giovedì 31 luglio 2025

legge rigenerazione urbana Lazio - testo coordinato L. 12/2025

legge rigenerazione urbana lazio aggiornata al 2025

in questo post vi riporto il  testo coordinato della legge regionale del Lazio n°7/2017 come aggiornata dalla L.R. 30 luglio 2025 n°12, con miei commenti riportati nel testo stesso.

immagine generata tramite Gemini AI
su prompt dell'autore


introduzione

Qui appresso riporto il testo coordinato della Legge 7/2017, aggiornato con le importanti modifiche apportate dalla L.R. 12/2025. In testo barrato sono riportate le porzioni elminate (tranne laddove l'eliminazione riguarda commi interi che sono stati completamente sostituiti) mentre in grassetto le novità aggiunte. Attenzione: non sono evidenziate in questo testo le modifiche temporalmente precedenti, ma solo quelle del 2025.

Sono riportati gli articoli dall'1 all'8 compresi, dunque con esclusione degli ulteriori articoli dopo l'8, perché non interessati da modifiche. All'interno del testo sono riportati dei miei commenti impaginati in modo diverso per distinguerli ovviamente dal testo di legge. In calce, infine, delle mie considerazioni generali.

Naturalmente, quello che segue non può essere considerato un testo ufficiale: per il riferimento di legge occorre fare riferimento a quanto pubblicato sul bollettino ufficiale regionale. Il presente testo è qui riprotato appositamente per potervi offrire i miei commenti sullo stesso ma non riveste carattere di ufficialità.

