domenica 17 novembre 2013

Sul concetto di doppia conformità nelle sanatorie edilizie

Esiste un concetto, nell'urbanistica attuale, secondo me molto controverso. Nelle sanatorie edilizie (artt. 36 e 37 TUE) è possibile chiedere l'autorizzazione a posteriori, a patto che l'abuso commesso sia oggi legittimamente autorizzabile in tutto e per tutto (cosa differente dal condono edilizio, che è una misura una-tantum e consente di sanare anche opere che non erano nè sono autorizzabili). Tuttavia secondo gli articoli del TUE vi è un limite: ovvero che l'opera abusivamente realizzata deve essere autorizzabile sia nel momento in cui viene presentata la domanda di sanatoria e sia nel momento in cui è stato commesso l'abuso. Questo concetto si chiama "doppia conformità" e secondo me - ma anche secondo alcuni tecnici municipali - porta a dei risutati poco logici.



La lettura di base è la seguente: se vuoi sanare un abuso commesso (al di là delle procedure di condono che attualmente non sono praticabili) questo deve poter essere legittimamente autorizzabile oggi (e questo è assolutamente logico), ma doveva essere autorizzabile anche nel momento in cui l'abuso è stato commesso. La ratio della norma vorrebbe essere che con la doppia conformità si evita che il cittadino possa essere indotto a commettere abusi in previsione di eventuali future variazioni maggiormente positive della legislazione, e altresì si cerca di prevenire che il legislatore (nazionale, regionale o locale, nei limiti ciascuno delle proprie libertà decisionali) possa introdurre innovazioni normative che portino a legittimare delle opere che fino ad oggi sono illegittime. Il primo concetto è però disatteso dallo stesso legislatore: ad oggi si contano ben tre diversi condoni edilizi, che hanno concesso a molti (ma non a tutti) di sanare molte cose (ma non tutte, soprattutto con l'ultimo condono), e dunque cosa più delle leggi sul condono spinge i cittadini a commettere abusi?

Il concetto di doppia conformità nasce con la legge 47/85 (art. 13), quella anche del primo condono edilizio, nella quale viene introdotto. Esso nasce tuttavia per altri scopi, ovvero quello di tutelare il cittadino che deposita una domanda di condono dalle possibili modifiche che possano essere apportate alla normativa, in senso peggiorativo, nel corso dell'istruttoria della domanda stessa. Ritradotto nel DPR 380/01, tuttavia, il concetto di sanatoria giurisprudenziale ha acquisito un senso diverso, diventando di fatto ciò di cui parlavo in premessa: se vuoi sanare oggi - senza procedure di condono - le opere abusive devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti oggi ed a quelli vigenti al momento dell'abuso.

Ciò è un controsenso, per i motivi che di seguito cercherò di sviscerare:
  1. la normativa cambia in continuazione, così come i piani regolatori e le normative locali. Addirittura, tra un piano regolatore e l'altro c'è un periodo in cui entrano in vigore delle norme di salvaguardia, durante le quali praticamente non si può fare nulla. Che senso ha pretendere che un opera realizzata senza titolo debba avere la doppia conformità? a volte basterà dichiarare (se non vi sono dati oggettivi in contrasto con la dichiarazione) che l'opera è stata realizzata in una data piuttosto che in un altra per superare il diniego.
  2. dato che la normativa cambia in continuazione, per una applicazione corretta del concetto di doppia conformità si dovrebbe tenere traccia, nel tempo, di ogni singola, apparentemente secondaria, impercettibile variazione delle nome nazionali (di cui esiste effettivamente traccia, ma è complesso ricostruirla) e di quelle locali (impossibile ricostruirne con esattezza tutti i passaggi), e sarebbe un lavoro immenso e complesso, e controproducente sia per l'amministrazione che per il cittadino.
  3. se dobbiamo chiedere la sanatoria per opere che oggi sono autorizzabili ma che al momento della realizzazione non lo erano, per aggirare la doppia conformità non rimane che ripristinare lo stato di fatto originario e quindi procedere ad una nuova autorizzazione edilizia, non in sanatoria, per l'esecuzione delle opere. Ciò è un controsenso: perché la legge mi dovrebbe imporre di demolire e ricostruire opere che allo stato attuale delle cose sarebbero autorizzabili? è un concetto contrario agli interessi stessi dell'amministrazione, perché un cittadino potrebbe essere molto più bendisposto a versare qualche migliaio di euro all'amministrazione in sanzioni piuttosto che spenderne decine di migliaia in opere edilizie. Prendiamo poi l'esempio di un frazionamento abusivo: gli immobili ottenuti dal frazionamento sono magari stati nel frattempo venduti a proprietari diversi. Questi, per sanare la situazione, dovrebbero riunificare l'appartamento e poi procedere nuovamente al suo frazionamento. In alcuni casi ciò potrebbe pure essere possibile, ma prendente il caso - capitato ad un mio cliente - di un appartamento originario, abusivamente frazionato, di cui una delle unità derivate è stata condonata e l'altra no. Il proprietario dell'unità condonata non ha nessun vantaggio dal riunificare l'appartamento con quello del vicino - anzi proprio non gli conviene - mentre l'altro non può sanare, perché appunto non si può riunificare col vicino. Morale: lui rimane con l'appartamento abusivo e non può fare niente.
Ho parlato spesso di frazionamenti perché è un caso abbastanza tipico a Roma: con il nuovo piano regolatore, in vigore in via definitiva dal 2008, i frazionamenti sono ammissibili in quasi tutti i tessuti senza grandi difficoltà. Con il vecchio piano invece, a partire dalla variante generale della fine degli anni '70, erano praticamente impossibili. Anche per i cambi di destinazione d'uso la situazione è similare. Dunque frazionamenti o cambi d'uso realizzati abusivamente prima del 2008 che magari oggi sono autorizzabili, si scontrano con il concetto della doppia conformità.

