Con la pubblicazione del d.lgs. 8 novembre 2021 n°199 (G.U. del 30 novembre 2021) sono state introdotte nella normativa sia delle semplificazioni, sia delle migliori definizioni degli interventi che prevedono installazione di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile, in continuità con quanto già stabilito con il d.lgs 3 marzo 2011 n°28. In questo post cercherò di fare il punto, alla luce della recente entrata in vigore del provvedimento.
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Il decreto è articolato e si occupa di diversi ambiti: quel che interessa in questo post è estrapolare quelle parti che hanno incidenza diretta con l'attività edilizia su nuovi edifici o sugli edifici esistenti, ovvero le normative che, di riflesso, impongono degli obblighi verso la dotazione di impianti da fonte rinnovabile laddove si pongano in essere opere su edifici esistenti.
In tale ottica l'articolo più specifico sulla questione è il 26. Qui viene indicato che nel caso di edifici di nuova costruzione e nei casi di interventi "di ristrutturazioni rilevanti" degli edifici esistenti, scatta l'obbligo di dotare l'edificio dei requisiti descritti all'allegato III. La definizione è ripresa da quella del d.lgs. 28/2011 e quindi non si riferisce né alle ristrutturazioni edilizie del DPR 380/01, né alle ristrutturazioni importanti di primo e secondo livello del d.lgs. 192/05, anche se le opere possono poi essere trasversali e ricadere anche nelle altre definizioni di legge citate: ai fini dell'applicazione della legge, bisogna fare riferimento solo alle definizioni del d.lgs. 28/2011. Anche se può apparire illogico - e, probabilmente, lo è - che norme diverse abbiano delle definizioni proprie che si assomigliano fra loro, è assolutamente fondamentale mantenere distinti gli ambiti e saper sempre riconoscere la definizione specifica del singolo ambito.
Tornando alla definizione di ristrutturazione rilevante, l'art. 2 del d.lgs. 28/2011 così le definisce:
- edificio esistente con superficie utile superiore a 1.000 mq soggetto a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro;
- edificio esistente soggetto a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria;
Al di là di cosa debba intendersi per "ristrutturazione rilevante", nel caso in cui vi si ricada, la legge impone che è necessario raggiungere un fabbisogno minimo di energia prodotta da fonte rinnovabile, innalzando le soglie precedentemente in vigore e, soprattutto, specificando in modo fin troppo chiaro (art. 26 comma 4) che il titolo edilizio è denegato nel caso in cui non viene dimostrato il rispetto del parametro minimo. Nulla viene indicato, però, nel caso in cui l'intervento venga autorizzato con segnalazione certificata, cioè non con il rilascio materiale di un titolo, ma con un atto in cui il committente dichiara che l'intervento è immediatamente eseguibile (appunto un procedimento segnalativo, quale è la SCIA): probabilmente, per riflesso, potrebbe dedursi che l'avvio di opere in cui non sia dimostrata a livello progettuale la verifica del fabbisogno da fonte rinnovabile si traduce nell'inefficacia del titolo eventualmente acquisito per silentium. Questa probabilmente è una delle novità con più diretta influenza nel mondo dell'edilizia, perché l'inefficacia di un titolo porta con sé gravi conseguenze a caduta.
Il tecnico progettista ha comunque facoltà di dimostrare l'impossibilità tecnica di porre in essere gli impianti, vagliando e confrontando tutte le opzioni disponibili e dimostrando l'infattibilità per ciascuna di esse (così appare leggersi tra le parole della norma). La norma specifica che, in caso di presenza di vincoli, le disposizioni del decreto si applicano lo stesso, anche nel caso di edifici vincolati dalla parte II del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, cioè i monumenti architettonici e storici. Anche in questo caso sarà possibile dimostrare che il rispetto del fabbisogno può essere incompatibile con la tutela (lo sarà molto spesso, se non sempre) ma occorrerà sempre spendersi sulla relativa dimostrazione, altrimenti si rischia una contestazione di illegittimità dell'autorizzazione edilizia ai lavori. è comunque alquanto improbabile che in un edificio storico si ponga in essere una ristrutturazione integrale delle superfici disperdenti, almeno con le tecnologie ad oggi disponibili.
