venerdì 24 maggio 2024

il decreto salva-casa 2024: prime impressioni

 Eccoci giunti al momento che in molti aspettavano, ovvero la pubblicazione di quelle che sono per ora delle bozze del possibile decreto legge sul "condono" - che, diciamolo subito, condono non è - annunciato dal Ministro Matteo Salvini già da qualche settimana. In questo post condividerò con i lettori delle prime impressioni "a caldo", comunque sul tema nei prossimi giorni organizzeremo dei webinar ed altre iniziative sull'argomento.

Nota Bene: Il presente post è stato scritto qualche giorno prima della pubblicazione in Gazzetta di quello che poi avrebbe preso il riferimento di Decreto Legge 29 maggio 2024 n°69. Il testo del presente post non è completamente aggiornato al decreto per come è stato pubblicato: qualche lieve differenza è presente tra la bozza che circolava qualche giorno prima, su cui si basa il presente post, e il testo definitivo.


Sull'argomento ho scritto assieme all'avv. Andrea Di Leo l'e-book "Decreto Salva Casa: commento, guida e riflessioni tecnico-guiridiche" il cui aggiornamento "post conversione in legge" del decreto che pubblicheremo entro settembre 2024 è già compreso nel prezzo.

 

il testo contenente la bozza si può scaricare già oggi da diversi portali, tra cui quello di Ediltecnico.

Il decreto che è uscito in bozza oggi 24 maggio 2024 ricalca grosso modo quelle che erano le prime indiscrezioni di un paio di settimane fa e che avevo commentato in questo mio intervento su Ediltecnico: tutto sommato le previsioni si sono avverate.

immagine di libero utilizzo da pixabay

Da un punto di vista "politico", è opportuno precisare che ci si trova di fronte ad un testo strutturato e sicuramente molto ragionato, dunque mi sentirei di escludere che si tratta di una semplice "mossa elettorale" in vista delle elezioni europee quanto piuttosto di una norma effettivamente studiata e maturata nel tempo.

Il decreto ha le forme del decreto legge e quindi andrà convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta. Esso apporta delle modifiche al DPR 6 giugno 2001 n°380 (da qui in poi nel testo, TUE), senza quindi andare a generare nuove leggi a sé stanti: questo già è un buon inizio perché così facendo il legislatore opera all'interno di una struttura normativa già di nostra conoscenza e, soprattutto, senza andarvisi a sovrapporre.

Anzitutto, vengono apportate piccole modifiche ed integrazioni alle definizioni di edilizia libera di cui all'art. 6 del TUE, introducendo una nuova definizione relativa ai sistemi ombreggianti a servizio delle unità immobiliari tra cui tende, pergotende. A proposito, su questo tema in particolare, se di interesse, vi segnalo che ho scritto un libro esclusivamente dedicatovi.

qualche modifica viene apportata all'art. 9 bis comma 1 bis TUE che dal 2020, anno in cui fu introdotto nel testo, è il riferimento per la definizione dello stato legittimo. La nuova stesura dell'articolo, se la bozza di decreto sarà pubblicata esattamente come è circolata in questi giorni, sarà così (in grassetto le aggiunte o le modifiche):

1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle previsioni di cui agli articoli 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorre altresì il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 4, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

il nuovo testo non muta in modo radicale quanto già avevamo imparato ad interpretare. l'aggiunta della specifica sul pagamento delle sanzioni, nel caso in cui l'immobile sia stato oggetto di procedimenti di accertamento di conformità, crea, però, un doppio legame con un concetto che invece era già stato giuridicamente smarcato, ovvero quello della correlazione tra pagamenti e legittimità del titolo. in linea di principio, anche se riferiti non alle sanatorie ma alle procedure ordinarie, gli eventuali omessi o insufficienti pagamenti dei diritti dovuti non genera l'inefficacia dell'istanza presentata, salvo il fatto che il comune può sempre chiedere l'integrazione degli importi dovuti (entro il termine decennale); con questa nuova frase, invece, il pagamento della sanzione diventa strettamente connesso alla validità e legittimità dell'accertamento di conformità e ne incide direttamente sullo stato legittimo. Dunque da ora in poi nelle verifiche di correttezza e completezza delle pratiche presentate nel passato occorrerà anche verificare la correttezza del calcolo delle sanzioni e, se insufficienti, integrarlo anche a posteriori a pena di inefficacia della sanatoria.

