Il
Decreto Legge 16 luglio 2020 n°76 convertito con
Legge 11 settembre 2020 n°120, ha introdotto una serie di novità al vigente testo unico dell'Edilizia: per una carrellata generale su quelle che sono le novità forse più rilevanti,
potete fare riferimento a quest'altro mio post. Oggi vorrei focalizzare maggiormente l'attenzione sulle novità introdotte nel merito del regime delle tolleranze, ovvero quel "margine" all'interno del quale una difformità non può essere considerata un abuso edilizio e, quindi, non può nemmeno essere sanzionata.
La disposizione sulle tolleranze non è una novità: fu difatti introdotta nel lontano 2011 e fino a pochi giorni fa trovava posto nel laconico comma 2 ter dell'art. 34 del TUE. Questo passaggio normativo stabiliva che una differenza dimensionale in termini di volume, superficie coperta, altezze fino ad una tolleranza del 2% calcolata "per singola unità immobiliare" non costituisce un abuso edilizio e, per tale motivo, non poteva essere sanzionata. Anche se la norma era laconica, si capiva già che la disposizione non introduceva affatto una forma implicita di "liberalizzazione" ad effettuare interventi "gratuiti" all'interno di quel margine ma, piuttosto, era, ed è, un "limite" oltre il quale una costruzione non è considerata difforme dal titolo. Dunque eseguire un immobile che è perfettamente rispondente al progetto al millimetro, non comporta alcuna possibilità postuma di effettuare "ampliamenti" contenuti nel 2% delle misure di progetto. Di tutto ciò ne ho
già parlato in questo vecchio post, a mio parere ancora valido.
Il Decreto Semplificazioni (d.l. 16 luglio 2020 n°76), così come confermato nella conversione in legge, ha abrogato il comma 2 ter dell'art. 34 del DPR 380/01 e introdotto un articolo tutto nuovo ed esclusivamente dedicato alle tolleranze, il 34 bis, articolato in tre commi.
Dato che le leggi cambiano, per evitare che in seguito questo post risulti illegibile, copincollo qui di seguito l'attuale formulazione dell'art. 34 bis:
1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unita' immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarita' geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entita', nonche' la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilita' dell'immobile.
3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.
concettualmente, non vengono introdotte innovazioni all'idea di base: le differenze in termini dimensionali relative a volumi, superfici coperte, altezze, o qualunque altro parametro, contenute entro il 2% di differenza rispetto alle misure progettuali, non possono essere ritenute difformità e, come tali, non possono essere perseguite.
Tra i primi tribunali amministrativi ad esprimersi sul concetto delle
tolleranze esecutive introdotto dal decreto semplificazioni n°76/2020 e del suo nuovo art. 34 bis, vi è TAR Lazio che, con
sentenza n°4413/2021 è andato a confermare il rigetto di una SCIA operato da un municipio romano in quanto la stessa prevedeva l'applicazione del criterio della tolleranza esecutiva riferendosi non alle misure della singola unità immobiliare ma a quelle dell'intero edificio. nel caso di specie, si riteneva di poter far rientrare nelle tolleranze una difformità, realizzata all'epoca della costruzione ed antecedentemente alla L. 765/67, di circa 17 mq su una unità immobiliare di una consistenza generale di circa 80mq, invocando la tolleranza del 2% riguardo all'intero fabbricato: il TAR conferma che il 2% deve riferirsi alla singola unità immobiliare. La norma comunque appare abbastanza di pacifica lettura, comunque una conferma non guasta: il
concetto di tolleranza e la relativa soglia del 2% deve riferirsi alle dimensioni e misure della singola unità immobiliare e non quella dell'intero edificio.
Molto interessante risulta anche quanto disposto nella
sentenza CdS n°8709/2022 dove viene trattato il caso di un fabbricato in corso di ultimazione la cui altezza avrebbe sforato di "soli 4,6cm" la tolleranza del 2%. il caso è molto interessante perché si tratta dell'
accertamento di un dato metrico che è superiore, seppure di poco, alla soglia di tolleranza: ebbene, nel caso di specie, riformando una sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ritiene che se la misura effettiva va oltre il limite di tolleranza, si può valutare comunque tale eccedenza rientrare nel concetto di tolleranza laddove la difformità non abbia generato effettivo danno per l'interesse pubblico dell'ordinato sviluppo del territorio. Effettivamente, il tema di fondo delle tolleranze è il fatto che non è possibile eseguire una costruzione che sia perfettamente identica al progetto, e ciò per l'inevitabile imprecisione e complessità del processo costruttivo edilizio. Stesso tema è stato trattato anche precedentemente con
sentenza CdS n°3666/2021 dove è trattato un altro aspetto della questione, ovvero la focalizzazione sulla effettiva "abusività" di opere che superano la soglia di tolleranza. In sostanza, le sentenze sembrano dire che entro il 2% le difformità non sono proprio abusi (come dice chiaramente la legge), mentre oltre tale valore non si è automaticamente all'interno di un abuso (la legge lo avrebbe scritto chiaramente, altrimenti) ma va valutato caso per caso se la difformità è effettivamente riconducibile alle tolleranze oppure se era proprio una volontà di costruire un qualcosa di diverso rispetto a quanto progettato, per trarne illecito vantaggio.
Andando avanti nella lettura della norma, si incontra il comma 3 il quale è molto interessante, perché certifica quella che era ormai la prassi del buon progettista: quando si era in presenza di tolleranze rilevate contenute entro il limite di legge, il tecnico dichiarava la sussistenza della differenza, senza sanarla, in quanto appunto la Legge non prevede né sanatoria né sanzione per le "tolleranze". Rendendo esplicita la difformità nel titolo edilizio, anche l'amministrazione ne prende atto e tutto procede serenamente. tuttavia, vi erano professionisti e uffici che erano andati un po' in ordine sparso su questo tema interpretando forse un po' troppo liberamente quella che era una chiara indicazione normativa, peraltro poi confermata da alcune sentenze (CdS n°1107/2020 o TAR Veneto n°1013/2019). In buona sostanza il comma 3 pone fine alle interpretazioni fantasiose e conferma la prassi più logica: in caso di rilevazione di queste difformità ininfluenti ai fini urbanistici, il tecnico le deve rappresentare nel titolo edilizio, potendo comunque dichiarare la conformità edilizia, senza doverle sanare né ripristinare.