articoli 1 e 2

Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio
Art. 1
(Finalità e ambito di applicazione)
1. La presente legge, in attuazione dell’articolo 5, comma 9, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modifiche, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 e dell’articolo 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), detta disposizioni finalizzate al perseguimento, attraverso la realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, di una o più delle finalità sotto elencate:
a) promuovere, incentivare e realizzare, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini, la rigenerazione urbana intesa in senso ampio e integrato comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, anche per promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici, favorendo forme di co-housing per la condivisione di spazi ed attività;
b) incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, favorire il recupero delle periferie, accompagnare i fenomeni legati alla diffusione di piccole attività commerciali, anche dedicate alla vendita dei prodotti provenienti dalla filiera corta, promuovere e agevolare la riqualificazione delle aree urbane degradate e delle aree produttive, limitatamente a quanto previsto dall’articolo 4, con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di complessi edilizi e di edifici in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare;
c) qualificare la città esistente, limitare il consumo di suolo, aumentare le dotazioni territoriali mediante l’incremento di aree pubbliche o la realizzazione di nuove opere pubbliche ovvero il potenziamento di quelle esistenti, favorire la mobilità sostenibile, in particolare potenziando la mobilità su ferro;
d) aumentare la sicurezza dei manufatti esistenti mediante interventi di adeguamento sismico, di miglioramento sismico e di riparazione o intervento locale, tenuto conto delle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.p.r. 380/2001 e successive modifiche e integrazioni;
e) favorire il miglioramento della qualità ambientale e architettonica dello spazio insediato, promuovendo le tecniche di bioedilizia più avanzate, assicurando più elevati livelli di efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel rispetto della normativa vigente;
f) promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici nonché favorire l’effettivo utilizzo agricolo attraverso il riuso o la riqualificazione, anche con la demolizione e la ricostruzione, di fabbricati esistenti utilizzando le tecniche ed i materiali tipici del paesaggio rurale; in tale contesto la Regione incentiva la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nelle aree agricole, promuovendo misure volte a disincentivare l’abbandono delle coltivazioni, a sostenere il recupero produttivo, la rigenerazione delle aree agricole dismesse od obsolete, il ricambio generazionale in agricoltura e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile;
g) promuovere lo sviluppo del verde urbano, l’adozione di superfici permeabili e coperture a verde pensile, la realizzazione di interventi per la regimentazione ed il recupero delle acque piovane.
commento al comma 1: viene eliminata una delle finalità della norma, mentre le altre rimangono invariate. E' necessario evidenziare che si tratta di una legge speciale che impone il raggiungimento di uno degli obiettivi elencati per poterla utilizzare: non è un caso, come si vedrà, che si introduce l'obbligo di conferenza dei servizi per autorizzare alcune tipologie di progetti nella quale la Regione stessa valuta la sussistenza dei requisiti per aplicarla.
2. Gli interventi di cui alla presente legge sono consentiti, nelle porzioni di territorio urbanizzate, su edifici legittimamente realizzati o per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, ovvero intervenga l’attestazione di avvenuta formazione del silenzio assenso sulla richiesta di concessione edilizia in sanatoria con le modalità di cui legge non si applicano:
a) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta, ad eccezione degli interventi che comportino la delocalizzazione al di fuori di dette aree;
b) nelle aree naturali protette, ad esclusione delle porzioni di territorio urbanizzate come definite ai sensi del comma 7 nelle quali gli interventi devono rispettare le previsioni del piano di gestione dell’area naturale protetta; nelle aree naturali protette per le quali non è stato approvato il piano di gestione, gli interventi di cui alla presente legge sono consentiti, nel rispetto della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche, nelle zone territoriali omogenee A e B di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ovvero nelle porzioni di territorio urbanizzate come definite ai sensi del comma 7. Gli interventi di cui alla presente lettera possono essere realizzati previo nulla osta di cui all’articolo 28 della l.r. 29/1997 e successive modifiche;
c) nelle zone omogenee E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, ad esclusione delle zone individuate come paesaggio degli insediamenti urbani e paesaggio degli insediamenti in evoluzione dal PTPR e fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, della legge regionale 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della Regione) e successive modifiche. Nelle medesime zone omogenee E sono comunque consentiti gli interventi di cui all’articolo 6 gli interventi previsti dagli articoli 5 e 6 sono consentiti purché ricadenti nelle porzioni di territorio urbanizzate come definite ai sensi del comma 7, salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, per gli interventi di miglioramento sismico.
2 bis. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 1 sexies, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione inferiore a 50 mila abitanti, entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione pari o superiore a 50 mila abitanti ed entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione pari o superiore a 100 mila abitanti, con deliberazione del consiglio comunale è possibile individuare specifiche porzioni di territorio ovvero immobili nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere storico, artistico, urbanistico, paesaggistico, geomorfologico, ambientale ed architettonico, escludere o limitare gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 6. Fino alla scadenza dei termini di cui al periodo precedente sono sospese le segnalazioni certificate di inizio di attività (SCIA) e le istanze per il rilascio dei titoli abilitativi per gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 presentate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione; le SCIA e le istanze per il rilascio dei titoli abilitativi presentate prima della data di entrata in vigore della presente disposizione sono regolate, a eccezione dei mutamenti di destinazione d’uso da turistico ricettivo ad altra destinazione che restano in ogni caso sospesi, dalle disposizioni previste dalla disciplina previgente purché alla data di entrata in vigore della presente disposizione siano maturate le condizioni di cui, rispettivamente, all’articolo 23, commi 1, 3 e 4, e all’articolo 20, comma 8, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche. Decorso un anno dalla scadenza di cui al periodo precedente, i comuni possono aggiornare le deliberazioni approvate o, nel caso non abbiano deliberato, approvare le deliberazioni per la prima volta. Le esclusioni introdotte con le deliberazioni di cui al presente comma sono efficaci anche nei confronti delle deliberazioni precedentemente approvate ai sensi della presente legge, fatti salvi i titoli edilizi rilasciati.
commento al comma precedente: dato che alcune modifiche apportano modifiche radicali all'attuazione di alcuni articoli (come ad esempio l'art. 5) tali anche da derogare alle stesse norme dei piani regolatori, questo comma serve a consentire ai comuni di valutare se attivare delle specifiche salvaguardie se vuole evitare che la norma regionale possa derogare in modo radicale le disposizioni pianificatorie. Nell'attesa del trascorrere del tempo concesso (per Roma sono 150 giorni a partire dal 01 agosto 2025 - la Legge entra in vigore il giorno dopo della pubblicazione, ed il BUR è del 31 luglio) i titoli edilizi eventualmente presentati dopo l'entrata in vigore della disposizione in tutto il comune sono sospese, e ciò dunque vale per qualunque istanza presentata ai sensi di ogni articolo indicato, per pratiche presentate in qualunque zona. Di fatto questo comma introduce una sospensione termini di attuazione della norma in tutto il territorio regionale, la cui durata varia da comune a comune in base alla dimensione. Attenzione perché la sospensione dell'efficacia comporta che le pratiche presentate - soprattutto le SCIA - non maturano nemmeno i termini del silenzio-assenso, dunque è sostanzialmente inutile presentarle (ed attenzione a non iniziare i lavori perché in questo contesto sarebbero abusivi!).
3. Gli interventi di cui alla presente legge sono realizzati in conformità e nel rispetto della normativa di settore e della pianificazione sovraordinata a quella comunale. Per gli edifici situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche e integrazioni, gli interventi di cui alla presente legge sono consentiti, nel rispetto del PTPR, previa autorizzazione ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche e integrazioni, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 149 del medesimo decreto legislativo e dall’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata).