Sulla materia c'è stata anche diversa giurisprudenza. Il Consiglio di Stato in particolare si è espresso alcune volte, dando giudizi in parte contrastanti ma per certi versi coincidenti. Si prendano ad esempio questa sentenza del 2009 e quest'altra sentenza del 2013. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, comunque, ha spesso ritenuto illogico il concetto di doppia conformità, ma non è mai stata ascoltata dal legislatore.

La prima sentenza sostanzialmente afferma che la doppia conformità non ha senso, ed anzi alla fine avalla il concetto secondo cui un opera abusiva, se conforme alla sola normativa in vigore al momento del deposito della domanda, può essere sanata indipendentemente dalla normativa in vigore al momento della realizzazione dell'abuso.
La seconda sentenza invece dice l'esatto contrario, ma lasciando presupporre in alcune parole che il concetto di doppia conformità sia in parte poco logico.

Interessanti in tal senso anche le considerazioni di Lexambiente ed anche di questo testo pubblicato su bosetti e gatti che pur tuttavia non hanno valore giuridico, ovviamente.


In conclusione, secondo il mio modesto parere non si farebbe un soldo di danno se banalmente si togliesse la frase nell'art. 36 DPR 380/01 che impone questa doppia conformità. Ce ne guadagnerebbero i cittadini (che spesso si trovano per mano immobili con abusi commessi da altri) e ce ne guadagnerebbe l'amministrazione (che potrebbe incassare più soldi). Certo occorrerebbe comunque introdurre un sistema che impedisca all'amministrazione di inserire nelle modifiche ai piani regolatori norme "temporanee" per consentire a certi "amici" di sanare situazioni abusive, ma immagino che questo già di per sè costituisca reato (quantomeno come abuso d'ufficio).

39 commenti:

  1. Ciao Marco,
    concordo pienamente su questo assurdità normativa, e spero vivamente che quella modifica all'art. 36 venga fatta al più presto.

    Grazie come sempre per i post

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  2. Ciao Marco volevo sapere per sanare un portico che è stato chiuso su un terrazzo adiacente ad un'abitazione cosa bisogna fare? una Dia in sanatoria o va bene anche la Scia? mi potresti indicare la procedura? i lavori sono già eseguiti quindi c'è la sanzione di 258 euro, giusto? non so se quella regionale al municipio VIII la fanno pagare, premetto che a breve andrò a parlare con i tecnici, però magari un tuo parere mi può essere di aiuto, grazie
    p.s. gli oneri da pagari sono costo di costruzione oneri urbanizzazione e standard?

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    1. CIao, un portico chiuso è un aumento di superficie utile abusivo: è un reato edilizio assai grave ed è veramente, estremamente raro che sia sanabile. Il piano casa in sanatoria non è utilizzabile, quindi l'unica possibilità è che esista della cubatura edificabile residua sul sluolo dove sorge l'edificio, cosa estremamente rara, appunto. Se fosse possibile, tuttavia, verificando tutta una serie di altre possibili "scappatoie", dovresti presentare una DIA se la variazione rientra nel 10% della sul dell'immobile, altrimenti il permesso di costruire in accertamento di conformità. In ogni caso non è una scia. La sanzione c'è assolutamente ed è pari al doppio dell'aumento di valore commerciale del bene calcolato sui parametri dell'Osservatorio del Mercato Immobiliare, quindi se sono 5mq per esempio in una zona in cui il valore OMI sono 3.000 euro la sanzione è 2x3.000x5=30.000 euro.
      Fammi sapere cosa ti dicono al municipio.
      Ciao!

