Oggi un post laconico, per brevemente commentare un parere emesso dal Consiglio di Stato nel merito di difformità pregresse, risalenti alla costruzione del fabbricato, e relativa attività repressiva.
l'atto a cui ci si riferisce è la
decisione definitiva n°607 del 23 marzo 2020 del Consiglio di Stato. La questione è la seguente: un proprietario di un immobile si lamenta del fatto che il Comune abbia elevato una sanzione alternativa alla demolizione per aver riscontrato una difformità tra lo stato effettivo dell'immobile e l'originario progetto di costruzione. Il Consiglio di Stato conclude sostanzialmente che l'atto repressivo è corretto, perché
le difformità edilizie, quindi opere che non sono mai state oggetto di istanze edilizie,
non maturano mai nessuna forma di legittimo affidamento, e dunque non si può invocare il trascorrere del tempo come motivo per evitare un atto repressivo (nel caso in esame erano passati oltre 50 anni). Dunque con questo atto si va a chiarificare, ove ce ne fosse ancora bisogno, che la difformità e quindi la possibilità di reprimere l'abuso non interessa solo edifici interamente abusivi, ma anche loro modeste porzioni, laddove in difformità della licenza (nel caso di specie, una porzione di veranda annessa alla cucina di circa 4mq: una forma di abuso largamente diffusa).
i ricorrenti evidenziano che ci sono elementi per valutare che la difformità sia risalente all'originaria costruzione (si parla di continuità dei pavimenti e delle rifiniture architettoniche), ma tutto ciò viene considerato ininfluente: quello che conta, è il progetto originario di costruzione.
la vicenda trae spunto da una azione del cittadino ricorrente il quale riteneva di essere nel giusto in quanto l'immobile era stato precedentemente oggetto di condono edilizio: tuttavia, la domanda di condono non era specifica sull'ampliamento della veranda (non ci sono elementi per capire oltre di questo condono) ma riguardava evidentemente altro, ma nella planimetria associata al condono detta veranda era ben rappresentata. Il cittadino quindi scrive al comune per attivare una verifica e quindi chiedere una rettifica della concessione, per includervi anche la veranda: il comune risponde negativamente, dicendo in buona sostanza che quello che non è stato specificamente oggetto di domanda, non può considerarsi implicitamente ricompreso nella concessione in sanatoria (cosa che di recente avevo imparato a sostenere, e questo atto mi conforta) e, pertanto, fa pure partire l'attività repressiva per quello che è diventato quindi un abuso manifesto (la pubblica amministrazione, come è ricordato nell'atto, è obbligata a reprimere gli abusi, perché è una attività vincolata).
Sempre nel merito di questo ampio tema, va rimarcato un concetto che ho imparato, nel tempo, a comprendere: se un immobile è stato oggetto di una sanatoria non "integrale", o meglio una domanda di sanatoria per degli abusi parziali su un immobile la cui legittimità è sorretta da altri titoli precedenti,
le difformità, pur preesistenti, che NON sono state espressamente oggetto di sanatoria, sono da considerarsi non sanate. Così ad esempio si esprime il
TAR Lazio nella sentenza 5634/2021 che convalida la parte dell'azione repressiva di un comune contro un cittadino che riteneva una finestra sanata ex sè solo perché raffigurata all'interno delle foto del condono; il TAR invece ne conferma l'abusività in quanto non espressamente oggetto di domanda di condono.
Gentile Arch Campagna
RispondiEliminaAi fini della regolarità urbanistico edilizia anche per il Superbonus di un fabbricato composto da villa bifamiliare avente un tetto formato da una grande falda unica su un lato e una piccola tettoia sull'altro.
Il tetto risulta ruotato di 180 gradi rispetto al progetto originario, non cambiando alcun parametro urbanistico ne aumentando il volume consentito ma avendo mantenuto esattamente la geometria senza che questo abbia comportato alcuna variazione di volumetria o altezza o distanze di sorta.
L’unità immobiliare ovvero metà della villa bifamiliare risulta oggetto di concessione in sanatoria per la chiusura del piano terra in origine a pilotis.
In una porzione della fotografia agli atti del condono si può evincere anche la diversa posizione del tetto. (specchiato rispetto al progetto)
Ritiene sufficiente la fotografia per far rientrare tale difformità nel condono riferito al piano terra e quindi non risultare necessaria un’eventuale sanatoria senza quindi rientrare nelle casistiche di difformità e variazioni essenziali come da art 34 del dpr 380/2001 o LR 11 Agosto 2008, n. 15 (con le modifiche 2020)
Come mi consiglia di procedere in caso?
La ringrazio in anticipo per la sua disponibilità nel darmi qualche delucidazione rispetto alla sua esperienza in merito.
Dario
secondo me, anche in presenza di un condono, se delle ulteriori difformità non sono state espressamente oggetto di sanatoria, non possono essere considerate sanate, solo per il fatto di essere comunque state rappresentate: è il tema, appunto, del post.
EliminaBuongiorno architetto, Grazie della risposta .
RispondiEliminaEliminando quindi l'ipotesi condono, alla luce del decreto semplificazioni e dell'art 34 bis c 2 sulle tolleranze,
Le chiedo se : essendo il tetto in questione solamente specchiato, con la falda quindi sul prospetto nord anzichè sul prospetto sud, mantenendo inalterato il proprio disegno così come il resto del progetto ovvero volumetria, distanze, indici ecc , non comportando violazione della disciplina urbanistica ...... è pensabile farlo rientrare nelle casistiche "irregolarità geometriche" della nuova norma dichiarandolo come previsto nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni?
La ringrazio molto per la sua disponibilità. In questo periodo di particolare difficoltà nel confrontarsi con l'amministrazione, il suo blog e le sue risposte risultano essenziali per trovare la giusta via
Dario
secondo me è troppo forzato definirlo irregolarità geometrica: è proprio un progetto diverso con la falda ruotata.
EliminaGrazie per la risposta.
RispondiEliminaQuindi per sanare la difformità e poter cosi attuare i lavori di ristrutturazione (scia) previsti, e per poter aderire al Superbonus:
sarebbe corretto procedere con una richiesta di sanatoria secondo i termini dell' art 18 della LR 15/2008 (Interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia eseguiti
in parziale difformità dal titolo abilitativo) e quindi sanzione pecuniaria da un minimo di 3 mila euro ad un massimo di 30 mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso, o altrimenti come mi suggerisce si possa procedere?
Essendo il fabbricato del '85, come fare in tal caso a rispettare il principio della doppia conformità?
Mi scuso per le molte domande, vorrei poter avere un aiuto rispetto alla procedura migliore per rientrare nelle norme cercando di dare alla committenza un quadro realistico della possibilità o meno di andare avanti con i lavori, prima di presentare il tutto agli uffici comunali (in maniera sterile, via mail senza un adeguato confronto)
La ringrazio per il suo aiuto
Dario.
non è facile dare risposte precise mediante questo mezzo, che è inadatto a fornire consulenze. attenzione comunque perché gli articoli 15, 16 e 18 della LRL 15/08 sono le procedure sanzionatorie, mentre gli articoli successivi sono quelli che parlano dell'accertamento di conformità, laddove applicabile.
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