hanno, nelle sanatorie, proprio per l'assenza di una disposizione chiara in tal senso. Sarebbe però il caso di meglio specificare se ci si riferisca effettivamente solo alle NTC o se si intendono anche altre norme "tecniche" comunque inerenti l'edilizia come appunto il contenimento del consumo energetico, l'abbattimento barriere architettoniche, le norme sugli impianti, etc.

per chiudere le riflessioni sugli articoli potenziali 37 e 38, mi sembra comunque assente la definizione di una serie di dettagli che sulle procedure attuali producono sempre incertezza e disorientamento, che sintetizzerei nei seguenti appunti:

  • rimane non definito, nel caso in cui si presenti una unica sanatoria per interventi rientranti in fattispecie diverse (come di solito accade), come vadano computate le oblazioni, se si sommano in base alla categoria dell'intervento, ovvero se si applica quella dell'intervento "maggiore" e si intende quindi ricompreso l'intervento inferiore;
  • resta poco chiaro come comportarsi nei confronti delle norme che non sono quelle urbanistiche né quelle prettamente tecniche: un intervento che avrebbe comportato all'epoca il raggiungimento di un certo livello di efficienza energetica, come deve essere gestito in sanatoria? la norma non lo chiarisce in senso esplicito;
  • la norma usa poche parole per specificare cosa accade in caso di vincoli: sarebbe il caso invece di sviluppare una norma più strutturata: queste bozze accennano al fatto che in caso di vincoli bisogna prima acquisire il relativo nulla osta o autorizzazione in sanatoria, ma, ad esempio, nel codice dei beni culturali è normata una procedura di sanatoria solo per i vincoli paesaggistici, mentre non vi sono riferimenti espliciti per i beni di cui alla parte II del Codice. sarebbe importante chiarire questo aspetto, o in questa norma, o nella revisione contestuale di alcuni passaggi del Codice dei beni Culturali: l'articolo 35 della bozza di nuova legge mi sembra poco strutturato e contenente anche delle incongruenze;
  • manca una chiarificazione del rapporto tra ripristino e sanatoria;
  • la differenza tra articolo 37 e 38 nell'attuale ipotesi appare ambigua e sovrapponibile: sarebbe il caso di accorpare le norme in un unico articolo.

Mi sento però di voler spendere due parole in più sull'eventuale futuro articolo 39, nel quale è contenuta una disposizione che a mio modo di vedere creerà delle disparità: in sostanza, l'articolo 39 in bozza, se verrà così pubblicato (e se mai sarà pubblicato questo testo), prevede che qualunque abuso possa essere stato fatto entro il 1 settembre del 1967, sia di nuova costruzione, sia di trasformazione dell'esistente, non verrà più considerato abuso e sarà elevato a situazione legittimata: l'unica cosa che occorrerà fare, sarà il dover dimostrare lo stato dei luoghi alla data del 1 settembre 1967, attraverso idonea documentazione: la formulazione del testo proposto ammette che tale verifica possa essere effettuata da proprietari o soggetti aventi titolo, quindi non sembra profilarsi l'ipotesi che un tecnico possa asseverare direttamente tale circostanza (ma l'asseverazione di un tecnico potrebbe essere uno dei documenti che consente al proprietario di dichiarare lo stato legittimo).

riporto qui appresso il testo proposto dell'art. 39 per una più veloce lettura del presente testo (attenzione, vi ricordo che quello che segue è un estratto di una proposta di legge: ad oggi nulla di tutto ciò che segue è pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dunque non ha alcun valore):

Art. 39

Interventi edilizi eseguiti ed ultimati prima dell’entrata in vigore della legge 765/1967   

1. Sono da considerarsi legittimamente realizzati, anche in presenza di diverse disposizioni nella regolamentazione comunale vigente all’epoca, gli interventi edilizi eseguiti ed ultimati prima del 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967 n. 765, ivi compresi quelli ricadenti all’interno della perimetrazione dei centri abitati o delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano individuate dallo strumento urbanistico all’epoca vigente. 