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  3. Ciao Marco,
    Dovrei richiedere un PdC per la sanatoria relativa ad un cambio di destinazione d'uso di un sottotetto ad unità abitativa ai sensi dell'art. 144 della L.R. Campania n°5/2013. Tale art. permette la variazione d'uso per i sottotetti realizzati alla data di entrata in vigore della legge. L'abuso (ovvero la variazione d'uso in quanto il sottotetto è legittimo) è stato realizzato il 2003 e quindi non mi ritrovo con la doppia conformità dell'art. 36 del TUE.

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    1. Eh nel tuo caso non avresti la doppia conformità: alcune amministrazioni comunali un po sorvolano su questo tema, però altre ci fanno molta attenzione. In teoria, nel tuo caso non potresti sanare: dunque formalmente dovresti prima "ripristinare" l'originaria legittima destinazione e quindi, successivamente, presentare una domanda per cambio d'uso non in sanatoria ai sensi della legge regionale. Così almeno suggeriscono di fare a volte qui da noi.

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  4. Ciao Marco, ti pongo un bel quesito vediamo come la risolvi, ho un cliente che è proprietario di un appartamento nel centro storico di roma in zona T2 giusto atto del 1984, peccato che proviene da una maggiore consistenza, in pratica l'appartamento era unico e poi è stato frazionato. Dopo varie successioni e vendite il mio cliente, cioè ultimo proprietario, vuole venderlo al figlio ehhhhhhhhh sorpresa!!! il notaio incaricato dell'atto non stipula perchè non ha la legittimità della preesistenza. Ti premetto che il mio cliente non ha condonato il suo appartamento (tra l'altro neanche il vicino) in quanto non aveva nozione e conoscenza di tale frazionamento.
    Ora, la DIA in sanatoria, per quanto sopradetto, non è percorribile per la famosa doppia conformità, ricordo zona A vecchio piano regolatore, quindi nessun frazionamento ammissibe. Scusa dimenticavo nell'archivio capitolino risulta unico appartamento, nella planimetria ante 39 risulta unico appartamento. "A DA MORI???" possibile che non estiste una procedura che possa regolarizzare tale situazione? attendo una tua risposta, grazie sempre di tutto

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    1. purtroppo in zona T2 i frazionamenti non sono ammissibili neanche oggi, oltre che allora. già se eri in T3 la situazione la risolvevamo, perché saggiamente nel I municipio sul discorso della doppia conformità sono molto elastici (ho profonda stima del tecnico responsabile di quella UOT infatti). l'unica loro possibilità è quella di "riunificare" l'appartamento, anche catastalmente, ovviamente mettendosi d'accordo col vicino, e poi rifrazionarlo, solo catastalmente appunto, come due porzioni della stessa UIU (facendo insomma una dichiarazione di porzione di UIU di cui parlo in un altro post dal titolo assonante). in questo modo ciascuno ha legittimamente un "pezzo" dell'immobile, senza che le prporietà siano in alcun modo mischiate, perché ciascuno avrà un "pezzo" ben definito dell'unico immobile. Gli unici due problemi, non secondari, sono: 1. dovrà comunque esistere una porta di comunicazione tra le due unità immobiliari e 2. dovrà esistere, almeno formalmente, una sola cucina nell'unico immobile; dunque uno dei due almeno sulla carta non dovrà averla.

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  5. Salve architetto,
    grazie per il lavoro che fa e per il supporto morale che trovo nel leggere i suoi post, anche per il fatto che ci fa sentire meno soli nel cerare di fare la propria professione onestamente in questo mare di burocrazia e cavilli.
    Le pongo una questione:
    Appartamento sito in Roma in zona Esquilino, al momento della verifica della documentazione per l'atto di compravendita ci si è accorti che i lavori eseguiti sull'immobile dal precedente proprietario, erano stati eseguiti senza alcun titolo autorizzativo né al Municipio né al Genio Civile.
    A seguito degli interventi era stato fatto un ri-accatastamento e quindi la situazione catastale risultava e risulta conforme allo stato attuale ma questo purtroppo vale zero come dice lei.

