giovedì 23 luglio 2015

ristrutturazioni e barriere architettoniche

Le barriere architettoniche dovrebbero essere ovunque eliminate, ma in alcuni contesti, come per esempio la ristrutturazione di appartamenti esistenti, magari in contesti storici ma anche più recenti, può rappresentare dei limiti insormontabili. Questo post vuole essere una guida, orientata soprattutto a chi intende ristrutturare il proprio appartamento, per cercare di capire se e quando la ristrutturazione interna sia soggetta all'obbligo di realizzazione di apposite opere per l'eliminazione delle barriere architettoniche.

L'origine delle norme volte all'eliminazione delle barriere architettoniche va trovata nella legge 117/1971 che per prima ha normato in maniera organica i diritti dei diversamente abili: l'art. 27 di questa norma disponeva l'obbligo di produrre un decreto ministeriale attuativo, in cui confluissero delle indicazioni tecniche per garantire l'abbattimento delle barriere architettoniche nell'edilizia, limitando però l'ambito di applicazione all'"edilizia pubblica o aperta al pubblico, ed alle istituzioni scolastiche". Il decreto verrà emanato diversi anni dopo e prenderà il numero 378 del 1978. Questo decreto è stato successivamente abrogato dall'art. 32 del DPR 503/1996, mentre la legge del 1971 ed il suo art. 27 sono tuttora vigenti. Dunque queste prime norme non prendevano in considerazione l'edilizia privata, se non appunto quella "aperta al pubblico", tipo i locali commerciali, o gli edifici scolastici in genere. Come vedremo in questo post, la normativa troverà una importante evoluzione nel 1989 con la legge 13 ed il relativo decreto attuativo, che contiene norme diverse rispetto al decreto del 1978 e, soprattutto, estende l'applicabilità anche agli edifici privati, nei modi in cui si vedrà. Tuttavia, la norma del 1978 come visto sarà abrogata solo nel 1996 e quindi dal 1989 al 1996 di fatto gli edifici "aperti al pubblico" ma privati soggiacevano a un doppio regime normativo: la cosa verrà "sanata" con lo stesso DPR 503/1996 il quale in modo assai chiaro e netto, all'art. 1 comma 6 stabilisce che "Agli edifici di edilizia residenziale pubblica ed agli edifici privati compresi quelli aperti al pubblico si applica il decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236", chiudendo quindi il doppio regime normativo e sancendo che l'edilizia privata, anche se aperta al pubblico, è normata esclusivamente dalle norme del 1989 e successive.

La legge generale di riferimento quindi per l'edilizia privata è la 13/89, oltre ovviamente agli articoli 77  e 82 del DPR 380/01, che ha istituito l'obbligo di prevedere specifiche accortezze per l'eliminazione delle barriere architettoniche anche all'intero delle abitazioni private. Tale norma all'art. 1 (ma il concetto è ribadito identico nel decreto attuativo) limita l'applicazione degli obblighi ai seguenti casi:
- costruzione di edifici nuovi, indipendentemente dalla destinazione d'uso
- ristrutturazione "di interi edifici"

Questo post non ha l'intento di produrre un vademecum progettuale, perché sarebbe un argomento eccessivamente ampio e perché, tutto sommato, il decreto attuativo della legge 13/89 - qui se ne trova una copia con anche i disegni - sul sito della Gazzetta si trovano gli schemi grafici dell'art. 9 - è abbastanza chiaro e leggibile senza troppe difficolta. Quello che mi interessa curare in questo post è il quando si è effettivamente soggetti agli obblighi della normativa.

Riprendendo i casi in cui va applicata la normativa, capiamo che nell'intervenire sull'esistente, se non stiamo effettuando interventi di ristrutturazione edilizia sull'intero edificio (il decreto ministeriale di attuazione della legge 13/89 specifica che per ristrutturazione si intende quella di cui all'art. 31 lettera d) della legge n. 457 del 5.8.197, oggi confluta nel DPR 380/01 ed in particolare art. 3 comma 1 lett. d) ) non siamo tenuti a rispettare le norme di questa legge: quindi negli interventi di normale manutenzione straordinaria (che contempla per esempio la diversa distribuzione degli spazi interni) o manutenzione ordinaria (rifacimento impianti, pavimenti, ripiastrellatura bagni) possiamo non preoccuparci di questi vincoli normativi (sarebbe comunque giusto tenerne conto, ma può legittimamente non essere negli interessi del privato inserire ulteriori vincoli progettuali oltre quelli - numerosi - già esistenti) ma attenzione: la ristrutturazione edilizia è una tipologia di intervento che può facilmente "sbucare" da dietro l'angolo quando facciamo degli interventi in un edificio esistente: sono per esempio interventi di ristrutturazione, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la modifica della forma dei vani finestra o la realizzazione di una tettoia esterna. Non sono classificabili come ristrutturazione invece gli interventi, sempre a titolo esemplificativo e non esaustivo, di sostituzione infissi esterni senza modifica del vano murario; installazione pensiline esterne; diversa distribuzione spazi interni; sostituzione di elementi strutturali ammalorati. Altri interventi, prima classificati come ristrutturazione edilizia, oggi sono manutenzione straordinaria, come il frazionamento degli immobili. In ogni caso, la legge a mio parere è abbastanza chiara nell'indicare che l'obbligo si applica a ristrutturazione "di interi edifici" (art. 1 della L 13/89 ed art. 77 DPR 380) e così pure conferma la circolare esplicativa del ministero di giugno 1989 e altri documenti prodotti da pubbliche amministrazioni, e dunque si può con discreta certezza ritenere che interventi di ristrutturazione edilizia non inerenti interi edifici ma magari limitati a singole unita immobiliari (ovviamente residenziali o comunque non aperti al pubblico) non faccia scattare gli obblighi normativi. Tuttavia, potreste imbattervi in pareri contrastanti e, in interventi magari su porzioni consistenti dell'edificio anche se non integrali, laddove il rispetto dell'obbligo sia a portata di mano senza sforzi, produrre comunque la tavola con le verifiche di legge può non essere un'idea sbagliata.

Attenzione comunque alla lettura congiunta delle varie definizioni del DM 286/89: per definire l'"edificio" ci si basa sull'autonomia funzionale: un gruppo di appartamenti di un condominio serviti da un unica scala si possono considerare un "edificio" nel loro complesso, mentre per esempio un appartamento a piano terra con accesso indipendente o un locale commerciale con vetrine e accesso direttamente su strada possono considerarsi "funzionalmente autonomi" e, in questi casi, intervenire in "ristrutturazione" anche nella singola unità immobiliare diventa come se fosse su "interi edifici" e pertanto scatta l'obbligo dell'adeguamento alle norme per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Attenzione perché le definizioni non sono le stesse delle altre norme tecniche e nell'ambito dell'attuazione di questa norma, è alle definizioni proprie della legge specifica che bisogna fare riferimento. Occhio anche ai mutamenti di destinazione d'uso, che possono classificarsi come ristrutturazione edilizia (anche se secondo me le procedure rimangono formalmente disgiunte).

Attenzione comunque al dettame generale introdotto dalla successiva Legge 104/92, art. 24 comma 1, dove è stabilito che ogni opera edilizia che è suscettibile di limitare l'accessibilità o la visitabilità è vietata, sebbene qui si specifichi che ciò vale solo per gli edifici pubblici o aperti al pubblico. Dunque di fatto in detti locali, la verifica dei requisiti di visitabilità e/o accessibilità è sempre richiesta a prescindere dal tipo di intervento che si sta facendo. Si parla comunque sempre di "edificio" e non di "unità immobiliare", tuttavia la dizione normativa qui è talmente generica che a mio parere vi si devono ricomprendere anche gli interventi sui singoli immobili aventi uso pubblico o aperto al pubblico.

Una domanda che potrebbe sorgere spontanea, soprattutto tra chi frequenta assiduamente questo blog, è se il cambio di destinazione d'uso possa essere assimilato alla ristrutturazione edilizia, dato che in una circolare comunale si specifica proprio questo. Ebbene, secondo me, il decreto del fare, avendo creato di fatto una categoria di intervento a sè stante (quella appunto del cambio di destinazione d'uso) ha superato il concetto espresso nella circolare comunale e dunque il cambio d'uso può essere inteso come un opera non soggetta agli obblighi della legge.  In ogni caso, la Legge 104/92, art. 24 comma 6, specifica chiaramente che nel caso di cambio di destinazione d'uso "di edifici" verso destinazioni pubbliche o aperte al pubblico debba avvenire solo previa verifica dei requisiti di abbattimento delle barriere architettoniche. Dunque suggerisco comunque di rispettare le caratteristiche della visitabilità (o dell'accessibilità se del caso) se si dovesse procedere a cambio d'uso verso locale aperto al pubblico.

laddove non arrivano le prescrizioni del combinato disposto della L 13/89 e L. 104/92, arriva il DPR 503/96 con le prescrizioni specifiche per i locali pubblici e aperti al pubblico.

