Chi opera come tecnico nel settore delle regolarizzazioni immobiliari (o Due Diligence per chi vuole essere preciso) conosce bene il tema e spesso si è dovuto porre la domanda fatidica che è l'argomento di questo post: la planimetria catastale è un documento valido ai fini della determinazione dello stato legittimo? in questo post approfondirò questo tema anche grazie ad una recente sentenza che a mio parere ha ben definito la questione.
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immagine AI di pura fantasia generata su prompt dell'autore tramite ideogram.ai. eventuali somiglianze con il caso trattato nel presente post sono puramente casuali |
cosa è lo stato legittimo
Forse ha senso anticipare subito la risposta alla domanda qui sopra, a cui arriveremo dopo aver argomentato opportunamente: la planimetria catastale nella maggioranza dei casi non può essere un documento che attesta la legittimità edilizia. Può esserlo in alcuni casi molto specifici che si verificano solo in presenza di specifici e ben determinati presupposti, che qui tratteggeremo, ma, di base, la risposta alla domanda è negativa.
E allora quali sono i documenti da cui si evince lo stato legittimo di un immobile? beh, questo ce lo dice chiaramente l'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01 introdotto dal decreto semplificazioni 2020 e poi ulteriormente affinato ed ampliato dal decreto salva-casa, che dettaglia i seguenti elementi:
- progetto edilizio dell'originaria costruzione;
- eventuali successivi titoli edilizi che hanno legittimato interventi parziali, oppure nuovi titoli che hanno riguardato trasformazioni complessive dell'immobile (ad esempio demolizione e ricostruzione);
- titoli edilizi rilasciati dal comune, successivi alla originaria costruzione, che contengano delle valutazioni specifiche fatte dall'amministrazione stessa sulla legittimità del pregresso;
- gli accertamenti di conformità presentati o rilasciati ai sensi degli articoli 34-ter, 36, 36-bis, 38.
- concorrono alla determinazione dello stato legittimo anche le sanzioni pagate per le procedure di disciplina edilizia o di cosiddetta fiscalizzazione;
- concorre altresì la dichiarazione sulle tolleranze costruttive dell'art. 34-bis.
Come visto dall'elenco che precede, ci sono elementi che sono il diretto e principale riferimento dello stato legittimo (ad esempio i titoli edilizi) ma altri che concorrono ad esso: il concetto della concorrenza è ben spiegato nelle linee-guida emanate dal ministero a gennaio 2025 e si esprime nel fatto che gli elementi che concorrono sono quelli che non sono propriamente titoli abilitativi e che quindi hanno bisogno di essere "agganciati" o sostenuti da un titolo edilizio vero e proprio per poter fornire dimostrazione dello stato legittimo.
esempio di immobile difforme e rapporto con la planimetria catastale
Facciamo un esempio: un villino è stato costruito, mettiamo nel 1970, previo rilascio di regolare licenza edilizia, tuttavia durante l'esecuzione è stata realizzata una porzione in difformità, in particolare è stata ampliata una parte creando della cubatura in più. Se questa cubatura in più non può essere né sanata né demolita, può essere valutato di ricorrere alla fiscalizzazione, cioè la conversione in denaro della sanzione demolitoria. Una volta pagata la sanzione ed accettata la fiscalizzazione, e mettiamo caso che ciò sia avvenuto nel 2025, l'immobile acquista due titoli che determinano lo stato legittimo: uno è l'originario progetto edilizio collegato alla licenza rilasciata nel 1970, ed il secondo è la sanzione pagata per la fiscalizzazione nel 2025. dato che la fiscalizzazione è un elemento concorrente allo stato legittimo, essa nel caso di specie determina lo stato legittimo perché esiste il titolo edilizio originario a cui si può agganciare, dunque progetto 1970 (titolo legittimante) + fiscalizzazione 2025 (titolo concorrente) = stato legittimo.
Nell'esempio appena fatto, tipicamente avremo una planimetria catastale la quale, salvo casi particolari, viene redatta e inviata al catasto subito dopo la conclusione della costruzione, spesso e volentieri presentata a nome del costruttore. E' facile aspettarsi dunque la presenza di una planimetria catastale per il nostro villino presentata nel 1972 o 1973 (presupponendo che la costruzione abbia impiegato qualche mese, forse un paio d'anni) ed è altrettanto tipico attendersi che la planimetria catastale risulti coerente con la costruzione come effettivamente costruita e cioè, nel caso di specie, con la difformità. Dunque chi analizzasse la sola planimetria catastale vedrebbe che questa corrisponde allo stato attuale del fabbricato; tuttavia, analizzando l'originario progetto edilizio si scoprirebbe invece la grave difformità: in questo caso abbastanza tipico, la planimetria catastale non ha alcun valore ai fini della determinazione dello stato legittimo e vendere l'immobile senza aver presentato la fiscalizzazione o altra procedura ripristinatoria o di accertamento di conformità significa andare a grandi passi verso un contenzioso con l'acquirente.
il caso (molto) specifico della planimetria legittimante
Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
la sentenza: caso in cui la planimetria catastale non fornisce legittimità
Sintesi del caso: in una costruzione risalente sicuramente a prima degli anni quaranta, vengono depositate negli anni diverse DIA, le quali tutte fondano la dimostrazione dello stato legittimo sulla base delle planimetrie catastali risalenti al primo impianto catastale del 1939.
