venerdì 11 settembre 2015

balconi e distanze minime

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Oggi un breve post per approfondire un tema un po di nicchia, ma talvolta determinante: posto che la norma nazionale, nel DM 1444/68, all'art. 9, sancisce che vi debba essere una distanza minima di 10 metri "tra pareti finestrate", che cosa succede se in queste facciate sono presenti elementi sporgenti, tipo balconi, cioè oggetti che non compongono necessariamente la "parete finestrata" intesa come elemento di confine tra spazio interno e spazio esterno?



la risposta a questo quesito non può che essere trovata attraverso la giurisprudenza. Cercando tra le varie sentenze, se ne trovano molte che già indicano una tendenza interpretativa univoca, e cioè che il balcone debba essere considerato un elemento compenetrato nella facciata stessa, e, in quanto tale, concorre alla determinazione del limite entro cui calcolare la distanza minima di legge. Una tra le sentenze recenti che ha trattato il tema più nello specifico è cass. sez II civ. 4344/2013, dove si legge a pagina 8, primo capoverso, che così recita:
Da ciò si ricava che, dovendo, come visto, considerare il corpo aggettante formare un tutt'unico con l'edificio principale e non essendo dubbio che questo prospetti "pareti finestrate" al confine della costruzione successivamente edificata, avrebbero dovuto essere rispettati i limiti di dieci metri tra la parte esterna dello sporto e la frontistante parete; deve pertanto darsi risposta negativa al quesito ex art. 366 bis cpc così formulato:
" Dica la Suprema Corte se l'estremità di un colpo aggettante, avente la consistenza di un terrazzo, possa essere equiparata, ai fini del rispetto delle distane previste dall'art. 9 d.m. 2.4.1968, ad una "parete finestrata"
Sempre nella stessa sentenza, poi, si richiama un altro concetto importante (pag. 7, ultimo capoverso), relativo a cosa succede nel caso in cui si abbia una parete che ha le finestre solo da un lato, lasciando un altro lato "cieco": in questo caso infatti ci si può chiedere quale distanza vada rispettata, o, meglio, se la distanza dei 10 metri vada rispettata "rispetto a tutta la parete" o se non piuttosto "dalle singole finestre". La sentenza richiama la precedente 14953/2011 sez. unite che così recita:

[...] esige in maniera assoluta l'osservanza di un distacco di almeno 10 metri per il caso di "pareti finestrate", senza alcuna distinzione tra i settori di esse, secondo che siano o non dotati di finestre: distinzione estranea al testo della norma, che si riferisce complessivamente alle "pareti" e non alle finestre. È destinata infatti a disciplinare le distane tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero, che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direione ortogonale, con esclusione di quello laterale: ne conseguirebbe la facoltà per i Comuni di permettere edificazioni incongrue, con profili orizzontali dentati a rientrare e sporgere, in corrispondenza rispettivamente dei tratti finestrati e di quelli ciechi delle facciate
Altra sentenza (sempre ricercate fra quelle più recenti, perché andando indietro nel tempo se ne trovano anche molte altre sul tema) significativa è cass. sez. II civ. 17242/2010, che a pagina 9, secondo capoverso, così recita

La decisione è corretta, avendo i giudici fatto puntuale applicazione del principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di distanze fra edifici, mentre rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili, costituiscono corpi di fabbrica, computabili nelle distanze fra costruzioni, le sporgenze di particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza


Nelle sentenze, la Corte fa sempre riferimento al fatto che i dieci metri minimi imposti dal DM 1444/68 servono a garantire igiene e salubrità sia agli ambienti interni delle abitazioni, sia agli spazi interstiziali tra fabbricati. Successivamente alla norma del 1968, riguardo la salubrità degli ambienti, nel DM sanità del 1975 (recepito per esempio anche dal regolamento edilizio di Roma Capitale già in quegli stessi anni) si è stabilito che gli edifici di nuova costruzione debbano essere progettati in modo tale che gli ambienti di abitazione dovessero avere un fattore medio di luce diurna superiore al 2%: il rispetto di questo fattore spesso implica che due edifici frontestanti non possano essere troppo vicini (questo valore è influenzato dalla "porzione di cielo" visibile dalla finestra da dentro la stanza) e dunque diciamo che i due limiti, quello dei 10 metri e quello del fattore medio di luce diurna, sono entrambi limiti minimi vincolanti ed inviolabili.

per il tema di cui trattasi risulta altresì importante la recente sentenza del Consiglio di Stato n°5552/2016  che sullo stesso tema così recita:
4.2.2. È invece fondata la seconda subcensura sopra richiamata.

Al riguardo, la Sezione non ignora l’esistenza di precedenti che, muovendo da una rigorosa qualificazione delle norme del d.m. nr. 1444/1968 in termini di disposizioni di ordine pubblico, traenti la propria fonte direttamente dalla legge primaria (e, segnatamente, dall’art. 41-quinquies, comma 2, della legge 17 agosto 1942, nr. 1150), esclude che le stesse possano essere derogate dagli strumenti urbanistici generali, le cui prescrizioni pertanto, ove contrastanti con le predette norme, devono essere disapplicate dal giudice.