4. Le aree oggetto degli interventi di rigenerazione urbana costituiscono ambiti prioritari per l’attribuzione dei fondi strutturali europei a sostegno delle attività economiche e sociali. La Regione introduce criteri specifici nella definizione dei bandi sui fondi strutturali europei a favore delle aree oggetto degli interventi di rigenerazione urbana e dei progetti sperimentali di rigenerazione urbana volti all’innovazione, all’attuazione di particolari forme di economia circolare e all’inclusione sociale.
5. Nell’ambito dei programmi (2) di rigenerazione urbana sono previsti specifici interventi per le attività sociali ed economiche a favore del recupero della residenzialità e delle attività artigianali, della riutilizzazione delle aree di mercato inutilizzate dalla piccola distribuzione commerciale, di nuove attività produttive nelle aree industriali dismesse.
6. La Regione promuove specifici programmi di rigenerazione urbana nelle aree di edilizia residenziale pubblica (ERP), anche con interventi complessi di demolizione e ricostruzione, con particolare riguardo alle periferie e alle aree di maggiore disagio sociale.
7. Sono definite porzioni di territorio urbanizzate:
a) le porzioni di territorio classificate dalla Carta dell’uso del suolo, di cui alla deliberazione della Giunta regionale 28 marzo 2000, n. 953, come insediamento residenziale e produttivo, zone estrattive, cantieri e discariche e aree verdi urbanizzate;
b) la parte di territorio già trasformata in attuazione delle previsioni degli strumenti urbanistici;
c) le porzioni di territorio individuate come trasformabili dalle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ivi incluse le aree per gli standard urbanistici ancorché non realizzati.
c bis) i lotti di terreno che, ancorché non individuati nelle lettere a), b) e c), sono serviti dalle opere di urbanizzazione primaria, purché divisi, da strade dotate delle reti di servizi di pubblica utilità di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847 (Autorizzazione ai Comuni e loro Consorzi a contrarre mutui per l’acquisizione delle aree ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 167) e successive modifiche, da frontistanti aree individuate dalle precedenti lettere.
7 bis. Gli interventi previsti dalla presente legge sono consentiti per gli edifici la cui superficie ricada, per almeno il 30 per cento, nelle porzioni di territorio urbanizzate di cui al comma 7.
commento al comma 7-bis: curiosa fattispecie di definizione: difficilmente gli immobili si trovano a metà tra aree. Sembra una norma pensata per risovere qualche caso specifico, ma anche per ridurre la perentorietà dei confini.
8. Per il perseguimento delle finalità di cui alla presente legge, al fine di individuare in forma omogenea e progressiva il territorio della Regione, la Carta dell’uso del suolo è pubblicata sul portale cartografico della Regione (1a) ed è aggiornata ogni tre anni a decorrere dall’ultimo aggiornamento del volo 2014.
Art. 2
(Programmi di rigenerazione urbana)
attraverso il coinvolgimento di soggetti pubblici e su proposte dei privati, programmi di rigenerazione urbana costituiti da un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socioeconomici volti, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale, con finalità di interesse generale e con il riuso dei materiali derivanti dalle demolizioni di opere e manufatti di edilizia civile ed infrastrutturale, a riqualificare il contesto urbano in situazione di criticità e di degrado ed a recuperare e riqualificare gli ambiti, i complessi edilizi e gli edifici dismessi o inutilizzati al fine del miglioramento delle condizioni abitative, sociali, economiche, ambientali, culturali e paesaggistiche, inclusi i programmi volti a potenziare la mobilità sostenibile, a favorire l’insediamento di attività di agricoltura urbana e al conseguimento dell’autonomia energetica basato anche sulle fonti rinnovabili.
2. La realizzazione dei programmi è subordinata all’esistenza, adeguamento o realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche ed alla dotazione o integrazione degli standard urbanistici di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968.
3. Per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi necessari alla realizzazione degli interventi di cui al presente articolo, il comune verifica le condizioni per l’applicazione di quanto disposto all’articolo 16, comma 4, lettera d ter), del d.p.r. 380/2001.
4. I comuni, nel perseguire gli obiettivi e le finalità di cui all’articolo 1, valutando anche le proposte dei privati, ivi incluse quelle presentate da associazioni consortili di recupero urbano, approvano con le procedure di cui al comma 6 i programmi di rigenerazione urbana, indicando:
a) la strategia localizzativa e di promozione sociale nonché le correlazioni e le ricadute rispetto alle previsioni dello strumento urbanistico generale vigente, evidenziate in uno schema d’inquadramento;
b) gli obiettivi di riqualificazione urbana, di sostenibilità ambientale, sociali ed economici che si intendono conseguire attraverso la riduzione dei consumi idrici, energetici e della impermeabilizzazione dei suoli nonché gli interventi ammessi, ivi inclusa la delocalizzazione;
c) le prescrizioni da seguire nella progettazione degli interventi;
d) le premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, per la realizzazione di opere pubbliche e/o per cessioni di aree aggiuntive in misura non superiore al 35 per cento della superficie lorda esistente; le premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente interessato dal programma, in misura non superiore al 60 per cento della superficie lorda esistente; il programma può anche riconoscere, al soggetto privato che realizzi opere pubbliche e/o ceda aree all’amministrazione, nuove volumetrie indipendentemente dal recupero degli edifici esistenti, da realizzare su aree trasformate o su aree libere, o prevedere la modifica della destinazione di zona di aree, anche libere;
e) le destinazioni d’uso consentite nell’ambito del programma di intervento;
f) la eventuale quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica e nel caso di edilizia sociale una quota non inferiore al 20 per cento;
g) le opere di mitigazione e compensazione ambientale;
h) le opere pubbliche o di pubblico interesse da realizzare;
i) le aree verdi e verdi attrezzate;
l) le politiche pubbliche, in particolare abitative, sociali, urbanistiche, paesaggistico-ambientali, culturali che concorrono al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera b);
m) il programma dettagliato delle iniziative per la partecipazione civica e per il coinvolgimento di enti, forze sociali, economiche e culturali interessati ai programmi di rigenerazione;
n) i soggetti pubblici, sociali ed economici che si ritiene utile coinvolgere nell’elaborazione, attuazione e gestione dei programmi di rigenerazione e le modalità di selezione dei soggetti privati;
o) una relazione di fattibilità contenente il quadro economico ed i criteri per valutare la fattibilità dei diversi programmi di rigenerazione, in particolare considerando come riferimento il Protocollo ITACA Regione Lazio alla scala edilizia e urbana.
5. Le premialità di cui al comma 4, lettera d) sono aumentate del 5 per cento nel caso in cui la superficie di suolo coperta esistente sia ridotta di almeno il 15 per cento a favore della superficie permeabile.
intervento o di recupero di cui alla l.r. 22/1997 e successive modifiche da approvare, se in variante allo strumento urbanistico generale vigente, con le procedure di cui all’articolo 4 della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di attività urbanistico-edilizia e snellimento delle procedure) e successive modifiche ovvero mediante accordo di programma. Nel caso di programmi conformi allo strumento urbanistico si applicano le procedure di cui all’articolo 1 della l.r. 36/1987 e successive modifiche.
7. Qualora l’intervento di rigenerazione urbana comporti la delocalizzazione con trasferimento delle relative cubature, il progetto di ricollocazione deve contenere anche quello relativo alla sistemazione ed alla bonifica, ove necessaria, delle aree liberate dalla demolizione, da adibire ad utilizzazioni coerenti con finalità di interesse pubblico. Gli interventi di bonifica, a carico dei titolari delle aree interessate, in particolar modo dei siti industriali dismessi, sono condizione obbligatoria per realizzare tutti gli interventi previsti dalla presente legge e devono essere ultimati inderogabilmente prima di qualsiasi cambio di destinazione d’uso e/o di rilascio del titolo abilitativo edilizio.
8. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.
9. La Regione riconosce il diritto dei cittadini all’informazione e partecipazione civica nell’elaborazione di tutti i programmi di trasformazione dei territori, compresi i programmi di rigenerazione urbana. L’adozione dei programmi di rigenerazione urbana da parte dei comuni è subordinata allo svolgimento di specifiche attività di informazione e partecipazione civica secondo quanto dettato dai relativi regolamenti comunali. Nei provvedimenti approvativi devono essere documentate le fasi relative alle procedure di partecipazione nelle modalità stabilite dall’amministrazione comunale.
10. Al fine di promuovere la qualità urbanistica, edilizia ed architettonica del programma di rigenerazione urbana, le premialità consentite dal presente articolo sono aumentate del 10 per cento nel caso in cui gli interventi previsti dallo stesso programma siano realizzati mediante la procedura del concorso di progettazione.
11. Per le finalità di sostenibilità ambientale si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche nonché il Protocollo ITACA Regione Lazio, raggiungendo come livello minimo il punteggio 3 relativo alla migliore pratica corrente. Per le medesime finalità, nei programmi di cui al presente articolo si deve prevedere, nella misura minima del 30 per cento, l’utilizzo di materiali di recupero derivanti dalle demolizioni di opere e manufatti di edilizia civile.