Dei temi fin qui visti, mi sembra ben fatta questa Giuda del Comune di Parma la quale peraltro, per quanto detto prima, va a riconfermare che l'obbligo normativo scatta per "ristrutturazione di interi edifici".

in generale, comunque, se non rientriamo nei casi previsti dalla legge (cioè edifici nuovi o interventi di ristrutturazione edilizia su interi edifici così come definiti alla lettera d) comma 1 art. 3 TUE) l'applicazione delle norme sulle barriere architettoniche non è obbligatoria. Diverso ovviamente è il caso in cui sia uno dei proprietari di un alloggio in un condominio a chiedere che vengano realizzate opere di abbattimento delle barriere architettoniche in un edificio esistente: ma questa casistica non è oggetto della trattazione del presente post (lo amplierò eventualmente in seguito o farò un altro post: ora ho preferito focalizzarmi sull'intervento nella singola unità immobiliare)

Dato che, in teoria, tutti gli edifici il cui progetto è stato depositato dopo l'entrata in vigore della legge del 1989 (1 agosto 1989) sono soggetti alla normativa, e dato che la legge prescrive che in tali edifici tutti gli alloggi debbano essere visitabili, è bene che nell'intervenire su questi immobili, anche per fare delle semplici diverse distribuzioni degli spazi interni, si effettuino sempre progetti che soddisfino il requisito richiesto: dunque - secondo me - in tali contesti gli immobili sono comunque soggetti all'obbligo di rispettare queste norme, anche se non si effettuano opere di ristrutturazione edilizia, sebbene qui non sia chiaro se si debba o meno produrre l'elaborato di verifica della visitabilità e della adattabilità. Attenzione però perché, se pure sia corretto ritenere che l'elaborato non vada prodotto espressamente, si potrebbe ritenere che nel caso di specie i requisiti debbano comunque implicitamente essere verificati e che questa responsabilità rientri tra quelle che il tecnico progettista si assume implicitamente.

Per analogia, qualora si intervenga su un immobile o su una parte di un immobile che era soggetto al requisito dell'accessibilità (perché appunto di nuova costruzione o perché soggetto a ristrutturazione edilizia dopo il 1989) il progetto di ristrutturazione dovrà tenere conto del dettame normativo ed applicarvi le stesse regole.

Se, comunque, siete soggetti alla normativa suddetta ma siete costretti a creare degli impedimenti (per esempio, nell'adeguamento di un edificio storico, potreste essere costretti a creare un gradino su diversi ambienti per poter realizzare correttamente gli scarchi dei bagni) sappiate che l'art. 7 punto 4 del decreto vi consente di derogare, ma solo nel caso di ristrutturazione (giustamente); in questo caso dovrete proporre delle soluzioni tecniche che siano considerate valide, e bisogna relazionare ampiamente sul perché non è possibile rispettare il dettame normativo, e l'ufficio tecnico preposto dovrà validare la vostra proposta di deroga, autorizzazione che si allegherà al titolo edilizio. Comunque io ritengo che nella progettazione, in particolare in contesti storici ed intervenendo all'interno della singola unità immobiliare serva sempre un po di buonsenso: un piccolo gradino, se ben segnalato, anche se più alto dei 2,5 cm prescritti o una breve rampetta anche al di sopra del 12% di pendenza possa non essere considerata una violazione delle norme e possa non essere soggetto alla richiesta di deroga; viceversa una porta con luce netta di 60cm per il bagno che deve essere visitabile è una chiara violazione della normativa (il minimo per le porte è 75cm, per gli spazi visitabili).

Fin qui abbiamo parlato di normativa nazionale, comunque in specifici contesti potrebbe esistere una normativa locale (regionale o comunale) più restrittiva o che vi obbliga a rispettare i requisiti previsti dalla legge anche in interventi diversi dalla nuova costruzione o ristrutturazione edilizia.

Vale la pena citare la sentenza del Consiglio di Stato sez.V n°1437/2011 avente ad oggetto una controversia su una attività extralberghiera la quale secondo il ricorrente doveva essere soggetta sia a normativa antincendio ai sensi del DM 9/4/1994 (art. 22, quindi attività fino a 25 posti letto) e sia a L. 13/89. Il CdS indica nel dispositivo che l'attività è effettivamente soggetta a normativa antincendio, e quindi conferma l'annullamento dell'autorizzazione a svolgere l'attività, ma espressamente valuta come non applicabile la L. 13/89 al caso di specie perché (presumibilmente) trattasi di interventi in una singola unità immobiliare (e non quindi in un "intero edificio) non soggetta a ristrutturazione. Dunque nel caso di specie non si applicano le regole della L 13/89.

Una precedente sentenza sempre del Consiglio di Stato, n°1344/1994 ha fornito una definizione più attenta di "intero edificio" specificando che essa può riferirsi o agli edifici "unifamiliari" ovvero agli interi "condomini", mentre il DM 236 sposta invece l'attenzione sull'"autonomia funzionale" da che si potrebbe arrivare a dire che un locale commerciale con autonomo accesso da strada attraverso le sue vetrine possa considerarsi un "edificio" a sè stante, anche se ciò stride con le accezioni generali contenute nelle norme edilizie che si hanno di tale termine.

Ho scritto prima che il decreto è abbastanza chiaro, comunque mi sembra giusto specificare alcuni aspetti, tutti presi dalle prescrizioni di cui all'art. 3:

- le residenze monofamiliari o anche le plurifamiliari purché prive di spazi comuni (le villette bi-tri-quadrifamiliari, in cui ciascuno ha il propro accesso diretto dalla strada pubblica) necessitano del solo requisito dell'adattabilità.

- nei locali dove si svolge una attività che è aperta al pubblico (quindi anche locali di vendita, laboratori analisi, studi medici, etc) fino a 250mq bisogna garantire accessibilità a tutti gli spazi che possono prevedere la relazione con persone esterne, ma non c'è prescrizione sui servizi igienici. Nel caso in cui l'immobile abbia una superficie superiore a 250mq è inoltre obbligatorio che almeno un servizio igienico sia accessibile.

- le attività che non prevedono un rapporto con il pubblico (impianti produttivi, uffici privati, laboratori artigiani, etc) sono obbligate a garantire il requisito dell'accessibilità se sono contestualmente soggette alla legge sul collocamento obbligatorio; altrimenti è sufficiente garantire l'adattabilità.

- nella ristrutturazione di abitazioni private, se non si effettuano interventi di RE e se non si tratta di immobili edificati o soggetti a ristrutturazione posteriormente al 1989, da quanto ho capito non ci sono adempimenti da rispettare.

- l'appartamento accessibile non necessariamente deve avere tutti gli ambienti accessibili: il secondo bagno per esempio può non esserlo. la norma comunque non specifica in modo chiaro questo aspetto, cioè se è ammissibile che una porzione di un immobile accessibile possa non esserlo (pensiamo agli appartamenti su due livelli: la norma ammette il montascale per spazi privati, ma se al piano terra ho la cucina, il salotto, una camera da letto ed il bagno accessibile, il piano superiore può non essere accessibile? io non ho la risposta).

- per garantire l'adattabilità, la norma impone solo che non si debbano effettuare interventi sulle strutture portanti del fabbricato e che non sia necessario spostare le condotte impiantistiche condominiali: dunque di fatto è possibile prevedere anche demolizione o spostamento tramezzi nel progetto di adattabilità. La norma parla solo di "costi contenuti" ma senza dare riferimenti concreti.

- la legge 104/92 art. 24 stabilisce l'inagibilità per edifici "pubblici o aperti al pubblico" realizzati senza considerare la legge sull'abbattimento delle barriere. Nulla dice però sugli edifici privati. Ciò potrebbe significare due cose (le affermazioni che faccio sono un po' forti e poco corroborate da casi pratici, dunque consideratele più delle riflessioni accademiche): 1. che il problema dell'eventuale mancato adempimento della norma, negli edifici pubblici o aperti al pubblico, va ad inficiare l'agibilità ma forse non il titolo edilizio originario (dal che si potrebbe auspicare una possibilità di sanatoria o di trasformazione successiva atta all'adeguamento); 2. che per gli immobili non aperti al pubblico, cioè privati, rimane la violazione normativa ma astrattamente non l'impossibilità di ottenere l'agibilità.

- la L 104/92 art. 24 comma 3 impone che per gli immobili pubblici o aperti al pubblico, al progetto deve essere allegato il grafico con la verifica delle prescrizioni. E per quelli non pubblici o non aperti al pubblico? a mio modesto parere, prevale in tal caso il generico articolo 1 della L 13/89 che appunto non impone, come la L 104 per le opere pubbliche, un grafico apposito, ma prescrive che "i progetti sono redatti in osservanza delle prescrizioni tecniche", dunque è una prescrizione implicita, che non necessita eventuale graficizzazione, ma rimane l'obbligo di produrre una dichiarazione specifica (anche sugli stessi elaborati grafici?).

105 commenti:

  1. Gentile Architetto Campagna,
    continuo a leggere con interesse i suoi post ad ogni aggiornamento!

    In questo caso mi trovo a chiederle come al solito una conferma o una smentita:

    -sto seguendo una RE2 con DIA rilasciata per l'apertura di una finestra in un villino plurifamiliare, con accesso indipendente da strada, che si sviluppa su piano seminterrato, rialzato e primo. Come al solito presa da dubbi dati dalla mia inesperienza, mi chiedevo se, considerato che ho eseguito una RE2 debba rispettare la visitabilità oppure se basta il criterio di adattabilità essendo l'unità immobiliare ricadente in: " edifici residenziali unifamiliari ed in quelli plurifamiliari privi di parti comuni, è sufficiente che sia soddisfatto il solo requisito dell'adattabilità" come dice l'art. 3 da Lei citato in fondo al post...