Alla luce delle sentenze del paragrafo più sopra, il comma 3 può essere ritenuto applicabile, con tutte le dovute attenzioni del caso, anche laddove si siano rilevate differenze oltre il margine di tolleranza ma che sia possibile sostenere che rientrino comunque nel concetto della non abusività delle differenze. in questo caso sarebbe utile argomentare con attenzione i motivi, anche presunti, che hanno portato ad un superamento dei margini ma, soprattutto, andrebbe evidenziato il motivo per cui il tecnico ritiene che la costruzione oltre tolleranza non incida negativamente sull'interesse pubblico dell'ordinato sviluppo del territorio. Un caso che è stato studiato è quello relativo ad un fabbricato che, da progetto, aveva indicati degli spessori di solai intermedi di soli 22 cm, effettivamente irrealizzabili: in opera risultavano difatti di 30cm (22cm di spessore solaio; 2cm di pavimento; 6cm di massetto), producendo un incremento sull'altezza utile degli ambienti superiore al 2% (H.270 netta; H.292 lorda; tolleranza su 292: 5,84cm, totale altezza lorda più margine di tolleranza: 297,84; altezza effettiva lorda rilevata 300; tolleranza effettiva 2,7%) ed è stato possibile dichiarare, sussistendone i presupposti, che non si trattava di violazione edilizia ma di semplice errore progettuale che aveva ingenerato una differenza di altezza (che sui vari piani si sommava, aumentando l'incidenza sui valori totali). Ciò deve valere, per converso, anche dal lato del comune che si trova di fronte alla constatazione di misure che sono oltre il margine di tolleranza e deve valutare come operare: l'ordine di demolizione può non essere una strada obbligata, anzi quanto detto deve portare a considerare che anche il comune deve prima valutare se le differenze oltre il margine di tolleranza non siano da ascrivere comunque nell'alveo delle medesime ma, in questo caso, occorrerà un approfondimento tecnico per capire le cause che possono aver portato a tali differenze. Laddove l'amministrazione decida per l'applicazione della sanzione demolitoria, occorrerà giustificare i motivi per cui le differenze non possono ricondursi alle tolleranze: se parliamo di valori che sono molto poco oltre le tolleranze potrebbe risultare difficile sostenere l'azione più repressiva.
Nella valutazione della conformità di immobili che hanno delle difformità riscontrate come oltre il margine di tolleranza potrebbe dunque essere opportuno valutare se sussistono cause tecniche effettive, possibilmente visibili o riscontrabili, che possono aver "costretto" l'esecutore a realizzare un qualcosa di difforme dal progetto. Si suggerisce quindi di far confluire queste valutazioni in una relazione o direttamente in un progetto presentato per successive trasformazioni.
il comma 2 invece è quello che
introduce dei concetti nuovi rispetto al tema delle tolleranze. Il comma descrive una serie di opere, "fuori dai casi di cui al comma 1", che non sono considerate tolleranze ma che sono tali solo se si opera su edifici non ricadenti in nessuno dei vincoli gestiti dal Codice dei Beni Culturali (
che, ricordiamo, gestisce sia i vincoli dei beni culturali - parte II - sia quelli paesaggistici - parte III). Detti interventi sono: 1. quelli che hanno comportato variazioni alle finiture estetiche esterne degli edifici; 2. quelli che consistono in una diversa collocazione degli elementi impiantistici (si possono immaginare caldaie, condizionatori, chiller, etc), ma anche diversa profilazione geometrica non meglio identificata (secondo l'interpretazione contenuta nel
parere prot. DPAU 148518/2020 questa fattispecie si applica ad esempio ad edifici costruiti con sagoma leggermente inferiore al progetto o piccole difformità nelle pareti esterne tipo sguinci). Dato che il comma 2 inizia col dire "
fuori dai casi di cui al comma 1" potrebbe intendersi che queste modifiche ininfluenti siano quelle inerenti gli elementi che non sviluppano cubatura né distanze, tipo sporti, aggetti, elementi decorativi in genere, finché la modifica geometrica non comporta una diversa collocazione nelle definizioni edilizie (per esempio, in base alle 42 definizioni uniformi, uno sporto fino a 150cm di aggetto non entra nel computo delle distanze, ma oltre tale soglia, sì). Per altro verso, la frase "
fuori dai casi di cui al comma 1" può leggersi anche più semplicemente come il fatto che queste ulteriori alterazioni vanno considerate su un piano separato rispetto alle eventuali tolleranze del comma 1. Richiamo ancora l'attenzione sul fatto che le modifiche del comma 2 si applicano solo al di fuori degli immobili vincolati, ed anche questo è il senso del citato incipit.
Tuttavia, sibillinamente nella descrizione delle opere escluse rientrano anche le "opere interne" così genericamente definite. Da una lettura abbastanza lineare della norma, sembra intuirsi che le modifiche alla distribuzione interna, tra cui chiaramente rientrano le "opere interne", non sarebbero più considerabili come abusi, purché realizzate in attuazione di un titolo edilizio e purché siano effettuate nel rispetto delle norme urbanistiche e delle regole che sovrastano l'agibilità. Letta così, però, sembra una vera e propria liberalizzazione delle trasformazioni interne: nel senso che sembra a questo punto sufficiente aprire un titolo edilizio qualsiasi, anche una CILA, e poi modificare il progetto a piacimento senza dover effettuare alcuna variante, purché la nuova distribuzione sia comunque rispettosa delle norme sovraordinate (dimensione minima degli ambienti, rapporti aeroilluminanti, etc) e continui ovviamente a rientrare nell'alveo della CILA (dunque escludendo ovviamente, ad esempio, interventi strutturali interni). Da un lato, tale "liberalizzazione" può apparire logica in quanto le opere interne di manutenzione straordinaria leggera sono già "liberalizzate", ma comunque soggette a CILA, però delle due l'una: o il legislatore ritiene la CILA una procedura destinata ad essere ulteriormente semplificata o a sparire del tutto, oppure vi è una discordanza logica circa il motivo per cui uno sarebbe costretto ad aprire una CILA per fare un certo tipo di intervento ma poi non sia tenuto a fare una variante anche se ne modifica radicalmente il contenuto.
Altra illogicità della disposizione, risiede nel fatto che
la "liberalizzazione" delle opere interne vale solo per gli edifici esclusi dai vincoli del Codice dei Beni Culturali: certamente la cosa ha senso per quegli immobili vincolati ai sensi della parte II del Codice (i beni culturali propriamente detti), ma che senso ha disporre la non liberalizzazione delle opere interne di immobili soggetti a vincoli paesaggistici dove le opere interne sono libere dall'autorizzazione paesaggistica e quindi dove il vincolo nei fatti non si applica,
ai sensi del DPR 31/17 allegato A?