articoli 3 e 3-bis

Art. 3
(Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio)
1. I comuni, con una o più deliberazioni di consiglio comunale, individuano, anche su proposta dei privati, ambiti territoriali urbani nei quali, in ragione delle finalità di cui all’articolo 1, sono consentiti, previa acquisizione di idoneo e valido titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001 o del permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 28 bis del d.p.r. 380/2001, come recepito dall’articolo 1 ter della l.r. 36/1987, interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti con il riconoscimento di una volumetria o di una superficie lorda aggiuntive rispetto a quelle preesistenti nella misura massima del 30 per cento.
2. Per gli interventi di cui al presente articolo è consentito il mutamento delle destinazioni d’uso degli edifici tra le destinazioni previste dallo strumento urbanistico generale vigente ovvero il mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari all’interno delle categorie funzionali di cui al comma 6, con il divieto di mutamento delle destinazioni d’uso finalizzato all’apertura delle medie e grandi strutture di vendita di cui all’articolo 24, comma 1, lettere b) e c), della legge regionale 18 novembre 1999, n. 33 (Disciplina relativa al settore commercio) e successive modifiche e integrazioni di grandi strutture di vendita, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio) e successive modifiche.
3. Per gli interventi di cui al presente articolo è altresì consentito delocalizzare la ricostruzione e/o edificare la sola premialità di cui al comma 1 in aree trasformabili all’interno dell’ambito territoriale di cui al comma 1, prevedendone, ove necessario, il cambio della destinazione d’uso oltreché il superamento degli indici edificatori. Nel caso di libera e in tal caso la bonifica della stessa, ove necessaria, a carico del proponente. Detti interventi di bonifica, ove necessari, sono condizione obbligatoria per realizzare gli interventi di cui al presente articolo e devono essere ultimati prima del rilascio dei titoli abilitativi edilizi. oggetto di apposito atto d’obbligo.
4. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono approvate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della l.r. 36/1987.
5. Nei provvedimenti approvativi devono essere documentate le fasi, se previste, relative alle procedure di partecipazione, nelle modalità stabilite dall’amministrazione comunale.
6. Sono definite tra loro compatibili o complementari le destinazioni d’uso individuate all’interno delle seguenti categorie funzionali:
a) residenziale, turistico ricettivo, direzionale, servizi e commerciale limitatamente agli esercizi di vicinato;
b) produttivo, direzionale, servizi e commerciale limitatamente alle medie e grandi strutture di vendita.
7. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.
8. Al fine di promuovere la qualità urbanistica, edilizia ed architettonica degli ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio, le premialità consentite dal presente articolo sono aumentate del 10 per cento nel caso in cui gli interventi siano realizzati mediante la procedura del concorso di progettazione.
commento alle (poche) modifche dell'art. 3: questo è tra gli articoli "operativi" della norma quello che probabilmente subisce le modifiche meno incisive. La norma rimane di fatto quella originaria, con qualche aggiustamento nel verso della semplificazione
Art. 3 bis
(Ambiti territoriali di delocalizzazione)
1. I comuni, con una o più deliberazioni di consiglio comunale da approvare ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, individuano, anche su proposta dei privati, specifici e puntuali ambiti territoriali nei quali, per la presenza di vincoli urbanistici di inedificabilità, di aree del demanio marittimo, di fasce di rispetto delle strade pubbliche, ferroviarie, igienico-sanitarie e tecnologiche, di aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali, nonché agli standard previsti nel decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968 e successive modifiche o di aree tutelate per legge ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, sono consentiti, previa acquisizione di idoneo e valido titolo abilitativo, previsto nel d.p.r. 380/2001 o del permesso di costruire convenzionato previsto nell’articolo 28 bis del medesimo d.p.r. 380/2001, interventi di demolizione degli edifici esistenti con delocalizzazione totale in diversi ambiti individuati, con le medesime deliberazioni, tra le aree trasformabili, prevedendone, ove necessario, il cambio della destinazione d’uso oltreché il superamento degli indici edificatori.
commento al primo comma del nuovo articolo: molto interessante questa nuova disposizione, che risolve peraltro un problema su cui io stesso in passato avevo scritto e commentato. Il problema che questa norma mira a risolvere è che se un fabbricato si trova legittimamente all'interno di una zona che nel tempo è divetata inedificabile per via di vincoli idrogeologici, per realizzazione di infrastrutture ma anche semplicemente vincolata con vincolo paesaggistico, perde la possibilità di essere liberamente trasformata: in taluni casi, come vincolo idrogelogico o infrastrutturale, la demolizione e ricostruzione è preclusa, nel senso che non è ammessa la ricostruzione in situ, né ampliamenti. Questa norma dunque concede la possibilità di eseguire demolizione con delocalizzazione delle cubature, con premialità interessante, ma solo laddove il comune abbia opportunamente disciplinato tale possibilità. Le delibere possono essere anche puntuali, nel senso di consentire anche interventi singoli di delocalizzazione, anche su proposta dei privati: l'amministrazione dovrebbe fare attenzione ad evitare favoritismi economici soprattutto nelle città con mercato immobiliare più florido. Da come è formulato il successivo comma 2, la percentuale di premialità può essere modulata dal comune nel senso che non necessariamente deve essere sempre quella massima prevista.
2. L’intervento di delocalizzazione comporta il riconoscimento di una volumetria o di una superficie lorda aggiuntive rispetto a quelle preesistenti nella misura massima del 40 per cento, in superamento degli indici edificatori. In caso di cessione gratuita all’amministrazione comunale dell’area rimasta libera, la percentuale di cui al periodo precedente è incrementata di un ulteriore 5 per cento e l’eventuale bonifica della stessa, ove necessario, è a carico del proponente, da regolare con atto d’obbligo e da realizzare nel corso di validità del titolo abilitativo edilizio.
commento al comma: la percentuale di premialità è interessante, e si può aggiungere un ulteriore 5% se il proponente si impegna alla bonifica dell'area di provenienza e la cede alla pubblica amministrazione. Attenzione però ai tempi ed alle condizioni: la bonifica, che è condizione per la validità del titolo, deve essere eseguita durante la validità dello stesso. In caso suggerisco di certificare con dovizia di dettagli le opere di demolizione eseguite.
3. L’intervento di cui al presente articolo, inoltre, può prevedere, a esclusione del mutamento finalizzato all’apertura di grandi strutture di vendita di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019, il mutamento della destinazione d’uso tra quelle compatibili o complementari come di seguito individuate:
a) residenziale, turistico ricettivo, direzionale e commerciale limitatamente agli esercizi di vicinato;
b) produttivo, direzionale e commerciale limitatamente alle medie e grandi strutture di vendita.
4. Al fine di promuovere la qualità urbanistica, edilizia e architettonica degli ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio, le premialità consentite dal presente articolo sono aumentate del 10 per cento per interventi di enti pubblici nel caso in cui gli interventi siano realizzati mediante la procedura del concorso di progettazione.
5. Per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8.