Importante da notare anche come alla determinazione dello stato legittimo concorre anche il pagamento delle sanzioni di cui agli articoli 33 e 34, dunque sembra essere proprio una implicita conversione della fiscalizzazione degli abusi in una sanatoria. Tuttavia, su questo tema, e visto il modo in cui tratta l'argomento la legge, potrebbe svilupparsi una interpretazione parallela che sarebbe la seguente: una volta pagata la fiscalizzazione, ed esaurito quindi l'iter repressivo, l'immobile otterrebbe lo stato legittimo e ciò comporterebbe la rivendibilità e l'utilizzabilità (concetti che secondo me sono già impliciti nella fiscalizzazione attuale): difatti, nel futuro eventuale art. 36 bis viene proprio specificato che l'adempimento dell'accertamento di conformità potrà attuarsi "nelle ipotesi di cui all'art. 34" (e, giustamente, non in quelle dell'art. 33, per le quali rimane competente la procedura dell'art. 36, eventualmente applicabili). Da come è impostata la norma, però, si intravedono due ipotesi, a questo punto:

  1. che l'intervento sia conforme "alla disciplina urbanistica in vigore al momento dell'esecuzione dell'abuso ed alla disciplina edilizia in vigore all'epoca della realizzazione", e quindi può conseguire l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 bis;
  2. che l'intervento non rispetti i requisiti dell'art. 36 bis e venga però pagata la sanzione per la fiscalizzazione.
nel caso 2 di cui sopra, tecnicamente si potrebbe comunque avere lo stato legittimo, per come scritta la norma, ma allora non vi sarebbe differenza con la condizione 1 che invece sarebbe quella che consente di addivenire ad una sanatoria "pura"; tra le due dovrà esserci una differenza, a pena di una disparità di trattamento. Anche per questo motivo tendo a ritenere che non si possa considerare questa implementazione normativa come una "regolarizzazione" degli articoli 33 e 34 come "sanatoria": semmai, si potrà "certificare" l'effettivo completamento dell'iter repressivo e ciò apre alla possibilità di poter indicare nei titoli edilizi le superfici fiscalizzate le quali, in questa ipotesi, potrebbero rimanere irregolari dal punto di vista edilizio ma consentire comunque di poterle utilizzare e di poter ottenere anche l'agibilità del fabbricato, sempre specificando ed isolando la porzione oggetto di fiscalizzazione. Sul punto saranno doverosi ulteriori chiarimenti e sviluppi, perché il tema per come scritto rimane poco chiaro, a mio parere.

E' utile soffermarsi qualche istante sul fatto che vi è una disgiunzione apparente tra titoli "superiori" in termini di "affidabilità", e titoli che "concorrono" alla definizione dello stato legittimo: il primo e secondo periodo della definizione aggiornata di stato legittimo infatti sembra fare riferimento a dei titoli "primari" che sono i permessi e le istanze "ordinarie" nonché gli accertamenti di conformità. Tuttavia, alla definizione dello stato legittimo "concorrono" anche una serie di altre procedure, le quali però si differenziano dai titoli "principali" per il fatto di non essere delle vere e proprie procedure edilizie quanto piuttosto delle attività tecniche parallele: gli articoli 33 e 34 definiscono la fiscalizzazione dell'abuso, mentre l'art. 34 bis è quello delle tolleranze costruttive e della relativa attestazione: in effetti non si tratta di veri e propri titoli edilizi e dunque può essere per questo che il legislatore li ha definiti "elementi concorrenti" e non titoli primari. Tuttavia, questa "concorrenza" rischia di non avere la stessa forza dei titoli principali: ciò può avere un qualche senso per le procedure di cui agli articoli 33 e 34 che consentono, almeno sulla carta, di ottenere la legittimità di opere che non rispettano le norme né vigenti né pregresse, grazie al sol fatto di non poter essere rimosse senza creare pregiudizio alle porzioni legittime, ma a parere di chi scrive invece non ne ha riguardo all'art. 34 bis il quale prevede una procedura, quella della verifica della sussistenza delle tolleranze costruttive, che invece ha un senso compiuto e, anche se non necessariamente correlata ad un titolo edilizio, è in grado di attestare la conformità dello stato dell'immobile. Dunque in caso di un immobile che è stato oggetto di fiscalizzazione, è opportuno valutare con attenzione come muoversi riguardo alla legittimità.