    Gli interventi realizzati abusivamente sono di due tipi:

    1) Allargamento e innalzamento di un varco in una muratura portante (Installate due travi IPE 280 ciascuna su un lato della muratura, tra loro incernierate, non ci sono segni evidenti di cedimento o altre problematiche).
    2) Spostamenti di tramezzi per diversa distribuzione interna.

    Per quanto riguarda l'aspetto urbanistico si può presentare una SCIA in sanatoria.

    Per quanto riguarda il Genio Civile mi è stato fortemente sconsigliato da diversi ingegneri di presentare una pratica in sanatoria, gli stessi mi hanno suggerito di presentare una pratica dichiarando che l'intervento è da fare ex novo.
    Abbiamo escluso questa ipotesi perché comporta rischi (dichiarare che sia ex novo quando non lo è) sia per il committente che per l'ingegnere che per l'architetto.
    Ripristinare allo stato del titolo precedente è impossibile in quanto l'immobile ha tutta un'altra distribuzione, vorrebbe dire rifare completamente la casa.
    Una ulteriore alternativa che mi era venuta in mente era quella di ripristinare il solo varco nella muratura portate, presentare una CILA in sanatoria per le altre opere e poi procedere con una SCIA ex novo al Municipio piu’ pratica al Genio Cilvile ex novo. Ma davvero dovrei dire al committente di ricostruire una muratura in tufo e mattoni che dopo deve ridemolire? tra l'altro il varco, per essere riportato alle sue dimensioni originarie andrebbe anche abbassato, e non so come questo si potrebbe fare in modo sicuro senza dover utilizzare elementi di sostegno che necessitano denuncia al Genio (un cane che si morde la coda). Mi sembrerebbe veramente assurdo dover prospettare una soluzione cosi contorta e dispendiosa al cliente.

    A seguito di un colloqui con i tecnici municipale del Municipio 1 è emerso che la questione si potrebbe risolvere così:
    Dato che gli interventi sono stati realizzati prima del 2003, data in cui Roma e’ diventata tutta zona sismica (sicuramente ante 2000 come dimostra l'atto di compravendita datato 2000 in cui l'immobile è stato venduto già accatastato nello stato post abuso) è possibile presentare una SCIA in sanatoria (sanzione forfettaria di 2.000 euro + 500 di reversale) e allegare un certificato di idoneità statica redatto da un tecnico ingegnere. Al Genio non andrebbe presentato nulla. Un ingegnere con cui collaboro ha verificato lo stato delle opere e considera che l'opera cosi come e' realizzata possa essere certificata staticamente.

    Questo è ciò che mi hanno detto a voce di fare i tecnici municipali, mi rimangono dei dubbi, non vorrei incorrere io in problemi come tecnico in futuro.
    - non occorre davvero presentare alcun documento al Genio Civile?
    - è una procedura che comporta un’eccezione alla normativa da lei citata ma non ho trovato il testo normativo che consente questa scorciatoia
    - dato che si tratta di silenzio diniego dopo 60 gg, se il Municipio accetta la pratica così e autorizza al pagamento della sanzione, a quel punto la responsabilità della coerenza della pratica alla normativa, e' del Municipio che giudica la pratica corretta o è sempre mia?

    Le chiedo se le sono mai capitate pratiche di questo tipo e cosa mi consiglia di fare.

    Un grazie enorme
    Anna

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    1. Mi sento di suggerirti di percorrere la strada prospettata dal municipio: SCIA in sanatoria con semplice certificato di idoneità statica. La pratica in sanatoria al genio è da sconsigliare per il semplice fatto che ciò implica l'esposto in procura per opere strutturali abusive (non mi ricrodo l'ipotesi di reato esatta, ma è molto pesante tipo tentata strage o attentato alla sicurezza pubblica). L'altra alternativa pure non era male: la forma del muro potresti ricostituirla anche in semplici mattoni forati o anche in cartongesso: insomma giusto un qualcosa per poter fare delle fotografie. Tutto ciò però nell'ipotesi in cui le opere fatte all'epoca siano conformi alle norme tecniche di oggi. Tutto sommato preferisco la prima strada, quella della SCIA in sanatoria.