articoli 4 e 5 mutamento d'uso ed efficientamento sismico

Art. 4
(Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso)
1. Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale da approvare mediante le procedure previste dall’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, possono prevedere l’ammissibilità, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 15.000 metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, con esclusione di quella rurale, oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo.
commento al primo comma del nuovo articolo 4: questo articolo, come il successivo, viene completamente modificato per cambiarne la funzione e l'applicabilità. nel primo comma viene stabilito che esso si applica, previa deliberazione comunale, per consentire il mutamento d'uso degli immobili, purché contestualmente ad opere di ristrutturazione edilizia o demolizione e ricostruzione. Il riferimento è agli "edifici", dunque sembra esclusa la possibilità di applicare questa disposizione a singole unità immobiliari a meno che non si operi su più unità le quali nel complesso sviluppano almeno il 60% della consistenza dell'edificio.
2. Con la deliberazione prevista al comma 1, i comuni, al fine di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti ovvero di edifici o di complessi edilizi in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione, possono consentire gli interventi di cui al comma 1:
a) per zone omogenee del Piano regolatore generale o per ambiti territoriali determinati, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, anche escludendo specifici edifici o aree, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1;
b) per singoli edifici o complessi edilizi, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1.
3. Decorso il termine previsto nel comma 1 senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti nel comma 1, in presenza dei presupposti e delle finalità di cui all’alinea del comma 2, si applicano in via diretta, con mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari di cui all’articolo 3, comma 6, previa richiesta di idoneo titolo abilitativo edilizio previsto nel d.p.r. 380/2001, agli edifici esistenti per una superficie lorda non superiore a 1.500 metri quadrati per i comuni con popolazione fino a 10 mila abitanti e non superiore a 2.000 metri quadrati per i comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, purché non ricadenti:
a) nell’ambito di consorzi industriali e di piani degli insediamenti produttivi;
b) nelle zone individuate come insediamenti urbani storici nel PTPR.
commento al comma 3: a differenza del precedente articolo 4, quello nuovo prevede una clausola di appilcabilità diretta laddove i comuni rimangano inerti nel produrre le delibere del comma 1 (ad esempio Roma negli ultimi decenni ci ha abituato alla totale inerzia riguardo alle innovazioni delle norme urbanistiche: ricordiamoci che il regolamento edilizio della capitale è ancora sostanzialmente quello del 1934, tanto per dire). Tale clausola prevede di poter applicare la norma appunto anche in via diretta, ma in assenza di delibera comunale essa è limitata agli immobili di minori dimensioni. Si fa sepre riferimento all'edificio e non alla singola unità immobiliare.
4. Gli interventi di cui al presente articolo non possono prevedere l’apertura di grandi strutture di vendita previste dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019.
5. Sono fatte salve le deliberazioni dei consigli comunali già approvate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Art. 5
(Interventi per il miglioramento sismico e per l’efficientamento energetico degli edifici)
1. Al fine di incentivare gli interventi di miglioramento sismico e di efficientamento energetico sono consentiti, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, interventi di ampliamento del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente degli edifici a destinazione residenziale, per un incremento massimo di 70 metri quadrati di superficie; tale incremento è aumentato di un ulteriore 5 per cento, fino ad un massimo di 80 metri quadrati, nel caso si tratti di interventi di bioedilizia, quali tetti verdi o tetto giardino, tali da garantire un miglioramento dell’ossigenazione dell’aria, una migliore integrazione dell’edificio rispetto al contesto paesaggistico-geomorfologico ed un maggior risparmio energetico. Per gli edifici a destinazione non residenziale l’incremento massimo è di 150 metri quadrati.
commento al comma: il comma 1 viene completamente riscritto, modificando in modo radicale la natura dell'articolo 5. Anzitutto, esso non è più soggetto alla pubblicazione di specifiche delibere da parte dei comuni, dunque diventa immediatamente efficace, come già lo era l'art. 6. In secondo luogo, ammette gli ampliamenti "secchi", cioè non connessi a previa demolizione di volumi. L'articolazione del comma è però poco chiara: l'ampliamento del 20% è riferito ai soli immobili residenziali, con un tetto di 70 mq. gli immobili non residenziali, ovvero tutti gli altri, viene fissato solo l'incremento massimo di 150 mq, senza che la percentuale del 20% sia espresmente estesa anche a questi. probabilmente è un vizio di forma, anche perché così facendo un locale commerciale di 10 mq potrebbe diventare di 160 con incremento del 1500%...
2. Nel caso in cui gli edifici rispettino quanto previsto dalle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.p.r. 380/2001, gli ampliamenti di cui al presente articolo sono consentiti con il solo efficientamento energetico dell’edificio che genera l’ampliamento e, negli edifici a schiera, per ogni singola unità immobiliare dotata di specifica autonomia funzionale. Gli interventi di efficientamento energetico devono garantire, se l’edificio è inferiore alla classe C, il miglioramento di due classi di certificazione energetica e se l’edificio è in classe C o superiore, di una classe. Gli interventi di miglioramento sismico sono consentiti in tutto il territorio comunale, indipendentemente dal requisito del territorio urbanizzato previsto nell’articolo 1, comma 7.
3. Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, anche con aumento delle unità immobiliari. Tali interventi si applicano agli edifici legittimi o legittimati per i quali sia stato rilasciato il titolo edilizio in sanatoria, anche se ricadenti nelle zone omogenee E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968.
4. Gli ampliamenti di cui al presente articolo si realizzano:
a) in adiacenza o in aderenza rispetto al corpo di fabbrica, anche utilizzando superfici preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale dell’edificio; ove ciò non risulti possibile oppure comprometta l’armonia estetica del fabbricato esistente, può essere autorizzata la costruzione di un corpo edilizio separato;
a bis) anche al di fuori delle porzioni di territorio urbanizzato, purché per motivate ragioni e comunque all’interno del medesimo lotto in cui ricade l’edificio;
b) nel rispetto delle altezze e delle distanze previste dalla legislazione vigente ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968;
c) nel rispetto di quanto previsto per gli interventi di miglioramento sismico sugli edifici esistenti dalle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.p.r. 380/2001.
5. Gli ampliamenti devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia) nonché dalla l.r. 6/2008, dai decreti del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74 e n. 75 e dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009 (Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici).
6. Gli ampliamenti di cui al presente articolo non si sommano con gli ampliamenti eventualmente consentiti sui medesimi edifici dalla presente legge, nonché con quelli previsti o già realizzati in applicazione di altre norme regionali o degli strumenti urbanistici vigenti.
7. Per la realizzazione degli ampliamenti di cui al presente articolo, fatto salvo quanto previsto al comma 4, lettera b), si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8.
8. La variante di cui al comma 1, in difformità rispetto alle disposizioni di cui all’articolo 65 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche, è ammessa anche nel caso in cui i comuni siano dotati di programma di fabbricazione, purché la relativa disciplina sia estesa all’intero territorio comunale.
8. Le deliberazioni dei consigli comunali già approvate cessano di avere efficacia, unitamente alla conseguente modifica apportata alle norme tecniche attuative degli strumenti urbanistici generali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
commento al nuovo comma 8: la nuova formulazione dell'art. 5 è radicalmente diversa rispetto a quella precedente, soprattutto perché non richiede più l'emanazione delle delibere comunali attuative. Giustamente, quindi, a differenza dell'art. 4, le eventuali delibere comunali emanate per attuare il precedente articolo 5 sono abrogate.
9. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.
10. Nei comuni della Regione individuati dall’Allegato 1 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), convertito, con modifiche, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 e successive modifiche, gli interventi di ampliamento mediante la realizzazione di un corpo edilizio separato di cui al presente articolo possono essere autorizzati anche in altro lotto nella disponibilità del richiedente purché sito nello stesso territorio comunale su cui insiste l’edificio e non ricadente in zona omogenea E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, ad eccezione di quelle in cui sia comprovata l’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001.