    Se dovessi rendere visitabile la mia u.i. sarei costretta ad installare servoscale, predisporre vani porta differenti, il tutto durante l'esecuzione lavori...un vero problema!!! Cosa ne pensa?

    Grazie mille per la sua dispobilità sempre dimostratami.

    Cordiali saluti. A.

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    1. ricadendo nella classificazione di "residenza pulrifamiliare priva di spazi comuni", pur avendo effettuato lavori di ristrutturazione edilizia, sei soggetta al solo requisito dell'adattabilità. Comunque se pure fossi stata in un condominio o comunque un edificio plurifamiliare con parti comuni il requisito richiesto sarebbe stato la visitabilità e non l'accessibilità: la visitabilità accetta che il diversamente abile debba poter accedere agli spazi di convivio (salone, pranzo) e ad un servizio, dunque comunque non saresti stata obbligata a realizzare montascale o ascensori o tutti i bagni accessibili.

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  2. Buongiorno,
    mi trovo a dover inserire un ascensore in un vano scala esistente in un condominio nel municipio Roma XIV e per fare ciò devo effettuare un taglio sulle rampe della scala per ridurne la larghezza.
    Personalmente ritengo che non sia applicabile la normativa dei Vigili del Fuoco (D.M. 246/87) prescrive, per gli edifici di civile abitazione con altezza fino a m.54, scale con larghezza di cm. 105, in quanto il campo di applicazione di dette norme (art.1.1) riguarda gli edifici di nuova costruzione o edifici esistenti in caso di ristrutturazione che comportino modifiche sostanziali. Si intendono per modifiche sostanziali lavori che comportino il rifacimento di oltre il 50% dei solai o il rifacimento strutturale della scala o l'aumento di altezza (NB il taglio delle scale non è stato classificato come "rifacimento strutturale"). Per gli edifici esistenti si applicano le disposizioni contenute nell'art. 8 dove non si prevede nessuna limitazione dell'ampiezza della rampe.
    Non si dovrebbe applicare nemmeno il dm 236/89 che agli art. 1 e 2 chiarisce inequivocabilmente il campo di applicazione del decreto alla nuove costruzioni ed alle ristrutturazioni edilizie, Quindi nel caso di manutenzione straordinaria non sono applicabili sia le norme relativa alle dimensioni delle scale (almeno 1,20 m), sia quelle relative alle dimensioni minime dell'ascensore e delle porte di piano (art. 4.1.12 e 8.1.12).
    Volevo sapere se invece per la prassi romana devo rispettare la larghezza minima delle rampe e, in caso affermativo, dove trovare tale misura sia indicata (ammesso che lo sia) tra i vari regolamenti edlizi o nta del prg.olevo sapere se devo rispettare la larghezza minima delle rampe e, in caso affermativo, dove trovare tale misura sia indicata (ammesso che lo sia) tra i vari regolamenti edlizi o nta del prg.

    Grazie!




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    1. non mi è mai capitato di dover affrontare il tema nello specifico: conviene confrontarsi con il tecnico municipale.

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  3. Saprebbe però cortesemente indicarmi in quali documenti (REC, NTA del PRG) sono presenti le indicazioni sulla larghezza minima delle scale nei condomini?
    Grazie!

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  4. Buongiorno architetto,
    premesso che mi associo nei complimenti per il suo impegno e per la chiarezza espositiva, ho un dubbio: sto elaborando una manutenzione straordinaria di di unità residenziale all'interno di condominio con parti comuni. Il cliente ora mi chiede un rifacimento dell'impianto di riscaldamento con radianti a pavimento, il che mi comporta un innalzamento di quota dell'appartamento di almeno 10 cm. Posto che i coinquilini non hanno nulla in contrario a fargli modificare l'ingresso (alzando la quota del portoncino), mi ritrovo con un'ulteriore barriera (oltre alla rampa di scale condominiali, che in questa sede non mi compete) che impedisce la visitabilità all'u.i., a meno di porre una rampa mobile o una piattaforma, che però insistano sul pianerottolo comune, cosa che reputo lesiva dei diritti terzi.
    Secondo Lei come posso comportarmi? Impongo al cliente di tornare sui propri passi, intervenendo col rialzo per lo meno entro la proprietà (con i giusti spazi di manovra per superare il gradino totalmente dentro l'u.i.)/è un eccesso di zelo mio (non credo...)/esiste un sistema che risolverebbe in altro modo?
    Grazie sin d'ora per la disponibilità e buon lavoro,

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    1. se l'edificio è stato realizzato ed autorizzato prima del 1989, non svolgendovi all'interno lavori di "ristrutturazione edilizia", di fatto non è richiesto di raggiungere il requisito della visitabilità, dunque per il gradino non ci sarebbero problemi. Entro un certo dislivello, poi, il gradino è ammesso (anche se vale in verità per i marciapiedi pubblici). Così è come io l'ho sempre interpretata: se qualcuno la pensa diversamente, parliamone.

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    2. Buongiorno Architetto,
      purtroppo (soprattutto per me) la devo smentire..nonstante le premesse più che lecite e sensate anche da Lei fatte, il Comune mi ha diniegato la CILA in quanto ravvede creazione di nuova barriera (come se i dieci gradini dell'impraticabile scala condominiale e l'impossibilità di installare un ascensore non contassero nulla...) e pertanto violazione delle norme..ora mi tocca provare un permesso di costruire in deroga, sperando in bene, visto che oltretutto il gradino è già fatto... Cordialmente,

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    3. continuo a ritenere che non sia necessario: la legge è abbastanza chiara nel dire che l'abbattimento delle barriere negli edifici esistenti è dovuta solo in caso di ristrutturazione edilizia. se la CILA è stata rigettata solo per questo aspetto, mi sembra ci siano gli estremi per far valere le proprie ragioni e proverei ad andare a parlare col dirigente tecnico municipale.

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  5. Buongiorno, anche io mi accodo ai complimenti per il suo blog.
    E anche io le vorrei porre un quesito: nella ristrutturazione di un appartamento al secondo piano di un condominio si dovrebbe rispettare il requisito della visitabilità secondo il punto 3.4 comma a). Quindi il servizio igienico dovrebbe rispettare tutti i requisiti di interdistanza con le possibilità di manovra (es l’accostamento laterale al wc)? In più si devono inserire le dotazioni di corrimano? Accostamento laterale nel mio caso vuol dire rinunciare al bidet o fare dei grossi sacrifici nella parte relativa al lavandino. Così come sono problemi, sia pure solo estetici ma lo sono, i corrimano prescritti dalla norma. A me pare abbia più senso il requisito dell’adattabilità: cioè uso il bagno per assolvere alle esigenze attuali ma prevedo l’adattabilità futura: se mai dovesse capitare la necessità tolgo il bidet e risolvo l’accostamento laterale, tolgo il wc e monto un wc unico che faccia anche da bidet con cornetta doccia a disposizione. E i corrimano li monto quando serve.
    Lei cosa ne pensa?

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    1. Mi auto-rispondo perchè non avevo raggiunto la fine del punto 4.1.6:
      ****
      Negli alloggi di edilizia residenziale nei quali è previsto il requisito della visitabilità, il servizio igienico si intende accessibile se è consentito almeno il raggiungimento di una tazza w.c. e di un lavabo, da parte di persona su sedia a ruote.

      Per raggiungimento dell'apparecchio sanitario si intende la possibilità di arrivare sino alla diretta prossimità di esso, anche senza l'accostamento laterale per la tazza w.c. e frontale per il lavabo.

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  6. Buona sera, utilizzo la vostra esperienza per un tema legato alla installazione di un servo scala per il superamento delle barriere architettoniche. L'installazione è recente, inizio 2016. Oggi sono incaricato a dare la certificazione di conformità a tutto l'edificio e ho riscontrato il mancato deposito del progetto dell'installazione. Secondo il sottoscritto rientra nelle manutenzioni straordinarie e il progetto andava presentato, inoltre riduce la dimensione della rampa condominiale e pone dei problemi ora alle normative legate alla vigilanza dei vigili del fuoco. Credo che si possa andare in deroga , essendo strumento per il superamento delle barriere architettoniche, ma questo appunto con la presentazione di un progetto. Potete darmi un ragguaglio rispetto alla vostra esperienza.

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    1. i servoscala omologati generalmente possono andare in deroga ma comunque va verificato. da un punto di vista urbanistico, se è opera interna e l'edificio non è vincolato attualmente si può considerare attività libera, secondo me.

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  7. Salve
    ho un quesito da proporle.
    Sto seguendo una ristrutturazione di un appartamento a due piani, sito in un palazzo. Il cliente non vorrebbe il bagno al piano primo, ma solo al secondo piano. Secondo lei è fattibile? perchè per me non si rispetta la visibilità.
    Grazie per il suo prezioso contributo.

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    1. se l'edificio è stato edificato con licenza anteriore al 1989 e non si stanno eseguendo opere di "ristrutturazione edilizia" la legge non richiede di adeguarsi alla normativa sulle barriere architettoniche, dunque si potrebbe mettere il bagno anche solo al piano di sopra.

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    2. La ringrazio moltissimo, la concessione è del 2006, e in progetto il bagno era presente. Ora in fase di ristrutturazione, i clienti vogliono eliminarlo.

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    3. se la concessione è del 2006, l'immobile deve mantenere il requisito della visitabilità, dunque il bagno al piano ingresso non può essere elminiato, a meno che non esista un montascale che porta al piano superiore.