2. L’avvenuta esecuzione/ultimazione delle opere ed interventi entro il termine temporale sopra indicato è comprovata dal proprietario, o altro soggetto avente titolo, mediante adeguata documentazione, quali riprese fotografiche, estratti cartografici, planimetrie catastali, documenti d’archivio, o altro mezzo idoneo. Non assumono valore di prova le dichiarazioni testimoniali. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, alla luce delle risultanze istruttorie, ritenga che la documentazione prodotta dall’interessato contenga in tutto o in parte dati ed elementi non corrispondenti al vero, ne dà tempestiva notizia all’autorità giudiziaria.


Questa proposta apre degli scenari che sono da un lato positivi, dall'altra, a mio modo di vedere, abbastanza incongrui.

I lati positivi che posso intravedere sono ad esempio i seguenti:

  • verranno molto circoscritti e ridotti i casi in cui occorrerà effettuare una ricerca di documenti progettuali andando molto indietro nel tempo, perché sarà sufficiente un qualunque documento tecnico (ad esempio una planimetria catastale) che abbia data certa antecedente al 1 settembre 1967, per poter esaurire la ricerca dei documenti probanti ai fini della dichiarazione di legittimità. purtroppo, però, i documenti non propriamente progettuali contengono molti meno elementi dimensionali di quanti non ne possegga un progetto: ad esempio in una planimetria catastale non sono presenti le sezioni ed i prospetti che certamente contribuiscono alla determinazione dello stato legittimo di un immobile;
  • eliminare in un solo passaggio una buona quantità di abusi, consentirà alle Pubbliche Amministrazioni di concentrarsi su un minor numero di difformità: inoltre, la "semplificazione" della riferibilità documentale renderà meno complesse le controversie legali, in quanto sotto certi aspetti sarà meno complesso essere certi di cosa vada considerato ai fini della legittimità.
Visti sommariamente i lati positivi, vediamo i risvolti negativi:
  • sarà ancora più complicato convincere gli attori di una compravendita (venditore, acquirente, agente immobiliare, notaio, etc) che una verifica storica e tecnica sarà comunque necessaria: già oggi non è facile convincere le persone del fatto che troppo spesso si deve procedere con sanatorie (spesso costose), ma con questa dicitura vi sarà un'idea troppo semplicistica di "liberi tutti" che potrà valere per molte situazioni ma non per tutte, ed un approfondimento tecnico sarà comunque indispensabile per poter procedere ad una vendita serena ed evitare eventuali azioni risarcitorie a posteriori;
  • la documentazione a cui si potrà fare un domani riferimento per dimostrare la legittimità dell'"ante 67" non sempre è approfondita, idonea ed al giusto livello di dettaglio necessario per compiere attività in modo sereno: i catastali spesso sono documenti che, almeno all'epoca, venivano fatti in modo talvolta sciatto e veloce, senza nemmeno fare sopralluoghi negli immobili, e non è raro trovare omissioni o errate rappresentazioni anche importanti, andando di fatto a riprodurre l'attuale situazione di necessità di sanatorie e di ricerca dei documenti legittimanti originali. vice-versa, il "fermarsi" alle sole risultanze catastali potrebbe nascondere ulteriori vizi che potrebbero non considerarsi "emendati" solo perché rappresentati nel catastale o in documentazione parallela;
  • la proposta annienta la differenza tra soggetti che hanno operato in modo attento e rigoroso in passato, con persone che invece hanno agito, volutamente o inconsapevolmente, in violazione delle norme;
  • introdurre una data di "reset" della normativa urbanistica può portare alla sensazione che un domani questa data possa essere ulteriormente aggiornata "a piacimento": il 1 settembre 1967 difatti è la data di entrata in vigore della L. 765/67 che è stata sì una legge importante ma non ha stravolto nella sua radicalità l'impianto normativo previgente. un domani, anche per finalità politiche, i governi potranno liberamente pensare di portare in avanti questa data. Tendenzialmente, la scelta della data sembra volersi sovrapporre a quella che, nell'attuale formulazione della legge, individua la data oltre la quale un immobile, per poter essere legittimamente commercializzato, deve avere un titolo edilizio da poter citare nel rogito: sembra forse quindi un modo per voler uniformare lo "svincolo" notarile a quello urbanistico, ma i due temi rimarranno sempre, inevitabilmente, su piani differenti e qui si produrranno probabilmente molte controversie, forse anche più aspre di quelle che si formano oggi;
A mio avviso, l'introduzione di una sanatoria "semplicistica" per l'ante 67 non è sbagliata, ma non dovrebbe essere generalizzata e "automatica": io avrei preferito che si introducesse un sistema di accertamento di conformità estremamente favorevole ed estremamente semplificato, con pagamento di oblazioni calcolate in modo forfettario o comunque con calcolo estremamente semplificato, ma che comunque preveda una istanza di accertamento di conformità. Probabilmente questo, però, sarebbe stato letto dalla politica come un "condono" vero e proprio, parola che evoca dei tipici tumulti, spesso ingiustificati, nel dibattito politico nazionale (questo è un mio contributo di qualche anno fa, che ritengo ancora attuale, su questo tema).