articoli 6, 7 e 8 demolizione e ricostruzione e norme attuative generali

Art. 6
(Interventi diretti)
1. Per il perseguimento di almeno una finalità previste nell’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia di singoli edifici, per i quali è consentito un incremento fino al 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 15 per cento della superficie coperta; sono, inoltre, sempre consentiti interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, con incremento fino a un massimo del 40 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 20 per cento della superficie coperta. Tali interventi sono consentiti anche con aumento delle unità immobiliari.
commento al primo comma: il comma viene completamente sostituito. La novità più rilevante rispetto a prima è che adesso sono ammessi anche ampliamenti di superficie non necessariamente correlati a demolizione e ricostruzione, con una percentuale peraltro interessante del 20% (che era la precedente premialità della demolizione e ricostruzione). Rimane la possibilità di demolizione e contestuale ricostruzione, con premialità che sale al 40%. La norma mira a rendere più conveniente l'applicazione della rigenerazione, e la possibilità di ampliamenti singoli aprirà la porte ad una nuova stagione di interventi edilizi come fu per il vecchio piano casa. anche in questo caso, come nell'articolo 4, la norma fa riferimento agli edifici ma in questo caso si ritiene che l'ampliamento possa essere attuato anche sulla singola unità immobiliare: per conferma, meglio attendere le prime circolari interpretative che certamente non tarderanno. La norma non ha distinzioni tra destinazioni d'uso, con l'unica eccezione per i produttivi che hanno percentuali di incremento diverse. Di fatto si può applicare anche agli edifici rurali purché ricadano nelle zone in cui la norma si applica. Il presente comma, tuttavia, non è direttamente applicabile almeno finché il comune non ne delibera l'applicabilità ai sensi del successivo comma 1-sexies: nelle more, l'art. 6 si applica secondo le regole previgenti (cioè premialità del 20% solo sulla demolizione e ricostruzione).
1 bis. La ristrutturazione edilizia di cui al comma 1 deve consistere in interventi rivolti a trasformare l’organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
commento al comma: con questo comma il legislatore regionale vuole specificare che le opere devono rientrare nella definizione di ristrutturazione edilizia già contenuta nel dpr 380/01, ma sembra fra le righe voler dire che l'intervento di ristrutturazione su cui poggiare l'intervento non può essere fittizio o simbolico solo per attivare il beneficio premiale: ciò a dire che la legge non consente ampliamenti "secchi" senza eseguire opere anche sul volume esistente: l'entità di queste opere non può essere minimo ma per contro non vi è nemmeno una definizione esatta.
1 ter. La ricostruzione, successiva alla demolizione, di cui al comma 1 può avere luogo, anche ridistribuendo la superficie o la volumetria assentite in più edifici, su lotti diversi, purché ricadenti nella medesima zona e sottozona di piano regolatore e con uguali indici edificatori, oltre che significativamente vicini secondo la valutazione del comune che tenga conto della omogeneità dei lotti dal punto di vista urbanistico e dell’impatto sulle dotazioni territoriali. In tutte le ipotesi di ricostruzione su lotti diversi l’intervento deve essere autorizzato mediante il permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 7.
1 quater. La ricostruzione di cui al comma 1, con le relative premialità, può avvenire, per motivate ragioni, anche al di fuori delle porzioni di territorio urbanizzato, purché comunque all’interno del medesimo lotto in cui ricade l’edificio.
commento al comma 1-qater: le "motivate ragioni" evidentemente non possono essere di esclusiva competenza del professionista progettista: appare evidente che anche in questo caso si debba procedere con permesso di costruire.
1 quinquies. Per il perseguimento di una o più delle finalità previste nell’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, sono inoltre consentiti, in aggiunta a quelli di cui al comma 1, interventi di recupero di superfici o volumi preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale, ancorché non computati ai fini del rilascio del titolo edilizio, ad esclusione di quelli funzionali e connessi all’attività agricola. Tale recupero di volumi o superfici è consentito fino al 20 per cento del volume o della superficie di ogni edificio e fino a un massimo di 100 metri quadrati. Le parti recuperate assumono la destinazione dell’edificio di riferimento.
commento al comma: con questo comma del tutto nuovo il legislatore vuole reintrodurre una delle misure premiali che erano previste nel "vecchio" piano casa, quello relativo alla possibilità del receupero di volumi accessori anche non computati nella originaria cubatura. il comma obbliga però alla destinazione d'uso dell'edificio di riferimento che, in caso di edificio a destinazione plurima, si immagina sia quella prevalente. La norma non ha dei meccanismi derogatori delle regole igienico-sanitarie (come invece è, ad esempio, per il recupero sottotetti o per i volumi interrati) ma data la definizione appare non vietato eseguire contestualmente al recupero delle opere di adegiamento ed anche di demolizione e ricostruzione (in questo caso, senza premialità specifica). Il comma non è efficace finché il comune non ne delibera l'attuazione (vedi comma 1-sexies).
1 sexies. Nei comuni a cui è stato conferito, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’esercizio delle funzioni in materia di governo del territorio ai sensi dell’articolo 9, comma 67, della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19, gli interventi di cui ai commi 1 e 1 quinquies sono subordinati all’approvazione di una apposita deliberazione di consiglio comunale con la quale possono essere individuate zone dello strumento urbanistico generale ovvero ambiti territoriali nei quali, in ragione di particolari caratteristiche di tipo urbanistico, paesaggistico o ambientale, tali interventi possono essere esclusi o limitati. Nelle more dell’approvazione di tale deliberazione, per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.
commento al comma: questa norma assoggetta gli interventi dei commi 1 e 1-quinquies all'emanazione di specifiche delibere comunali, nelle more delle quali il comma 1-quinquies non è proprio applicabile, mentre il comma 1 è applicabile con delle forme identiche a come era l'originario comma 1, cioè demoricostruzione con premialità al 20%. I commi sono invece direttamente applicabili nei comuni che non rispettano il requisito del conferimento delle funzioni urbanistiche.
2. Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 è consentito:
a) il mantenimento della destinazione d’uso in essere;
b) i mutamenti di destinazione d’uso, nel rispetto delle destinazioni previste dagli strumenti urbanistici vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione, nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi;
c) i mutamenti di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, previsti nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001;
d) il mantenimento, per gli edifici a destinazione mista, di una o più delle destinazioni esistenti anche con quote diverse;
e) nel rispetto di quanto previsto alle lettere precedenti, il mutamento di destinazione d’uso effettuato nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione edilizia che interessi almeno il 60 per cento dell’edificio, senza incremento della volumetria o della superficie lorda esistente.
commento al comma precedente: non viene introdotto nulla di radicalmente nuovo ma si tratta di aver scritto in modo più fluido norme già note.
3. In applicazione dell’articolo 28, comma 5, della legge 14 novembre 2016, n. 220 (Disciplina del cinema e dell’audiovisivo), previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, al fine di tutelare la funzione degli immobili già destinati alle attività cinematografiche e a centri culturali polifunzionali, di agevolare le azioni finalizzate alla riattivazione e alla rifunzionalizzazione di sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali chiusi o dismessi, di realizzare nuove sale per l’esercizio cinematografico e nuovi centri culturali polifunzionali e i servizi connessi, di realizzare interventi per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale, sono consentiti:
a) interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione con un incremento della volumetria o della superficie lorda esistente fino a un massimo del 20 per cento degli edifici esistenti;
b) interventi per il recupero di volumi e delle superfici accessorie e pertinenziali degli edifici esistenti.
commento al comma predecente: il comma 3 viene abrogato per il trasferimento delle disposizioni in altra norma.
4. All’interno degli edifici destinati a teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali, ivi inclusi gli edifici riattivati o rifunzionalizzati ai sensi del comma 3, è consentito l’esercizio di attività commerciali, artigianali e di servizi, fino ad un massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché tali attività siano svolte unitamente all’attività prevalente, come definita dall’articolo 78, comma 1, lettera a), della legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio).
4 bis. Per gli interventi degli enti gestori di edilizia residenziale pubblica volti a recuperare e rifunzionalizzare, per attività socio-culturali e sportive con finalità sociali, le pertinenze o gli altri locali tecnici dismessi e le altre parti comuni degli edifici di cui all’articolo 1117 del codice civile, il contributo straordinario relativo agli interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o cambio di destinazione d’uso, è dovuto in misura non superiore al 10 per cento del maggior valore generato dagli interventi.
5. Gli interventi di adeguamento delle strutture ricettive all’aria aperta di cui all’articolo 23, comma 1, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, alle prescrizioni di cui al regolamento regionale 24 ottobre 2008, n. 18 (Disciplina delle strutture ricettive all'aria aperta) e successive modifiche, si attuano con modalità diretta, nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo.
5 bis. Le disposizioni del presente articolo, con esclusione di quelle che consentono il cambio di destinazione d’uso dell’edificio, si applicano anche alle opere di urbanizzazione secondaria, di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001. La legittimità della preesistenza non deve essere dimostrata per gli interventi realizzati prima della data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) e successive modifiche. L’esistenza dei fabbricati a quella data può essere dimostrata tramite documenti probanti, quali estratti catastali, riprese fotografiche, estratti cartografici e altri documenti d’archivio. Per gli immobili realizzati successivamente, la legittimità della preesistenza dei fabbricati deve essere dimostrata ai sensi dell’articolo 9 bis del d.p.r. 380/2001. La determinazione della consistenza delle opere di cui al presente comma è calcolata, in relazione allo stato di fatto dell’edificio, mediante perizia giurata o relazione asseverata di un tecnico abilitato.
commento al comma precedente: le disposizioni della norma vengono espressamente estese agli edifici che costituiscono opere di urbanizzazione secondaria, come gli istituti scolastici, religiosi e gli edifi pubblici che assolvono tale ruolo. La norma di per sé non sembra avere particolare impatto, in quanto se l'edificio è pubblico, vi sono comunque strumenti per realizzare ampliamenti ed efficientamenti anche senza le norme speciali (dato che le pubbliche amministrazioni per legge non sono soggette al DPR 380/01, ma al dm 1444/68 si), mentre se le funzioni di urbanizzazione secondaria sono ospitate in un edificio privato, parimenti la norma è applicabile in via diretta. L'unico concreto vantaggio in questo caso è la espressa possibilità per questi edifici di poter invocare un curioso meccanismo di "ante 1967" che ha una ottima fragranza di incostituzionalità.
6. Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.
Art. 7
(Interventi da attuarsi con il permesso di costruire convenzionato)
1. Per l’attuazione degli interventi di cui alla presente legge è consentita, previa acquisizione del permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 28 bis del d.p.r. 380/2001 come recepito dall’articolo 1 ter della l.r. 36/1987, la realizzazione a scomputo delle opere pubbliche derivanti dalla trasformazione e la eventuale cessione delle aree per gli standard urbanistici. Nel caso in cui l’intervento comprenda più edifici, il permesso di costruire convenzionato viene rilasciato sulla base di un progetto unitario, nell’ambito del quale può essere prevista la redistribuzione all’interno del perimetro di intervento della volumetria e delle premialità di ogni singolo edificio.