E' opportuno soffermarsi ancora un attimo sul concetto di tolleranze su immobili vincolati: il comma 2 chiaramente si riferisce alle opere realizzate durante la costruzione dell'edificio ma, parallelamente, indica che i concetti non si applicano se gli immobili sono vincolati. Dal tenore letterale della norma,
sembra comprendersi che la condizione di essere sottoposto a vincolo debba essere verificata al momento della costruzione o dell'esecuzione delle opere, e non al momento della loro verifica, in quanto il comma si riferisce espressamente al caso in cui si stia edificando un edificio o lo si stia trasformando a valle della presentazione di un titolo edilizio. Se si confermasse questa ipotesi, andrà verificato, nel caso di immobile ad oggi soggetto a vincolo ma con difformità risalenti ad epoche precedenti, se al momento dell'esecuzione delle opere l'immobile era già nella condizione di vincolo perché laddove non lo fosse stato all'epoca, allora si potrebbe disapplicare la restrizione del comma 2 e ricondurre alle tolleranze esecutive anche le opere escluse per gli edifici vincolati. Per avere conferma (o smentita) di questa visione temo che dovremo aspettare le prime sentenze specifiche sull'argomento. Va però intanto chiarito che la norma sembra applicabile solo ai casi verificatisi (quindi, alle costruzioni realizzate o alle trasformazioni eseguite) dopo l'entrata in vigore della disposizione: così difatti afferma
TAR Lazio sez 2 q sent. 8527/2021; altre sentenze, però, non evidenziano problemi nell'applicare il principio anche a situazioni preesistenti alla norma, come ad esempio
TAR Campania sez 2 sent. 5200/2020.
A mio parere la specifica circa la "minima entità" delle trasformazioni che afferiscono la geometria e le finiture esterne doveva valere anche per le opere interne, ma dato che dopo le parole "minima entità" vi è la parola "ovvero", si deve ritenere che tutto ciò che venga dopo appartenga ad una disposizione a sé stante, non collegata con la prima. In un suo parere (già linkato sopra,
comunque è questo), il Dipartimento PAU di Roma Capitale ha specificato che le opere interne, per rientrare in questa fattispecie di opere rientranti negli interventi "liberi", devono riferirsi a modifiche veramente minime, tipo spostamento di una porta interna o diversa collocazione o realizzazione di spallette o sguinci. In tale parere, il Dipartimento si ispira alla norma dell'Emilia Romagna, la quale però ha specificato nella stessa norma che si deve trattare di modifiche minime, mentre la norma nazionale non lo fa. Certamente l'idea della norma nazionale era quella di riferirsi a trasformazioni "minime" ma, nei fatti, tale specifica non è stata inserita.
Difatti, il nuovo articolo 34 bis in verità è mutuato dalla recente normativa della Regione Emilia Romagna la quale si era dotata già nel 2017 di una normazione specifica riguardo alle tolleranze esecutive anche con riguardo alle opere interne (LR 23/2004 art. 19 bis, introdotto nel 2009, comma 1 bis, introdotto nel 2017) ma in cui la formulazione della frase è differente da quella della norma nazionale.
La formulazione dell'art. 19 bis LR 23/04 Emilia Romagna, al momento di scrivere il presente post (luglio 2020) così recita:
Fuori dai casi di cui al comma 1, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e dimensionali di modesta entità, la diversa collocazione di impianti e opere interne e le modifiche alle finiture degli edifici, eseguite nel passato durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi,
anche se io avevo pronosticato che in sede di conversione in legge questo tema sarebbe stato oggetto di correzione, ciò non si è avverato e dunque attualmente, con la conversione in legge del Decreto Semplificazioni, abbiamo una sorta di sanatoria intrinseca delle diverse distribuzioni interne eseguite nell'ambito di un titolo edilizio valido. Si presti comunque attenzione al fatto che le opere in variante devono necessariamente essere conformi alla normativa igienico-sanitaria.
Dopo aver sviluppato un quadro complessivo della nuova norma, vorrei provare a spingermi oltre e parlare di un tema che per noi tecnici è molto spinoso: quello relativo alle modalità per applicare il concetto del 2% di tolleranza a difformità che riguardano i prospetti, come ad esempio finestre spostate o di dimensioni diverse rispetto al progetto. Anzitutto, diciamo che se la realizzazione, rispetto al progetto, presenta delle finestre che in numero e forma sono completamente diverse, allora parliamo a mio avviso senz'altro di una difformità da sanare, non rientrante nel concetto di tolleranza, in quanto evidentemente si tratterebbe di una volontà di effettuare un qualcosa di diverso dal progetto: l'intenzionalità, infatti, è il principio in base al quale occorre fare riferimento quando si parla di sconfinamento dal concetto di tolleranza per approdare a quello di difformità.
Ad ogni modo, come si possono applicare i principi di tolleranza del 2% a misure di prospetto? io, riflettendoci, ho formulato la seguente ipotesi applicativa (che è una ipotesi, e dunque potrebbe non trovare conferme presso gli uffici procedenti): dato che la norma dice espressamente che le misure vanno considerate relativamente alla singola unità immobiliare, potremmo partire dall'idea che le misure a cui fare riferimento siano quelle del prospetto del fabbricato relative alla singola porzione di esso che è corrispondente all'unità immobiliare: è possibile quindi calcolare la dimensione del prospetto che corrisponde all'unità immobiliare e determinare in base a questo il limite di tolleranza.
facendo riferimento all'immagine qui sopra riportata, potremmo formulare la seguente ipotesi: 789cm sono la porzione di prospetto corrispondente all'unità immobiliare, la quale presenta, rispetto al progetto, delle finestre leggermente spostate, ma di dimensioni complessivamente congrue (in blu, la misura effettiva rilevata del vano architettonico, in verde la misura derivata mettendo in scala il disegno di progetto originario): il 2% di 789cm è circa 15,5cm: tale sarà, quindi, la soglia di tolleranza dello scostamento planimetrico. nel caso di esempio, lo scostamento è di 19 cm, quindi superiore alla soglia: si tratterebbe quindi di un caso da condurre in accertamento di conformità. Laddove invece la porzione di prospetto corrispondente all'unità immobiliare fosse stata maggiore di 10 metri, avremmo potuto ricondurre lo scostamento nella tolleranza. Analoga valutazione, a mio parere, va fatta sulla vista di prospetto, perché andrebbe considerata anche l'altezza verticale del vano finestra, facendo un ragionamento analogo. Ripeto: questa fin qui formulata è solo una ipotesi applicativa che potrebbe non trovare accoglimento presso gli uffici procedenti, in assenza di una specifica indicazione ufficiale normativa ed in assenza di sentenze mirate su questo argomento.