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  8. Buongiorno Architetto, vorrei porle un quesito:sto eseguendo un cambio di destinazione d'uso di un'unità immobiliare da civile abitazione a due unità immobiliari ad uso commerciale. Le uniche opere da realizzare sono: servizi igienici, impianto elettrico ed altre opere di manutenzione ordinaria. I locali si trovano sopraelevati di circa 20 cm dalla quota del marciapiedi. Devo prevedere interventi volti al superamento delle barriere architettoniche? Grazie in anticipo per una sua risposta

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    1. al di sopra di una certa dimensione, mi pare 250mq, i locali commerciali devono garantire l'accessibilità almeno agli ambienti principali. se si è al di sotto di questa dimensione, dato che tutto sommato non si stanno facendo opere di ristrutturazione edilizia, secondo me non è necessario. potrebbe dipende anche dall'attività che si instaurerà.

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    2. Salve architetto, completati i lavori per il cambio di destinazione d'uso, mi appresto a trasmettere la segnalazione certificata di agibilità. Pertanto a questo punto dovrei dichiarare che l'intervento non è soggetto alle prescrizioni sull'abbattimento delle barriere architettoniche di cui al dpr 380/2001 e al d.m. 14/06/89 n. 236? Preciso l'art. 82 del dpr 380/01, comma 5 recita:"La richiesta di modifica di destinazione d’uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla dichiarazione di cui al comma 3 (comma 3:"Alle comunicazioni allo sportello unico dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubblici e aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensi dell’articolo 22, sono allegate una documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, anche ai sensi del comma 2 del presente articolo"). Il rilascio del certificato di agibilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della dichiarazione allo stato dell’immobile. Mi chiedevo se è sempre valida la sua risposta anche alla luce di quanto descritto dal dpr 380/01. Inoltre preciso che la proprietà ha intenzione di fittare i locali e pertanto è ignara sull'attività che si verrà a instaurare. Grazie ancora

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    3. da un lato, la legge prevede che ci si debba adeguare alle norme solo in caso di "ristrutturazione", ed il cambio d'uso oggi non lo è più. dall'altra, i requisiti di accessibilità nei locali aperti al pubblico è condizione per ottenere il nulla osta asl. Immagino comunque che la destinazione del locale sia commerciale, dunque comunque nell'agibilità bisogna certificare che l'immobile ha i requisiti per poterlo utilizzare come tale nello stato in cui è.

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    5. Quindi prima di certificare l'agibilità dei due locali devo adeguarli(magari anche con delle rampe movibili) per l'accesso di disabili? Ma a questo punto la mia domanda è ancora un'altra:come può un disabile poter accedere al mio locale se non può accedere prima al marciapiede davanti al locale poiché privo anch'esso di rampa? Grazie per la risposta

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    6. i locali in sè devono rispettare i requisiti, anche se le parti comuni del fabbricato o gli spazi pubblici non sono accessibili, perché potrebbero diventarlo in futuro. Per l'agibilità è richiesto il parere asl laddove obbligatorio: per i locali commerciali lo è, e si richiede quel tipo di accessibilità, ma io andrei a questo punto a parlare con la ASL e sentire loro se richiedono l'accessibilità per quel locale nello specifico.

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  9. Buongiorno.
    Vorrei chiederle un parere in merito a questa casistica:
    edificio bifamiliare con ingressi indipendenti da corte comune. All'interno di detta corte realizziamo un nuovo corpo di fabbrica contenente due posti auto a servizio delle due unità.
    Essendo il garage in corte comune deve rispettare il requisito dell'adattabilità? E di conseguenza anche i percorsi che lo collegano all'immobile?
    Grazie

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    1. in teoria si, perché trattasi di opere di ristrutturazione.

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    2. quindi, a suo avviso, non accessibilità? (faccio presente che il progetto del garage non prevede il rifacimento di tutte le sistemazioni esterne, quindi sarebbe difficoltoso, oltre che oneroso (in quanto non trattasi di zona pianeggiante) riuscire a rendere accessibili i due ingressi.

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    3. a mio avviso deve rispettare il requisito previsto per le autorimesse in base alle indicazioni normative: non so sinceramente se è accessibilità o visitabilità.

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  10. Buongiorno Architetto!
    Sto eseguendo dei lavori di manutenzione straordinaria del mio appartamento. Verrà spostato il bagno e rifatti gli impianti. Verrà trasformato da bi a trilocale. L'appartamento è al settimo piano ed è parte di un complesso residenziale costruito negli anni '60, nella zona di Roma Basilica di San Paolo.
    L'architetto che sta seguendo i lavori e che ha definito progetto e CILA ritiene che sia necessario rispettare la visitabilità quindi l'obbligo di abbattimento delle barriere architettoniche.
    Quello che però leggo dal suo articolo è che l'obbligo di visitabilità sussiste solo in caso di interventi di ristrutturazione edilizia. Non mi è ben chiaro a questo punto se il mio caso rientra tra quelli definiti alla lettera d) comma 1 art. 3 TUE o meno.
    Grazie mille!

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    1. secondo me no, visto che state eseguendo una "manutenzione straordinaria". se però l'immobile o il fabbricato hanno subito di recente delle trasformazioni tali da necessitare l'adeguamento delle singole unità immobiliari, allora occorre l'obbligo di continuare a mantenere la visitabilità anche nelle trasformazioni future.

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  11. Gentile Arch. Campagna,
    le chiedo un consiglio circa il campo di applicazione del DM 236/89.
    Si devono eseguire dei lavori in un locale commerciale sito a piano strada, inferiore a 250 mq, con il servizio igienico per il pubblico sito al piano interrato e raggiungibile esclusivamente mediante una scala.
    Facendo soli interventi di MS non si rientra nel campo di applicazione del decreto (fermo restando che per la richiesta di licenza di somministrazione, vista la dcc 35/2010, uno dei requisiti strutturali è: “Assenza di barriere architettoniche, facilitazione di accesso ai disabili”).
    Se invece si dovesse trasformare una finestra del locale in portafinestra avremmo, secondo la tabella A del dlgs 222/2016, un intervento di RE cd pesante. A questo punto si entrerebbe nel campo di applicazione del DM 236 relativamente al livello della visitabilità (art. 3).
    Il mio dubbio è sull’art.3.4, dove si precisano i criteri di visitabilità, poiché la lettera “b” dice: nelle unità immobiliari sedi di riunioni o spettacoli all'aperto o al chiuso, temporanei o permanenti, compresi i circoli privati, e in quelle di ristorazione, il requisito della visibilità si intende soddisfatto se almeno una zona riservata al pubblico, oltre a un servizio igienico, sono accessibili; deve essere garantita inoltre la fruibilità degli spazi di relazione e dei servizi previsti, quali la biglietteria e il guardaroba;
    mentre la lettera “e” riporta: nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se, nei casi in cui sono previsti spazi di relazione nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta, questi sono accessibili; in tal caso deve essere prevista l'accessibilità anche ad almeno un servizio igienico. Nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, di superficie netta inferiore a 250 mq., il requisito della visitabilità si intende soddisfatto se sono accessibili gli spazi di relazione, caratterizzanti le sedi stesse, nelle quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta.
    Di conseguenza, essendo l’attività in oggetto un’attività di ristorazione, ma inferiore ai 250 mq, si intende assolto il requisito di visitabilità se la sala di somministrazione è accessibile mentre il servizio igienico (che ricordo è posto al piano interrato) non lo è?
    Inoltre l’art. 3.5 dice anche che le restanti parti dell’immobile devono essere adattabili, ma in questo caso oggettivamente il raggiungimento del servizio igienico non è adeguabile “a costi limitati”, se non impossibile vista la conformazione a C della scala. Questo potrebbe pregiudicare la fattibilità dell’ipotetico intervento di apertura portafinestra?
    Mi scuso per la lunghezza ma spero di aver esposto il quesito in maniera chiara.
    La ringrazio, come sempre, per il tempo dedicatomi.

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    1. leggendo le norme, sembra possibile mantenere il servizio al piano interrato, anche se la specificità non è chiara. Comunque, occorre anche leggere le norme che definiscono visitabilità ed accessibilità perché in alcuni contesti questa è garantita anche da servoscala.

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  12. Buongiorno, devo presentare una Scia per "restauro e risanamento conservativo" di una villa unifamiliare su tre livelli, infatti oltre la normale manutenzione e rifacimento impianti, dovremmo modificare anche alcuni vani finestra in prospetto, oltre che rinforzare alcuni pilastri.Secondo lei in merito alla normativa in oggetto, non essendo appunto ristrutturazione edilizia, ma restauro e risanamento conservativo, l'intervento è soggetto?Io ritengo di no, cosa ne pensa? Grazie.

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    1. la modifica della forma dei vani finestra è comunque ristrutturazione edilizia, a meno che non si tratti di ripristinare delle situazioni precedentemente autorizzate.

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    2. Grazie, per la sua pronta e precisa risposta, ho risolto, infatti si trattava di superfetazioni sui prospetti saluti

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  13. Buon giorno, devo redigere un progetto per frazionamento di unità immobiliare. L'immobile oggetto di intervento è una palazzina di tre livelli e il committente vorrebbe realizzare 3 appartamenti (uno ogni piano) con una scala interna di uso comune.
    Considerato che:
    - il frazionamento di unità immobiliare è considerato manutenzione straordinaria e non ristrutturazione;
    - l'immobile è stato totalmente ristrutturato una decina di anni fa "rispettando" il requisito di adattabilità;

    devo rispettare la normativa sulle barriere architettoniche?
    Grazie.

