Chi fa il mio micidiale mestiere (il tecnico dell'edilizia a Roma) prima o poi si sarà imbattuto in questa domanda: è possibile eseguire opere edilizie su un immobile che è oggetto di condono edilizio? ma, in particolare, se il condono edilizio non è ancora stato "chiuso" con il rilascio della concessione, è possibile eseguire opere, anche modeste?
Quelle poste non sono domande a cui è possibile rispondere facilmente, ma si può provare a delineare uno scenario applicativo. Per i non addetti ai lavori è giusto il caso di sintetizzare cosa è un condono: si tratta di una domanda che poteva essere presentata solo in precise finestre temporali, limitate e definite dalle tre leggi sui condoni (la prima fu la L. 47/85, a cui seguirono poi altre due leggi nel 1993 e nel 2003), tramite le quali si poteva chiedere di avere una licenza edilizia postuma per opere eseguite in assenza di titolo. Una volta presentata la domanda, bisogna attendere che l'ufficio la istruisca e la lavori: la conclusione dell'iter amministrativo avviene solo nel momento in cui il comune rilascia la concessione in sanatoria, senza la quale il condono è ancora "sospeso" o, come diciamo noi tecnici, "in itinere". Dopo il rilascio della concessione è (quasi) sempre necessario ottenere anche l'agibilità, ma questa è un'altra storia.
Quanto alla prima domanda, se sia cioè possibile eseguire opere su immobili che sono stati oggetto di condono ma la cui istanza si è regolarmente conclusa con il rilascio della concessione, si può dare una risposta tendenzialmente affermativa in quanto è ormai pacifico che il rilascio della concessione equivale ad una autorizzazione edilizia. E' altrettanto vero, però, che molto spesso i condoni sono andati ad autorizzare opere che sono in violazione delle regole edilizie sia regolamentari (i piani regolatori ed i regolamenti edilizi) sia nazionali (ad esempio, le norme sulle distanze e sulla cubatura massima ammissibile contenute nel D.M. 1444/68), dunque in questi casi occorre porre particolare e doverosa attenzione quando l'intervento prevede la demolizione e ricostruzione del manufatto oggetto di condono, in quanto vi è ancora chi ritiene che un oggetto condonato non possa essere completamente rinnovato (anche se le cubature condonate possono essere legittimamente poste a base di un intervento di demolizione e ricostruzione, il che si contrappone a quanto appena detto).
Diciamo comunque che è pacifico che un appartamento o locale commerciale condonato può essere oggetto di progetti di ristrutturazione interna, spostamento di tramezzi, ed anche sostituzione delle finiture e miglioramento estetico e funzionale anche dell'oggetto del condono.
La seconda domanda, invece è più insidiosa. è possibile eseguire interventi edilizi su una porzione di immobile che ha una istanza di condono non ancora definita? Anzitutto va detto che non è affatto raro che le domande di condono anche se presentate nel lontano 1985 non siano ancora state definite dai comuni: in alcune realtà locali le domande sono talmente numerose che gli uffici non hanno avuto il tempo di lavorarle tutte, con la conseguenza che molte istanze devono ancora essere concluse con il rilascio della concessione: ciò quindi per dire che pure a distanza di quaranta anni dal primo condono, è possibile benissimo che vi siano immobili che devono ancora ottenere la concessione in sanatoria.
Trattandosi di porzioni di immobili realizzate almeno venti anni fa (per quelle oggetto del condono del 2003) o anche molto di più, è normale che il passaggio del tempo sia andato ad intaccare le originarie fattezze della porzione costruita, considerando anche che le strutture oggetto di condono, spesso e volentieri, sono state anche costruite con materiali precari o comunque non sempre con tutte le attenzioni che vanno rivolte nella realizzazione di edifici "durevoli". Dunque è perfettamente normale che gli edifici condonati abbiano un degrado anche più rapido di quello che può avere la porzione legittima del fabbricato. Ad un certo punto dunque diventa essenziale poter eseguire almeno opere di manutenzione ordinaria e straordinaria sulla porzione oggetto di condono, altrimenti si rischia di innescare un degrado che può compromettere la sicurezza e la fruibilità del manufatto. tuttavia, la possibilità di eseguire opere di qualunque tipo sugli immobili oggetto di condono non definito non è affatto garantita, se è vero, come è vero, che in passato la Giurisprudenza ha sempre affermato che eseguire delle opere di integrale trasformazione dell'opera oggetto di condono significa perdere la connotazione geometrica e funzionale dell'originario manufatto, impedendo quindi che il comune possa rilasciare la concessione su un qualcosa che non esiste più: per questo motivo, molte amministrazioni hanno spesso indicato che non è possibile eseguire alcuna opera su un edificio o porzione di edificio oggetto di condono non definito.
Altre realtà, come Roma, hanno sempre ritenuto di "tollerare" opere di modesta entità su edifici oggetto di condono, purché non si andasse a snaturare, ovvero demolire, ampliare o completamente sostituire la porzione oggetto di condono. Ad oggi questa "tolleranza" è stata finalmente certificata da una decisione del TAR Lazio avente a riguardo proprio un immobile nel comune di Roma: con la sentenza n°22648/2024 viene stabilito che l'eseguire opere che consistono nel mantenimento in efficienza del manufatto oggetto di condono è perfettamente legittimo. Nel caso preso in esame, si è trattato dell'avvenuta esecuzione di interventi anche di una certa invasività che hanno avuto ad oggetto una veranda realizzata su un balcone o una terrazza: in dette opere sono stati anche sostituiti elementi della stessa veranda, pur senza andarne a modificare né l'estetica generale, né gli elementi costitutivi e né la volumetria e consistenza, ma eseguendo opere di nuova impermeabilizzazione, rinforzo del solaio di copertura, altro non meglio identificabile: tuttavia, dato che tra la documentazione stessa fornita in causa è emerso che le fotografie dell'ante operam restituivano una situazione praticamente simile se non uguale al post-operam, il TAR ha stabilito che in questo caso si è trattato di opere finalizzate al mantenimento in efficienza della struttura il che garantisce anche la pubblica incolumità, le quali opere non possono essere impedite pur in presenza di una istanza di condono non ancora definita.
Dunque concludendo, è possibile affermare che sulle porzioni di fabbricato oggetto di condono in itinere è possibile eseguire opere edilizie finalizzate alla conservazione ed al mantenimento in efficienza della struttura. Andare oltre il perimetro di queste opere diventa pericoloso, perché si può facilmente atterrare nella definizione di opere che alterano il manufatto generandone una trasformazione che può essere interpretata come alterazione del manufatto originario tale per cui la domanda di condono a quel punto dovrà essere rigettata per avvenuta scomparsa del manufatto oggetto della stessa.
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