In chiusura di questo post, vorrei tratteggiare un argomento che probabilmente meriterebbe più spazio. il tema è il seguente:
il regime delle tolleranze è applicabile anche ai parametri igienico-sanitari che sono per loro natura "inderogabili"? Secondo la giurisprudenza, che si è espressa pochissime volte sul tema (ad esempio
TAR Piemonte sentenza n°1061/2015), il concetto di tolleranza esecutiva è certamente applicabile anche alle norme igienico-sanitarie, in quanto si tratta di una norma atta a tutelare l'inevitabile imprecisione (tolleranza, appunto) che si verifica nel realizzare opere complesse come le nuove costruzioni o le ristrutturazioni integrali.
Gent.mo Arch. Campagna, grazie per le sue preziosissime info e per il tempo che dedica al suo blog.
RispondiEliminaSono una collega e Le scrivo per illustrarLe una questione ingarbugliata ma che sicuramente riguarda molti edifici presenti nel Comune di Roma;
Più precisamente sono stata incaricata da mio cliente per effettuare verifiche riguardo immobile oggetto di compravendita di cui il mio cliente è acquirente.
A seguito delle ricerche da me effettuate è emerso che lo stato dei luoghi non è conforme alla licenza edilizia, presentando un vano in più di circa 14mq che presumibilmente doveva essere una loggia o terrazzo. L'agibilità invece parla del numero di vani presenti nella realtà. Inoltre l'intero fabbricato presenta questa discordanza, come se il costruttore (1961) avesse edificato in variante annettendo uno spazio che doveva essere terrazzo ed invece per tutti i 5 piani è un vano utile.
L'appartamento è in possesso dei venditori dalla data di costruzione e solo oggi si sono resi conto di questa difformità.
È quindi possibile sanare questa situazione visto che effettivamente l'agibilità ed il collaudo (1963) parlano di questo spazio come vano e non come terrazzo?
Nel caso negativo si tratta quindi di immobile non commerciabilizzabile vista questa difformità?
In attesa di Vs gentile riscontro, la ringrazio anticipatamente.
se parliamo di un immobile in Roma, o altra città che si era già dotata di un regolamento edilizio o di un PRG valido, sicuramente parliamo di un fabbricato che era soggetto ad obbligo di licenza edilizia. in tal caso, la trasformazione avrebbe dovuto essere autorizzata con una licenza in variante o con una nuova licenza, che magari all'epoca il comune avrebbe pure potuto assentire (è da verificare) ma che ad oggi risulta una operazione, probabilmente, difficilmente autorizzabile e quindi preclusa all'accertamento di conformità. Suggerirei intanto di sviluppare una Due Diligence sull'immobile per capire se vi fossero tante volte i presupposti per realizzare l'ampliamento: questo potrebbe aprire ad eventuali ipotesi di sanatoria. Altrimenti, occorre valutare l'opportunità di operare mediante "fiscalizzazione dell'abuso" che a mio parere non è una sanatoria ma "esaurisce" gli atti di disciplina. è una operazione, nel caso, da fare con grande cautela e coscienti delle varie possibili ricadute.
EliminaGrazie infinite per la celere ed esaustiva risposta.
RispondiEliminaSalve architetto, ho aperto una CILA nel comune di Roma per la ristrutturazione di casa mia, i muratori mi hanno fatto diventare la camera da letto matrimoniale da 14mq a 13,87. La cosa secondo il nuovo regolamento costituisce una difformità? Anche non arrivando a 14mq, la camera si può considerare matrimoniale?
RispondiEliminaGrazie!
al di sotto dei 14mq la camera è singola.
EliminaQuì non risulta applicabile la tolleranza del 2%?
EliminaSaluti
Arch. Paolo Lopizzo
in verità a mio parere sì, potrebbe applicarsi in effetti, dimostrando che, appunto, si è trattato di una tolleranza esecutiva rispetto al dato dichiarato nell'istanza.
EliminaBuongiorno Architetto, vorrei un suo parere sul seguente:D.L. n° 76 del 16/07/2020 del nuovo art.34-bis -Requisiti su altezza minima edifici e requisiti igienico-sanitari. Posso interpretare, che edifici regolarmente condonati, con h. inferiori ai limiti di legge, possano venire adeguati e quindi ampliati volumetricamente, per raggiungere l'altezza minima di mt 2,70 e quindi ottenere l'abitabilità,qualora le nome comunali, lo consentano in caso di ristrutturazione con demolizione? In questo caso, l'intervento sarebbe detraibile fiscalmente in quanto non si configurerebbe un aumento di volume.
RispondiEliminanon mi sembra che le disposizioni del nuovo art. 34 bis possano essere interpretate in tal senso. la modifica della sagoma per il raggiungimento del rispetto delle imposizioni delle norme vigenti è possibile, ma va valutato riguardo a fattori diversi e secondo le definizioni vigenti degli interventi edilizi.
EliminaSalve Architetto Campagna, in attesa di un suo seminario sulle modifiche introdotte dal nuovo D.L., vorrei porle il seguente quesito: sulla planimetria del 39 di un immobile non vincolato, non è stato disegnato un balcone tondo che ha superficie pari a 1,5% del totale dell'appartamento e che a mio parere risale all'epoca della costruzione dello stabile e anche la distanza dall'edificio difronte è rispettata. Potrei eseguire lavori di manutenzione straordinaria con una semplice CILA, riportando lo stato attuale dei luoghi(con balcone) se rientra nei casi di tolleranza previsti dal comma 1 escludendo sanzioni o sanatoria?
RispondiEliminasecondo me no perché non è una tolleranza: la tolleranza potrebbe essere ricondotta ad una finestra spostata o ad una parete leggermente più lunga (o più corta), ma non ad un elemento architettonico del tutto assente. diverso sarebbe il discorso se invece il balcone fosse stato rappresentato ma con forma diversa.
EliminaRapidissimo e soprattutto illuminante come sempre. Grazie dei consigli.