di seguito riporto anche gli articoli 37 e 38 della bozza di nuova disciplina urbanistica: dato che è un testo in bozza e non è detto che arriverà in queste forme in Gazzetta Ufficiale (se mai ci arriverà, beninteso), è bene che si abbia in questo stesso post il riferimento diretto su cui si basano le riflessioni di cui sopra.

Art. 37
Accertamento di conformità per violazioni formali della disciplina urbanistica ed edilizia 
 
1. In caso di interventi urbanistico-edilizi realizzati in assenza o in difformità dal prescritto titolo abilitativo, il
responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono ottenere il titolo abilitativo in sanatoria, a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della
realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.

2. L’istanza di accertamento di conformità è corredata dal rilievo delle opere abusive delle quali è richiesta la sanatoria e da una relazione asseverata, a firma di un tecnico abilitato, nella quale il professionista attesta, sotto la propria responsabilità, la sussistenza delle conformità di cui al comma 1, asseverando altresì che gli interventi edilizi risultano eseguiti nel rispetto della normativa tecnica e costruttiva vigente all’epoca di realizzazione. 
3. Sull’istanza di accertamento di conformità il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia, con adeguata motivazione, entro novanta giorni. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il predetto termine può essere sospeso, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di documentazioni, informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della predetta legge 7 agosto 1990 n. 241.  

4. Il rilascio in sanatoria dell’accertamento di conformità è subordinato, ricorrendone i presupposti ai sensi dell’articolo 26, al pagamento del doppio del contributo di costruzione dovuto. Nei casi di gratuità a norma di legge è corrisposto un importo minimo di:
a) 2.000 euro per gli interventi incidenti sulla trasformazione del territorio e per gli interventi di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, come definiti all’articolo 11, commi 1 e 2;
b) 1.500 euro per gli interventi di ristrutturazione edilizia, come definiti all’articolo 11, comma 3, lettera d);
c) 1.000 euro per i residui interventi di cui all’articolo 11, commi 3 e 4, con esclusione degli interventi costituenti attività edilizia libera ai sensi dell’articolo 12.

5. Il rilascio in sanatoria dell’accertamento di conformità, ai sensi del presente articolo, per opere eseguite su immobili o aree soggetti a vincolo paesaggistico, culturale, ambientale, idrogeologico, e di qualsiasi altro tipo comunque rilevante ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio, è consentito esclusivamente previo rilascio del relativo atto di assenso comunque denominato, nei casi consentiti dalla legge, o dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla relativa normativa di settore.

