venerdì 1 agosto 2025

Legge sul recupero dei locali interrati nel Lazio

la nuova norma per il recupero dei locali interrati nel Lazio 2025

 La legge regionale 30 luglio 2025 n°12 ha apportato diverse innovazioni a varie norme regionali: talvolta, queste innovazioni hanno prodotto vere e proprie nuove disposizioni, prima del tutto assenti, come quella oggetto del presente post: la possibilità di recupero dei locali interrati o piani terra.

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su prompt dell'autore

La norma è stata introdotta nella legislazione regionale grazie alla L.R. 12/2025 la cui gestazione è durata oltre un anno. Si tratta di una legge che ha introdotto molte novità in ordine sparso su tutto il complesso delle norme regionali e che ne ha profondamente innovate alcune (per esempio rigenerazione urbana e sottotetti): nel caso specifico di questo post, le disposizioni non vengono inserite in nessuna specifica norma, in quanto è lo stesso art. 25 della L. R. 12/2025 che ne contiene la disciplina. In calce a questo post trovate il testo completo dell'articolo che qui trovate commentato.

E'scontato ma è bene specificare che i contenuti descritti nel presente post si applicano esclusivamente ai comuni che si trovano all'interno del territorio della Regione Lazio.

finalità del recupero dei locali interrati

La norma prevede il perseguimento di specifiche finalità ai fini di consentire la sua applicazione. Non si tratta di una mera formalità: la necessità di dimostrare che la norma persegue specifici fini, così come lo stesso progetto che si presenta in sua attuazione, è essenziale per poter ammettere un regime "derogatorio" proprio delle norme speciali. Le finalità specifiche difatti sono parte integrante sia della legge sul recupero dei sottotetti a fini abitativi, sia nella rigenerazione urbana. Nella prima, in verità, la finalità è sempre implicita, ovvero quella di ridurre il consumo di suolo aumentando l'offerta abitativa, nella seconda invece è il progetto che deve dimostrare di perseguire le finalità della norma. Sicuramente, si può affermare che questa disposizione sul recupero dei locali interrati si inserisce nel novero delle leggi regionali speciali in parte derogatorie della disciplina edilizia ordinaria.

Le finalità nel caso della norma sul recupero dei locali interrati sono elencate al comma 1 lettera a) e sono: il contenimento del consumo di suolo; l'incentivo di politiche abitative incentrate sull'efficientamento energetico; il sostegno ai territori soggetti a condizioni di disagio e di degrado sociale ed economico.

La norma ammette il recupero dei locali interrati consentendone diverse destinazioni d'uso, tra cui quella abitativa e quella turistico ricettiva. Tuttavia, per come si vedrà, la norma appare a mio avviso più interessante riguardo alle attività commerciali, alberghiere e produttive, dove lo sfruttamento dei locali interrati può essere cruciale per meglio distribuire le aree funzionali dell'attività, ad esempio collocando al piano interrato i bagni anche per il pubblico e gli spogliatoi: non molti sanno, difatti, che tali servizi non possono essere collocati nei locali interrati senza che ciò generi un vero e proprio cambio di destinazione d'uso o ampliamento. I locali abitativi, d'altronde, hanno dei limiti oggettivi sulle norme igienico-sanitarie che ne limitano implicitamente la trasformabilità.

destinazioni d'uso ammesse

nell'applicazione della norma sono ammesse solo delle specifiche destinazioni, benché ampie e tali da coprire la maggior parte di quelle potenzialmente maggiormente utili:
  • residenziale;
  • turistico-ricettivo, da intendersi implicitamente esteso sia alle attività extralberghiere, sia agli alberghi;
  • direzionale, ovvero uffici privati;
  • commerciale;
  • produttivo.
è curioso che il legislatore regionale non abbia fatto diretto riferimento alle categorie generali delle destinazioni d'uso dell'art. 23-ter DPR 380/01, comunque facendo un raffronto ed una sovrapposizione con queste, appare che l'unica destinazione effettivamente esclusa sia quella rurale.