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    1. se l'edificio ha subìto una ristrutturazione che vincolava al rispetto delle norme sull'abbattimento delle barriere architettoniche, secondo me gli ulteriori interventi che vi si fanno devono continuare a rispettare dette norme, anche se si eseguono interventi non di ristrutturazione edilizia ma di livello inferiore. Comunque occorre valutare caso per caso, e nel caso di specie forse l'impianto generale rispetta comunque le norme sull'abbattimento delle barriere architettoniche: occorre leggere per bene il decreto attuativo e calarlo nel contesto specifico.

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  14. Grazie per la pronta risposta. Cosa intendi per impianto generale? Le porte sono da 80 cm ma i bagni non sono visitabili.

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    1. i livelli di accessibilità più delicati sono quelli delle parti del fabbricato che a questo punto diventano comuni: per le abitazioni, salvo casi particolari, è prevista solo la visitabilità. un bagno è visitabile quando il diversamente abile su sedia a rotelle può accostarsi al lavabo ed al vaso.

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    2. Grazie per la risposta.
      In mattinata ho parlato con il tecnico comunale e mi ha detto che nel mio caso le parti comuni devono essere accessibili e le unità immobiliari adattabili.

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  15. Buongiorno Architetto,
    ho presentato una CILA per diversa distribuzione degli spazi interni di un appartamento senza modifica delle parti esterne ne delle parti strutturali.
    Mi ha chiamato il Comune chiedendomi di integrare il progetto con le tavole e la relazione per la visitabilità e l'adattabilità dell'appartamento.
    Mi è sembrato di capire dal suo blog che questo tipo di intervento non necessità di questa documentazione; nel caso come dovrei comportarmi con l'ente?
    grazie per l'attenzione
    cordiali saluti Marco

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    1. nel post ho specificato che qualora si interviene in edifici che sono stati realizzati o pesantemente ristrutturati dopo il 1989, quindi soggetti alla normativa, occorre tenere presente, nelle modifiche interne, sempre l'aspetto della visitabilità e adattabilità se l'immobile ne era soggetto. Questo perché ovviamente se l'immobile nasce come soggetto a normativa, le successive trasformazioni non possono modificare quello stato ma devono essere in armonia con esso. ovviamente se il fabbricato è ante 1989 allora forse è il comune ad essere in errore.

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  16. Buon pomeriggio architetto,
    devo abbattere le barriere architettoniche ad un immobile di mia proprietà costruito prima del 1089 che sarà destinato ad attività di formazione professionale.
    In particolare vi saranno due aule didattiche al 2° e 3° piano.
    Sembra che non sia possibile installare ascensori nè servoscale a piattaforma.
    Mi chiedo se nelle norme vi siano deroghe per superare le barriere architettoniche fino al terzo piano con montascale a poltroncine e se tra i tipi di montascale a poltroncine ammissibili vi siano anche quelle mobili, per intenderci tipo scoiattolo!
    Se i montascale a poltroncina tipo scoiattolo sono ammissibili in deroga ad ascensori e piattaforme, in quali articoli di quale norma ciò è stabilito ?
    Grazie
    Giovanni Rosano

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    1. le varie sfumature della norma vanno cercate nel decreto attuativo. Eventuali deroghe alla norma, quindi per questioni che non si riescono a trovare neanche nelle maglie del decreto, vanno chieste al comune, che si deve esprimere su un progetto.

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  17. Buongiorno Architetto le scrivo perchè ho alcuni dubbi che mi attanagliano su un lavoro che mi è stato presentato relativamente alla realizzazione di un gradino interno ad un appartamento per garantire le pendenze dovute allo spostamento di un bagno.
    Trattasi di un intervento per un bilocale di circa 35 mq. costituito da due camere un bagno ed un piccolo ingresso . Il progetto prevede lo spostamento del bagno lontano dalla colonna di scarico , pertanto si rende necessario reperire la quota per garantire le pendenze di scarico.
    E’ stato ipotizzato un gradino all’interno dell’ingresso dell’appartamento ed il dislivello sarà realizzato rialzando sia i locali ed il bagno di circa 10 cm. portando l’altezza interna dai 3,15 mt ai 3,05 mt. . La quota originaria rimarrebbe solo nel piccolo ingresso/disimpegno .
    Ora le chiedo se secondo Lei con una semplice CILA è possibile effettuare tale trasformazione e se occorre rispettare i criteri di accessibilità e di visitabilità. Inoltre secondo Lei la variazione di volume e il carico aggiuntivo sul solaio (magari il gradino diviene di 15 cm) comportano una pratica da sottoporre al Genio ? Cosa ne pensa ?
    La ringrazio anticipatamente.
    Cordiali saluti e smpre tanti complimenti per il suo lavoro ed indispensabile aiuto.

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    1. come è scritto nel post, la norma specifica scatta solo in alcune situazioni. Se si è in una di quelle, il gradino sarebbe in contrasto con la visitabilità, ma la cosa è eventualmente risolvibile con una rampa di proporzioni adeguate.

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  18. Buongiorno Architetto.
    Qualora si voglia richiedere l'agibilità (mediante SCIA) di un appartamento posto a l piano quinto di un fabbricato edificato nel 1968, a seguito di lavori di manutenzione straordinaria eseguiti con CILA, sul modello di SCIA va spuntata l'opzione "non è soggetto alle prescrizioni sull'abbattimento delle barriere architettoniche di cui al d.P.R. n. 380/2001
    e al d.m. 14 giugno 1989, n. 236 o della corrispondente normativa regionale" secondo lei? O siccome si richiede l'agibilità vanno rispettate le condizioni di visitabilità e di accessibilità delle parti comuni?
    Grazie.

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    1. essendo un fabbricato ante 1989, non ricade nell'obbligo di abbattimento se non si fanno nel fabbricato le opere che ne richiederebbero l'adeguamento.

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  19. Buongiorno architetto, avevo bisogno di una consulenza relativamente alle barriere architettoniche appunto. Devo apprestarmi alla progettazione di un cambio d'uso da commerciale a residenziale. Rientrando nella ristrutturazione edilizia e trattandosi di un cambio d'uso per ricavo appartamento che sta a +40 cm rispetto alla quota dell'area esterna devo prevedere rampa di accesso?
    Inoltre se il cambio d'uso, invece, ripristina un uso antecedente al commerciale cioè un ritorno al residenziale originario,compiendo pero' nuove opere, devo fare la rampa di accesso sempre a +40 cm rispetto al'area esterna?
    La ringrazio fin d'ora
    cordiali saluti
    arch. Federica Rizzardi

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    1. il mutamento di destinazione d'uso in base al panorama normativo attuale non è più classificabile come ristrutturazione edilizia e, comunque, se parliamo di interventi che non riguardano l'"intero fabbricato", non si dovrebbe ricadere nel dettame normativo. Ovviamente, se ci si vuole adeguare a prescindere, male non fa.

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  20. Buongiorno...volevo un suo parere su questo lavoro:
    palazzina di 3 piani (T+1+2) ad uso ufficio privato NON aperto al pubblico, costruita negli anni '60.
    Dovendo fare diversi interventi per differente distribuzione interna, è obbligatorio installare un ascensore? Tra i bagni, dovendoli rifare, è previsto lo spazio per uno ad uso disabile (eventuale montacarrozzelle o, per l'appunto se necessario, ascensore magari esterno)
    Grazie, cordiali saluti e complimenti per il blog
    Bruno - Milano

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    1. essendo un edificio ante 89, a mio parere va adeguato solo nel caso di ristrutturazione "integrale" così come vagamente specifica la legge nazionale. eventuali norme locali possono introdurre restrizioni ulteriori. se però l'ufficio è la sede di una azienda soggetta ad obbligo di collocamento obbligatorio, allora il discorso può cambiare radicalmente.

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  21. Grazie per la risposta...
    L'azienda non è soggetta al collocamento obbligatorio, però -prima di partire coi disegni- mi sa che questa info all'Ufficio Tecnico sia doveroso chiederla!
    Grazie ancora e saluti

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  22. Buongiorno Architetto,
    la ringrazio moltissimo per le delucidazioni e per il suo impegno.
    Avrei un quesito da sottoporle: devo presentare una SCIA alternativa al permesso di costruire (in Variante a una DIA piano Casa presentata nel 2016) per la realizzazione di due piccoli ampliamenti di 30 mq circa con autonomia funzionale in una palazzina a Roma costruita ante 1939. Ora, le suddette nuove unità immobiliari non hanno lo stesso numero civico dello stabile, ma hanno accesso dall'esterno con differente numerazione civica, condiviso con altre due unità immobiliari. L'immobile (diviso in 3 numeri civici) è individuato da un unica particella catastale ed è di unico proprietario. Tuttavia, trovandosi gli ampliamenti ad un piano seminterrato rispetto alla quota della strada di accesso, vi è un salto di quota di circa 2 metri per raggiungere le abitazioni. Attualmente si accede alle abitazioni solo con una rampa di scale.
    La domanda è: sono obbligata ad installare un ascensore esterno od eventualmente un servo scala per garantire la visitabilità agli ampliamenti di nuova costruzione, anche se trattasi di residenze unifamiliari ad un solo piano? Se la normativa dice che si può andare in deroga sulla realizzazione dell'ascensore per edifici fino a 3 livelli fuori terra, come si fa a garantire la visitabilità in una situazione del genere.
    Spero che il quesito sia chiaro, purtroppo è una condizione anomala alquanto complicata.
    La ringrazio moltissimo per la sua disponibilità le saluto cordialmente.