Vengono poi introdotte delle modifiche che riguardano i mutamenti di destinazione d'uso, in quanto viene implementata una serie di nuovi commi all'art. 23 ter del TUE. In questi articoli, che qui non riporto ma che potete vedere nella bozza, vengono impressi dei nuovi concetti: tutti i mutamenti d'uso "senza opere" diventano soggetti a SCIA: questo è un aggravio di complessità per i mutamenti d'uso all'interno della stessa categoria generale, che prima potevano essere autorizzati in CILA, ma, parallelamente, una semplificazione per quella clausola residuale per cui in alcuni casi l'intervento ricadeva in PdC (mutamenti d'uso rilevanti in zona A). I mutamenti d'uso "senza opere" diventano "sempre ammessi", anche tra categorie funzionali diverse (eccetto da e verso quella "rurale"), se l'immobile si trova ubicato in tessuti che il PRG classifica come zone A, B o C. Questa sembra una forte semplificazione ma nei fatti lo è solo in parte in quanto viene comunque indicato espressamente che l'intervento è fattibile ma viene altresì specificato che gli strumenti urbanistici possono fissare specifiche condizioni. Da come è scritta la norma, sembra che nel merito si debbano considerare limitativi solo i provvedimenti che i comuni emaneranno a far data dalla pubblicazione del decreto, ma in verità potrebbe farsi una lettura più estensiva del principio espresso e dire che valgono anche le prescrizioni già contenute negli strumenti urbanistici già esistenti. Per Roma, dunque, rischia di cambiare poco se non nulla, in quanto lo strumento urbanistico romano non è affatto rigido nei confronti dei mutamenti d'uso in linea generale, ma dispone anche una serie di limitazioni abbastanza stringenti per una cospicua serie di casi specifici. 

Interessante, però, la clausola di esclusione generale relativa all'obbligo di reperimento degli standard urbanistici che sarà contenuta nel futuro comma 1-quater: in sostanza, e ciò è del tutto logico, se il mutamento avviene in una singola unità immobiliare all'interno di un più ampio fabbricato non ha senso chiedere il reperimento o la monetizzazione di degli standard urbanistici che, nella stragrande maggioranza dei casi, non potranno essere materialmente reperiti in quanto zone ormai già urbanizzate e consolidate, finendo per diventare solamente un ulteriore obolo economico; in taluni casi, addirittura, il meccanismo del reperimento o monetizzazione degli standard può anche bloccare del tutto la fattibilità del mutamento d'uso ed in ciò la nuova norma aiuterà senz'altro. Attenzione comunque al fatto che la specifica del futuro comma 1 quater avrà valore solo per i mutamenti delle "singole unità immobiliari" e, mi sento di dire, non per quelle unità immobiliari che coincidono con le unità edilizie (ad esempio opifici industriali, centri commerciali, palazzi per ufficio distribuiti in un unica uiu).

Sull'argomento dei mutamenti d'uso in dettaglio ci sarà molto altro da dire, per ora mi fermo qui.

i temi invece più "caldi" sono quello delle tolleranze costruttive e dell'accertamento di conformità.

all'articolo 34 bis viene aggiunto un intero nuovo comma, l'1 bis, in cui viene specificata una ampia gamma di fattispecie delle tolleranze costruttive, le quali possono essere superiori al 2% a seconda della dimensione della singola unità immobiliare, purché si tratti di opere realizzate entro una determinata data (nel decreto è riportata quella del 24 maggio 2024). Sul punto mi sarei atteso una differenziazione in base all'epoca di costruzione, ma il legislatore ha preferito invece introdurre delle percentuali variabili in funzione della dimensione: si avrà quindi che gli immobili con superficie utile superiore a 500mq rimarranno vincolati alla tolleranza del 2% e per i quali, quindi, nulla cambierà; al di sotto di questo valore, invece, la percentuale di tolleranza andrà via via aumentando fino al massimo del 5% per immobili la cui superficie utile è inferiore a 100 mq. Viene saggiamente specificato che il riferimento della superficie utile va preso sulla conformazione originaria dell'unità immobiliare o comunque senza considerare eventuali interventi di frazionamento operati nel tempo: dunque attenzione alla corretta ricostruzione della storia urbanistica dell'immobile. Visto che le tolleranze differenziate si applicano solo per opere realizzate entro una data determinata, un domani sarà importante avere documentazione che attesti l'avvenuta realizzazione delle opere ad un epoca antecedente a quella indicata nel decreto.