EliminaAnche secondo Lei Arch. le finestre spostate in orizzontale di 10 cm ma comunque allineate in verticale nel prospetto di un Condominio dovrebbero rientrare nelle "tolleranze esecutive le irregolarità geometriche" del comma 2 dell'Art. 34-bis? grazie
Eliminala norma parla in generale di "difformità geometriche" che possono riferirsi in effetti a qualunque cosa, purché non ci si trovi in zona vincolata. è possibile ritenere, laddove anche il comune concordi, che una finestra spostata di qualche decina di cm ma che sia comunque identica a come doveva essere (cioè non abbia subito trasformazione della tipologia, ad esempio da finestra a porta-finestra o vice-versa) potrebbe rientrare in questa definizione, ma sempre con la dovuta cautela.
EliminaGrazie, è questo parlare in generale della norma che genera troppi dubbi, speriamo che nel breve termine qualcuno se ne renda conto e dia qualche specifica. Parlerò con i Tecnici Comunali per capire se concordano con la mia e la Sua interpretazione.
EliminaGentile Architetto, sono una collega e sono stata incaricata da un cliente di redigere una pratica per la realizzazione di un ripostiglio nell'abitazione che ha recentemente ereditato dai genitori e la cui concessione edilizia risale al 1957. Non essendo il cliente in possesso di documentazione alcuna, ho provveduto ad effettuare un accesso agli atti (comune in Lombardia) e ho trovato che sull'elaborato grafico dell'epoca del piano primo non era stato disegnato il balcone che venne realizzato contestualmente all'abitazione e sull'elaborato grafico del piano terra un vano che è sempre stato destinato ed utilizzato come camera-studio (rapporti aeroilluminanti rispettati, altezza 295 cm e riscaldato) era indicato come "stalla". Ora, in merito a quanto riportato dall'art. 9-bis introdotto dal D.L. semplificazioni, per quanto riguarda la questione del balcone, secondo Lei, posso andare ad indicare nella CILA che devo presentare, lo stato reale dei luoghi, quindi con balcone, essendo in possesso di documentazione fotografica "vecchia" probante l'esistenza del balcone?
RispondiEliminaPer quanto attiene invece il discorso del vano indicato come stalla, l'art. 34-bis introdotto dal D.L. Semplificazioni potrebbe ritenersi applicabile? Tra l'altro la planimetria catastale (del 1975, anno in cui l'immobile venne accatastato) del piano terra, quel vano addirittura è indicato con destinazione d'uso "lavanderia", chissà perché! Dato che appunto quella stanza non ha mai avuto neppure quella destinazione ed anzi, questa abitazione non è dotata di alcun vano lavanderia propriamente detto (la lavatrice, affiancata da un vecchissimo lavandino in graniglia, si trova nell'autorimessa). Dato che sempre l'articolo sopra citato al comma 2 afferma:"costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, NONCHé LA DIVERSA COLLOCAZIONE DI IMPIANTI..."mi chiedevo come potermi comportare. Sarebbe utile un confronto su un caso come questo.
La ringrazio anticipatamente
secondo me si tratta, da come descritto, di difformità non ascrivibili al concetto di tolleranze: la tolleranza è quando si costruisce un qualcosa che, rispetto al progetto, viene realizzato con dimensioni leggermente differenti, ma comunque che rimanga, nell'impianto, fedele alle forme di progetto. inserire un balcone in un fabbricato che ne è privo, è una volontà di eseguire una lavorazione diversa dal progetto non ascrivibile, a mio avviso, nelle tolleranze (ma può essere che domani esce una sentenza che smentisce quanto detto). Sono quindi situazioni a mio parere da affrontare come difformità, da quel che capisco.
EliminaBuongiorno Architetto, mi ritrovo a scriverle per una situazione un po' complessa. I miei clienti hanno comprato un appartamento al piano terra, nella variante tutto il piano terra è destinato ad abitazioni e l'altezza dal piano strada risultava a 1.10. Nella realtà i disegni della variante non coincidono e il livello di tutto il piano terra risulta a 70 cm. Il regolamento edilizio è chiaro a riguardo, non capisco come l'intero palazzo abbia ottenuto l'agibilità negli anni 60 con questa difformità. Soprattutto non saprei come procedere perché siamo chiaramente oltre al 2% di tolleranza. La ringrazio come sempre.
RispondiEliminaè un caso da studiare con attenzione: non potrebbe essere che per qualche motivo è stato innalzato successivamente il livello del marciapiede pubblico?
Eliminapurtroppo dalle ricerche fatte, anche tramite l'amministratore non siamo riusciti a capire se il livello stradale è stato alzato. Nell'abitabilità risultano i quattro appartamenti al piano terra come abitazioni, così come indicati nella variante del progetto. Dal comune mi hanno richesto appunto se l'appartamento è conforme all'art. 39 o di dimostrare la legittimità o la corrispondenza dello stato attuale con il progetto per il quale sono stati rilasciati il titolo edilizi. Allegherò i permessi e l'abilità sperando bastino a garantire la legittimità.
Eliminagrazie come sempre per la sua disponibilità
EliminaBuonasera,
RispondiEliminaspiego il problema :
immobile anni 50, permesso a costruire in sanatoria,pagato ,presento SCia ed iniziano i lavori.
Mi accorgo di errore sui vani finestra con misure errate nell'ordine di 8 cm in larghezza e 3 cm in altezza.Sull'elaborato grafico di progetto ho inserito 168x130 mentre nella realta sono 160x133.
Come posso risolvere?
grazie
se ciò non genera problemi ai rapporti aeroilluminanti e se la SCIA non è già stata collaudata, valuterei la possibilità di presentare una integrazione per esatta rappresentazione.
EliminaEdificio ante 67 e altezza vani 2,20 al piano terraHo acquistato una casetta in campagna costruita nel 1930 non in centro abitato ed è di 70mq composta da due piani: piano terra altezza 2,20 composto da soggiorno bagno e angolo cottura mentre il secondo piano con altezza m 3 composto da 2 camere letto e bagno. Scopro che, volendo aderire superbonus 110, il piano terra non ha altezza regolare perchè è m 2,20 e quindi sembra io non possa aderire.Aggiungo inoltre che la precedente proprietaria dopo il suo acquisto nel 2000 presentò all ufficio tecnico erariale passaggio da fabbricato rurale a urbano acquisendo categoria A4 dichiarando edificio costruito ante 1942. Dopo qualche anno fece lavori interni (realizzazione di tramezzature interne, intonaco e pitturazione delle stesse, adattamento impianti) e presentò al comune regolare Cila con asseverazione per interventi di edilizia libera e con dichiarazione di fine lavori (Mi chiedo anche come è possibile accelerare lavori se altezza vani non è regolare!). Il notaio nella mia compravendita indicò che la costruzione è ante 67. Mi aiuterebbe a capirci qualcosa ? Grazie mille
RispondiEliminaè necessaria una consulenza mirata, occorre capire se il piano terra ha dei validi motivi per essere così basso in presenza di destinazione residenziale.