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    1. da un lato la norma obbliga alla visitabilità nelle abitazioni, nonché alla adattabilità (e la norma parla di visitabilità solo per alcuni ambienti); dall'altra la norma non obbliga all'installazione di sistemi di abbattimento barriere in caso di edifici con più di tre piani compreso l'interrato, ma deve comunque dimostrarsi la facile installabilità dei sistemi. comunque come sempre il progetto andrebbe visto per bene per poter dare pareri tecnici.

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  23. Buongiorno Architetto,
    vorrei sottoporle un quesito, devo eseguire una Cila per manutenzione straordinaria e cambio di destinazione d'uso da ufficio privato a appartamento, dovendo spostare il bagno per poter collegare gli scarichi si forma un gradino di circa 15 cm. per accedere al locale e la creazione del disimpegno del bagno largo 80 cm. l'immobile è stato realizzato nel 1965 a Milano. Secondo Lei è necessario rispettare la norma della visitabilità.
    Grazie Davide

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  24. Buongiorno Architetto, le rinnovo i complimenti per il suo blog. Vorrei chiederle un parere su un’immobile parte di una ristrutturazione integrale di edificio che sto acquistando come prima casa a Milano.

    Abbiamo capito perché abbiamo un ascensore, poiché l’entrata è al piano terra ma tutto l’appartamento si sviluppa al piano ammezzato. Abbiamo fatto presente al progettista che la porta dell’ascensore è di difficile accessibilità, in quanto si trova attaccato ad un angolo e con la porta che si apre verso questo, ma il progettista si é dimostrato poco collaborativo anche su altre questioni. Ho letto che la normativa prevede porte automatiche per l’ascensore, ricado anche io in questo caso? (L’ascensore è di nuova costruzione).

    Inoltre sui progetti consegnati per la relazione di mutuo ho visto he ci sono tutta una serie di difformità nel reale rispetto al progetto presentato per quanto riguarda le barriere architettoniche: manca un “gradino del tipo rampa automatica” per superare l’alto scalino sul portone di ingresso, c’è un piccolo scalino non segnalato nel percorso che dall’ingresso porta alla porta di casa nostra e all’ascensore condominiale, manca il montascale segnato sulle scale condominiali che portano al piano ammezzato, nelle due unità immobiliari adiacenti alle nostra da progetto ci sono due montascale segnati che non sono stati costruiti nè le scale lo permettono (hanno l’unico bagno al piano ammezzato).

    Non posso ritardare il rogito di settembre perché siamo obbligati a trasferirci, quindi non voglio segnalare le scoperte fatte al venditore prima del rogito. Come mi consiglia di muoverci? Al momento mi trovo con l’obbligo di un costosissimo ascensore che è pressoché inservibile in un edificio con barriere architettoniche in entrata. Come consiglia di muovermi? Chi è responsabile nel caso facessi una denuncia di abuso edilizio?

    La ringrazio sin d’ora del suo prezioso aiuto.

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    1. la questione è delicata e, anche perché riguarda il territorio di un altro comune, non me la sento di sbilanciarmi: le suggerisco di incaricare un buon collega del posto per assisterla al meglio.

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  25. Buongiorno architetto, complimeti per il suo blog.
    Ne approfitto per sottoporle il seguente quesito.
    Un edificio con 4 piani fuori terra con due appartamenti per piano, costruito negli anni 60, mai soggetto a precedenti interventi edilizi e senza ascensore.
    Ora si devono effettuare diverse opere tra cui:
    al piano 4°, ristrutturazione edilizia di un appartamento e manutenzione straordinaria dell'altro;
    al piano 3° ristrutturazione dell'intero piano con aumento di una unitò immobiliare;
    al piano 2° solo manutenzione straordinaria dei due appartamenti.
    La domanda è: devo installare un ascensore?
    Se si, posso andare in deroga con le misure dato che il foro nel vano scala non permetterebbe di installare una cabina di m 1,20 di profondità ma solo di 1 m?
    Grazie e cordiali saluti

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    1. bisogna capire se le opere possono rientrare nella definizione di "ristrutturazione integrale" dell'edificio, nel qual caso scatterebbero gli obblighi di abbattimento barriere. Da come le ha descritte non mi sembrano opere che possono rientrare in questa categoria, comunque se si ha il dubbio, si può "tentare" di farsi rilasciare un benestare dal Comune o dalla ASL.

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  26. Buongiorno architetto, abbiamo eseguito dei lavori di frazionamento (abbiamo realizzato singoli box auto) e ristrutturazione impiantistica (elettrica ed antincendio) di un'autorimessa (circa 4000 mq) sita nel piano cantinato di un condominio privato realizzato ante 67. Il tutto con Cila e Scia (la scia si è resa necessaria solo perchè sono state realizzate le scale di collegamento dai piani terra al piano cantinato (all'interno degli esistenti vani scala - prima arrivavano solo gli ascensori). Il comune, in sede di rilascio di agibilità (abbiamo trasmesso apposita SCA) ci ha richiesto letteralmente "Relativamente alla L. 13/89 ripresentare modello SCA, poiché trattasi di art. 82, che prevede almeno un percorso fruibile, unitamente ad un elaborato planimetrico dove si evidenziano le soluzioni progettuali adottati per garantirne il soddisfacimento". A mio parere, trattandosi comunque di un'autorimessa privata non aperta al pubblico, tale richiesta non è giustificata. Sarei però confortato da un suo parere in merito. Grazie e complimenti

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    1. in effetti la richiesta del comune mi sembra non congrua con la situazione nello specifico, a meno che loro non vogliano dire che a loro giudizio la completa creazione di nuovi box auto non sia da considerarsi come "ristrutturazione integrale" e quindi soggetta comunque ad adeguamento. temo sia necessario un confronto aperto con l'amministrazione.

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  27. Buonasera
    Avrei un quesito anche io approfittando della sua competenza. Ho presentato una cila per il cambio di destinazione d'uso di una unità da direzionale a residenziale. A questa unità viene annessa una stanza proveniente dall'unità residenziale adiacente della stessa proprietà attraverso l'apertura di una nuova porta interna di collegamento e la chiusura di quella che dava accesso alla stanza trasferita dall'altra unità. Entrambe le unità sono poste a piano terra di una piccola palazzina condominiale. Le porte dei bagni esistenti sono larghe 70 cm e nel mio progetto i bagni non vengono toccati e io ne ho dimostrato l'adattabilità. Il comune mi chiede di allargare le porte dei bagni a 75 cm min per rispettare il requisito della visitabilità. Edificio sito in Lombardia edificato ante 1989. A mio parere siano cambio di destinazione sia il frazionamento non dovrebbero configurare l'intervento come ristrutturazione quindi non sarei soggetto alla visitabilità. Che ne pensa? Ovviamente non vorrei allargare le porte e nemmeno dichiarare una larghezza che non è. Grazie del parere

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    1. secondo me non si ricade nell'obbligo di dover adeguare l'immobile, perché non si tratta della ristrutturazione dell'intero edificio. tuttavia è facoltà delle regioni imporre eventuali norme più restrittive e non so se la Lombardia ha emanato leggi in materia.

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  28. In realtà l'asino (ìo ) casca sull'art. 2 comma d del dm 236/89 che definisce edificio l'unità immobiliare dotata di autonomia funzionale. ...quindi qualunque appartamento dentro un condominio è come se fosse l'intero edificio! Posso solo appellarmi al fatto che l'intervento essendo manutenzione straordinaria e non ristrutturazione non è soggetto al rispetto della visitabilità...forse?

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    1. la definizione non brilla per chiarezza, comunque ritengo che si riferisca alle case unifamiliari isolate. Se l'appartamento ha comunque accesso dagli spazi comuni del condominio, secondo me non può essere definito come un edificio a sè stante. potrebbe essere un discorso diverso, ma comunque da valutare, se avesse un unico accesso del tutto indipendente dal fabbricato condominiale, tipo attraverso un giardino o direttamente da strada.

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  29. Buongiorno architetto, nel caso di una CILA per manutenzione straordinaria relativa ad un appartamento di un condominio a 6 piani fuori terra edificato negli anni '70 con richiesta del cliente di agibilità per l'u.i., qualora l'ascensore non abbia le dimensioni adatte per l'accesso ad una carrozzina può comunque considerarsi l'accessibilità alle parti comuni (arrivare davanti l'ascensore e davanti le scale)? O se l'ascensore non è accessibile viene meno il requisito di accessibilità? Qualora l'ascensore sia posto altre una rampa di scale molto ripida chiaramente non ci si arriverebbe nemmeno nè al'ascensore nè alle scale. Gli spazi comuni non sono accessibili? Per quanto riguarda il bagno mi sembra di capire che lo stesso debba essere visitabile; va dunque rispettato l'art. 4.1.6 della 236/89 (spazio necessario per accostamento laterale ecc)? O trattandosi di CILA l'agibilità può essere richiesta spuntando la voce "non è soggetto alle prescrizioni sull'abbattimento delle barriere architettoniche di cui al d.P.R. n. 380/2001
    e al d.m. 14 giugno 1989, n. 236 o della corrispondente normativa regionale" sul modello SCA e dunque non prendendo in considerazione l'inaccessibilità dell'ascensore e la non visitabilità del bagno? Grazie.