Vista l'ampiezza e genericità della definizione, a parere di chi scrive la norma deve implicitamente ritenersi spendibile anche per i cambi di destinazione d'uso tra le varie categorie ammesse, quindi non solo per sfruttare ambienti che nascono come volumi non incidenti sul carico urbanistico, tipo cantine o garage, ma anche per effettuare cambio di destinazione d'uso di immobili attualmente già destinati ad altro uso. Prova di ciò ne sia la specifica clausola di esclusione del comma 16 lettera e) che non ammette l'applicazione della norma nelle zone A verso destinazione residenziale, se quella originaria è legittima è commerciale: dunque un cambio d'uso vero e proprio.

a quali locali si applica?

la norma si applica ai locali di cui viene data esatta definizione:
  • volumi interrati, ovvero quelli in cui la quota del pavimento e del soffitto si trovano entrambe ad un livello inferiore rispetto alla quota del terreno. per quota del terreno deve intendersi il piano di campagna di progetto, e comunque suggerisco di fare riferimento alle 42 definizioni uniformi;
  • volumi seminterrati, ovvero quelli in cui la quota di pavimento è al di sotto del piano di campagna, ma quella del soffitto invece si trova al di sopra (non vengono stabilite percentuali di interramento minime, dunque virtualmente qualunque locale anche parzialmente fuori terra è seminterrato);
  • volumi a livello terra, quelli in cui il pavimento si trova allo stesso livello del piano di campagna, oppure superiore.
nelle definizioni non si parla di destinazioni d'uso ma solo delle caratteristiche geometriche che devono avere gli ambienti per poter accedere alla norma.

quanto costa in termini di oneri concessori?

La norma espressamente assoggetta - giustamente - l'intervento all'onerosità già prevista per tutte le nuove costruzioni, in quanto sostanzialmente si tratta di un intervento di ampliamento, se il locale su cui si opera non è stato computato nell'originaria cubatura edificata, ovvero di cambio di destinazione d'uso in tutti gli altri casi.

il comma 5 della norma chiaramente dispone in tal senso, indicando che si applicano le tabele già esistenti nei singoli comuni. E' evidente ritenere che l'onerosità sia da calcolare come nuova costruzione o ampliamento, ovvero come mutamento di destinazione d'uso, quindi con compilazione, a rigore di logica, del prospetto A. Tuttavia, dato che lo stesso comma 5 dispone che l'intervento comunque rientra nelle definizioni della ristrutturazione edilizia, si può considerare logico anche procedere con determinazione del contributo di costruzione mediante computo metrico. Purtroppo nell'incertezza della norma, si valuti come procedere caso per caso con la stessa amministrazione.

Dare un'idea pratica delle somme dovute in termini di contributo di costruzione è di fatto impossibile e potrebbe anche apparire fuorviante, in quanto dipende fortemente non solo dal comune in cui si sta operando (ciascun comune ha le sue tabelle parametriche ma anche le sue procedure di calcolo) ma anche dalla tipologia di intervento (se va inquadrato come ampliamento piuttosto che come cambio d'uso). Solo per mero riferimento di larga massima e senza impegno alcuno, se si opera su Roma e se l'intervento va inquadrato come ampliamento, il contributo di costruzione potrebbe aggirarsi attorno ai 400 euro/mq (per mq di superficie lorda recuperata) al netto della monetizzazione degli standard, la quale ha un minimo sindacale di circa 100 euro/mq ma più facilmente oscilla tra i 250 ed i 500 euro/mq (dipende dai valori commerciali della zona).

le deroghe alle altezze

La norma in parola consente le deroghe alle norme igienico-sanitarie esclusivamente con riguardo alle altezze interne, ed anzi non è neanche particolarmente permissiva. Dunque, a differenza della norma sul recupero sottotetti, non vi è deroga riguardo ai rapporti aeroilluminanti: probabilmente, il legislatore regionale ha ritenuto che consentire tali deroghe in locali interrati potrebbe portare a creare locali eccessivamente bui che risulterebbero potenzialmente dannosi per il benessere psico-fisico.