Il temporalmente successivo DL 17/2022, che entra più specificamente nel merito degli impianti fotovoltaici e solari ma non come obbligo di dotazione quanto piuttosto come semplificazione diretta al di là degli obblighi di legge, sembra comunque riprendere concetti e parole di questo testo.
il comma 8 dell'art. 26 obbliga comuni e regioni ad adeguare le proprie disposizioni ai termini della nuova norma: se non lo fanno, dopo 180 giorni dalla pubblicazione del decreto, le norme in contrasto si devono ritenere superate. Stessa indicazione era già contenuta nel d.lgs. 28/2011.
L'articolo 25 è quello che, invece, introduce delle semplificazioni procedurali per l'installazione degli impianti da fonte rinnovabile, rimandando le disposizioni all'allegato II al medesimo decreto.
L'allegato II del d.lgs. ad oggi stabilisce che:
- per le pompe di calore, il regime di edilizia libera si applica per tutte le pompe con potenza fino a 40kW, e sono ascrivibili al novero della manutenzione ordinaria come già stabilito dal DPR 380/01. Qui il passaggio normativo, a parere di chi scrive, non è affatto chiaro perché non si capisce se le condizioni si debbano applicare entrambe o ne è sufficiente solo una. Nel secondo caso, cioè se bastasse una sola delle due, il primo punto non avrebbe senso perché secondo il DPR le pompe di calore sono attività libera fino a 12kW e solo nel caso di pompe "aria-aria"; nel secondo caso, cioè se dovessero verificarsi entrambe, non si comprenderebbe come i due punti possano essere sommati, in quanto il primo punto assorbe completamente il secondo e dunque non avrebbe avuto senso inserire il secondo (a parte per i sistemi che non sono "aria-aria"). Suggerisco cautela nell'attesa di una migliore definizione. Per le pompe che non rientrano in nessuna delle casistiche di cui sopra, è comunque sempre sufficiente la CILA (ma attenzione agli ambiti in cui il macchinario può avere incidenza sulla normativa sismica, cosa che sposterebbe l'intervento nell'alveo della SCIA). per quanto attiene agli ambiti vincolati, l'allegato non introduce nulla di nuovo in quanto viene indicata la normativa vigente (DPR 31/17, ne ho parlato qui: in particolare, viene "forzata" l'interpretazione secondo cui questi impianti ricadono nella voce A5 o B7 a seconda delle caratteristiche, in ciò confermando la prassi interpretativa prevalente);
- per quanto attiene ai generatori di calore, così genericamente definiti ma tra cui vi si fanno rientrare quelli ibridi, anche qui il riferimento è fin troppo generico: l'installazione è attività libera nei limiti di quanto già previsto dal DPR 380/01 (che non li categorizza, in verità), mentre per tutto ciò che non è tale, può essere autorizzato previa CILA;
- anche per quanto riguarda i collettori solari termici, non vengono introdotte specifiche sostanzialmente diverse da quelle già individuate all'art. 11 comma 3 del d.lgs. 30 maggio 2008 n°115 ma viene introdotta la forzatura interpretativa secondo cui tutto ciò che non rientra nell'attività già definita libera (pannelli integrati nelle coperture, adagiati sulla falda, che non modificano la sagoma del fabbricato) può essere autorizzato tramite CILA. La disposizione, però, potrebbe ritenersi superata dal successivo DL 17/2022 che ha introdotto delle definizioni interpretative più spinte al fine di far rientrare i pannelli solari e fotovoltaici nel novero dell'edilizia libera.
- deve coprirsi il 60% del fabbisogno di ACS e, contemporaneamente, anche il 60% della somma dei consumi previsti per CAS, climatizzazione invernale e climatizzazione estiva. il limite non si applica se l'edificio è allacciato ad una rete di teleriscaldamento. prima il limite era del 50%;
- il fabbisogno non può essere coperto con impianti fotovoltaici che alimentano resistenze elettriche: è invece ovviamente ammesso il pannello fotovoltaico che alimenta la pompa di calore;
- la potenza elettrica degli impianti alimentati da fonte rinnovabile deve essere non inferiore al risultato della formula P = k x s dove P è la potenza in kW; S è la superficie in pianta dell'edificio a livello del terreno, e k é pari a 0,25 per gli edifici esistenti ed a 0,05 per quelli di nuova costruzione.
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