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    1. la questione non è chiara: comunque se le parti comuni sono state edificate prima della relativa legge, va da se che, a meno che non venga ristrutturato l'intero fabbricato, la norma non obbliga al suo adeguamento. In ogni caso, le opere di MS e RC su appartamenti in fabbricati ante 89 non sono soggetti all'adeguamento, a meno di situazioni particolari.

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    2. Mi spiace non esser stato chiaro. Qualora voglia richiedere l'agibilità del mio appartamento (a seguito di lavori di manutenzione) ma l'ascensore del condominio oltre che essere non accessibile per una carrozzina perché troppo piccolo è ubicato in cima ad una rampa di 10 scalini, posso presentare la SCA? Cosa dovrei barrare relativamente alla sezione barriere architettoniche? "non è soggetto alle prescrizioni sull'abbattimento delle barriere architettoniche di cui al d.P.R. n. 380/2001 e al d.m. 14 giugno 1989, n. 236 o della corrispondente normativa regionale"? Oppure "interessa un edificio privato ed è soggetto alle prescrizioni degli articoli 77 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001 e del d.m. n. 236/1989, e pertanto le opere realizzate sono conformi alla normativa in materia di superamento delle barriere architettoniche ai sensi art.11 del d.m. n. 236/1989 e a quanto previsto nel titolo edilizio"? Grazie.

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    3. mi sembra si possa interpretare che si ricada nel caso in cui non si è soggetti alla norma, ma la cosa ovviamente la deve valutare il tecnico.

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  30. SALVE,HO PRESENTATO UNA SANATORIA DI UN EDIFICIO CON TRE UNITA' IMMOBILIARI-PIANO TERRA DUE MAGAZZINI E AL PIANO PRIMO UNA ABITAZIONE. NON SONO STATE FATTE OPERE SOLO SANATO LE ALTEZZE DEI DUE PIANI FUORI TERRA E PICCOLE DIFFORMTA' INTERNE DELL' ABITAZIONE (la distribuzione interna è rimasta uguale).
    SONO SOGGETTA ALLE PRESCRIZIONI SULL' ABBATT. DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE?
    SE SONO SOGGETTA RISPONDO ALL' ADATTABILITA'? GRAZIE

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    1. se si è trattato di "ristrutturazione di intero edificio" potreste rientrarvi, altrimenti probabilmente no. difficile rispondere con così pochi elementi.

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  32. Buongiorno Marco,
    cercherò di essere breve ma non posso esimermi dal farti i complimenti e ringraziarti per aver messo a disposizione di tutti le tue conoscenze ed esperienze lavorative ed il tuo tempo prezioso.
    Devo occuparmi delle pratiche per avviare i lavori di manutenzione straordinaria di un piccolo appartamento sito al piano terra con ingresso indipendente dal giardino, in un condominio nel comune di Roma costruito dopo l'89.
    L'appartamento necessita del rifacimento degli impianti, sostituzione rivestimenti ed infissi e come intervento sulle murature del solo abbattimento di un piccolo muretto (h 90 cm e L70 cm) che delimita l'angolo cottura, per cui sarebbe stata sufficiente una c.i.l.a. e mi sarei astenuta dal produrre elaborati grafici sulla rispondenza ai requisiti di visitabilità.
    Il problema si pone dal momento che il proprietario dell'appartamento ha manifestato il desiderio di ampliare la finestra della camera trasformandola in porta finestra, così come è stato fatto nell'appartamento speculare e gemello al suo.
    Un intervento di questo tipo necessiterebbe di pratica per Ristrutturazione edilizia e quindi il progetto deve rispettare la normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche, giusto?
    In particolare il bagno dovrebbe avere i requisiti della visitabilità, che prevede la possibilità che il disabile possa fruire degli spazi nell'immediato e non come nell'adattabilità nel futuro a seguito di modifiche, giusto?
    Di fatto però il bagno ha dimensioni talmente ridotte che stavamo ragionando sull' eventualità di eliminare il bidet per consentire l'inserimento di un lavandino "normale", visto che quello attualmente presente è poco più che un lavamani, cosa che lo avrebbe reso non "completo" ma sicuramente più funzionale, immaginare che vi possa entrare un disabile su sedia a rotelle è pura fantascienza. Non solo, gli altri due ambienti della casa sono anch'essi di dimensioni tali che sarebbe folle ridurli a favore di un ampliamento del bagno (per capirci la camera da letto supera di poco gli 11 mq, il sogg./ang. cott. arriva appena ai 14 mq e il disimpegno è appena di 1 mq).
    In una situazione del genere, in cui già il progetto originario non è a norma di legge, si può pretendere che quello attuale "sani" le mancanze del primo, considerando l'onere economico e la penalizzazione sulla vivibilità degli altri ambienti che un adeguamento alla normativa comporterebbe?
    Se il proprietario dovesse rinunciare ad ampliare la finestra, posso effettivamente nella c.i.l.a. esimermi dal produrre elaborati grafici che dimostrino la visitabilità del bagno?
    Ti sono mai capitate situazioni analoghe?
    grazie

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    1. i fabbricati realizzati o "ristrutturati integralmente" dopo il 1989 devono rispettare i requisiti della norma sull'abbattimento delle barriere architettoniche, dunque astrattamente qualunque intervento soggetto a titolo che tu poni in essere deve rispettare le norme, fosse anche una semplice manutenzione interna, al di là del tuo legittimo dubbio sulla "ristrutturazione edilizia". teoricamente, quindi, l'appartamento dovrebbe già essere "visitabile"; se tu ritieni che non lo sia, sarebbe opportuno far si che lo diventi, e rappresentare il tutto a livello grafico.

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    2. L'appartamento non è a norma di legge, non è che lo "ritengo" io, non lo è, è un dato oggettivo, ci si muove a stento in piedi, la sedia a rotelle non riesce proprio ad entrare, è ovvio che questo lo terrò per me, non lo vado di certo a denunciare.
      Però permettimi lo sfogo, di cui mi scuso subito, trovo francamente piuttosto ingiusto che si richieda al privato di sanare qualcosa che l'amministrazione pubblica ha ritenuto in passato conforme, tappandosi evidentemente occhi, naso , bocca e chissà cos'altro, tanto più che come ho già detto, margini per allargare il bagno non ce ne sono!

      Tornando al nocciolo, quindi, datosi che l'intervento non apporta alcuna modifica né alle tramezzature (quindi alle dimensioni), né alle porte, né alla distribuzione interna, ma interviene solo sugli impianti, sui rivestimenti e sostituisce i sanitari, e si presuppone che il bagno a suo tempo sia già stato progettato coi requisiti della visitabilità, non dovrei essere obbligata a produrre elaborati che ne dimostrino la visitabilità, è questo che mi stai suggerendo?
      grazie

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    3. non è esattamente questo che ti volevo suggerire. Se un immobile non è stato realizzato in conformità di una norma obbligatoria all'epoca della costruzione, anche se nessuno se ne è accorto ed è stata comunque rilasciata l'agibilità (vero momento in cui andrebbe verificata e certificata questa cosa), allora sarebbe opportuno far si che l'immobile sia modificato per risultare a norma. Alternativamente, il tecnico potrebbe valutare se "appoggiarsi" alle dichiarazioni già rese, rendendo eventualmente nota la cosa nei documenti tecnici. Resta il fatto che nell'atto amministrativo tecnico e committente dichiarano che l'intervento è rispettoso della normativa sovraordinata.

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  33. Buon pomeriggio, sono a fare dei lavori interni - demolizione e rifacimento di divisori per una diversa distibuzione interna, rifacimento dei bagni, incollaggio di pavimento su quello già esistente e rifacimento di rivestimenti- ad un appartamento situato al piano terzo di un Condominio costruito nel 1974, dove esiste già un ascensore delle dimensioni di cm. 87 di profondità e cm. 105 di larghezza, con una porta di cm. 65, e mi è stato chiesto quale integrazione alla CILA, la verifica al requisito di visitabilità.
    Essemdo al terzo piano - quindi superiore a tre livelli fuori terra - non posso prevedere di installare un servoscala perchè il D.M. 236/89 non me lo prevede, quindi quale è la soluzione che mi permette di asseverare la rispondenza al requisito della visitabilità?
    Grazie

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    1. non capisco la richiesta del requisito di visitabilità per un fabbricato ante 1989

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  34. Buinasera Architetto, le volevo chiedere relativamente ad un cambio di destinazione d'uso di un locale in zona A di Roma da deposito a commerciale,avente affaccio diretto su strada con scalino di cm 10, chiedo se secondo lei è soggetto ad abbattimento barriera architettonica.
    Ringrazio anticipatamente

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  35. Buonasera architetto e complimenti per la sua competenza. Ho un ambulatorio di fisioterapia che per avere l' autorizzazione sanitaria all'esercizio ha avuto il beneficio della deroga per strutture costruite prima del 1989. Le barriere architettoniche presenti ( due gradini all' esterno e due gradini all'interno erano state superate e concesse con l'uso di uno scoiattolo . Orbene dal momento che siamo riusciti ad abbattere quella esterna con uno scivolo è vero che non rientriamo più nella deroga e dobbiamo per forza abbattere anche i due gradini interni ?