Tornando alle deroghe alle altezze, queste sono così stabilite nel comma 8:
  • metri netti 2,40 per ambienti destinati a residenza o destinazioni affini quali direzionale e turistico-ricettivo;
  • metri netti 3,00 per locali commerciali
non sono espressamente indicate deroghe per le destinazioni ad uso produttivo.

non si parla di deroghe alle superfici minime, ma su queste già ci ha pensato il decreto salva-casa che ha previsto specifiche norme per l'agibilità derogata di locali a destinazione residenziale.

le condizioni per il recupero

La norma necessariamente impone dei limiti all'applicazione della disposizione, perché è giusto e logico che essa non debba trovare applicazione libera e selvaggia (già è troppo permissiva, sotto certi aspetti, agli occhi di chi è esperto di "abusi" come chi scrive). Alcune di queste limitazioni sono decisamente impattanti all'interno delle zone già pesantemente urbanizzate e probabilmente è giusto così.

La condizione "base" è che l'intervento deve trovare attuazione nell'ambito di un fabbricato legittimato da originaria licenza edilizia o successivamente legittimato: non è espressamente indicato che debba anche essere conforme ai titoli pregressi (dunque che non abbia difformità), ma ciò è implicito nella stessa norma edilizia (il DPR 380/01) che sovrasta comunque l'intervento e che non è derogata.

La prima condizione tra quelle specifiche per il recupero è che il progetto deve dare dimostrazione del fatto che l'ambiente interrato sia protetto contro eventuali inondazioni e garantire quindi la sicurezza idraulica. La norma qui non è molto dettagliata e non si comprende bene cosa debba essere oggetto di progettazione: in attesa di migliori indicazioni, si suggerisce di prevedere nel progetto delle opere di mitigazione come vespai perimetrali con quota inferiore a quella del pavimento interno, specifiche verifiche relative alla presenza di falde nelle vicinanze, verifica che i sistemi di drenaggio siano efficienti. La norma non è comunque applicabile nelle zone a rischio idrogeologico dunque non si tratta di valutare tale tipo di rischio ma sembra essere una disposizione rivolta ad evitare che possano esserci degli apporti di acqua imprevisti ad esempio nell'ambito di piogge intense.

Nel caso di destinazioni commerciali e direzionali, o in caso di locali accessori, è sempre ammesso il ricorso a sistemi di aeroilluminazione artificiali. La norma in questo punto appare ambigua: tecnicamente per come così ampliamente formulata, sarebbe possibile realizzare un ufficio completamente tombato, con aria e luce artificiali; appare invece chiaro che per le destinazioni residenziali, l'illuminazione e aerazione artificiale è utilizzabile solo per gli ambienti di servizio (bagni, ripostigli, disimpegni).

L'operazione di recupero del locale seminterrato deve prevedere un intervento di isolamento termico. da questo punto di vista la norma si allinea al recupero sottotetti che ha una disposizione identica, anche nella vaghezza. All'atto pratico, si tratta di sviluppare un progetto di efficientamento energetico in cui viene realizzato un involucro a norma con le vigenti disposizioni in tema di risparmio energetico, ivi compresi gli impianti. Non c'è motivo di ritenere che non debba applicarsi in pieno il decreto requisiti minimi senza deroghe, se non quelle già presenti nella norma.

Viene espressamente previsto il rispetto delle disposizioni del d.lgs. 101/2020 sui limiti dell'esposizione al Gas Radon: è una disposizione sacrosanta perché i locali interrati sono particolarmente esposti a questo tipo di radiazione inquinante: attenzione dunque alla progettazione, che deve essere attenta e specifica sulla gestione di questo aspetto e deve essere eseguita da professionisti appositamente formati.