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  6. Grazie tantissimo,
    la terrò aggiornato sugli sviluppi della pratica.
    Anna

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  7. Gentile architetto,
    scrivo per aggiornarla sulla questione posta sopra sperando possa essere utile sapere come è andata a finire anche a qualche altro collega che si trova in una situazione simile.
    Al primo municipio hanno accettato la pratica cosi come descritta sopra con il certificato di idoneità statica (e' condizione necessaria poter dimostrare che le opere siano state eseguite ante 2003). Dopo circa 1 mese e mezzo dalla protocollazione mi hanno inviato via pec una mail con una comunicazione in cui, vista la conformita' degli interventi realizzati, chiedevano il pagamento della sanzione di 2.000 euro. A seguito del pagamento della sanzione ho presentato collaudo e chiusura lavori (il riaccatastamento nel mio caso non era necessario) per chiudere il titolo
    Grazie ancora e alla prossima!

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  8. Salve Architetto, volevo sapere come posso sanare una tettoia abusiva, acquistata, ma presente da oltre 20 anni in un edificio classificato dal PGT in zona Nuclei di antica formazione (vecchia cascina). I vicini hanno aperto un procedimento amministrativo col comune verso di noi ed ora stiamo cercando di trattare con tecnico facendo riferimento all'eccezione di legittimita' essendo passato molto tempo ed essendo a conoscenza di tale opera da anni il comune stesso (foto balcone e tettoia in un precedente permesso del 92) sebbene non segnalata. Il tecnico sta per chiudere il procedimento e dice che emettera' a giorni ordinanza di demolizione. Vorremmo opporci e presentare richiesta sanatoria, ma non siamo conformi. Come fare? posso chiedere sanatoria dicendo che procedero' a conformita' prima del sopralluogo comune per verifica?
    Come posso fare?
    Grazie.
    Maria Giovanna

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    1. si potrebbe provare a presentare una sanatoria indicando le opere da fare per portare a norma la struttura, ma prima di tutto bisognerebbe interfacciarsi con l'ente tutore del vincolo paesaggistico.

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  9. Salve Architetto,
    La tettoia esisteva gia' prima del 68, anno di acquisto della proprieta', e sicuramente prima del 1/9/67, legge 365, purtroppo non sappiamo come provarlo perche' non esistono foto nell'archivio comunale degli anni 60 e le foto disponibili nel sito aeronautica e regione lombardia sono troppo in alto/distanti pertanto non si vedono i dettagli degli edifici.
    Non sarei tenuta neppure a provarlo, visto che esiste la legge di fatto,(esistono molte sentenze TAR e del Consiglio di Stato in proposito) ma il tecnico comunale insiste che dal 68, anno di acquisto, non esiste traccia, dunque e' abusiva. Si e' vero che non c'e' traccia, ma questo non dimostrra neppure che non esisteva prima del 68, non hanno prova. Se prima del 1/9/67 l'obbligo della documentazione in comune non esisteva nei centri non abitati, ovvio che nessuno pensa di regolarizzare in seguito una tettoia che rispettava le leggi degli anni in cui era stata edificata. Il tecnico ci ha consigliato eventualmente di far mandare una lettera mio avvocato al comune, ma servirebbe? Mi spiego, se non si procede poi col TAR di fatto mi faranno' demolire e per una tettoia di poche centinaia di euro di valore andare al TAR con spese di qualche migliaio di euro non e' certo un'opzione fattibile.
    Il mio geometra dice che non sifida finche' non vede cose scritte, giustamente.
    Cosa mi consiglia?
    La ringrazio anticipatamente.
    Maria Giovanna

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  10. Buongiorno Architetto,
    Ho un problema con il mio appartamento e spero mi possa aiutare a capire cosa posso fare.
    In fase di donazione dell'appartamento da mia madre a me abbiamo scoperto che la piantina non era conforme alla realtà, per disposizione e numero dei vani. Le preciso che si tratta di uno stabile Inpdap cartolarizzato in zona Eur venduto dall'Ente a mia madre nel 2005 prima e unica proprietaria e che non è stato soggetto a lavori di ristrutturazione.
    Il notaio ci ha imposto di sanare la situazione prima di procedere con l'atto e dopo 6 mesi siamo riusciti ad avere dal comune i progetti depositati.
    Il 1' progetto del 1990 (Arch.Petruccioli e Angelucci) è uguale alla piantina ad oggi in catasto, poi nel 1999 è stata approvata una variante (art.13 L.l47/85) che è conforme al mio appartamento come disposizione interna ma che non prevede 2 finestre che invece ci sono e c'erano sul primo progetto.
    Mi hanno detto che devo fare un accertamento di conformità e tra spese e oneri il costo supera i 5.000€.
    È chiaramente un errore di rappresentazione nelle piantine/progetti, la casa è sempre stata così.