Tuttavia, esiste un diffuso, recente e specifico indirizzo in tema di calcolo dei balconi e degli sporti ai fini delle distanze degli edifici, dal quale in questa sede si ritiene di non doversi discostare, che ammette che i detti elementi architettonici possano non essere compresi nel computo delle distanze di cui al ridetto art. 9, d.m. nr. 1444/1968, qualora vi sia una norma di piano che ciò autorizzi e a condizione che si tratti di balconi aggettanti, estranei cioè al volume utile dell’edificio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015, nr. 11; id., sez. IV, 22 novembre 2013, nr. 5557; id., 7 luglio 2008, nr. 3381).

Tale ultimo orientamento appare invero coerente con la ratio stessa della previsione delle distanze minime fra edifici, che come noto è quella di evitare la creazione di intercapedini pregiudizievoli o pericolose per la salubrità pubblica: nel senso che siffatta evenienza si ritiene possa escludersi in via presuntiva, e salvo prova contraria da fornirsi da parte di chi impugna o contesta la disposizione urbanistica, laddove gli elementi architettonici de quibus abbiano le suddette caratteristiche.
Dello stesso tenore anche la precedente sentenza Consiglio di Stato sez. IV num. 5557 del 2013 nella quale ritorna il tema delle distanze che possono ignorare i balconi solo laddove vi sia concomitanza di queste circostanze: 1. si tratti di balconi completamente aggettanti dal filo facciata, e non si tratti quindi di balconi realizzati da porzioni di facciata in rientro; 2. vi sia una norma di ordine regolamentare disposta dalle amministrazioni locali che espressamente preveda una deroga e indichi le dimensioni massime entro cui il balcone può sottrarsi dal calcolo delle distanze. Nella stessa sentenza del 2013 si riprendono precedenti pronunce in cui è stato chiarito che per "parete finestrata" si intende quella che ha una qualunque "bucatura" verso l'esterno, ivi comprese le porte anche se non finestrate (si pensi quindi ai ballatoi).

Ancora sulla stessa linea di interpretazione segnalo anche la sentenza Consiglio di Stato sez. IV num. 1734 del 2022, che ancora ribadisce che un balcone può essere assimilato ad uno sporto solo se vi sono regole specifiche negli strumenti locali che disciplinano le modalità con cui un balcone possa essere escluso dal conteggio delle distanze. La questione appare coerente con il principio generale secondo cui essendo le distanze tra costruzioni uno strumento che mira a tutelare degli interessi pubblici superiori (l'igiene e la salute pubblica in particolare) in assenza di una specifica regolamentazione pubblica, devono applicarsi norme restrittive per impedire che possano essere poste in essere strutture potenzialmente pericolose. Tornando al tema di questa sentenza citata del 2022, si segnala anche un discorso sul tema dei volumi tecnici, i quali non sviluppando volume imponibile, possono essere sottratti anche al conteggio dell'altezza massima dei fabbricati: anche questo, però, si può attuare solo laddove gli strumenti urbanistici locali espressamente lo consentano.

In controtendenza con quanto poco fa accennato va la sentenza cass. sez. II civ. 2093/2018 in cui la questione verte congiuntamente e specificatamente sui balconi e sulle distanze. In particolare, la questione che è inerente a questa sentenza è quella di due costruzioni frontestanti, di cui quella più recente dotata di balconi aggettanti. Nei passaggi giuridici precedenti, si è discusso sul se i balconi dovessero essere considerati in tutto o in parte nelle distanze, stante una intervenuta modifica delle NTA del PRG del comune che aveva previsto che i balconi, fino ad 1,40 metri di aggetto dalla facciata, non si considerano nel calcolo della distanza; la cassazione invero ribadisce che il balcone va considerato tutto nel calcolo della distanza e pertanto si ritiene illegittima l'intervenuta modifica alle NTA:

Tanto, evidentemente, giacché - così come si è anticipato - le disposizioni in tema di distanze tra costruzioni, segnatamente in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati, di cui all'art. 9, 2° co., del d.m. n. 1444/1968 in ogni caso prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica [pag. 54 della lunga sentenza]
[...]
Tanto, evidentemente, giacché, alla stregua dei rilievi di cui al precedente punto 3, i balconi vanno considerati per intero, senza il "beneficio" di m. 1,40.  
ribadisce poi la sentenza un altra questione fondamentale:  in tema di distanze tra costruzioni, l'articolo 9 del DM 1444/68 va considerato distinto in due commi, anche se non evidenti: il secondo comma è quello che esordisce con "qualora le distanze, come sopra computate, risultino inferiori a quelle del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. [...]" e, essendo quindi un comma a parte, si applica indistintamente a tutte le zone territoriali omogenee, e non solo alla zona C come spesso si pensava in passato: il punto tuttavia è stato più di recente radicalmente superato da una interpretazione autentica pubblicata con Legge dal Governo nel 2019: il passaggio della sentenza va quindi considerato superato in quanto è sato "autenticamente interpretato" che quel passaggio si riferisce esclusivamente alle zone C.