Appare importante anche rimarcare il fatto che per tolleranza costruttiva si intende l'esecuzione di opere eseguite durante la costruzione del fabbricato in modo non del tutto conforme al progetto o, comunque, vanno riferite a "imprecisioni" esecutive di lavori edilizi autorizzati, e non possono ricomprendere modifiche estemporanee, eseguite successivamente alla chiusura del titolo edilizio, oppure nemmeno opere eseguite in variante al progetto con l'intenzione di fare appunto cose diverse rispetto a quanto progettato. Nel merito è interessante riportare l'inciso della sentenza Consiglio di Stato n°4970 del 3 giugno 2024 (che anche se pubblicata subito dopo il decreto 69, naturalmente non ne tiene conto, in quanto i fatti sono precedenti):

Quanto alla mancata applicazione dell’art. 34-bis del d.P.R. 380/2001, in disparte l’inammissibilità del motivo in quanto formulato solo in memoria di replica, è sufficiente osservare che le tolleranze costruttive attengono alle sole divergenze occorse in fase esecutiva per minime imperfezioni, di regola impercettibili, emergenti dalle lavorazioni di cantiere e non riguardano opere realizzate in assenza di titolo edilizio e paesaggistico (Cons. Stato, sez. II, 15/03/2024 n. 2510; id. 3/11/2023, n. 9520; sez. VI, 8/08/2023, n. 7685), come nel caso di specie.

Con queste modifiche, comunque, il TUE acquista maggiore attenzione, in generale, riguardo alle singole unità immobiliari: mentre prima si parlava generalmente in termini di interi fabbricati o intere lottizzazioni, ora cominciano a comparire, anche in modo specifico, attenzioni alla singola unità, sintomo del fatto che il legislatore ha finalmente compreso che l'edilizia oggi passa anche e sopratutto nelle ristrutturazioni e modifiche dei singoli alloggi e non è più solo nuova pianificazione urbanistica e nuova edilizia.

il futuro eventuale nuovo comma 3 bis dell'art. 34 bis, invece, a mio parere porrà un problema che aggraverà molto l'attuale iter di attestazione delle tolleranze. Si prevede, difatti, che ogni volta che il tecnico valuterà la sussistenza delle tolleranze occorrerà depositare presso lo sportello unico dell'edilizia una verifica di rispondenza sismica, e ciò varrà espressamente anche per le opere "prive di rilevanza". La verifica di rispondenza dovrà contenere tutti i documenti minimi obbligatori per i progetti strutturali e, dunque, saranno dei veri e propri progetti strutturali. il testo della bozza, difatti, così recita:

3-bis. Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, il tecnico attesta altresì che gli interventi di cui al presente articolo rispettino le prescrizioni di cui alla sezione I del Capo IV della Parte II. Tale attestazione, corredata dalla documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall’articolo 93, comma 3, è trasmessa allo sportello unico per l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale secondo le disposizioni di cui all’articolo 94, ovvero per l’esercizio delle modalità di controllo previsto dalle regioni ai sensi dell’art. 94-bis, comma 5, per le difformità che costituiscano interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di cui comma alle lettere b) e c) del comma 1 del medesimo articolo 94-bis. Il tecnico abilitato allega alla dichiarazione di cui al comma 3 l’autorizzazione di cui all’articolo 94, comma 2 o l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento rilasciata ai sensi dell’articolo 94, comma 2-bis ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

va detto però che questa procedura non è prevista nel caso in cui la tolleranza vada verificata in unità immobiliari che si trovano in zone a "bassa sismicità"; di questa definizione purtroppo non c'è una visione univoca perché dipende dai decreti emanati dalle singole regioni. Ad esempio nel Lazio, nelle definizioni delle zone, la terza è definita a "bassa sismicità" e la quarta a "molto bassa sismicità", ma dato che non vi è una correlazione chiara, si faccia riferimento a questa correlazione a proprio rischio e pericolo. Si consideri che Roma è divisa grosso modo a metà come zonizzazione sismica: le zone nord ed ovest ricadono in zona 3 mentre il versante est e parte dei municipi a sud (i territori che vanno verso gli appennini ed i castelli) sono invece in zona 2, a maggiore rischio.