Tali pratiche vengono annullate dal municipio competente dopo qualche anno dal loro deposito, adducendo, come motivo fondamentale, il fatto che la legittimità fondata sui soli catastali del 1939 non è sufficiente a dimostrare lo stato legittimo. Inoltre, il municipio solleva dei dubbi specifici su questi catastali, ipotizzando che siano stati artatamente modificati e rappresentino dunque dei falsi, ma tale ipotesi pare sia stata dichiarata destituita di fondamento da accurate analisi (in generale, quella della produzione di catastali falsi non è affatto una ipotesi impossibile da verificarsi). Il TAR Lazio prima ed il Consiglio di Stato poi confermano la tesi del municipio secondo cui i soli catastali non possono rappresentare lo stato legittimo, in quanto a Roma fu pubblicato un regolamento edilizio nel 1934 (che è quello peraltro tuttora in vigore) che già disponeva l'obbligo di dotarsi di una licenza edilizia per eseguire costruzioni e modifiche, dunque tutto ciò che è stato creato o modificato in tutto il territorio della capitale dopo il 1934 è sicuramente necessitevole di una licenza, in assenza della quale deve parlarsi di situazione difforme o abusiva. In verità, io ritengo che tale obbligo sia da retrodatare al 1912 perché in tale anno fu pubblicata una precedente versione del regolamento che già disponeva l'obbligo di licenza sull'intero territorio comunale.
Il caso di specie, potendosi valutare solo sulla base dei pochi elementi rinvenibili nel dispositivo, probabilmente si è focalizzato sul fatto particolare che in questi catastali del 1939 erano rappresentate delle verande ma anche delle trasformazioni di destinazione d'uso: può in effetti apparire strano e contrario alle logiche temporali che possano essere esistite delle verande già in quegli anni, dato che questa forma di costruzione "spontanea" e "precaria" è tipica degli anni sessanta, settanta ed ottanta, ma in effetti non è del tutto escluso che possano esistere delle verande in ferro e vetro costruite anche negli anni venti o trenta e di ciò ci sono delle testimonianze storiche tuttora osservabili. Tuttavia, di queste verande in verità sembra che il comune ne deduca un epoca di realizzazione molto più recente, dal che non si riesce a capire bene cosa era effettivamente disegnato in queste planimetrie (purtroppo questo è lo scotto di commentare delle sentenze delle quali non si può esaminare la documentazione di causa). Quello che probabilmente è stato il fattore scatenante della vicenda è che tali verande erano evidentemente degli elementi aggiunti in ampliamento rispetto all'originario corpo edilizio che era probabilmente risalente ad epoche ancora precedenti (trattandosi di immobili sul tratto dell'Appia Antica all'interno dell'omonimo parco), anche se si parla di ulteriori difformità gravi quali presunti mutamenti d'uso da agricolo a residenziale di alcuni corpi di fabbrica. Il municipio avrebbe dunque contestato il fatto che di tali trasformazioni non esisteva alcun titolo edilizio, sulla base del principio secondo cui già nel 1934 esisteva l'obbligo di dotarsi di una licenza edilizia.
Al di là del caso di specie, che ha una sua peculiarità e che ovviamente andrebbe visto in dettaglio per potersi fare un'idea completa, la sentenza è interessante per alcuni concetti che affronta in modo del tutto netto, peraltro in linea con i più recenti orientamenti. Partiamo proprio dal catastale e della sua rilevanza ai fini dello stato legittimo:
Al riguardo, ancora una volta giova ricordare che i provvedimenti impugnati, a prescindere dall’assunto circa la falsità delle schede catastali utilizzate dagli appellanti a corredo delle pratiche edilizie, si basano sul fatto che le porzioni di immobile alle quali accedono i lavori di cui alle DIA sarebbero alla radice abusive, in quanto mai assistite da un idoneo titolo edilizio.Per la giurisprudenza, la legittimità sul piano edilizio di un immobile non può essere desunta dalle schede catastali, tenuto conto che queste hanno valenza a fini fiscali e non possono certo legittimare, sotto il profilo edilizio, gli interventi eseguiti (Cons. Stato, Sez. IV, n. 666 del 2013: “l'accatastamento costituisce adempimento di tipo fiscale - tributario che fa stato ad altri fini, non atteggiandosi a strumento idoneo ad evidenziare una situazione di conformità edilizia”).Nel caso in esame, non può portare ad un diverso esito neppure l’art. 9 bis, comma 1 bis, DPR n. 380/2001 (come modificato dal Decreto-Legge n. 76/2020) - in base al quale “Per gli immobili realizzati in epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto” – dal momento che per l’area sulla quale insistono le opere era già richiesto un tiolo come da regolamento generale edilizio del Comune di Roma del 18 agosto 1934.