EliminaBuongiorno. Casetta singola, 70mq per piano, costruita anni '50, comprata 10 anni fa, 4 piani : cantina - piano rialzato e primo piano abitabili e regolari, sottotetto basso. Volendo ristrutturare piano terra, chiamo geometra che si accorge che in cantina e sottotetto risultano dichiarate 70 anni fa 4 finestrelle ma ce ne sono solo 3. Non sono state murate, ma mai aperte. Non assevera se non faccio sanatoria. Che ne pensa? Non rientra nella tolleranza? Ha un consiglio per favore?
RispondiEliminami sembra rientrare nelle difformità edilizie pertanto per quel poco che posso intuire dalla descrizione, tendo ad essere d'accordo con il collega.
EliminaBuongiorno Architetto, vorrei chiederle una conferma sull'interpretazione della legge.
RispondiEliminaRispetto al progetto depositato, l'edificio oggetto di studio presenta delle difformità legate alle finestre (a volte più grandi, a volte traslate etc..).
Nel caso dei prospetti, il conteggio del 2% si applica al totale della superficie finestrata dell'appartamento o alla Sul (sempre del singolo appartamento)?.
Ringrazio in anticipo per la cortese risposta.
Valentina Sportello
la questione delle tolleranze applicate a questo tipo di difformità non è mai stata affrontata in dettaglio (o almeno io non ne ho notizia, se è stato fatto): dato, comunque, che la legge fa chiaramente riferimento alle misure della singola unità immobiliare, io mi sono inventato questo criterio: prendo la lunghezza totale della facciata che corrisponde all'unità di interesse, e su quel totale calcolo il 2%, e quella è la soglia che valuto oltre la quale vado in accertamento di conformità. se quindi ho una porzione di prospetto relativa all'uiu di 10 metri, la soglia sarà 20 cm. il che peraltro mi appare anche ragionevole.
EliminaBuongiorno Architetto. Dovrei prensentare una Scia per un appartamento. Lo stato attuale è conforme alla planimetria catastale di primo impianto, ma sulla planimetria di progetto depositata (del 1975), non risulta un ripostiglio anche se il numero di vani per cui è stata chiesta l'agibilità corrisponde allo stato di fatto ed al catastale. Posso rientrare nei casi dell'art.34 bis c.2?
RispondiEliminail comma 2 parla genericamente di diversa distribuzione spazi interni, senza specificarne l'incidenza effettiva. letteralmente potresti farlo, ma se è una pratica su cui ad esempio si deve basare un rogito, tenderei a suggerire di sanare.
EliminaSalve, mi trovo davanti ad un caso in cui lo stato di fatto non è sovrapponibile al Progetto del Titolo Edilizio del 1954. Il costruttore ha realizzato in difformità, ma in tutti i piani, 70cm in più di prospetto e due finestre, una spostata e l'altra di dimensioni diverse. La SUL realizzata è maggiore di quella assentita, ma contenuta nel 2%.
RispondiEliminaAvrei voluto presentare una SCIA in Sanatoria (art.37) per sanare le due finestre, premettendo che la SUL differiva, ma non era da sanare in quanto rientrava nel 34bis.
In un incontro, abbastanza veloce e superficiale, il tecnico del Comune mi ha detto che dovrei presentare un art 34comma2 (fra le righe mi è parso di capire che la concentrazione sul balcone di quei mq non sia tollerabile, oltre alle indicazioni dei vari pareri del PAU).
Pertanto mi chiedo cosa accade dopo la fiscalizzazione dell'abuso? l'art 34 non è una sanatoria, quindi l'u.i. rimane con l'abuso, non sarà commerciabile e non si potrà eseguire neppure una CILA?
Sono in un'impasse e vorrei un suo parere.
Ringraziandola per il suo prezioso lavoro la saluto
la fiscalizzazione non è una sanatoria ma, principalmente, non è una procedura che può essere gestita autonomamente dal cittadino, in quanto comprende delle valutazioni che deve fare la PA. se tutti i parametri edilizi rientrano entro il 2% delle tolleranze, si può sanare, se sanabile, solo quello che ne è al di fuori.
EliminaBuonasera, ho presentato una CILA a sanatoria per diversa distribuzione spazi interni (demolizione di un tramezzo), successivamente mi sono accorto di una difformità, presente in tutte le unità immobiliari del fabbricato, cioè che il tramezzo tra ingrsso e pianerottolo è stato realizzato avanzato di 75cm verso il pianerottolo. Tale difformità rientrerebbe dimensionalmente nel 2% di aumento di SUL. Vorrei gentilmente un suo parere sulla possibilità di applicazione dell'art. 34bis e se nel caso possa inviare integrazione alla CILA a sanatoria già presentata.
RispondiEliminaGrazie in anticipo
la tolleranza deve riguardare opere che non hanno avuto intenzionalità: una modifica del genere difficilmente è inquadrabile in questo contesto e quindi tenderei a ritenere che occorra una sanatoria. suggerisco attenzione alla gestione dell'aumento di SUL.
EliminaLa ringrazio.
EliminaPer l’eventuale pratica in sanatoria dovrei procedere con SCIA o pensa possa collegarmi alla CILA a sanatoria già presentata?
La ringrazio.
EliminaPer l’eventuale pratica in sanatoria dovrei procedere con SCIA o pensa possa collegarmi alla CILA a sanatoria già presentata?
trattandosi di ampliamento di SUL vedo meglio una SCIA.
EliminaArch. buonasera, devo presentare una Cila a sanatoria nel Comune di Roma per opere interne realizzate, dalla verifica della preesistenza edilizia (progetto fabbricato anno 1940) era prevista l'esistenza di una piccola loggia (inserita nella profondità della muratura portante circa 1,00 ml.) ma all'atto della costruzione anzichè collocarci la loggia venne inserita direttamente la finestra a servizio del vano cucina, ovviamente per tutte le unità immobiliari del fabbricato. Per tale superficie ricavata (inferiore al 2% del volume della unità immobiliare) lei ritiene dal suo punto di vista tecnico, che possa essere contemplato nella tolleranza costruttiva del del 2%. Anticipatamente la ringrazio.
RispondiEliminasecondo me no, è una volontà di fare un progetto differente da quello depositato, non è riconducibile a mio avviso alle tolleranze esecutive
EliminaArchitetto la ringrazio per la risposta, che concordo pienamente.
