domenica 14 settembre 2025

destinazione d'uso: catasto e urbanistica possono divergere

destinazioni d'uso tra catasto e urbanistica Dopo svariate vicissitudini e confronti avuti con colleghi tecnici, agenti immobiliari ma anche notai, mi sembra necessario scrivere un post che tratti di un argomento spesso disorientante, ovvero quello della destinazione d'uso tra urbanistica e catasto. Già sappiamo che catasto e urbanistica non necessariamente coincidono, ma arrivereste a pensare che la destinazione catastale può essere del tutto avulsa da quella urbanistica, tanto che in taluni casi ai cambi d'uso urbanistici può non corrispondere nessun cambio d'uso catastale? vediamo perché ciò è, invece, perfettamente normale.

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Destinazione d'Uso: Perché il Catasto parla una lingua diversa dall'Urbanistica?


Nel complesso mondo immobiliare italiano, una delle fonti più comuni di confusione per proprietari e professionisti è la differenza tra la destinazione d'uso catastale di un'unità immobiliare urbana e la sua destinazione urbanistica. Nonostante possano sembrare due facce della stessa medaglia, si tratta di concetti distinti, regolati da normative autonome e con finalità differenti. Comprendere questa differenza è fondamentale per una corretta gestione e valorizzazione del proprio immobile.

In questo blog, ma anche nei miei libri, ho sempre dato grande risalto alla differente natura di queste due grandi entità normative, perché la comprensione della loro assoluta indipendenza è la base per potersi addentrare verso ciascuno dei due mondi. Ciascuno difatti ha le sue finalità e quindi le sue procedure ma, inevitabilmente, è diverso anche il riflesso sulla rappresentazione e gestione degli immobili tra le due.

Fra i post più recenti sull'argomento vi posso segnalare questo in cui ho descritto, commentando una sentenza, perché la planimetria catastale di un immobile non è in grado (quasi) mai di dimostrare la legittimità urbanistica di un immobile.

Il catasto: Funzionalità e Ordinarietà


Il Catasto dei Fabbricati ha come scopo principale l'inventariazione dei beni immobili e la determinazione della loro rendita, principalmente a fini fiscali. La destinazione d'uso catastale di un'unità immobiliare è stabilita in base alle sue caratteristiche oggettive, alla sua funzionalità e alla sua potenzialità reddituale ordinaria, indipendentemente dall'uso effettivo che ne viene fatto in un dato momento o dalle intenzioni del proprietario.

Un'unità immobiliare, infatti, è definita come una porzione di fabbricato, un fabbricato intero, un insieme di fabbricati o un'area che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenziale autonomia funzionale e reddituale. Ciò significa che il Catasto classifica un immobile in base a ciò che potrebbe e dovrebbe essere, tenendo conto delle scelte economiche di un soggetto imprenditoriale che opera secondo le regole del libero mercato, piuttosto che sull'uso particolare o temporaneo che se ne fa. Le categorie catastali, suddivise nei gruppi ordinari (A, B, C) e speciali/particolari (D, E), riflettono questa valutazione oggettiva che si basa sul principio dell'ordinarietà.

Gli immobili identificabili nelle categorie dei gruppi ordinari (appunto, A come le abitazioni, B come gli edifici destinati a convento, case di cura e scuole, e C come locali commerciali, magazzini o box auto) hanno caratteristiche di ripetitività, standardizzazione e confrontabilità tali per cui possono definirsi "ordinari", nel senso di poter essere classati secondo dei parametri tabellari in quanto sono talmente diffusi nella zona che è possibile stabilire a priori delle tabelle parametriche comuni al fine di determinare la rendita. Per contro, esistono anche immobili che, principalmente per il principio di scarsità e quindi di scarsa base di confronto, non possono essere classati per via tabellare e quindi la relativa rendita deve essere oggetto di un vero e proprio procedimento di stima (e sono gli edifici dei gruppi D - teatri, alberghi, cliniche, fabbriche, ma anche centri commerciali o edifici adibiti interamente ad ufficio etc ed E - porti, aeroporti, chiese). Ciò consente di fare un primo importantissimo chiarimento: quando un immobile ha delle caratteristiche tali da renderlo "unico" o comunque "raro" nel suo genere, catastalmente deve appartenere ad uno specifico gruppo. Ciò significa che un immobile che ad esempio è adibito ad uso ufficio, urbanisticamente sarà sempre tale ma catastalmente potrebbe essere A/10 o D/8: da ciò si deve iniziare ad intravedere la differenza tra le due aree normative.