    Posso semplicemente richiedere un nuovo accatastamento?
    Mi sembra assurdo che io debba fare sanatorie e dichiarare con questo atto di avere fatto un abuso edilizio aprendo due grandi finestre sulla facciata condominiale. Inoltre esiste la possibilità che mi facciano chiudere le finestre??
    Potrebbe anche essere un problema diffuso del condominio che ha più di 500 appartamenti.
    Grazie
    Viviana

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    1. purtroppo per come lo descrive, serve la sanatoria perhé quello che conta è il progetto di variante, se è stato correttamente approvato e licenziato.

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  11. Buongiorno arch. avrei bisogno di una delucidazione.
    Un mio cliente ha acquistato alcuni anni fa un appartamento a Napoli, che ora intende vendere, sull'atto di compravendita compare la famosa scritta "in relazione a quanto previsto dal 2° comma dell'art.40 della legge 28 febbraio 1985 n.47, il fabbricato è stato iniziato in data anteriore al 1°settembre del 1967. Ho fatto una ricerca al Comune, e mi è stato risposto che non esiste nessun tipo di titolo abitativo, mi sono recato al Condono per vedere se esistesse una pratica, ma anche qui non trovo nulla.
    L'edificio/ appartamento può essere in qualche modo sanato? Leggevo che con la doppia conformità, probabilmente era possibile sanare l'abuso? Ho visto la cartografia del P.R.G del 1939 ma è quasi impossibile identificare la zona dove ora è situato l'edificio , poiché la composizione urbanistica dell'epoca è molto diversa da quella attuale. Come devo comportarmi?
    Grazie per la disponibilità.
    Buona giornata e buon lavoro

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    1. deve contattare un tecnico che conosca la storia urbanistica di Napoli per capire se la zona in cui sorge l'edificio era esclusa dalla pianificazione al momento della costruzione. in ogni caso bisogna certificare che l'edificio sia ante 1967.

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    2. Grazie mille, ha ragione al momento della descrizione ho dimenticato di scrivere che la zona dove sorge l'edificio ricadeva nel prg del 1939

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  12. Buongiorno Marco,
    innanzitutto grazie davvero per questo blog, oltre ad essere un grande aiuto pratico, ci fa sentire un po' meno soli in questo delirio amministrativo!
    Volevo chiederti un consiglio su una questione di frazionamento e accorpamento che mi trovo ad affrontare per la prima volta:
    Due appartamenti, interno 5 ed interno 6. Nel 1982 l'interno 5 fraziona due stanze (che diventano l'interno 5b)e le vende all'interno 6.
    -Municipio 1
    -Tessuto T4
    -nessun vincolo
    -frazionamento ed accorpamento solo a livello catastale.
    - non c'è progetto originale (né al Pau né a piazza dell'orologio). l'edificio è del 1880
    -i catastali del '39 riportano le finestre corrette, tranne una di un bagno (realizzata, mi dicono, nel 1980). Sono corretti anche i vani nelle murature portanti. compreso quello che è diventato il collegamento tra l'interno 6 e l'interno 5b

    Ora, secondo te, quali sono i passaggi da fare per regolarizzare l'immobile che è frutto dell'unione dell'interno 6 e del 5b?

    Grazie mille
    Buona giornata
    Sara

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    1. se non fosse per la finestra, a mio avviso si può sanare in CILA; con la finestra vai in SCIA alternativa al PdC, con richiesta di parere se sei nel vincolo UNESCO.

