lunedì 26 ottobre 2015

DM 1444/68: gli standard sono puntuali o riferibili all'intero insediamento?

La scorsa settimana mi è capitato di dover dipanare un quesito particolare, un po in disuso a Roma da quando c'è il nuovo piano Regolatore: dovendo applicare non le norme di PRG ma la norma nazionale riguardo agli standard urbanistici (DM 1444/68) e dovendo calcolare la eventuale variazione di standard per un cambio di destinazione d'uso di una singola unità immobiliare posta all'interno di un complesso residenziale, come ci si deve regolare riguardo al fatto che il decreto parla di "standard di insediamento" e non di standard della singola unità immobiliare?
La risposta a questa domanda non è scontata, comunque l'interpretazione corretta di quanto interrogato è che, appunto, gli standard del decreto ministeriale vadano concepiti come rigaurdanti l'intero insediamento e non la singola unità immobiliare sita all'interno.

Da ciò deriva dunque il fatto che, qualora si dovesse intervenire in ambito del DM 1444, in assenza di diverse indicazioni comunali o regionali, qualora si effettui il cambio d'uso di una singola unità immobiliare sita in un complesso edilizio, allora non occorra computare alcuna differenza di standard urbanistico proprio perché il cambio d'uso di un singolo immobile di fatto non incide sulla destinazione dell'insediamento.

Per esempio, dunque, se si dovesse convertire ad uso ufficio un locale commerciale sito in un edificio a prevalente destinazione residenziale, virtualmente non servirebbe monetizzare alcuno standard perché la destinazione residenziale dell'insediamento non verrebbe modificata. Diverso invece il disocorso se si procedesse, per esempio, al recupero di un intero insediamento industriale per convertirlo in uffici o in residenziale: in quel caso ovviamente gli standard andrebbero computati.

Il discorso è ormai abbastanza astratto, perché quasi tutti i piani regolatori si sono dotati di indicazioni specifiche che prevedono il calcolo degli standard urbanistici, più giustamente, per ogni unità immobiliare e non per l'intero insediamento (che può contenere destinazioni differenti, ovviamente). Difatti io mi sono posto il quesito in un ambito d'intervento molto particolare ed in applicazione di una legge che prevede di derogare agli strumenti urbanistici.

Diverso sarebbe il discorso per l'aumento di superficie utile: in quel caso anche le norme del DM sono applicabili al volume di nuova realizzazione, ma sempre riguardo, paradossalmente, alla destinazione prevalente dell'intero insediamento e non quella del singolo immobile. Questo sempre nell'ipotesi, ormai alquanto rara, di intervenire dovendo soggiacere alle norme del DM invece che a quelle dei piani regolatori.

Altra questione su cui ho avuto modo di riflettere, e che forse non merita un post apposito ma che può rientrare in questo post per affinità di argomento, è quella relativa alla dotazione fisica degli standard urbanistici: spesso i clienti stessi vorrebbero offrire al comune delle superfici di loro proprietà invece di dover monetizzare. Che procedura occorre seguire in questo caso? ovviamente, la procedura è lunga e complessa, perché non si può decidere unilateralmente quali aree cedere all'amministrazione, la quale invece deve vagliare la proposta di cessione delle aree ed eventualmente accoglierla. La domanda dunque deve essere posta al Consiglio Comunale che la deve approvare con specifica delibera e previa discussione in aula; una volta approvata, il permesso di costruire o DIA verrà rilasciato solo previa stipula di un atto d'obbligo di cessione delle aree a fine lavori o il vero e proprio atto di cessione, qualora le aree non servano alla stessa attività edilizia.

Ci si rende subito conto che è totalmente inutile proporre al comune dei piccoli appezzamenti di proprietà, magari di qualche decina di metri quadri, perché ovviamente rifiuterà l'offerta in quanto un terreno di scarsa superficie è probabilmente inutile al soddisfacimento degli standard. Essendo appetibili per il comune aree almeno al di sopra dei 300 mq (vado così a naso) è molto probabile che per tutti i micro-interventi di cambio di destinazione d'uso effettuati su singole unità immobiliari sia praticamente inutile vagliare anche l'ipotesi di cessione delle aree, visto che spesso si parla di non più di una cinquantina di mq di standard da reperire, ma sia più proficuo, anche nell'ottica della tempistica, procedere con la monetizzazione.

Di tutto quanto trattato in questo post potreste trovare interpretazioni diverse.

6 commenti:

  1. Approfitto di questo post per farti una domanda in un certo senso collegata all'argomento trattato: se in un edificio residenziale, dove sono presenti in minima parte uffici, voglio cambiare la destinazione di uno di questi in abitazione, possono considerare il cambio urbanisticamente non rilevante (ai sensi del 23 ter) perchè all'interno della stessa categoria funzionale (ovvero residenziale)?

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    1. la destinazione "prevalente" del fabbricato non subirebbe modifica, ma il cambio d'uso della singola unità immobiliare è sempre considerato rilevante.

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  2. Avrei bisogno di conoscere la norma che definisce quale tipo di superficie si utilizza per il calcolo delle volumetrie realizzabili su un lotto. Il responsabile dell'ufficio urbanistica del comune asserisce che per un lotto con superficie catastale di mq. 5400 ma reale di mq. 3600 di cui circa mq. 800 interessati da una strada comunale censita con delibera di consiglio comunale del 1983 ma mai frazionata si possa utilizzare la superficie catastale senza nemmeno scorporare la superficie delle strada. L'indice di fabbricabilità fondiaria passa da 0,4 previsto dal PRG a 1,2 nella realtà.

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    1. non esistono che io sappia norme così di dettaglio: potrebbero e dovrebbero essercene nel regolamento edilizio o nel piano regolatore. Se non ci sono, bisogna fare riferimento a delle sentenze similari. Nel dubbio estremo, si deve operare considerando come se non esistesse la parte con la strada asservita ad uso pubblico. in genere nei piani particolareggiati con strade asservite, la superficie si usa ai fini della cubatura, ma deve essere specificato nelle norme tecniche.

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  3. Salve arch. Campagna, sarà la stanchezza di dover sudare ogni singola parola da parte dei tecnici comunali, però non sono riuscito ad interpretare bene questi standard, che purtroppo io dovrò applicare nel comune nel quale sto per chiedere un PdC per una singola abitazione residenziale (Marino). Effettivamente devo cedere gratuitamente dei mq al comune? Nel caso posso computare questa cessione in soldi? Per ora ho capito solo che ad ogni 80mc di costruzione corrispondono dei mq da destinare al comune. Potrebbe gentilmente farmi un pò di chiarezza?

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    1. Se il comune ha un piano regolatore, e questo ha delle sue regole sugli standard, vanno seguite quelle, che saranno abbastanza dettagliate per capire quanto è obbligatorio reperire e quanto monetizzare.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.