casi di esclusione

il comma 16 riveste carattere particolarmente importante, perché indica le esclusioni, ovvero le casistiche in cui la norma non può essere applicata. Le esclusioni riguardano:
  1. i locali posti in aree a rischio idrogeologico, anche se non viene indicato i livelli di rischio o di pericolosità che determinano l'esclusione; ad esempio a Roma ampie parti del rione Prati sono a rischio R2, un rischio moderatamente basso in cui non sono previste prescrizioni edilizie dirette, ma si tratta pur sempre di un area a rischio: sarebbe importante che la regione chiarisca quanto prima l'effettivo ambito di questa esclusione facendo riferimento ai livelli di rischio o specificando chiaramente che si applica a qualunque livello di rischio compreso l'R2;
  2. i locali facenti parte di edifici in cui sono già presenti otto o più unità immobiliari a destinazione residenziale. Evidentemente il legislatore vuole evitare che la legge possa essere applicata per finalità speculative in zone in cui l'edilizia presenta già una elevata densità edilizia, anche se il parametro del numero delle unità che compone il fabbricato non sarebbe adatto a tale valutazione. Sono esclusi i fabbricati dell'ATER. questa disposizione limita fortemente l'applicazione della norma nei quartieri consolidati di Roma, in quanto la maggior parte dei fabbricati residenziali ha più di otto unità immobiliari, ma con moltissime eccezioni soprattutto nelle zone di completamento o che avrebbero bisogno di ristrutturazione urbanistica. è curioso ma essenziale notare che tale esclusione si applica indipendentemente dalla destinazione che si intende dare al locale recuperato;
  3. gli immobili che ricadono nelle zone E (rurali) con l'eccezione di immobili pertinenziali o accessori che non siano legati ad aziende agricole attive: dunque la norma è applicabile ad esempio ad un box auto pertinenza di una unità residenziale non connessa ad una attività agricola;
  4. in zona A la norma non può essere attuata per il recupero di locali che non siano ad attività residenziale, se ci si trova in un comune con più di 150.000 abitanti (di fatto, nella Regione tale requisito appartiene solo a Roma dunque si tratta di una norma ad hoc);
  5. altresì, però, sempre in zona A e sempre per città con popolazione superiore a 150.000 abitanti (cioè sempre solo Roma), il recupero a fini abitativi non è possibile se la destinazione originaria del locale è quella commerciale.
i comuni, senza limiti di tempo, possono deliberare l'esclusione di specifiche zone, ai sensi del comma 17, ma secondo i criteri delle esclusioni del comma 16, dunque non arbitrariamente.




il testo della legge

Di seguito si riporta il testo dell'art. 25 L.R. 12/2025 eccetto che per l'utimo comma, il 21, che contiene disposizioni non direttamente riconducibili a quanto sopra.

attenzione: quello che segue è il testo della norma che qui sopra è commentato, ma non lo si può considerare un testo ufficiale. Il testo è riportato solo per semplicità di ricerca da parte del lettore. Per i testi ufficiali della norma si faccia sempre esclusivo riferimento a quanto pubblicato sul Bollettino Ufficiale Regionale. Il testo  è riportato anche perché il commento di cui sopra è stato sviluppato sulla base di questo esatto testo di legge: dunque anche per mantenere la coerenza dello scritto con la norma, si riporta il testo che era in vigore al momento del commento.

nel testo, in carattere corsivo e con impaginazione diversa, dei miei ulteriori piccoli commenti a carattere più operativo.



Art. 25 L.R. 12/2025 (Disposizioni in materia di recupero di volumi interrati, seminterrati e a livello terra. Modifica alla legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 “Norme sul governo del territorio” e successive modifiche)

1. Al fine di contenere il consumo del suolo, favorire politiche abitative volte all’efficientamento energetico degli edifici e alla riduzione delle emissioni in atmosfera e sostenere i territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociale ed economico, il presente articolo promuove il recupero dei volumi interrati, seminterrati e a livello terra ad uso residenziale, turistico-ricettivo, produttivo, direzionale e commerciale.

il comma 1 descrive le finalità della norma che sono necessarie per attivarne il carattere di derogatorietà degli strumenti urbanistici. La norma è direttamente applicabile già da oggi, non prevede recepimenti comunali né tempistiche di sospensione termini per l'adozione.