Come visto, la sentenza fa proprio riferimento all'art. 9-bis comma 1-bis per evidenziarne la sua inapplicabilità al caso di specie, trattandosi di situazioni in cui non è possibile evocare quelle specifiche e particolari condizioni nelle quali la planimetria catastale può essere elevata a titolo edilizio.
Altro passaggio che va evidenziato a parere di chi scrive è quello immediatamente successivo che così recita:
7 – Così circoscritta la reale rilevanza ai fini del presente giudizio dell’indagine circa l’assunta falsità delle schede catastali poste a corredo della DIA, avuto riguardo alle doglienze di parte appellante, va invece ricordato che grava esclusivamente sul privato l’onere della prova in ordine alla sussistenza di un titolo legittimante le opere o della data della realizzazione dell’opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio (cfr. Cons. St., sez. II, 05/02/2021, n. 1109; cfr. anche Cons. St., sez. II, 08/05/2020, n. 2906).Come già rilevato innanzi, l’appellante non ha saputo indicare quali titoli legittimerebbero le opere originarie alle quali accedono le DIA, avendo anzi sostanzialmente confermato di non disporre di tali titoli, la cui necessità, alla luce del regolamento del Comune di Roma del 1934, non è neppure posta in dubbio da parte appellante; in ogni caso, questa non riferisce con precisione – e non prova - a quando risalirebbe la realizzazione delle opere al fine di dimostrare la non necessità di un titolo edilizio.
Il Collegio in questo passaggio rimarca un altro elemento essenziale del rapporto tra pubblica amministrazione e privato: è quest'ultimo che è gravato dall'onere di dover reperire i documenti che dimostrano sia la legittimità che l'epoca di realizzazione dell'intervento, ma anche dell'importanza di collocare nel tempo un intervento la cui risalenza è incerta. L'epoca di realizzazione difatti nel caso di specie era determinante, visto il relativo poco spazio temporale che intercorre tra la planimetria catastale (1939) e l'entrata in vigore del regolamento edilizio (1934) per cui forse - e dico forse - si sarebbe avuto diverso esito se si fosse dimostrato che le verande preesistevano anche al 1934 ed erano cioè precedenti al regolamento edilizio (anche se nel caso di specie a mio avviso non sarebbe stato dirimente stante il regolamento del 1912 che già disponeva tale obbligo: in caso si sarebbe dovuta dimostrare la preesistenza a tale anno, ma ciò è reso molto complesso dalla scarsezza di documenti a cui si può attingere per tale dimostrazione).
perché non esistono planimetrie catastali antecedenti al 1939?
in sintesi
- la planimetria catastale non può essere considerata un titolo edilizio, non rappresenta lo stato legittimo, non deve essere usata quale unico elemento per valutare la conformità dell'immobile. Ciò può avvenire solo in casi residuali e specifici, ma la norma è che il catasto non fornisce alcuna prova dello stato legittimo, per determinare il quale bisogna fare altro tipo di ricerche;
- nel caso in cui ci si trovi ad operare in un comune che già si era dotato di un regolamento edilizio prima del 1939, le planimetrie di primo impianto hanno una efficacia limitata sulla determinazione dello stato legittimo, perché già era in vigore l'obbligo di ottenere un permesso edilizio accompagnato da un progetto. In questi casi occorrerebbe verificare se lo stato edilizio è dimostrabile mediante altri documenti, ad esempio fotografie storiche o altri documenti d'archivio;
- quando si deposita un titolo edilizio anche "semplice" per realizzare nuovi interventi edilizi, è opportuno verificare con attenzione lo stato legittimo dell'unità immobiliare e fare tutte le analisi necessarie ad essere sicuri che quanto si presenta alla pubblica amministrazione sia supportato da idonei documenti legittimanti. Altrimenti, si rischia che il comune venga a conoscenza di fatti che altrimenti non avrebbe conosciuto con la conseguenza di sanzionare situazioni che non erano mai precedentemente venute a galla.
nota di lettura
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