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  36. Buonasera architetto, mi sto occupando di una consulenza in merito all'apertura di una casa di riposo a Roma.
    Per i criteri di progettazione per il rispetto del requisito di accessibilità della struttura, ho fatto riferimento a quelli indicati al punto 8 del D.M. 236/89. Con particolare riferimento alla dimensione delle porte, il punto 8.1.1 dice: "La luce netta della porta di accesso di ogni edificio e di ogni unità immobiliare deve essere di almeno 80 cm. La luce netta delle altre porte deve essere di almeno 75 cm".

    Parlando con un ispettore della Asl, lo stesso mi ha riferito dell'esistenza di una norma più recente, di cui non ricordava alcun riferimento, secondo la quale la dimensione minima delle porte dei bagni per persone su sedia a ruote deve essere di 90 cm. Ho fatto una ricerca sul web ma non ho trovato nulla, anzi: le normative più recenti risultano la legge 503/96 e la DGR 424/2001 della Regione Lazio, che rimandano ai sopracitati criteri del DM 236/89.

    A lei risulta l'esistenza della norma menzionatami dall'ispettore Asl?

    Ringrazio in anticipo,
    Elisa Pasculli

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    1. la dimensione dei 90cm per i bagni in verità - da che so io ma potrei ignorare norme ancora diverse o più recenti - deriva da una norma precedente a quella del 1989, che si riferiva ai soli immobili pubblici o aperti al pubblico, a cui voi in effetti dovreste rispondere, a meno che non si tratti di una struttura del tutto privata (ma anche nel caso valuterei con attenzione). il tuo riferimento è l'art. 12 del DPR 384/78 di cui trovi il link all'inizio del post, il quale però è stato abrogato nel 1996: come ho scritto sopra, vi è stato un periodo in cui, vigendo entrambi i decreti (questo del 78 e quello dell'89) vi era molta confusione. Dunque a quanto a me risulta, le porte non devono più essere da 90cm ma spesso ancora si fanno così per prassi. ripeto: potrei ignorare sviluppi normativi più recenti dei quali ti ringrazio se vorrai segnalarmeli.

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    2. La ringrazio per la sua risposta molto esaustiva. Continuerò a documentarmi e, qualora dovessi scoprire ulteriori sviluppi normativi, glieli segnalerò molto volentieri!

      Saluti,
      Elisa Pasculli

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  38. buongiorno ingegnere,
    vorrei porle un quesito.
    un nostro condomino chiede di adibire un posto auto per disabili in uno spazio comune di parcheggi che in tot sono 38.
    è una richiesta fattibile? preciso che lo stabile è ante '89 e che non vi sono barriere architettoniche.
    cordiali saluti
    rosa

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    1. tecnicamente non è infattibile trasformare in posti auto uno spazio comune di pertinenza condominiale, ma vanno verificati tutti i presupposti, tra cui eventuali atti d'obbligo stipulati per il vincolo della destinazione delle aree comuni.

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    2. Gentile ingegnere,
      Le preciso che nello spazio comune vi sono sempre stati 38 posti auto in cui tutti possono parcheggiare indifferentemente. Quindi secondo me non trova applicazione l'art. 8.2.3 del decreto ministeriale del 1989 n. 236 reclamato da un condomino. Attendo sue cordiali saluti e la ringrazio per la celerità nelle risposte. Rosa

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    3. se avete necessità di approfondire dal punto di vista tecnico-urbanistico potete contattarmi per un preventivo per una consulenza mirata.

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  39. Salve scusi il disturbo avrei bisogno di un chiarimento visto che il post è un po datato.
    Nel caso di redistribuzione degli spazi interni ad un appartamento posso perciò ritenere non obbligatoria la ristrutturazione del bagno principale per fare in modo che non vi siano barriere archittetoniche o vi è stata una modifica nella normativa?

    Grazie mille per i chiarimenti

    Davide

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    1. non mi risulta che la norma si sia innovata da quando è stato scritto il post.

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  40. Salve Buongiorno, Innanzitutto grazie mille per compartire tutta la sua conoscenza, per me che sono tirocinante straniera è veramente importante… Scrivo perché ho un dubbio… Nel caso di manutenzione straordinaria pesante di un negozio con eliminazione di scala interna e frazionamento dove la accessibilità al piano terra è garantita mentre si richiede la deroga per l'accessibilità al primo piano dato che l'ascensore ha dimensioni piccole rispetto alla legge (Es. Porta 60 cm), è possibile averla se il primo piano sono uffici non aperti al pubblico? Oppure se fosse residenziale, potrei avere la deroga?.. Perché adesso mi hanno detto di no e che devo mettere un montascale ma penso che forse hanno capito che continua ad essere un negozio aperto al pubblico. Grazie mille!!!

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    1. bisogna vedere come si inquadra l'intervento a livello urbanistico, comunque certamente nella deroga, laddove effettivamente necessaria, è determinante la destinazione post-operam: se la stessa non è soggetta, e se non si è in generale soggetti alla norma perché ne ricorrono i presupposti, io non vedo problemi.

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    2. Ottimo, grazie mille per il suo tempo!!! Buona giornata!

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  41. Buongiorno,
    Sono in procinto di aprire un piccolo laboratorio di produzione di pasta fresca a Milano senza somministrazione e senza commercio diretto. Il locale in questione è in fase di ristrutturazione ma ho dei dubbi sulle interpretazioni del mio architetto a riguardo le normative igienica ed edilizia.
    Mi interessa sapere le dimensioni di locale wc e antibagno che funge anche da spogliatoio per uno o due dipendente del laboratorio.

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    1. anzitutto, bisognerebbe verificare che regione o comune non abbiano dettato delle norme diverse rispetto a quelle nazionali. se non sono state introdotte norme diverse, il bagno non deve avere caratteristiche particolari a meno che il locale non superi una certa dimensione o se l'attività non impiega personale diversamente abile.

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  42. Buona sera Architetto, ho letto attentamente tutto il suo articolo, ed è stato molto interessante perchè nel mio Comune i tecnici non ne sanno quasi nulla, però vorrei porle questo quesito per conferma:
    Abitazione bi-familiare ( ognuna con il proprio mappale catastale e di due proprietà diverse) posta su 3 livelli, costruita nel 1990 con tavola illustrativa per rispettare il requisito di adattabilità, con un accesso pedonale e carraio autonomo ( uno per la proprietà A e uno per la proprietà B) . Io oggi faccio una SCIA DI RISTRUTTURAZIONE solo per metà di abitazione (proprietà A), che come ripeto ha un accesso carraio e pedonale autonomo, devo mantenere il requisito di adattabilità?

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    1. secondo me sì, le costruzioni che nascono con delle caratteristiche, non possono essere successivamente trasformate peggiorando le condizioni stabilite dalla norma. questa impossibilità di "scendere" di livello è a mio avviso contenuto nel generico richiamo della Legge 104.

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  43. Salve Marco. Innanzitutto complimenti per il suo blog e la chiarezza delle spiegazioni che fornisce. Le volevo chiedere,sono proprietario di uno studio medico a Roma 18esimo municipio, accatastato a2. Una delle stanze presenti era utilizzata da un dentista che sta andando in pensione. Al momento ci sarebbe un nuovo dentista interessato a subentrargli. È necessario cambiare destinazione d'uso di tutto lo studio in A10?

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    1. in passato esistevano norme che consentivano una sorta di deroga, ma ad oggi in effetti occorre il mutamento d'uso. Ho scritto un post apposito, proprio specifico sugli studi medici: https://architetticampagna.blogspot.com/2019/01/studi-medici-e-prescrizioni-edilizie.html

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  44. Buonasera architetto,

    sto leggendo l'ultima finanziaria approvata a proposito del cd. bonus barriere architettoniche.
    Non riesco a capire, e ti chiedo un pare in merito, se questo bonus si può applicare anche nel caso di rifacimento di servizi igienici (ovviamente rispettando tutti i dettami del dm 236/89) all'interno di edifici plurifamiliari.
    L'art 119 ter dice che la detrazione spetta nella misura del 75% delle spese sostenute calcolata su: "ammontare non superiore a euro 50.000 per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno".
    Grazie

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  45. Salve Architetto, sto eseguendo un intervento su un intero edificio composto da 8 unità immobiliari su Roma. In alcune di essere si faranno interventi di RE mentre in altre di RC, pertanto non si può dire che l'intero edificio è oggetto di RE complessiva direi.
    Che obblighi abbiamo in termini di adeguamento barriere architettoniche? E' corretto interpretare che va fatto l'adeguamento solo per le unità che saranno oggetto di RE mentre per quelle oggetto di RC non c'è alcun obbligo a livello di lavorazioni interne agli appartamenti? chiaramente essendo un condominio le parti comuni le faremo tutte adeguare avendo un vano ascensore delle dimensioni previste dalla norma,etc etc

    grazie

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    1. secondo me le unità oggetto di RE dovrebbero essere adeguate alla normativa, mentre quelle in RC teoricamente no, a meno che il fabbricato non sia stato costruito dopo il 1989. altro fattore, è se le parti comuni del fabbricato sono oggetto anche loro di opere di RE, perché nel caso anche queste andrebbero adeguate. la mia è solo una ipotesi.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.