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  13. Ciao marco, devo presentare una Scia per una mansarda in cui va modificata la distribuzione delle stanze, ampliando anche un lucernario. A causa di tale ampliamento (che comporta la modifica di un prospetto?!?!) mi hanno detto che non basta la scia ma serve la scia alternativa al pdc.
    Ma il problema più grosso è un altro, ovvero individuare la preesistenza. Ecco le puntate precedenti:
    1986) cambio destinazione d’uso da lavatoio ad appartamento (concessione rilasciata con 57 mq condonati);
    2001) comunicazione inizio lavori per opere interne ex art 26 L 47/85, opere che peró nei fatti hanno modificato non solo i tramezzi ma anche la sagoma dell’appartamento, mediante l’eliminazione delle pareti basse e la conseguente annessione (senza titolo) delle porzioni sottotetto con h minore di 1.5 m non facenti parte della superficie condonata (non fu all’epoca effettuato un riaccatastamento ed alla circoscrizione hanno reperito solo un numero di protocollo e non la comunicazione, né la relazione asseverata che per legge doveva accompagnare la comunicazione, né tantomeno dei disegni che illustrino il post operam);
    2002) realizzazione di un lucernario senza titolo;
    2004) richiesta condono lucernario (presentando solo la pianta della stanza con il lucernario e non quella dell’intero appartamento);
    2009) richiesta integrazione docs dalla soc. Gemma (per conto del comune di Roma), che chiede visura catastale storica e planimetria dell’abuso;
    2009) invio visura e nuovo accatastamento con causale “esatta rappresentazione grafica”, in cui viene rappresentata la situazione post lavori del 2001, avente quindi una superficie finale di circa 67 mq, maggiore di quella condonata in passato;
    2017) pratica di condono arenata all’ufficio condono.
    Cosa suggerisci, dall’alto della tua conoscenza e competenza, per poter presentare la SCIA alternativa al pdc per iniziare i lavori in tempi umani?
    Io pensavo di fare cosí:
    Doppia conformità per il lucernario;
    Ottenuta la conformità, rinuncia al condono;
    Riaccatastamento per esatta rappresentazione grafica, riportando (eventualmente solo sulla carta) il perimetro e la superficie dell’appartamento a quelli condonati, ma includendo il lucernario “sanato” attraverso la doppia conformità;
    Scia alternativa al pdc.
    Non so comunque cosa indicare come preesistenza, se il condono dell’86 o la irreperibile comunicazione di inizio lavori fatta nel 2001 ex art 26 L. 45/87, sfruttando a mio favore il fatto che alla circoscrizione non trovano i documenti, potendo così sostenere che il perimetro era uguale a quello condonato.
    Che ne pensi?
    Ti saluto e to faccio i complimenti per il tuo interessantissimo sito.
    Grazie per la tua risposta.

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    1. scusami non ho letto tutto: sul blog è opportuno esprimere concetti più concentrati altrimenti ogni post diventa un libro. Il caso mi sembra complesso e va studiato, comunque se fai una scia alternativa al pdc in un immobile con condono in corso, l'ufficio competente è il dipartimento e non il municipio. ovviamente servirà una sanatoria a coprire le ulteriori difformità non coperte dal condono.

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  14. Salve Marco, vorrei un tuo parere su una domanda di condono del 1995 (Legge 724/94) ancora in itinere, dove è stata richiesta la sanatoria per la costruzione di un magazzino di mq.22 (opere realizzate in assenza di licenza edilizia – tip.1). Il problema è che intorno al magazzino era stata realizzata una tettoia aperta, con relativi pilastri, di circa mq.220, la quale non è menzionata nella domanda di condono.
    Sia il magazzino che la tettoia sono stati ultimati nel 1975 e regolarmente accatastati (anche la tettoia, che è rappresentata con tutti i pilastri nella planimetria catastale) nel 1991. Mi chiedevo se, alla luce del fatto che è dimostrata l'esistenza della tettoia (anche da foto aree) già in epoca antecedente al condono, la domanda può essere integrata, ora per allora, anche per quanto riguarda la realizzazione della tettoia. Obiettivamente non ho verificato la possibilità della sussistenza della doppia conformità per poter sanare ora la tettoia con un accertamento di conformità, ma nutro seri dubbi vista l'esistenza sull'area di un vincolo paesaggistico e archeologico.
    Ti ringrazio anticipatamente per i tuoi consigli sempre preziosi e ti invio cordiali saluti.
    Emanuele

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    1. finché non si tratta di volumi chiusi, e se non c'è violazione delle distanze minime inderogabili, l'accertamento di conformità non è così lontano dal poter essere ottenuto anche relativamente all'archeologica. Certo sicuramente ci vorrà molto tempo per i pareri (se siamo nel Lazio è così, altrove non so). Se il comune ritiene di poter accettare una integrazione al condono, invece, converrebbe intraprendere quella strada. Ma sono situazioni che vanno sempre viste in dettaglio: impossibile impostare una strategia senza analizzare tutta la situazione.

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  15. Salve, volevo chiedere un parere sulla sanatoria di un portico realizzato senza concessione. Tale portico rientra nelle opere autorizzabili oggi e anche al momento della sua costruzione. Mi è stato detto che per poter procedere alla presentazione di una pratica di sanatoria devo avere il verbale di abusivismo con relativa apertura di un procedimento penale a carico del proprietario. Potrei avere un consiglio sulla strada da seguire?
    Grazie!

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  16. Ciao Marco,

    la CILA per interventi già eseguiti rientra secondo te in doppia conformità? In realtà il 380/01 parla di mancata comunicazione e sanzione pecuniaria, ma non rimanda all'accertamento di conformità. Pertanto quando si presenta una CILA a sanatoria a quale data dovrebbe risultare regolare? Al momento dell'abuso? Al momento della presentazione?