2. Ai fini del presente articolo si definiscono: a) volume interrato, il volume il cui pavimento e soffitto si trovano a una quota inferiore a quella del terreno; b) volume seminterrato, il volume il cui pavimento si trova a una quota inferiore, anche solo in parte, a quella del terreno e il cui soffitto si trova ad una quota superiore rispetto al terreno; c) volume a livello terra, il volume il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza.

3. È consentito il recupero dei locali interrati a condizione che questi, anche attraverso opere di sbancamento, garantiscano sufficienti condizioni di illuminazione e areazione.
la prescrizione è tanto vaga quanto generica: non sono consentite deroghe ai rapporti aeroilluminanti, dunque le finestre dovranno essere dimensionate come da normativa vigente, ovvero non solo il rapporto di 1/8 nelle destinazioni residenziali, ma anche il fattore medio di luce diurna non inferiore al 2% che nei contesti urbanizzati può essre un limite implicito alla realizzazione degli interventi.

4. Il recupero è sempre ammesso, anche in deroga ai limiti e alle prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici comunali generali e dei regolamenti edilizi. Il recupero non è mai soggetto alla preventiva adozione e approvazione di piano attuativo o di permesso di costruire convenzionato.

5. L’intervento di recupero è da ricondurre agli interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche ed è assoggettato al corrispondente regime economico-amministrativo, comportando la corresponsione del versamento del contributo di costruzione stabilito all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001 secondo le tabelle approvate e vigenti in ciascun comune in relazione alla nuova destinazione d’uso conseguita con l’attuazione dell’intervento edilizio; tale contributo non è previsto per gli edifici di proprietà dei comuni e per quelli delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica (ATER). Gli interventi sono, inoltre, assoggettati al pagamento del contributo straordinario pari al 50 per cento del contributo di costruzione di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001; i comuni, nell’ambito della propria autonomia, destinano preferibilmente le somme del contributo straordinario alla promozione di studi e interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico. Qualora gli interventi di cui al presente articolo e siano attinenti alla prima casa, è riconosciuta una riduzione del 20 per cento del contributo di costruzione e la facoltà ai comuni di consentire una ulteriore riduzione fino ad un massimo del 30 per cento del contributo di costruzione, previa deliberazione del consiglio comunale. È altresì riconosciuta una riduzione del contributo di costruzione pari al 50 per cento per i comuni con popolazione fino a 5 mila abitanti e pari al 30 per cento per i comuni con popolazione compresa tra 5001 e 15 mila abitanti per i cambi di destinazione d’uso da non residenziale a commerciale.

l'intervento è soggetto ad onerosità base, più una ulteriore onerosità straordinaria calcolata come era previsto nel vecchio piano casa

6. È consentito il recupero dei volumi, anche accessori, a livello terra, seminterrati e interrati esistenti o assentiti alla data di entrata in vigore della presente legge a condizione che il fabbricato principale fosse originariamente munito di titolo abilitativo legittimo o legittimato. Il recupero è subordinato, altresì, alla condizione che l’edificio principale sia servito dalle opere di urbanizzazione primaria o da sistemi alternativi conformi alla normativa vigente.

non è ben chiaro cosa si intenda per "sistemi alternativi conformati": forse giusto al pozzo nero per le fogne.

7. Le opere di recupero sono eseguite nel rispetto di tutte le prescrizioni tecnico costruttive e igienico-sanitarie vigenti; tali opere devono garantire la sicurezza idraulica, asseverata da una relazione di compatibilità idraulica nei confronti dei rischi di alluvione e allagamento, esondazioni corsi d’acqua naturali e artificiali e allagamenti dovuti all’insufficienza dei sistemi di drenaggio, redatta da un tecnico abilitato.

come già commentato, questo passaggio rischia di tradursi in valutazioni teniche complesse e costose, nonché esporre il tecnico ad eccessive responsabilità.