EliminaNon so se è il bolg giusto, ne approfitto per completare la fattibilità sulla sanatoria di questa benedetta porzione di ex loggia, con alcuni punti che vorrei condividere:
- Aumento di SUL residenziale all'interno della sagoma del fabbricato e di un volume assentito non residenz. (loggia);
- Scia in accertamento di conformità alternativa al permesso di costruire art. 36 del DPR 380/01;
Ancora grazie per la sua disponibilità e competenza.
l'ampliamento è assentibile solo dove il PRG prevede cubatura residua sui suoli o in casi davvero specifici e circoscritti.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBuongiorno Arch, da poco ho scoperto di avere una difformità urbanistica nella mia abitazione. Si tratta di alcune finestre di forma e/o dimensioni diverse dalla realtà. In un caso, ad esempio, al posto di una grande finestra come da progetto, ce ne sono due piu' piccole e questo internamente corrisponde all'esistenza di due vani piccoli invece diuno piu' grande. Sull’altro prospetto, nel progetto e' presente una finestra, mentre nella realtà c’e’ la cd. "finestra a bandiera". Inoltre, dal progetto la casa risulta a piano terreno ma data la pendenza della strada nella realtà, la casa e' invece rialzata da terra di circa un metro sui pilastri. Questo ha comportato l'aggiunta di un balcone in corrispondenza della finestra a bandiera di cui dicevo prima che non si trova a livello del terreno ma rialzata. Il balcone e' a sua volta dentro il mio giardino (non fuoriesce). Consideri che si tratta di una porzione di bifamiliare e che la gemella e' identica alla mia. L'edificio e' stato costruito con licenza edilizia del ‘65 e ho trovato una dichiarazione dell'ufficio tecnico (in data 26-8-1967) in cui si dichiara che la costruzione "è stata ultimata conforme al progetto approvato". Infine, ho una piantina catastale depositata nell'agosto 1968 in cui tutto e’ conforme alla realtà: quindi risulta la finestra a bandiera e il balcone e i due vani al posto di 1, con le relative due finestre al posto di una di maggiore dimensione. Essendo delle difformità che derivano dai lavori originari, devo comunque fare una sanatoria e pagare la sanzione? Se alcune difformità rientrano nelle tolleranze, potrei avere meno sanzioni? A chi mi rivolgo? (Vorrei regolarizzare la difformità per eventuali lavori con agevolazioni che richiedono la conformità urbanistica e, non si sa mai, per vendita in futuro). La ringrazio moltissimo se mi potrà rispondere e dare un suo parere. Grazie anche del tempo che dedica al blog, molto utile anche per chi non e' un tecnico. Cordiali saluti. V.Giunta
RispondiEliminale difformità vanno purtroppo sanate, consiglio di rivolgersi direttamente ad un tecnico di sua fiducia. non mi sembra che le difformità che descrive possano essere ascritte al concetto di tolleranza esecutiva.
EliminaBuona sera Architetto, nel mio caso di una Villetta quadrifamiliare all’EUR (ROMA) i vecchi proprietari avevano chiuso con una finestra un balconcino di 4mq che da su un pozzo di luce interno al centro della quadrifamiliare.
RispondiEliminaDal momento che sto ristrutturando con una SCIA, posso considerare l’aumento di SUL relativo all’annessione di questo balconcino nei parametri di tolleranza dato che inferiore al 2% del SUL complessivo dell’unità immobiliare?
Grazie
secondo me no, perché è una trasformazione effettuata successivamente al momento della costruzione, ed è inoltre una trasformazione intenzionale: il concetto delle tolleranze è riconducibile a quelle differenze che vengono prodotte nel naturale processo produttivo edilizio che non può essere preciso al millimetro, e quindi può generare delle incongruenze sulle misurazioni. tuttavia, la volontà di effettuare una costruzione diversa dal progetto fa secondo me decadere il concetto di tolleranza.
EliminaGrazie mille Architetto, come sempre chiaro e preciso.
RispondiEliminaBuonasera architetto, ieri dei mie clienti hanno effettuato il rogito per l'acquisto di un immobile, il quale risulta difforme per una finestra, traslata di circa 1.75 m su 11 m totali di prospetto, rispetto al progetto approvato. La difformità si evince nel disegno del prospetto (e non in pianta essendoci solo il piano tipo), dove la realizzazione delle bucature sul prospetto approvato era originariamente alternato per piano secondo questo schema A-B-A-B per poi realizzarlo in successine opposta B-A-B-A rendedno difformi tutti i piani allo stesso modo. Ora, il tecnico chiamato dalla parte venditrice ha redatto una relazione tecnica asseverata e giurata dove afferma la legittimità dell'immobile poichè le tolleranze esecutive realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituiscono violazioni edilizie e, riporta inoltre il comma 2 appellandosi alle tolleranze di irregolarità geometriche.
RispondiEliminaIo dovrei procedere con l'apertura di una pratica edilizia per effettuare i lavori interni e non saprei come fare a confutare quanto giurato da un altro tecnico, rientrando tra le altre cose nel tema spinoso delle difformità di prospetto ancora interpretabile...
seconodo lei come potrei procedere?
Buongiorno Architetto,
RispondiEliminaMi permetto di disturbarla per confrontarmi su una situazione un po' ingarbugliata. Sto verificando la conformità urbanistica di un appartamento sito in un palazzo condominiale zona appio-latino (VII mun) per compravendita, acquistato dai miei nonni direttamente dal costruttore e mai modificato. Facendo l'accesso agli atti presso il Dipartimento sono stati recuperati gli elaborati grafici di un progetto del 57 e di una variante del 59 (riguardante solo il piano terra) e una relazione di abitabilità. Non erano tuttavia presenti nè le licenze nè il rilascio dell'abitabilità. Quindi le ho richieste e mi hanno risposto tramite Pec con attestazione di irreperibilità degli elaborati grafici e non dei titoli rilasciati con richiamo all'art. 9 bis dpr 380/2001. Comunque, rispetto agli elaborati grafici reperiti ci sono difformità interne relative a tramezzature spostate di 40 cm circa che riducono il vano e la dimensione delle finestre, che risultano però rappresentata correttamente nei prospetti (più grandi rispetto la pianta quindi penso che possano essere legittimati dai prospetti). Inoltre c'è un ripostiglio a confine con l'altro appartamento che è stato suddiviso in due. Secondo lei, per sua esperienza e conoscenza, è possibile evitare la sanatoria e rientrare nelle tolleranze? Specifico che la relazione di abitabilità attesta la conformità al progetto se non per modifiche di tramezzature interne. Inoltre l'atto con il quale hanno acquistato i miei nonni riporta una piantina con bollo uguale allo stato di fatto e corrispondente alla planimetria catastale del 64.
