martedì 24 settembre 2019

ristrutturazione edilizia e risanamento conservativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci aiuta a delineare una differenza tra ristrutturazione edilizia e risanamento conservativo.



La sentenza è la n°38611/2019 (facilmente scaricabile dal sito ufficiale della raccolta sentenze, inserendo numero ed anno sentenza) e, come vedremo, anche senza aggiungere molto a quanto già sapevamo (posto poi che le sentenze non producono mai esempi pratici delle interpretazioni, e deve essere così), fornisce un quadro che è sempre utile ripetere.

La sentenza è emessa nell'ambito di una controversia in cui a delle persone è stato contestato il reato di cui all'art. 44 DPR 380/01 per aver effettuato senza titolo degli sbancamenti su un terreno: la difesa degli imputati, tra le altre strategie difensive, ha evocato che la trasformazione del suolo effettuata nel caso di specie potesse rientrare nel risanamento conservativo e non nella ristrutturazione edilizia. Ai fini processuali del caso di specie, la differenza sarebbe sostanziale perché l'art. 44 si applica solo agli interventi abusivi che sono soggetti a permesso a costruire (nuove costruzioni e ristrutturazione edilizia) e non quelli che invece sono soggetti a CILA o SCIA in art. 22. il ricorso verrà accolto dalla Cassazione ma per questioni leggermente diverse: quello che interessa qui è cercare di estrapolare quale informazione in più sulle nozioni di ristrutturazione e risanamento.

La ristrutturazione edilizia, secondo la Cassazione, è un insieme di opere (e su questo singolo aspetto dell'"insieme" di opere piuttosto che di "interventi singoli" ne ho parlato in quest'altro post) che possono comportare anche lievi incrementi volumetrici, purché di limitate dimensioni perché altrimenti diventa nuova costruzione. Questo limite nella città di Roma è stato individuato nel 2% nella ormai leggendaria circolare esplicativa del 2012 (lo trovate nel punto D delle nozioni). la Ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante è certamente quella che prevede incrementi volumetrici ma anche integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, mentre invece appare dalla sentenza in commento che possono annoverarsi nella ristrutturazione leggera o minore le opere che portano ad una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono l'edificio. Dunque scritta in altre parole, potremmo spingerci ad affermare quanto segue:

la ristrutturazione edilizia soggetta a PdC od a SCIA a questo alternativa (art. 23 DPR 380/01) è quella che:
- prevede lievi ampliamenti di volume (da non confondersi a mio parere con eventuali aumenti di SUL all'interno di un volume preesistente);
- comporta integrazioni funzionali e strutturali, quali possono essere l'inserimento di un nuovo vano scala in un edificio; l'inserimento di un ulteriore ascensore come volume esterno (anche se qui subentra anche la norma sull'abbattimento delle barriere architettoniche che semplifica gli interventi quindi potrebbe essere la realizzazione di un ulteriore ascensore in un fabbricato con barriere già abbattute); la modifica sostanziale delle destinazioni d'uso, e con destinazioni non "compatibili" con quelle del fabbricato. può essere ristrutturazione edilizia di questo tipo anche il completo stravolgimento di un prospetto esterno, senza modifica di sagoma o volume, od opere che possono incidere significativamente sulle falde di un tetto, se finalizzate al completo stravolgimento.

la ristrutturazione edilizia soggetta a SCIA "semplice" (art. 22 DPR 380/01) è quella che:
- prevede una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le parti del fabbricato: potrebbe intendersi come le modifiche di prospetto localizzate (spostamento di una singola finestra o di una singola fila di finestre) o eventualmente anche un rifacimento non integrale dei sistemi di collegamento verticale (vani scale, ascensori) o anche rifacimento del tetto di copertura con altro di tipologia diversa (da tetto a falde a terrazzo o vice-versa); possono rientrare nel novero di queste opere meno importanti anche per esempio l'inserimento di balconi, se fatto in modo armonico con il resto dell'edificio. La cosa importante, secondo la Corte, è che l'edificio a seguito di queste opere non muti la sua iniziale consistenza.

la descrizione normativa non esclude che la ristrutturazione edilizia possa coinvolgere anche opere esclusivamente interne, anche se qui il discorso si fa più raffinato: sicuramente può essere ristrutturazione come detto un completo stravolgimento delle destinazioni d'uso con altre non compatibili - soprattutto, come evoca la legge, se effettuato in zona A - ma anche, per estensione logica, delle opere che comportano un completo stravolgimento dell'assetto interno, anche mantenendo volume e sagoma esistenti (pensiamo ad un intervento di completo svuotamento interno di un edificio). In questo contesto le interpretazioni romane non vanno oltre quelle nazionali, comunque sempre nella circolare sopra linkata è stato specificato che, per esempio, il cambio di quota d'imposta di un solaio interno è ristrutturazione edilizia (RE1 secondo il PRG romano).