8. Le altezze minime interne nette, che possono essere raggiunte anche con opere edilizie che comportano l’abbassamento del solaio di calpestio dei vani e dei locali da recuperare, a condizione che tali opere non incidano negativamente sulla statica dell’edificio e rispettino tutte le norme in materia di statica delle costruzioni in conformità con le indicazioni e prescrizioni della Parte II del d.p.r. 380/2001, fatte salve le prescrizioni di cui all’Allegato IV (Requisiti dei luoghi di lavoro) al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), sono determinate in: a) 2,40 mi per locali destinati a residenza o a funzioni ad essa assimilabili, uffici e attività turistico ricettive; b) 3,00 mi per locali con destinazione commerciale.

9. Esclusivamente per i locali accessori, di servizio o con destinazione commerciale o direzionale, è sempre consentito il ricorso ad aeroilluminazione totalmente artificiale.

10. L’intervento di recupero deve rispettare quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101 (Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell’articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117) e successive modifiche.

questa sopra citata è la norma per la protezione all'esposizione da gas radon

11. L’intervento di recupero, se in deroga ai limiti fissati dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765), deve prevedere il reperimento, da parte dei richiedenti, di superfici idonee a compensare gli standard urbanistici mancanti ovvero la loro monetizzazione in base ai costi correnti di esproprio all’interno dell’area considerata.

una frase analoga compare nella L. 13/2009 sul recupero a fini abitativi dei sottotetti: da un lato ciò è stato interpretato che la norma implicitamente ammette la deroga ai limiti del DM 1444 e, dall'altra, che solo in questo caso è dovuta la monetizzazione.

12. Il progetto di recupero deve prevedere interventi di isolamento termico nonché, ove possibile, interventi di risparmio idrico, di ricorso a fonti energetiche rinnovabili e di recupero delle tradizioni costruttive biosostenibili di cui alla legge regionale 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia). Al progetto trovano, altresì, applicazione le eventuali ulteriori prescrizioni in materia di sostenibilità ambientale e di efficientamento energetico previste dalla normativa statale.

13. Gli interventi di recupero sono subordinati, con esclusione degli immobili per l’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa di proprietà del comune o delle ATER, all’obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali; qualora venga comprovata l’impossibilità di dotarsi di parcheggi pertinenziali, è possibile ricorrere alla monetizzazione in base ai parametri e alle modalità stabilite dai singoli comuni. Laddove i comuni non abbiano determinato parametri e modalità di monetizzazione, la stessa avverrà in funzione dei costi correnti di esproprio dell’area su cui insiste l’edificio oggetto di intervento. Sono esclusi dal reperimento di aree a parcheggio pertinenziali gli interventi di recupero ai fini abitativi, fino a 28 metri quadrati di superficie netta, di locali direttamente collegati con l’immobile principale. Nel caso in cui si attua il recupero a fini residenziali di un locale garage, inizialmente computato ai fini della dotazione di parcheggi pertinenziali, il titolare della richiesta dovrà obbligatoriamente reperire la stessa superficie oggetto di mutamento da destinare a parcheggio, senza possibilità di ricorrere alla monetizzazione. Ove il recupero riguardi destinazioni commerciali, dovranno essere rispettate le dotazioni minime previste dalla legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio) e successive modifiche e dal relativo regolamento di attuazione.

in analogia ad altre norme regionali, quali la rigenerazione urbana, viene consentito di poter monetizzare gli standard urbanistici non reperibli.  Non vengono posti limiti alle superfici monetizzabili. La norma indica che essa è applicabile anche ai locali che sono destinati ad autorimessa pertinenziale (a differenza della precedente norma del piano casa che lo escludeva a prescindere) ma in questo caso occorre reperire, senza possibilità di monetizzazione, la stessa superficie a compensazione. ciò è del tutto logico, perché si tratta di superfici a standard urbanistico e dunque sono immobili che perseguono specifici interessi pubblici che non possono essere semplicemente soppressi senza compensazione. è curioso però che questa limitazione si applica solo se la finalità del recupero è verso l'uso residenziale, con esclusione delle altre destinazioni: anche questo sembra un passaggio in odore di incostituzionalità.
14. Qualora il proprietario volesse porre in locazione l’autonoma unità abitativa recuperata ai sensi del presente articolo entro i dieci anni successivi al certificato di ultimazione dei lavori, può farlo a condizione che ricorra al canone calmierato determinato secondo i criteri contenuti nel regolamento regionale 28 dicembre 2012, n. 18 (Determinazione dei criteri e modalità per la definizione del canone calmierato per l’edilizia sociale ai sensi dell’articolo 3-ter della legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 e successive modifiche); decorsi dieci anni dall’emissione del certificato di ultimazione dei lavori, l’obbligo del canone calmierato decade.