La cosa più ambigua è che da come è formulato il passaggio normativo tale adempimento è richiesto sempre e comunque, indipendentemente da quali sono le opere che sono oggetto di valutazione delle tolleranze: dato che sono espressamente ricomprese anche opere "prive di rilevanza", di fatto anche un tramezzo spostato o una finestra posizionata in modo leggermente non conforme al progetto, anche se posta su tamponatura non portante, comporta la necessità di adempiere a questo obbligo. Il problema a parere di chi scrive non è tanto l'adempimento in sé, che è pure giusto in quanto si va nell'ottica della verifica della sicurezza, quanto piuttosto cosa comporta all'atto pratico: una verifica di sicurezza su una struttura esistente è sempre una procedura estremamente complessa e delicata e che richiede grande sforzo tecnico; sicuramente, non può essere chiamato un tecnico per farla il giorno prima di andare dal notaio, insomma.

altro aspetto ambiguo delle eventuali modifiche da apportare all'articolo sulle tolleranze è il fatto che, stando alla bozza di comma 3-ter, spetta al tecnico il verificare che l'intervento di cui si attesta la tolleranza non vada ad incidere sui diritti di terzi e, addirittura, se viene scoperta la incidenza, spetta al tecnico il dover provvedere alle procedure per eliminare tali limitazioni. Questo passaggio è davvero incomprensibile per due motivi: 1. da che mondo è mondo, i titoli abilitativi sono sempre stati rilasciati "fatti salvi i diritti di terzi" proprio perché si tratta di un ambito distinto e separato rispetto alle norme urbanistiche ed edilizie; 2. si aggrava l'attività tecnica di un adempimento che, semplicemente, il tecnico privato non è in grado di gestire in quanto si tratta di diritti civili che devono essere in caso gestiti attraverso la stipula di atti o convenzioni tra gli stessi privati. l'eventuale futuro comma 3-ter difatti così è formulato:

3-ter. L’applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi. Il tecnico abilitato verifica la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e provvede alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. La formazione dei titoli di cui al secondo periodo e la concreta esecuzione dei relativi interventi è condizione necessaria per la redazione della dichiarazione di cui al comma 3.”;

veniamo ora a quello che è forse il tema più scottante di tutta la vicenda: la modifica della procedura di accertamento di conformità. Gli articoli esistenti non vengono abrogati, anzi rimangono in vigore sia il 36 che il 37 del TUE, tuttavia il 37 perde la frase del comma 4 che poteva attivare l'accertamento di conformità, dunque rimane un articolo solo sanzionatorio, mentre il 36 diventa così:


Art. 36 - Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali nelle ipotesi di cui all’articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Dunque la struttura dell'articolo rimane grosso modo invariata, ma viene meglio chiarito che l'ambito di applicazione è limitato agli abusi più gravi, per i quali rimane prescritto il rispetto della cosiddetta "doppia conformità".

viene poi introdotto un nuovo articolo, il 36 bis, specificamente dedicato all'accertamento di conformità nelle difformità parziali. Di questo nuovo articolo, di cui parlerò più approfonditamente in altri post perché genera un vero e proprio nuovo procedimento amministrativo, mi sembra utile evidenziare principalmente alcuni aspetti:

  1. il fatto che non prevede la "doppia conformità" in senso generale ma viene specificata una differenziazione tra disciplina urbanistica e disciplina edilizia: le norme urbanistiche devono essere verificate al momento del deposito della domanda, mentre per le norme edilizie si fa riferimento a quelle in vigore al momento dell'esecuzione della difformità. la differenza sembra banale ma non lo è: le norme urbanistiche sono quelle che afferiscono alla pianificazione del territorio, dunque volumi edificabili, destinazioni d'uso, distanze tra costruzioni; le norme edilizie invece sono quelle tecniche (anche quelle per le costruzioni, dunque le norme di progettazione sismica) o anche quelle sull'efficientamento energetico. Dunque ad oggi appare per la prima volta nel panorama normativo nazionale una intelligente distinzione concreta in cui la verifica in capo al tecnico è chiesta su due distinti livelli: da una parte, verificare che l'intervento eseguito non contrasti con le norme urbanistiche in tema di destinazione d'uso e cubature; dall'altra, le verifiche più prettamente tecniche devono essere invece svolte con riguardo all'epoca della realizzazione.
  2. viene finalmente introdotto il concetto della sanatoria condizionata, ovvero la possibilità di presentare una istanza per sanare degli abusi che non sono sanabili nell'esatto stato in cui si trovano ma che potrebbero diventare sanabili eseguendo opere di modesta entità. Qui la norma, però, è poco "pratica" perché prevede che su queste opere debba esprimersi lo sportello unico; tuttavia, ritengo che se un tecnico inserisce nell'elaborato grafico già una rappresentazione delle opere che egli ritiene necessarie e sufficienti per rendere sanabile l'abuso, allora lo sportello unico potrà "lasciarsi guidare" ed esprimere un assenso; tuttavia, per contro, rimane una procedura in cui l'ufficio deve esprimersi necessariamente. L'indicazione delle opere da fare per rendere sanabile la situazione deve essere emanata dall'ufficio secondo le specifiche disposizioni dell'art. 19 comma 3 della L. 241/90, cioè richiamando il principio secondo cui la pubblica amministrazione, prima di sanzionare un abuso edilizio, deve prima valutare se l'attività può essere conformata alla norma.
  3. in caso di presenza di vincolo paesaggistico, è prevista una specifica procedura secondo cui lo sportello unico invia alla regione (o altro ente preposto) il progetto; l'ufficio deve esprimersi in 180 giorni, trascorsi i quali il comune provvede a prescindere.
  4. l'ultimo comma tuttavia introduce una disposizione che sembra parzialmente in contrasto con quanto indicato nel caso di sanatoria condizionata, in quanto prevede il silenzio-assenso sulla procedura. Quella del silenzio-assenso sull'accertamento di conformità non è una novità assoluta, in quanto già in precedenza si riteneva che l'art. 37 potesse andare in silenzio-assenso, anche se ci sono state pronunce giurisprudenziali di diverso avviso. Per altro verso, però, il passaggio normativo può interpretarsi anche nel senso che se la domanda non è presentata per "sanatoria condizionata" allora va in silenzio-assenso, se invece è condizionata, bisogna attendere l'esito dello sportello unico.

Cercherò di tenere aggiornato questo post nelle successive evoluzioni.

naturalmente, quanto riportato qui sopra si basa su un testo non ancora ufficiale, quindi si usino le citazioni e le deduzioni a proprio personale rischio e pericolo in quanto l'autore non può assumere alcuna responsabilità.




28 commenti:

  1. Buon giorno Architetto, anche se mi rendo conto che si sta ragionando su una bozza di decreto, Le volevo chiedere se secondo Lei sarebbe sanabile l'aumento di superficie di una camera di mq 4 ( a danno del proprio terrazzo)). La superficie legittima é di 95 mq..
    Grazie per la cortese risposta

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    1. nella bozza di decreto non sembrano presenti norme che consentano di eseguire opere che prima non si potevano fare ma, semmai, si tratta dell'allentamento di una serie di maglie che attualmente sono leggermente più strette.

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    2. Grazie; allora c'è solo da sperare negli emendamenti in sede di conversione del decreto.