Art. 8
(Dotazioni territoriali e disposizioni comuni)
1. Gli interventi edilizi che comportino un incremento del carico urbanistico derivante o dall’incremento volumetrico o dal cambio della destinazione d’uso degli immobili, tale da esigere il reperimento di ulteriori standard urbanistici secondo i parametri minimi previsti dagli articoli 3 e 5 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, devono prevedere la cessione di queste ultime questi ultimi, che possono essere reperiti su aree adiacenti all’intervento ovvero su aree accessibili all’interno di un raggio di influenza di 1.000 metri dall’area di intervento, all’amministrazione comunale. Qualora sia comprovata l’impossibilità di cedere le aree per gli standard urbanistici ovvero, nei comuni con popolazione residente superiore a 40 mila abitanti, l’estensione delle aree da cedere a titolo di standard sia inferiore a 1000 mq, gli standard dovuti possono essere monetizzati previa valutazione del comune eseguita secondo le disposizioni del proprio ordinamento. Nei comuni con popolazione residente inferiore a 40 mila abitanti la monetizzazione degli standard è consentita qualora l’estensione delle suddette aree sia inferiore a 500 mq, previa valutazione del comune, ovvero sia comprovata l’impossibilità di cedere le aree per gli standard urbanistici. In tal caso l’importo della monetizzazione va calcolato in misura pari al 50 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell’articolo 16 del d.p.r. 380/2001 relativo alla volumetria che determina la quota di standard urbanistici non reperiti; sono fatte salve altre modalità di calcolo eventualmente già deliberate dalle amministrazioni comunali. Tali somme unitamente all’importo degli oneri di urbanizzazione non scomputati, derivanti dagli interventi di cui alla presente legge, sono utilizzate esclusivamente per la realizzazione o la manutenzione di opere pubbliche nell’ambito dell’intervento stesso o nel territorio circostante e comunque, fino alla loro utilizzazione, le somme di cui sopra sono vincolate a tale scopo in apposito capitolo del bilancio comunale.
2. L’attuazione degli interventi di cui agli articoli 3, 4, 6 e 7 è subordinata Gli interventi di cui agli articoli 3, 3 bis, 4, 5, 6 e 7 sono realizzati indipendentemente dalle disposizioni normative, regolamentari e gestionali degli strumenti urbanistici comunali e sono subordinati all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001, ovvero al loro adeguamento e/o realizzazione, nonché, per gli interventi di demolizione e ricostruzione diversi dalla ristrutturazione edilizia, alla dotazione di parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche.
commento al comma 2: viene introdotta una espressa deroga agli strumenti urbanistici vigenti, prima assente o più "velata". Peraltro, le disposizioni "gestionali" sembrano fare diretto riferimento alla Carta per la Qualità del PRG di Roma capitale, dal che si dedurrebbe che l'attuazione della rigenerazione è da intendersi applicabile senza dover acquisire i pareri previsti in questo strumento. Attenzione: ai sensi dell'art. 1 comma 2-bis i comuni hanno comunque la facoltà di introdurre specifiche condizioni e limitazioni negli ambiti che si ritengono da tutelare (vedi commento a questo comma) o anche facoltà di escludere l'applicabilità della norma in specifici contesti o anche singoli edifici. Ricordo inoltre che sempre ai sensi del comma 2-bis dell'art. 1 i titoli presentati nel periodo in cui i comuni possono emanare le delibere di cui sopra (per Roma, 150 giorno dal 31 luglio 2025) hanno efficacia sospesa.
3. Per la ricostruzione degli edifici demoliti è consentito il mantenimento delle distanze preesistenti con l’eventuale modifica delle stesse nel rispetto della distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate, nonché la deroga, secondo quanto previsto dall’articolo 2 bis del d.p.r. 380/2001, alle densità fondiarie di cui all’articolo 7 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968 e alle altezze massime consentite dall’articolo 8 del medesimo decreto 1444/1968. Tali deroghe sono consentite esclusivamente per la realizzazione delle premialità e dei mutamenti di destinazione d’uso previsti dalla presente legge.
4. Per l’attuazione della presente legge la consistenza edilizia degli edifici esistenti in termini di superficie o di volume è costituita dai parametri edilizi posti a base del titolo abilitativo originario; i medesimi parametri devono essere utilizzati per il calcolo degli incentivi edilizi consentiti, mentre il titolo abilitativo viene rilasciato in base ai parametri previsti dagli strumenti urbanistici vigenti. Per convertire il volume in superficie o viceversa si applica la formula superficie = volume/3,2 ovvero volume = superficie x 3,2. Per gli edifici industriali ed artigianali ricadenti nelle zone D ai sensi del d.m. 1444/1968 la consistenza edilizia della preesistenza è calcolata ai sensi della legge regionale 12 settembre 1977, n. 35 (Tabelle parametriche regionali e norme di applicazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la determinazione del contributo per le spese di urbanizzazione gravante le concessioni edilizie) e successive modifiche. Per gli edifici condonati, la consistenza edilizia della preesistenza è calcolata, in relazione allo stato di fatto dell’edificio, mediante perizia giurata o relazione asseverata di un tecnico abilitato di conversione della superficie netta in superficie lorda. Nel caso in cui il titolo abilitativo non faccia riferimento a parametri edilizi in termini di volume o superficie, la consistenza della preesistenza viene determinata in termini di volume mediante perizia giurata o relazione asseverata di un tecnico abilitato in relazione allo stato di fatto dell’edificio. Nei comuni che abbiano adottato nello strumento urbanistico generale la superficie lorda, ai sensi del regolamento edilizio tipo (RET) di cui all’intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni sottoscritta in sede di Conferenza unificata il 20 ottobre 2016, allegata alla deliberazione della Giunta regionale del 30 dicembre 2016, n. 839, come parametro urbanistico–edilizio per la determinazione dell’edificabilità, la progettazione degli interventi ed il rilascio dei titoli abilitativi, la stessa si ricava a partire dal volume suddetto mediante l’applicazione della formula superficie =volume /3,20.
5. Gli interventi previsti dagli articoli 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 6 si applicano una sola volta e non sono cumulabili tra loro. Le premialità volumetriche di cui ai suddetti interventi non sono cumulabili con quelle realizzate ai sensi di altre leggi regionali e statali. Tali premialità non si sommano con gli eventuali incrementi conseguenti la conversione, in fase di progetto, tra superficie utile lorda e volumetria.
commento al comma precedente: il comma 5 viene completamente riscritto ma solo in ottica di maggiore chiarezza ed evidenza. La norma mira ad evitare che si possano generare più premialità sommando interventi di leggi diverse (ad es. il vecchio piano casa) o applicando più volte la setssa legge. Ciò non significa che la legge sulla rigenerazione non possa essere attuata sugli immobili che già hanno usufruito di precedenti norme straordinarie, ma che nel farlo la premialità ulteriore non può essere calcolata considerando gli ampliamenti già usufruiti.
6. Per gli edifici di nuova costruzione, realizzati mediante interventi di demolizione e ricostruzione con volumetria o superficie lorda aggiuntive rispetto a quelle preesistenti, è richiesto un indice di classe energetica A1 di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015 (Adeguazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009 - Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici).
7. (già abrogato in precedenza)
8. Per gli interventi di sostituzione edilizia di cui agli articoli 2 e 3 si devono realizzare gli impianti previsti dall’articolo 135 bis del d.p.r. 380/2001. I comuni dovranno inserire tale obbligo tra le prescrizioni da seguire nella progettazione degli interventi.
9. Nell’ambito dei programmi di rigenerazione urbana devono essere previsti specifici interventi per le attività sociali ed economiche a favore delle attività di comunicazione ed innovazione tecnologica (ICT) e di promozione sociale.
10. Gli interventi di modifica di destinazione d’uso di cui agli articoli 3, 3 bis, 4 e 6 determinano automaticamente la modifica della destinazione di zona dell’area di sedime e delle aree pertinenziali dell’edificio, nonché delle aree cedute per gli standard urbanistici, comprese quelle per la viabilità pubblica prevista dal progetto. In conseguenza dell’attuazione degli interventi di cui alla presente legge, i comuni, con cadenza quinquennale, procedono all’aggiornamento cartografico dello strumento urbanistico vigente.
10 bis. Gli interventi di cui agli articoli 3, 3 bis, 4 e 6, con una superficie lorda esistente superiore a 1.000 metri quadrati, sono consentiti previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo, il cui ottenimento è subordinato all’esito di una apposita conferenza dei servizi, ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modifiche, convocata entro novanta giorni dall’istanza di intervento, con la partecipazione delle amministrazioni interessate dall’intervento. Nella conferenza di servizi la struttura regionale competente in materia urbanistica esprime un parere sulla conformità alla presente legge. Nella convocazione della conferenza di servizi l’ufficio comunale preposto al rilascio dei titoli abilitativi allega per ciascuna proposta un apposito parere tecnico contenente:
a) le verifiche sulla legittimità delle consistenze edilizie e sull’applicabilità della presente legge, con puntuale riferimento alla disposizione in cui rientra l’intervento proposto;
b) la verifica sui dati dimensionali;
c) la verifica sulla quantità e sulla localizzazione delle aree di cessione per gli standard urbanistici ovvero, in sostituzione, sulla loro monetizzazione.
commento al comma 10-bis: la norma impone di ricorrere alla conferenza dei servizi in taluni specifici interventi, ovvero quelli su immobili la cui superficie utile lorda ecceda i 1.000 mq e che non siano eseguiti ai sensi dell'art. 5. In tali casi alla Conferenza deve partecipare anche la Regione, che si esprime sulla presenza dei presupposti per l'applicazione della presente legge. Questo potrà apparire come una inutile lungaggine ma non lo è, ed anzi è una parziale risposta alle rimostranze degli ordini professionali del Lazio che avevano segnalato come nell'attuazione del previgente testo della rigenerazione la valutazione sull'effettivo rispetto dei presupposti - descritti all'art. 1 - ricadeva esclusivamente sul progettista e sul promotore dell'intervento, con il rischio concreto che anche a posteriori, cioè ad intervento ultimato, sarebbe stato possibile annullare il titolo laddove la pubblica amministrazione avesse ritenuto non sufficientemente raggiunti gli obiettivi della norma. Oggi, invece, tale onere (giustamente) ricade sulla stessa Pubblica Amministrazione e ciò val bene un po' di perdita di tempo nell'iter istruttorio. La valutazione di cui alla lettera a) richiesta all'ufficio comunale può essere letta anche come una valutazione implicita della legittimità della preesistenza: in tal modo si andrà a concretizzare una delle ipotesi di stato legittimo introdotto dal salva-casa nell'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01 ovvero la fattispecie in cui esiste un titolo rilasciato in cui il comune ha valutato la legittimità del pregresso: anche tale procedura riveste primaria importanza per la certezza del diritto nell'ambito della compravendita immobiliare.
10 ter. Gli interventi previsti negli articoli 5 e 6 sono ammessi anche nei comuni dotati di programma di fabbricazione.
10 quater. Qualora gli interventi di cui agli articoli 5 e 6 afferiscano alla prima casa, è riconosciuta ai comuni la facoltà di consentire, con deliberazione del consiglio comunale, una riduzione fino al massimo del 30 per cento del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
10 quinquies. Nel caso in cui la disciplina di tutela e di uso, di cui al PTPR, non consenta la ristrutturazione edilizia, i cambi di destinazione d’uso previsti dagli articoli 3, 4 e 6 possono essere realizzati, senza incrementi di volume o superficie, contestualmente ad interventi di restauro o risanamento conservativo
La norma regionale si compone di ulteriori articoli dal 9 al 12 compresi, i quali però sono qui omessi in quanto non sono oggetto di modifiche con la norma del 2025.