Continuando con gli esempi, all'interno di una stazione di trasporto (che catastalmente potrebbe rientrare nella categoria speciale E/1 per servizi di trasporto terrestri, marittimi e aerei), potrebbero esserci negozi, uffici privati o altri spazi. Se queste porzioni hanno autonomia funzionale e reddituale propria, devono essere censite separatamente in categorie ordinarie (es. C/1 per negozi, A/10 per uffici privati, D/8 per grandi magazzini) in base alla loro destinazione oggettiva e reale, e non semplicemente inglobate nella categoria principale della stazione (vedi circolare 4/2007 paragrafo 3). Questo principio evidenzia come la valutazione catastale si concentri sulla funzione intrinseca e sulla capacità di generare reddito di ogni singola porzione immobiliare e non necessariamente sulla funzione oggettiva e concreta dell'immobile. Ricordiamoci che la finalità del catasto è offrire allo Stato ed ai Comuni una base di calcolo delle imposte, e non invece custodire informazioni di natura urbanistica: in tale ottica è del tutto normale che la tassazione sia proporzionale all'uso potenziale dell'immobile, e non al suo uso reale. Facendo un confronto forse poco diretto, è un po' come il bollo auto: esso è proporzionale alle caratteristiche del veicolo (la potenza in kW) e non al reale utilizzo che viene fatto dell'auto, sicché lo stesso bollo sarà versato da due persone che, pur avendo lo stesso modello di auto, si trovano a percorrere uno 5.000 km/anno e l'altro 20.000.

Per prassi, vi sono comunque dei cambiamenti d'uso che si ritiene debbano essere trascritti anche in catasto, anche per la notevole variazione della rendita: i casi di questo tipo sono tutti quelli da abitazione verso qualunque altro uso o, al contrario, da qualunque altro uso verso abitazione, perché si ritiene che le caratteristiche degli immobili residenziali siano sempre radicalmente diverse dalle altre, e ciò anche nel caso di cambi d'uso tra abitazioni ed uffici che invece spesso hanno caratteristiche funzionali e distributive praticamente identiche.

Il principio della ordinarietà significa che le unità immobiliari urbane vanno censite in catasto con riguardo alle caratteristiche oggettive ed alla loro potenzialità in termini di redditività, anche senza specifico riguardo a quale sia l'uso effettivo, contingente e temporaneo - anche se temporaneo non è - dell'immobile.

L'urbanistica: tra regole del territorio e permessi


La destinazione urbanistica, al contrario, è un concetto legato agli strumenti di pianificazione del territorio (Piani Regolatori, Piani di Governo del Territorio, ecc.) e alle autorizzazioni edilizie rilasciate dal Comune. Questa disciplina stabilisce quali usi sono ammessi in determinate aree o per specifici edifici, in conformità con gli obiettivi di sviluppo e tutela del territorio stabiliti dall'ente locale. Il Comune, in quest'ottica, autorizza uno degli usi possibili per un'unità immobiliare, anche se tale scelta potrebbe non coincidere con la "scelta imprenditoriale ordinaria" su cui si basa il classamento catastale.

Con le regole urbanistiche il Comune può decidere di limitare alcuni specifici usi degli immobili per ordinare lo sviluppo della città: ad esempio se il comune ritiene che una data area debba essere accompagnata verso destinazioni residenziali o terziarie, può vietare l'insediamento di nuove destinazioni di tipo produttivo e industriale. Altro esempio, a Roma nei tessuti che nel tempo hanno visto la concentrazione di destinazioni quasi esclusivamente residenziali, per evitare l'effetto di eccessiva residenzializzazione che obbliga ad aumentare gli spostamenti quotidiani, sono resi meno facili i cambi d'uso verso abitativo.

Dunque mentre il catasto ha la funzione di inventariare i beni per finalità fiscali, le norme urbanistiche servono a dare ai comuni gli strumenti per poter indirizzare lo sviluppo del territorio o la conservazione delle zone che si ritengono pregevoli o delicate (ad esempio, i centri storici).

L'autonomia delle discipline e le sue implicazioni pratiche


È fondamentale sottolineare la piena autonomia della normativa catastale rispetto a quella edilizio-urbanistica o di altri settori. Questo significa che una variazione nella destinazione d'uso urbanistica (ad esempio, cambio d'uso da commerciale ad ufficio) non implica automaticamente una variazione nella destinazione d'uso catastale. Il catasto continuerà a classificare l'immobile in base alle sue caratteristiche oggettive e alla sua destinazione ordinaria, che potrebbero non essere mutate dal solo atto amministrativo o dal cambio di fatto dell'utilizzo.

