mercoledì 29 gennaio 2025

sanatoria salva-casa ed opere da realizzare

Quando si "scoprono" delle difformità edilizie ("abusi") sul proprio immobile spesso ciò avviene in concomitanza di due eventi "tipici": quando si intende vendere - o acquistare - l'immobile oppure quando si vuole ristrutturare. Questi sono difatti i momenti in cui si dovrebbe (cioè, si deve) effettuare una attenta verifica dello stato legittimo degli immobili e, dunque, è per questo che i problemi, magari silenti per decenni, vengono fuori. Ma in presenza di queste difformità, è possibile eseguire nuove opere? e, se sì, è possibile presentare un titolo "unico"?

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la scoperta degli "abusi"

scoprire che il proprio immobile ha delle difformità urbanistiche è spesso un trauma, perché vengono a cadere quelle certezze che si avevano relativamente al bene di investimento preferito dagli italiani (ed è forse per l'eccessivo abuso di questa forma di investimento che il mercato immobiliare italiano è completamente diverso - e distorto - rispetto a quello europeo, ma questa è un'altra storia). Talvolta, tuttavia, proprio un trauma non è, perché magari si è consapevoli di aver eseguito delle opere senza titolo (il balcone che è diventato veranda, la tettoia a cui sono stati apposti degli infissi per farlo diventare volume chiuso, l'aver attrezzato a camera da letto una cantina o una soffitta, etc): fatto sta che spesso, dando incarico ad un tecnico esperto di Due Diligence Immobiliare, vengono fuori dei disallineamenti tra lo stato reale dell'immobile e i titoli edilizi che ne hanno legittimato l'originaria costruzione e gli eventuali successivi titoli che hanno autorizzato delle trasformazioni: in questo caso si deve parlare di stato urbanistico illegittimo. 

La definizione normativa di stato legittimo ad oggi è affidata all'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01.

Se abbiamo intenzione di eseguire nuove opere edilizie, occorre anzitutto riportare lo stato dell'immobile in una condizione di legalità e quindi presentare un accertamento di conformità: senza che sia verificato lo stato legittimo per l'immobile su cui dobbiamo operare non sarà possibile presentare nuovi titoli per future trasformazioni, anche "minime". Partendo da questo assunto di base, in questo post ci focalizzeremo sul valutare se è possibile presentare un titolo unico sia per la "sanatoria" e sia per le opere future da eseguirsi.

la sanatoria

Il problema delle difformità pregresse e non affrontate nel tempo è talmente endemico nel nostro Paese che nel 2024 il Governo in carica ha deciso di prendere di petto la situazione, emanando un provvedimento per rendere più semplice la regolarizzazione amministrativa degli immobili con difformità. Per noi tecnici esperti di Due Diligence la cosa fin da subito ha destato grandissimo interesse, e delle novità importanti sono in effetti state introdotte, anche se probabilmente si poteva fare di più e meglio - come sempre - ma tocca accontentarsi. Lo strumento normativo a cui faccio riferimento è il decreto salva-casa DL 69/2024 convertito con L. 105/2024 e definitivamente in vigore da fine luglio 2024. Se al lettore interessa approfondire l'argomento del salva-casa nei suoi vari aspetti, su questo blog troverà diversi post, nonché il suggerimento all'e-book che ho scritto a quattro mani con l'avv. Andrea Di Leo di Legal Team Roma.

"sanare" gli abusi - o, meglio, condurli in accertamento di conformità - non è sempre l'unico modo per riportare la legalità in un immobile, ma può esserci anche la strada del ripristino, ovvero la materiale rimozione o riconversione delle opere eseguite in assenza di titolo. Nel caso in cui si rinvengano nell'immobile delle difformità miste, nel senso che alcune possono essere sanate ed altre invece devono essere oggetto di ripristino perché non sanabili, ad oggi è possibile, proprio grazie al Salva-Casa, procedere con una unica pratica ad eseguire sia l'accertamento di conformità che ad autorizzare le opere di ripristino: prima del decreto, tale operazione era impossibile perché contraria alla norma che non ammetteva la possibilità di eseguire opere su uno stato edilizio non legittimo ma, per converso, non ammetteva possibilità di legittimare lo stato edilizio se vi permanevano opere che non potevano essere sanate: un controsenso che per fortuna la norma ha aiutato a sciogliere (art. 36-bis comma 2 DPR 380/01).

eseguire opere in contemporanea alla sanatoria

Mettiamo però il caso specifico in cui non sia necessario eseguire ripristini o meglio ci si trova nel caso in cui si vuole semplicemente ristrutturare l'immobile che presenta delle difformità. In questo contesto è legittimo chiedersi se si possa fare tutto con un unico titolo edilizio, sia sanatoria, sia opere da fare: vi spiego perché secondo me questa cosa non si può fare o meglio, non si può fare con lo stesso titolo edilizio.