La ringrazio anticipatamente
Buona giornata
bisognerebbe capire se la variante del 59 effettivamente riguardava esclusivamente locali al piano terra, con espressa validità della licenza del 57 per il resto della palazzina, oppure se viene rappresentato il solo piano terra ma manca la rappresentazione degli altri piani: questo sposterebbe la prospettiva. in ogni caso, è vero che la norma vigente sulle tolleranze sembra ricomprendere allegramente ogni variazione interna, ma è pure vero che quando queste variazioni "incidono sui valori igienico sanitari" sarebbero sottratti da tale semplificazione. inoltre, le variazioni esterne potrebbero essere oltre i limiti di tolleranza e dunque mi sembra questo un caso tipico in cui sia preferibile procedere in accertamento di conformità.
EliminaLa ringrazio per il sollecito riscontro. Da quello che si evince dalla documentazione reperita la variante del 59 è relativa effettivamente al piano terra. Le confermo anche che i requisiti igienico sanitari rimarrebbero rispettati. Per quanto riguarda le variazioni esterne, trattandosi di una rappresentazione errata in pianta ma corretta nel prospetto, non si possono ritenere legittime interpretando la pianta come un'errata rappresentazione?
Eliminain caso di discrepanza tra piante e prospetti a mio parere c'è un margine interpretativo per ritenere valida la rappresentazione meno distante dalla realtà.
EliminaBuonasera collega, avrei un quesito. Ho in corso un lavoro con regolare CILA presentata, la modifica principale, consiste nell'ampliamento della cucina esistente. L'accesso alla cucina è stato spostato, ma erroneamente, ho lasciato nel post operam la porta pree?sistente che va murata, oltre a quella di nuova realizzazione. Per regolarizzare il disegno, devo fare una sostituzione di pratica, con pagamento di nuova reversale, o basta una comunicazione a norma del Decreto semplificazioni ? Grazie per il prezioso lavoro che metti a disposizione di tutti. Saluti
RispondiEliminapuò essere sufficiente un elaborato "as built" facendo riferimento alle "tolleranze esecutive" dell'art. 34 bis DPR 380/01, se ritieni che vi siano i presupposti per applicarlo.
EliminaBuonasera Marco, ti contatto per un dubbio: laddove un immobile fosse stato regolarmente compravenduto con relazione asseverata di tecnico abilitato che ne attesta la conformità nelle more dell'art.34bis del TU (una porta spostata, un tramezzo un pò più in là...), dovendo poi presentare cila per manutenzione straordinaria (spostare un'altra porta), la pratica sarà ex art. 22 o si configura sanatoria perchè ai sensi delll'art.3 del 34bis è necessario specificare nella cila la presenza delle tolleranze preesistenti?
RispondiEliminaA rigor di logica se il 34bis definisce le tolleranze esecutive "non sanzionabili", non dovrebbe configurarsi la sanatoria in caso di successiva istanza per manutenzione straordinaria...che ne pensi?! Ti ringrazio per il tuo prezioso aiuto!!
al di là di quanto dichiarato nella relazione di legittimità, nel titolo successivo tu andrai a verificare la sussistenza dei requisiti per poter dichiarare le tolleranze esecutive e, se così, dovrai rappresentarle senza condurle in accertamento. se si tratta di piccole tolleranze sparse, puoi anche genericamente richiamare la norma.
EliminaGentile architetto Campagna
RispondiEliminain una unità immobiòliare ho trovato tutto regolarmente eseguito a parte una porta finestra su un terrazzo all'ultimo piano che è stata realizzata spostata di circa 50cm dalla linea delle finestre sottostanti. Premetto che l'abuso risaliva al 1960 al completamento del fabbricato ed era coperto dalla vista esterna con una veranda abusiva segnalata nella licenza di occupazione e tollerata "provvisioriamente". L'ultima proprietà ha demolito tale veranda perchè mai condonata e ha scoperto la difformità.
Stante quanto sopra a parere suo tale difformità può esere assimilata a "irregolarità geometrica" in considerazione della tolleranza mostrata all'epoca per la veranda che era non solo abusiva ma modifica rilevante della facciata?
L'immobile non è vincolato alla dl 42/2004.
Penso sia meglio sanare
EliminaBuonasera, alla luce della Legge 11 settembre 2020 n°120, posso considerare lo spostamento di 20cm di un tramezzo di una camera rispetto al progetto presentato in CILA un' irregolarita' geometrica di minima entita' che rientra nella tolleranza esecutiva? la ringrazio per i preziosi consigli
RispondiElimina20 cm potrebbero non essere pochi, dunque deve valutare il tecnico, comunque l'importante è che tale diversa posizione non produca degli ambienti non a norma con i requisiti igienici e che il tutto venga dichiarato in fase di chiusura lavori.
EliminaBuongiorno Architetto, complimenti per il suo articolo. Vorrei porle 2 domande se possibile:
RispondiElimina1. Per quale motivo considera la superficie del prospetto come parametro, se il comma 1 parla di "altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta", potrebbe spiegarmi l'interpretazione che Lei dà per il concetto di "ogni altro parametro delle singole unità immobiliari" ?
2. Può essere considerato abuso l'aumento della misura del parametro edilizio, così come la riduzione della stessa, dato che si parla di "mancato rispetto" ?
Grazie per la sua disponibilità e professionalità.
confermo che la tolleranza vale sia in più che in meno, quindi se un'opera è stata eseguita in riduzione oltre il margine di tolleranza, è una difformità anch'essa. quanto al concetto di "ogni altro parametro", non so che dire in più rispetto a quanto già rappresentato: è una dizione abbastanza generica in cui si può mettere tutto o niente. direi che finché si sviluppano sulla singola unità immobiliare dei ragionamenti sensati e sviluppati con diligenza, difficilmente possono essere contestati.
EliminaInoltre, Architetto si può considerare abuso il superamento del 10% della dimensione esterna di un singolo vano che fuoriesce dal prospetto mentre è contenuta nel 2 % la superficie coperta complessiva dell'edificio ?
RispondiEliminaGrazie, Cordialità
le difformità vanno considerate in un contesto multiplo: comunque le dimensioni vanno rapportate a quelle "generali" dell'unità immobiliare, o almeno questa dovrebbe essere la logica di base.
Elimina