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    3. Buon giorno architetto, a pubblicazione avvenuta del decreto salva casa,torno a scriverle perchè mi sembra di aver capito che se una stanza è stata allargata, abusivamente, di una superficie inferiore a quella prevista per le tolleranze costruttive in funzione dello scaglione di superficie di appartenenza ( nel mio caso 95 mq e incremento tollerato fino al 5% ), non necessiti di alcuna azione di regolarizzazione. Vi è in questo caso,come per altre situazioni, una deroga ad altezze, distacchi e cubatura?
      Se cosi fosse va fatta una variazione catastale?
      La ringrazio anticipatamente

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    4. il decreto ha effettivamente "allargato" le maglie di calcolo delle tolleranze costruttive, ma non ha cambiato il principio secondo cui le tolleranze si applicano a modifiche del progetto che possono rientrare nella fattispecie di esecuzioni alterate del progetto, di cui vengono comunque mantenute le forme di base. dunque ad esempio è nella tolleranza una stanza più grande entro il margine di tolleranza, ma non l'eventuale presenza nella realtà di un balcone assente in progetto, perché questo afferisce ad opere che sono state eseguite volontariamente per creare un qualcosa di differente rispetto all'originario progetto.

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  2. Buongiorno Arch. Campagna. Ho riletto e riletto il tutto più volte ed ascoltato alcuni commenti a caldo sul decreto. Vorrei capire se le classiche difformità prospettiche riscontrate rispetto al progetto approvato (finestre spostate, ridimensionate, balconi più lunghi ... ) che ancora rientrerebbero nell'art. 37 passeranno al famoso art. 36bis. Mentre se si rimane con le stesse condizioni ma in zona vincolata paesaggisticamente si applica quello che c'è già oggi, ovvero il 36. Sono in procinto di presentare delle pratiche per questo tipo di modifiche ma mi sono dovuto fermare per capire meglio questo nuovo decreto ... grazie mille

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    1. la bozza di decreto non va a modificare né l'art. 3 con le definizioni di interventi edilizi, né l'art. 10, dunque secondo me i prospetti rimarranno classificati tra RE leggera o RE pesante se in zona vincolata. in questo secondo caso per logica dovrebbero rimanere in art. 36, mentre nel primo caso finiranno nel futuro eventuale 36-bis.

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    2. E per le sanzioni? Io interpreto che rimarranno invariate nel 36? Solito computo per il ccc e la sanzione pari al doppio del ccc e le 1000 per eventuali difformità interne? Mentre nel futuro 36-bis c'è un minimo e un massimo che ovviamente sarà a carico di noi tecnici stabilirlo

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    3. giusta osservazione: il nuovo dispositivo (DL 69/24 in gazzetta) è relativo agli interventi ex art. 36 "minori" e a quelli di cui all'attuale comma 4 art. 37 e fà riferimento ad importi forfettari (tra 1.032 e 30.984) valutati in base all'incremento di valore venale [...], quest'ultimo da determinarsi con perizia di stima. Peccato che interventi che non modificano le superfici, non aumentano il VV. Di fatto eravamo abituati sino ad ora a riferirci alla DAC 44/2011 "coordinata" con la L.R. 1/2020.
      Immagino che in quel caso si applichi la sanzione minima in ogni caso penalizzando il contribuente poichè in molti casi non si arriva comunque a quella cifra.
      Tuttavia sarà da attendere l'iter della conversione in legge ed il successivo recepimento regionale.

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    4. cari colleghi, sicuramente le modifiche normative rendono ancora più evidente l'urgenza di aggiornare - se non proprio riscrivere - sia la L.R. 15/2008 sia la DAC 44/2011. per ora io direi di continuare ad impostare il calcolo delle sanzioni come fatto in precedenza.

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    5. Conviene attendere ... tanto non c'è neanche la modulistica pronta per questo art. 36-bis ^_^

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  3. Buonasera architetto. In merito al nuovo condono ( o sanatoria) appena pubblicata in Gazzetta mi chiedevo se rientrasse nelle tipologie sanabili anche la mia. Spiego... Sono A Roma, palazzo del 2007, la camera da letto confina con una cameretta in origine divise da muro ma con apertura centrale di 1,5 m. X tutta l'altezza del l appartamento. Questo per via del fatto che la cameretta è di meno di 9 mq. Io ho chiuso l apertura ed ora è il mio ufficio indispensabile per lo smart working. Secondo lei si può sanare oggi con le nuove regole? Ha anche una porta finestra che da sul terrazzo... cambia qualcosa? In alternativa devo fare una piccola apertura? Tipo finta finestra, vetro mattone etc.. Oppure è insanabile? Grazie infinite per la sua risposta.