Ci possono essere dunque dei regolamenti edilizi o dei piani regolatori che espressamente prevedono la possibilità che i balconi stiano all'interno della distanza minima prescritta tra gli edifici (che può essere maggiore di quella minima di legge), ma, in ogni caso, la distanza tra sporti non deve essere inferiore a quella imposta dalla norma statale, che sovrasta sempre ed in ogni caso i regolamenti locali.

Dunque secondo questa recente sentenza, possono non essere computati ai fini del calcolo delle distanze quei balconi che sono esclusivamente delle solette aggettanti dal filo di facciata (sarebbero quindi in ipotesi da escludersi le logge o i porticati che hanno pilastri a sostegno dello sporto) e solo se ci si trova in un Comune o una Regione che ha espressamente normato all'interno delle proprie leggi o regolamenti o piani regolatori che detti elementi possono non essere considerati nel calcolo delle distanze. In tutti gli altri casi, quindi amministrazioni che non hanno normato la deroga o comunque balconi che non siano semplici solette armate aggettanti dal filo facciata, il filo del balcone deve essere considerato nel calcolo delle distanze. Per la cronaca, allo stato attuale delle cose, non mi risulta che la città di Roma preveda tale deroga nei propri regolamenti.

14 commenti:

  1. Leggendo il tuo post sulle distanze e quello del piano casa non capisco come considerare tali distanze rispetto un ampliamento per appartamento al piano terra con autonomia funzionale. Mi spiego meglio: tale ampliamento andrebbe realizzato modificando ovvero traslando in avanti una parte della facciata ossia costruendo il nuovo volume in aderenza. Rispetto all'appartamento del vicino(stesso lato dello stesso edificio)come vanno considerate tali distanze?Nel DM si parla di pareti finestrate antistanti. Aggiungo che i giardini delle due proprietà sono separati da un muretto divisorio alto più di un metro, essendo gli appartamenti ricavati da un vecchio frazionamento. Grazie anticipatamente se vorrà dedicarmi del tempo per un tuo parere.

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    1. le pareti andranno a costituire una nuova porzione dello stesso corpo di fabbrica: all'interno della stessa costruzione le distanze minime trovano una diversa accezione. è importante comunque in questi casi acquisire un nulla osta dal vicino.

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    2. Ti ringrazio infinitamente. Il tuo parere è stato "illuminante":-)

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    1. si potrebbe realizzare come volume rialzato, invece che come balcone, sempre a patto che il suolo non sia pubblico.

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    1. non c'è una normativa specifica, si applica quella generane.

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  4. buongiorno architetto sono un ingegnere di Roma
    ho cercato di capire quale trai preziosi contributi di questo blog si il più attinente al mio quesito.
    Ho presentato un accertamento di conformità in zona B per una porzione di balcone di circa 1 m (rispetto alla restante parte regolare) aggettante su una rampa al garage condominiale.
    Il tecnico del mun. mi chiede la verifica dell'art.51 del regolamento edilizio di Roma e la cosa mi sembra inusuale avendo già garantito il rispetto dei distacchi e delle vedute. Il quesito riguarda questo punto: è possibile che questo art.51 si debba rispettare anche per una rampa condominiale privata? grazie in anticipo

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    1. in effetti in quell'articolo non è indicato che le limitazioni valgono solo per l'aggetto su suolo pubblico.

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  5. buonasera architetto e grazie per quello che fa per noi.Quesito:fabbricato composto da 2 piani fuori terra82 fratelli) con lotto di terreno prospiciente in comune e indiviso.Ora uno dei fratelli,quello che abita al 1°piano(l'altro sta al piano terra) vuole realizzare un balcone 5mt lungo e 2mt largo,rispettando lateralmente le distanze minime dai confinanti.Al Comune mi hanno detto di no,perche' occuperebbe(indipendentemente dalle dimensioni del corpo a farsi)la colonna d'aria dell'altro proprietario.Io non sono daccordo e Lei?

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    1. se il vicino accetta, non c'è violazione dei dettami del codice civile, comunque le finestre che sono sottese al nuovo balcone non devono scendere al di sotto del 2% di fattore medio di luce diurna: forse è questo che voleva dire il comune. nel caso basta progettare e verificare che non c'è violazione di questo valore per il piano inferiore.

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    2. ...grazie buona domenica...Le rinnovo i complimenti per il blog.

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    3. di nulla. comunque in effetti il balcone che si vuole fare è molto ampio e toglie alle finestre sottostanti parecchia porzione di cielo: è probabile che le finestre, se non sono grandi e servono un ambiente a loro volta grande, vadano ampiamente sotto il 2%.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.