considerazioni generali e finali


La legge sulla rigenerazione viene di fatto resa molto più appetibile, mediante non solo un ampliamento delle premialità, ma anche la reintroduzione di alcune specifiche procedure che erano presenti nel piano casa del 2009 ma che non furono fatte confluire nella prima versione della rigenerazione, come ad esempio il recupero dei volumi accessori.
l'articolo 4 diventa ad applicabilità diretta, ma con una capacità di intervento depotenziata finché il come non emana delle specifiche delibere: viene di fatto ribaltato il paradigma originario, che prevedeva che la norma non fosse applicabile finché il comune non avesse deciso che si poteva attuare: ci si è resi conto che l'inerzia dei comuni nell'attuare la rigenerazione è stata uno dei principali freni alla sua diffusione.
L'articolo 5 viene anche lui trasformato in norma ad applicabilità diretta (prima prevedeva l'emanazione di specifiche delibere comunali, oggi non più), come l'articolo 6 ed ammette anche ampliamenti puntuali.
Viene introdotto un articolo molto interessante, il 3-bis, che consente di autorizzare la delocalizzazione delle cubature che si trovano in ambiti di inedificabilità assoluta o relativa, concedendo premialità volumetrica e possibilità di mutamento d'uso contestuale.
Per contro, il legislatore regionale è evidentemente consapevole dell'impatto urbanistico potenzialmente molto elevato delle nuove norme, dunque inserisce dei saggi paletti, come ad esempio il ricorso alla conferenza dei servizi per tutti gli interventi eccetto l'art. 5, e delle tempistiche "sospese" nell'attesa che i comuni emanino eventuali delibere che possano limitare l'applicabilità della norma.
nota di lettura
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