al punto 3 delle motivazioni della sentenza troviamo la trattazione invece del risanamento conservativo. Partendo ovviamente dalla definizione che ne da la legge, si riflette sul senso della definizione in relazione alla ristrutturazione edilizia.
Ovviamente si inizia col dire che il risanamento conservativo non può modificare gli elementi tipologici e formali dell'edificio (e questa è la differenza essenziale con la ristrutturazione): ciò significa che non è possibile modificare la struttura distributiva e la strutturazione volumetrica del fabbricato, perché si stravolgerebbe la "qualificazione tipologica" del manufatto; anche gli elementi formali, da intendersi come volumi (ed anche prospetti?), elementi architettonici (che immagino vogliano riferirsi alle disposizioni degli elementi stessi: tipo per esempio se un fabbricato ha un piano pilotis, la "chiusura" di questo piano rappresenta una modifica della disposizione degli elementi architettonici), ed elementi strutturali, probabilmente da intendersi come i solai, le scale, le coperture del fabbricato ma anche le facciate intese come elementi anche a sè stanti.
Questa visione è anche qui aderente alla circolare del 2012 del Dipartimento PAU di Roma Capitale, dove viene evidenziato che in questa tipologia di interventi vi rientrano trasformazioni comunque importanti ma considerate "minori" rispetto alla ristrutturazione quali: modifica degli infissi con altri diversi dagli originali, senza trasformazione del vano finestra; inserimento di elementi impiantistici esterni "invasivi" (caldaie e condizionatori, anche se poi la normativa è cambiata dal 2012 ad oggi); modifica delle coloriture dei prospetti esterni; modifica degli elementi di decoro architettonico.

il Risanamento Conservativo comunque può ricomprendere variazioni di destinazione d'uso, purché le stesse siano "compatibili" con il fabbricato. Ovviamente, la "compatibilità" con il fabbricato è anche e soprattutto in relazione al piano regolatore, il quale se fornisce delle specifiche direttive per gli usi consentiti in un certo fabbricato, è possibile che si rientri nel risanamento conservativo se si rimane all'interno di queste definizioni. Pare quindi importante valutare l'intervento all'interno delle previsioni del Piano Regolatore, e laddove questo preveda espressamente che taluni interventi possono essere eseguiti all'interno di opere di risanamento conservativo, allora possono senz'altro trovare luogo senza rischio di incappare in male interpretazioni. Ad esempio, il PRG romano, nei tessuti della città storica, consente di ampliare la SUL esistente (anche nei tessuti più vincolati) se con la finalità di recuperare delle superfici che sono esclusi dal computo della SUL secondo le norme dello stesso PRG. 

Nel merito del rapporto tra mutamento d'uso e ristrutturazione/risanamento conservativo segnalo che il Consiglio di Stato, con sentenza n°3127/2013 sez. V, si è espresso indicando dei concetti molto importanti, tra i quali: 1. che non esiste norma che equipara automaticamente il mutamento d'uso alla ristrutturazione edilizia; 2. che se il mutamento d'uso è conforme alle previsioni dello strumento urbanistico, non è soggetto ad onerosità, in quanto non riconducibile alla ristrutturazione edilizia. Il fatto che non sia soggetto ad onerosità, però, non significa che sia anche sottratto al reperimento degli standard urbanistici o loro monetizzazione.

Tornando al discorso generale, un pianerottolo del vano scale molto ampio potrebbe essere "acquisito" per renderlo spazio di uso esclusivo di un singolo appartamento: questo il PRG romano lo consente espressamente all'interno di opere di "RC o RE" (art. 25 comma 5 delle NTA): ecco che in questo caso l'intervento, anche se si tratta di fatto di un ampliamento di superficie utile (benché, ed attenzione a che non lo sia, non di volume), può "abbastanza" serenamente essere ricompreso in un intervento di risanamento conservativo, anche se comporta mutamento d'uso (da spazio distributivo a spazio privato), purché ovviamente la destinazione d'uso sia "compatibile" (per esempio il residenziale è sempre ammesso, salvo gli edifici a tipologia speciale).

Attenzione comunque perché le definizioni giuridiche sono volutamente vaghe: ogni singolo edificio ed ogni intervento che ci si appresta a fare sullo stesso devono essere valutate riguardo al singolo immobile ed al suo contesto. Potrebbe quindi apparire che la modifica di degli infissi, magari in un contesto storico vincolato in cui questi elementi sono un oggetto predominante e strutturante dell'architettura degli spazi, potrebbero al limite essere considerata opera di ristrutturazione edilizia invece che di risanamento conservativo e l'eventuale loro sostituzione "abusiva" potrebbe quindi generare la contestazione dell'art. 44.

ricordiamo ancora che da non molto tempo, il risanamento conservativo è stato ascritto alle competenze della CILA, quantomeno il risanamento leggero, ovvero quello che non comporta interventi strutturali.

3 commenti:

  1. Discrimine sempre di complessa individuazione, anche a seguito di pronunciamenti. Nel caso in specie della modifica di un infisso esterno, che potrebbe portare l'intero intervento edilizio a ricadere in RE, a quali lavorazioni deve fare riferimento il CME per la determinazione degli oneri? Grazie

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    1. il CME deve di fatto "simulare" l'esecuzione delle opere quindi per esempio la realizzazione di una nuova finestra comporta: demolizione controllata parete; installazione di un architrave; regolarizzazione muraria del vano; fornitura infisso (anche eventuale tapparella o persiana). Si possono omettere le finiture ornamentali tipo soglie, pitture, decori, etc.

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  2. Buongiorno Marco, la sentenza 38611/2019 sembra ribaltata dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n. 44503 del 31 ottobre 2019 citata in questo link: https://www.lavoripubblici.it/news/2019/11/EDILIZIA/22800/Modifica-aperture-esterne-edificio-quale-titolo-edilizio-necessario-

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