dal comma 14 deriva, fra le altre, l'importanza di chiudere correttamente le pratiche autorizzative con certificati di collaudo e con tutta la documentazione che ne consegue.

15. I volumi recuperati in applicazione del presente articolo non possono essere oggetto di cambio di destinazione d’uso nei dieci anni successivi al certificato di ultimazione dei lavori.

attenzione a questa prescrizione, soprattutto in caso di compravendita e, anche qui, attenzione a concludere correttamente il titolo edilizio nei tempi previsti dalla legge e allegando la dovuta documentazione.

16. Sono esclusi dall’applicazione del presente articolo: 
a) gli immobili ricadenti in aree sottoposte a tutela per dissesto idrogeologico, individuate da strumenti di pianificazione comunale e sovracomunale; 
b) gli immobili facenti parte di edifici superiori ad otto unità immobiliari residenziali come censite all’Agenzia delle entrate, ad eccezione degli immobili per l’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa di proprietà del comune e di quelli delle ATER; 
c) le zone omogenee E come definite dal d.m. 1444/1968, ad eccezione del recupero di volumi accessori e pertinenziali che non siano inseriti in un fascicolo aziendale ai sensi della vigente normativa di settore e non presentino i requisiti di connessione funzionale in quanto non presente e attiva alcuna azienda agricola; 
d) il recupero finalizzato alle destinazioni turistico-ricettive, alberghiere e extra alberghiere, produttive, direzionali e commerciali nelle zone omogenee A, come definite dal d.m. 1444/1968, dei comuni con popolazione superiore a 150 mila abitanti; 
e) il recupero finalizzato alla destinazione residenziale nelle zone omogenee A, come definite dal d.m. 1444/1968, dei comuni con popolazione superiore a 150 mila abitanti con una destinazione originaria commerciale.

dal combinato disposto dalle prescrizioni delle lettere d) ed e), nelle zone A di fatto è ammesso il solo recupero per fini residenziali, ammesso che l'immobile non abbia destinazione originaria a commerciale nel qual caso l'intervento è inibito del tutto. la destinazione originaria a parere di chi scrive deve essere determinata con le procedure ed i documenti di cui all'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01.

17. I comuni, mediante apposita deliberazione consiliare, possono disporre l’aggiornamento degli ambiti di esclusione di cui al comma 16 a seguito di nuovi eventi alluvionali, nonché di specifici studi di compatibilità geologica e idrogeologica locale.

18. I comuni, entro il 31 gennaio di ogni anno, comunicano alla direzione regionale competente i dati, riferiti all’anno precedente, relativi ai volumi a livello terra, seminterrato e interrato recuperati, le relative superfici e le corrispondenti destinazioni d’uso insediate, mediante apposita modulistica predisposta dagli uffici regionali.

19. Con cadenza biennale, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione contenente: a) il numero complessivo e la principale distribuzione geografica degli interventi di recupero dei volumi a livello terra, seminterrato e interrato; b) l’indicazione delle principali caratteristiche edilizie e funzionali degli edifici interessati dagli interventi; c) le principali esclusioni previste dai comuni ai sensi del comma 16; d) l’indicazione del numero complessivo delle unità immobiliari autonomamente fruibili generate.

20. La Giunta regionale rende accessibili i dati e le informazioni raccolte per le attività valutative previste dal presente articolo. Il Consiglio regionale rende pubblici i documenti che concludono l’esame svolto.

21. omesso.


nota di lettura

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