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    1. il suo caso ha bisogno di essere studiato nel dettaglio, comunque in linea di massima il decreto 69-2024 non mi sembra abbia spostato l'inquadramento del suo problema che, pertanto, mi appare persistere.

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  4. Buongiorno Architetto. Sul fronte cambio di destinazione d'uso da A10 a A2 a Roma in zona Consolidata il "Decreto Salvini" apporta qualche novità? Ho un appartamento A10 in un edificio interamente residenziale e vorrei riconvertirlo in A2 senza opere dal momento che è presente già una Bagno e una Cucina (era uno studio professionale) ed è adattabilissimo ad abitazione.

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    1. il decreto fa sempre espresso riferimento alla disciplina specifica comunale che, a mio parere, è anche quella previgente. dunque le regole comunali non sono sovvertite dal decreto 69/24.

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    2. La ringrazio innanzitutto per la risposta. Fondamentalmente per cambi d'uso senza opere non cambia granché (come lei ha notato nella sua analisi del testo) ? Per fare il cambio di destinazione d'uso dovrò per forza legarlo a Ristrutturazione edilizia? Anche se non ho un maggiore carico urbanistico nel mio caso.

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    3. se si sta riferendo alla possibilità di "bypassare" il vincolo del PRG utilizzando la L.R. 7/2017 allora sì, il mutamento d'uso deve essere correlato ad opere di ristrutturazione edilizia, perché così espressamente indica la legge. tuttavia, in alcuni municipi, in modo peraltro non sbagliato, viene indicato che già il mutamento rilevante è di per sé una ristrutturazione edilizia.

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    4. Grazie mille per la cortese risposta.

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  5. Buonasera architetto la chiusura di una veranda può rientrare nelle tollerenze costruttive visto che è stata chiusa al momento della realizzazione del fabbricato come aumento di volumetria?

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    1. fermo restando che le tolleranze riguardano i parametri della singola unità, la veranda costituisce ampliamento e l'ampliamento presuppone cubatura residua (allo stato attuale) che è a livello di edificio (attenzione che il singolo privato non può ledere il diritto di terzi).

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    2. appunto stiamo parlando della singola unità e nelle tolleranza cita aumento di superficie e cubatura e visto che l'intero edificio ha la seguente conformazione ed affaccia su verde pubblico non lede i diritti di terzi. ora bisogna solo capire se la chiusura della veranda avvenuta al momento della costruzione può rientrarci o meno visto che secondo la logica l'opera realizzata è in assenza di titolo.....

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    3. secondo me tendenzialmente no, atteso che le tolleranze costruttive afferiscono a delle "involontarie" o "necessarie" modeste modifiche avvenute in corso d'opera per problematiche non direttamente imputabili alla volontà di fare un qualcosa di diverso: a mio avviso le modifiche apportate non vanno a modificare questa definizione di fondo.

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    4. grazie architetto concordo, invece un'apertura su muro portante in muratura eseguito intorno anni 90 può rientrare nel comma 2 bis dell'art. 34 bis stiamo in città storica quindi a bassa sismicità

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  6. .......e le verande ed i soppalchi tanto sbandierati che tale norma avrebbe dovuto "sanare" dove sono finiti??? .....forse che sono le "difformità legate alle difficolta' interpretative delle norme"????

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    1. vi è una discussione nel merito, sembra stiano lavorando alla possibilità di inserire qualcosa di questo tipo nella legge di conversione. Ma ancora non se ne sa molto.

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  7. Buongiorno Architetto, il cambio d'uso di un locale tecnico (ex centrale termica) ubicato al piano interrato di un fabbricato condominiale in locale deposito (cantina) e/o posto auto/box, trattandosi di volume non computato è sanabile con CILA/SCIA? la situazione è differente se il fabbricato è stato realizzato antecedentemente del 1967 considerato che nei progetti veniva calcolata e verificata la superficie coperta del fabbricato in riferimento alla superficie del lotto?

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    1. con i locali tecnici bisogna fare sempre attenzione alla loro legittimità, comunque finché si trasforma il volume verso altre destinazioni che a loro volta non producono volume imponibile e/o SUL, secondo me si può fare. attenzione perché è comunque una pratica delicata e bisogna verificare con rigore i presupposti della non incidenza nel volume della configurazione post-operam.

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