6. Ai fini del rilascio in sanatoria dell’accertamento di conformità l’istanza può contenere la previsione di opere di modesta entità, finalizzate alla piena conformazione dell’immobile alla vigente disciplina edilizia e urbanistica. Tali opere possono anche essere finalizzate a garantire idonee condizioni di sicurezza di parti strutturali dell’immobile Nei casi in cui l’istanza preveda l’esecuzione delle predette di conformazione, il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria è subordinato alla puntuale esecuzione di tali opere entro il congruo termine assegnato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale. L’avvenuta esecuzione delle opere di conformazione è attestata con idonea documentazione e asseverazione dal professionista di cui al comma 2. 
7. Il rilascio in sanatoria dell’accertamento di conformità per violazioni edilizie aventi rilevanza ai fini penali, ai sensi dell’articolo 57, produce l’estinzione del reato contravvenzionale. 

Art 38 
Accertamento di conformità per violazioni conformi alla sopravvenuta disciplina urbanistica ed edilizia

1. Fatti salvi i casi di esclusione di cui al comma 2, e ferme restando le ulteriori condizioni disposte dal comma 3 per i casi ivi specificati, l’attuale proprietario dell’immobile può ottenere il titolo abilitativo in sanatoria per interventi urbanistico-edilizi eseguiti in violazione della disciplina urbanistica ed edilizia vigente all’epoca della realizzazione, a condizione che detti interventi risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda di accertamento di conformità. 
2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli interventi di nuova costruzione, come definiti
all’articolo 11, comma 1, eseguiti in assenza di titolo abilitativo ed in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente all’epoca della loro realizzazione.  
3. Per i seguenti interventi, il titolo abilitativo in sanatoria di cui al comma 1 può essere ottenuto solo ove gli stessi risultino conformi, oltre alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda, anche alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente alla data del 31 dicembre 2019. 
a) interventi di nuova costruzione, eseguiti in totale difformità dal titolo abilitativo all’epoca ottenuto;
b) interventi di ristrutturazione urbanistica, interventi di demolizione e ricostruzione comunque denominati interventi di ricostruzione di edifici crollati, interventi di addizione volumetrica ed interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza o totale difformità dal titolo abilitativo.

4. L’istanza di accertamento di conformità è corredata da una relazione asseverata, a firma di un tecnico abilitato, e dal rilievo delle opere abusive delle quali è richiesta la sanatoria. Nella relazione il professionista attesta, sotto la propria responsabilità che gli interventi edilizi:
a) sono conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda;
b) sono conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente alla data del 31 dicembre 2019, ove si tratti degli interventi di cui al comma 2 (penso sia un refuso: dovrebbe essere comma 3, ndr);
c) risultano eseguiti nel rispetto della normativa tecnica e costruttiva vigente all’epoca di realizzazione.

5. Sull’istanza di accertamento di conformità il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia, con adeguata motivazione, entro novanta giorni. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il predetto termine può essere sospeso, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di documentazioni, informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241. 

6. Il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria è subordinato, ricorrendone i presupposti ai sensi dell’articolo 26, al pagamento del doppio del contributo di costruzione dovuto. Nei casi di gratuità a norma di legge è corrisposto un importo minimo di:
a) 2.500 euro per gli interventi incidenti sulla trasformazione del territorio e per gli interventi di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, come definiti all’articolo 11, commi 1 e 2;
b) 2.000 euro per gli interventi di ristrutturazione edilizia, come definiti all’articolo 11, comma 3, lettera d);
c) 1.500 euro per i residui interventi di cui all’articolo 11, commi 3 e 4, con esclusione degli interventi costituenti attività edilizia libera ai sensi dell’articolo 12.  

7. Il rilascio in sanatoria dell’accertamento di conformità, ai sensi del presente articolo, per opere eseguite su immobili o aree soggetti a vincolo paesaggistico, culturale, ambientale, idrogeologico, e di qualsiasi altro tipo comunque rilevante ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio, è consentito esclusivamente previo rilascio del relativo atto di assenso comunque denominato, nei casi consentiti dalla legge, o dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla relativa normativa di settore. 

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