Il mutamento d'uso catastale deve implicare una radicale trasformazione dell'immobile, tale per cui le sue caratteristiche oggettive ed intrinseche vadano a mutare in modo definitivo. Ad esempio se un locale commerciale a piano terra dotato di vetrine su strada viene convertito ad uso ufficio (ad esempio una agenzia turistica o uno studio medico) ma mantiene le caratteristiche spaziali, geometriche e funzionali del commerciale (vetrine su strada, altezze conformi all'uso commerciale, ampi spazi interni), la sua destinazione ordinaria rimarrà quella di spazio commerciale per cui sarà congruo mantenere la categoria C/1. Viceversa, un immobile adibito ad ufficio e posizionato in un piano alto di un fabbricato potrebbe astrattamente diventare un locale commerciale dove effettuare vendita di prodotti: analogamente, la destinazione catastale può rimanere quella di A/10 se l'immobile ne mantiene effettivamente le caratteristiche. Altro esempio: se un locale commerciale viene adibito a magazzino, mantenendo le forme del commerciale, la destinazione catastale rimarrà sempre C/1 e non si dovrebbe ritenere congrua la categoria C/2 a meno di trasformazioni di una certa rilevanza o di condizioni particolari (ad esempio, la non diretta presenza di vetrine su strada pubblica).

Il principio è espresso chiaramente anche in diversi documenti emessi dall'agenzia del Territorio prima e dall'Agenzia delle Entrate poi. Uno tra tutti, il Vademecum Docfa di (attuale) ultima emanazione (risalente a luglio 2022), dove è chiaramente espresso il concetto nel passaggio che di seguito si va ad estrapolare:

Il classamento è l’operazione corrente che consiste nel riscontrare per ogni singola unità
immobiliare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito da cui conseguono l’attribuzione della categoria e – nel caso delle unità a destinazione ordinaria – la classe di redditività individuata tra quelle prestabilite per la zona censuaria di ubicazione del bene (quadro di qualificazione e classificazione con relativo prospetto delle tariffe d’estimo). 
Le unità immobiliari devono essere classate in base alla destinazione ordinaria ed alle
caratteristiche, intrinseche ed estrinseche, che hanno all’atto del classamento. 
Ad una unità immobiliare costituita da parti aventi destinazioni ordinarie proprie di categorie diverse, deve attribuirsi la categoria che ha destinazione conforme alla parte che è prevalente nella formazione del reddito. 
È da sottolineare che, nell’attribuzione della categoria, non si terrà conto delle destinazioni anormali o occasionali, di prevedibile breve durata e non conformi a quelle che, sul luogo, hanno normalmente analoghe unità immobiliari
In tal senso, attesa l’autonomia della disciplina catastale rispetto a quella urbanistico-edilizianon risulta rilevante la destinazione d’uso agli atti del Comune, ma, come detto sopra, la destinazione ordinaria da accertarsi con riferimento alle prevalenti consuetudini locali, avuto riguardo alle caratteristiche costruttive della unità immobiliare. 
il concetto era già espresso in queste forme in precedenti documenti ufficiali (ad esempio questo vademecum della regione Abruzzo). Il passaggio che esplicita l'irrilevanza degli usi "temporanei" può far ritenere che quando si opera un mutamento d'uso temporaneo ad esempio ai sensi dell'art. 23-quater DPR 380/01 non sia dovuta alcuna variazione catastale, almeno non di cambio d'uso.

Quanto riportato nel vademecum DOCFA del 2022 non è una novità: esso riprende con parole molto simili quanto già era stato stabilito dalla Istruzione II del 28 luglio 1942 che al punto 22 recita così:

Per la destinazione e per le altre qualità intrinseche che determinano la categoria, si avrà riguardo alle caratteristiche costruttive ed all'uso appropriato dell'unità immobiliare. Pertanto, nell'assegnazione alla categoria, non si terrà conto delle destinazioni anormali o occasionali, di prevedibile breve durata e non conformi a quelle che, sul luogo, hanno normalmente analoghe unità immobiliari.

Per modificare la destinazione d'uso catastale di un'unità immobiliare urbana, quando ne ricorrono gli effettivi presupposti, è necessaria la presentazione di una dichiarazione di variazione mediante procedura Docfa con la causale "Variazione di destinazione" o con le causali codificate se la trasformazione è accompagnata da altre modifiche all'immobile. Questa causale si utilizza quando l'intera unità immobiliare passa da una categoria catastale all'altra (ad esempio, da abitazione a ufficio, da autorimessa a negozio), indipendentemente dall'esecuzione di opere murarie. Tale operazione deve comportare la soppressione del subalterno originario e la costituzione di un nuovo subalterno. Se, invece, la variazione riguarda la destinazione di un singolo vano senza interventi strutturali (come il cambio da camera a soggiorno), non è di norma richiesto l'aggiornamento della planimetria, rientrando, se necessario, nella causale di "diversa distribuzione degli spazi interni": ciò in quanto il mutamento non è radicale ma, diciamo, "localizzato" all'interno della stessa UIU.