    Grazie

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    1. mi sembra di ricordare che in base a recenti sentenze, le opere in CILA devono rispettare solo la normativa vigente. Comunque a Roma ritengono sia così e non chiedono verifica della doppia conformità, anche perché l'art.6 bis non ne fa menzione.

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  17. Ciao Marco

    Ti scrivo riguardo una pratica SCIA art. 37 presentata ed accettata dal responsabile del procedimento del municipio di pertinenza per la regolarizzazione di un bagno posto al piano interrato di un locale commerciale.
    Dopo aver fatto l’accesso agli atti a tutti gli uffici pertinenti, la pratica si è conclusa con la sanatoria del bagno al piano interrato in base ad una planimetria in allegato ad un’autorizzazione d’attività ed applicando l’art. 6, comma 5. delle NTA (in assenza di titolo abilitativo della costruzione, la destinazione d’uso viene accertata dalla classificazione catastale e dalle autorizzazione amministrative all’esercizio delle attività insediate).

    La pratica è oggetto di un atto di compravendita. Il tecnico della controparte mi discute la doppia conformità dell’intervento. L’intervento non sarebbe possibile con le NTA attuali in quanto prevede un aumento di SUL non ammesso in quel tessuto.
    Come mi devo comportare? Non mi è chiaro che la “doppia conformità” sia applicabile all’art. 37.
    Attendo tue
    Grazie mille

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  18. Ciao Marco, nel caso di mancata realizzazione di un elemento di appoggio, ad una piccola struttura preesistente del vicino confinante, per eliminare il problema della distanza, con progetto approvato e realizzazione del fabbricato più" di 20 anni fa con accatastamento fatto nel 2003, con quindi mancato rispetto della distanza, si possa configurare la doppia conformità'.Grazie

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  19. Caro Marco, ti ringrazio per il tuo blog che è una fonte per me.
    Volevo chiederti un parere su un problema. Devo realizzare una pergotenda in zona vincolata paesaggisticamente perciò l’ufficio tecnico mi ha chiesto il nulla osta paesaggistico. Mi accorgo che l’attico ha delle difformità rispetto al progetto edilizio. L’edificio è stato realizzato nel 1966 e l’abitabilità è del 1973. Cosa devo fare per sanare le finestre (che si trovano spostate rispetto alla licenza) per sanare la scala di collegamento esterna che porta al lastrico solare (che non c’era nel progetto iniziale) ?: la scia in alternativa al permesso di costruire in sanatoria oppure accertamento di conformità? Dopo di questa dovro’ poi presentare richiesta di nulla osta la paesaggistico e aspettare quei 5/6 mesi se tutto va bene.
    Grazie per l’aiuto
    Luca

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    1. essendo l'ambito vincolato, sia le finestre che la scala rientrano nelle competenze dell'art. 36, trattandosi di variazioni di prospetto. attenzione all'aspetto strutturale.

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    2. Marco, scusami: art.36 o 37? perchè solo l'art. 37 menziona i vincoli

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    3. 36. anche se non menziona i vincoli, la norma nella sua attuale stesura indica che in caso di vincoli la modifica dei prospetti è ristrutturazione pesante.

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    4. grazie Marco, dunque dovrei fare una SCIA IN ALTERNATIVA AL PERMESSO DI COSTRUIRE IN SANATORIA?

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    5. grazie Marco. Il tecnico del Municipio mi ha risposto oggi alla mail ribadendomi quello che mi hai detto tu (SCIA alternativa o Richiesta di Permesso in sanatoria ai sensi dell'art.36). Solo che mi dice di allegare gli atti di assenso previsti dall'art. 5 del D.P.R. 380/2001.in particolare :N.O. paesaggistico e Autorizzazione sismica ai sensi art. 10 del R.R. 26/2020, che dovro' presentare ai vari Enti e poi infine potro’ presentare la pratica edilizia, corredata dai vari nulla osta al Municipio.
      Ma è normale chiedere al paesaggistico il n.o. di un fabbricato del 1967?
      Per l’autorizzazione sismica cosa devo allegare ??
      Grazie

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    6. in pratica ti hanno suggerito di acquisire preventivamente le autorizzazioni dovute in base alle altre norme di settore. per il paesaggistico non vedo particolari problemi, mentre per lo strutturale il problema può essere legato alla procedura in sé dell'accertamento di opere abusive realizzate nel passato: ho scritto un post specifico su questo tema, conviene che fai riferimento a quello.

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