Se di interesse, oltre a questo post, ho sviluppato
un video-corso sul DOCFA, disponibile per l'acquisto
sul sito di Unione Professionisti. Se si acquista il corso
cliccando sull'immagine o cliccando qui, potrei ricevere 
una royalty. è previsto il rilascio di crediti formativi.

Negli allegati all'istruzione ministeriale del 1942, nella sezione E, trovate una serie di massime che tornano utili per diversi casi specifici. Alcune massime è utile riportarle anche qui nel post anche per dare contezza e concretezza di quanto si è scritto fin'ora:

ABITAZIONI A PIANTERRENO. I locali a pianterreno si accertano quali abitazioni nelle categorie del gruppo A, anche se hanno ingresso diretto da strada, quando, o per la presenza di particolari opere permanenti o per il genere della località, sia da ritenersi che la loro destinazione ordinaria è quella per abitazione.
EDIFICI ADIBITI AD UFFICI PUBBLICI O AD ALLOGGI COLLETTIVI MA AVENTI LE CARATTERISTICHE DI COMUNI CASE PER ABITAZIONE. Le unità immobiliari le quali, pur essendo adibite a sedi di collegi, di convitti, di caserme, di educandati, di Uffici pubblici, di Municipi, ecc., non differiscono per tipo costruttivo, finitura e servizi dalle unità immobiliari che nella stessa località sono comunemente adibite ad uso di abitazione, si accertano nelle corrispondenti categorie del gruppо А.

 UFFICI APERTI AL PUBBLICO. Gli Uffici telefonici, le ricevitorie postali, i banchi del lotto, le esattorie delle imposte dirette, gli uffici delle imposte di consumo, le biglietterie, le sale d'aspetto delle linee automobilistiche di servizio pubblico, ece. posti in comuni locali che hanno ingresso diretto da strada pubblica, si accertano nelle categorie del gruppо С.

AMBULATORI MEDICI. Un ambulatorio medico che ha ingresso diretto dalla pubblica via e le comuni caratteristiche dei locali per bottega e simili si accerta nelle categorie del gruppo C. 

NEGOZI CON DESTINAZIONI SPECIALI. Le osterie, le trattorie, i caffè, i bar e simili vanno accertati come unità immobiliari delle categorie del gruppo C.

in conclusione


In conclusione, è essenziale che i professionisti e i proprietari immobiliari siano consapevoli delle diverse finalità e, quindi, della diversa natura delle norme catastali e di quelle urbanistiche. La corretta classificazione catastale e, quindi, la destinazione, si basa sulle caratteristiche intrinseche e sulla potenziale rendita ordinaria dell'immobile, mentre la destinazione urbanistica definisce gli usi consentiti dal Comune. Ignorare questa autonomia può portare a disallineamenti e potenziali problematiche di conformità.

Dunque un disallineamento tra destinazione catastale e destinazione urbanistica non necessariamente deve destare sospetti, fermo restando che è sempre opportuno affidarsi alla consulenza di un tecnico esperto, soprattutto se si sta per stipulare un rogito dove la conformità catastale è uno degli elementi essenziali per la validità dell'atto. In base alla normativa vigente, è possibile incaricare un tecnico per eseguire la verifica della conformità catastale (e, magari, anche urbanistica, perché se le norme sono diverse, anche le rispettive verifiche lo sono) e rilasciarne una specifica dichiarazione che viene allegata al rogito: in tal caso sarà il tecnico ad assumersi la responsabilità della dichiarazione, e non le parti. In tale incarico il tecnico saprà valutare se è necessario apportare delle modifiche all'accatastamento prima di procedere al rogito.

Certo, va detto che questa questione può comportare anche dei controsensi procedurali, soprattutto laddove ci si trova in quei casi (non rari) in cui la conformità urbanistica deve essere fondata sulle risultanze catastali: dato che la destinazione d'uso è ormai un elemento principe della valutazione della conformità (art. 23-ter comma 2 DPR 380/01: "la destinazione d'uso dell'immobile o dell'unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01"), ci si potrebbe trovare nel caso in cui, dovendo usare come legittimità urbanistica la destinazione d'uso catastale, questa potrebbe per l'appunto non corrispondere a quella urbanistica. In questi casi suggerisco di estrarre gli storici catastali non solo relativi alle planimetrie ma anche ai relativi modelli 1 e 5 (o modello 44 per le uiu più recenti) dove poter verificare le destinazioni reali dichiarate e/o accertate.

nota di lettura

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Parte del testo di questo post è stato generato con intelligenza artificiale, ma è stato comunque rivisto ed integrato "a mano".

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