Il salva-casa ha istituito una procedura a sé stante per l'accertamento di conformità, il quale non è solo una estensione del preesistente art. 37 comma 4 ma è una procedura in effetti del tutto innovativa, con proprie regole e propri meccanismi applicativi ed anche con propri specifici meccanismi di silenzio-assenso. Mentre la precedente procedura di accertamento di conformità (art. 37 comma 4, appunto, per interventi che avrebbero necessitato della SCIA) tutto sommato rimandava all'istituto della SCIA ai sensi dell'art. 22 per poter funzionare, il nuovo art. 36-bis prevede una procedura amministrativa autonoma ed indipendente, espressamente ed esclusivamente finalizzata a gestire l'accertamento di conformità, che non coincide più con la SCIA ai sensi dell'art. 22 ma si tratta di una segnalazione certificata espressamente presentata ai sensi dell'art. 36-bis; non è un caso che al comma 6 del 36-bis venga richiamato direttamente l'art. 19 della L. 241/90 e non gli articoli che gestiscono la SCIA nel testo unico (articoli 22 e 23). Ora, come già accennato, il nuovo art. 36-bis al comma 2 prevede la possibilità di eseguire opere conformative laddove lo stato urbanistico dell'immobile non possa essere legittimato nelle esatte forme in cui si trova: solo in questo caso la procedura può ammettere l'esecuzione di opere, ma con esclusione di tutto ciò che non riguarda strettamente il ripristino o la trasformabilità per la sanabilità.

Per quanto detto, a parere di chi scrive ed anche se la legge non lo vieta espressamente, nel caso in cui si intendano eseguire opere separate "spontanee", come una ristrutturazione, rispetto all'accertamento di conformità sarà necessario prima presentare l'art. 36-bis, attenderne la maturazione dell'efficacia (30 gg in caso di SCIA, 45gg in caso di Permesso) e soltanto dopo presentare un titolo distinto e separato per l'esecuzione delle ulteriori opere edilizie.

Vedendo il discorso da una prospettiva diversa, se si inserissero opere non direttamente funzionali all'accertamento di conformità all'interno di un 36-bis si andrebbero ad eseguire opere che sono prive del titolo di legittimità, perché il 36-bis non può autorizzare opere da eseguirsi, per le quali serve l'art. 22 (o il 23, o anche l'art. 6 se ricadono in CILA), dunque potrebbero intendersi opere prive del corretto titolo edilizio.

il caso delle opere a completamento

Diverso può essere il discorso delle opere che si dovessero rendere necessarie per portare a completamento un'opera edilizia che non solo necessita di essere riportata nell'alveo della legittimità, ma che risulta anche incompleta perché, magari, i lavori edilizi si sono fermati. Si deve trattare di opere non direttamente finalizzate alla costituzione dello stato legittimo ma che si rendono necessarie per completare un originario progetto edilizio rimasto parzialmente incompiuto o, ancora, delle opere che sono strettamente necessarie per rendere gli spazi idonei agli usi legittimi. Ad esempio, mettiamo il caso che sia necessario eseguire, come opere conformative, quelle di demolizione di un volume che contiene il bagno e la cucina di un appartamento, perché abusivi, e mettiamo il caso che la rimanente porzione legittima dell'immobile non abbia né bagno né cucina, perché essi si trovavano nella parte che va demolita: in questo contesto, se si autorizzassero esclusivamente le opere di ripristino, si avrebbe un appartamento privo di bagno e cucina, il che non è possibile perché le unità immobiliari ad uso residenziale per legge non possono esserne privi: in questo caso, dato che il complesso di opere rientra nel procedimento finalizzato all'accertamento della conformità intesa anche in senso lato, ha senso che le opere per la realizzazione del nuovo bagno e della nuova cucina siano contemplate all'interno dello stesso titolo che ha gestito l'accertamento di conformità.

Il fondamento del senso di queste opere a completamento deve essere che esse dovranno risultare comunque necessarie per ottenere uno stato edilizio legittimo e completo.

Sulla fondatezza della possibilità di eseguire opere a completamento si può citare la sentenza TAR Piemonte n°749/2019 in cui è trattato il caso di una istanza di accertamento di conformità presentata ai sensi dell'art. 36 che prevedeva l'esecuzione di opere conformative: all'epoca l'art. 36-bis ancora non esisteva e quindi giustamente i giudici negano la validità del titolo. Tuttavia, nella descrizione dei motivi del rigetto del ricorso, viene indicato che le opere a completamento sono invece ammissibili:

Per giurisprudenza costante, invero, il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380/2001 è finalizzato alla regolarizzazione degli abusi meramente formali - vale a dire di interventi che, pur effettuati senza il preventivo rilascio del titolo abilitativo edilizio, risultino conformi alla normativa urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria - e non può riguardare, in conseguenza, interventi abusivi che necessitino di ulteriori lavori di regolarizzazione, salvo che si tratti di semplice completamento dei lavori già intrapresi (TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 1003 del 16/12/2015; T.A.R. Piemonte, Sezione Prima, 4 novembre 2016, n. 1372).

il controsenso della variante in corso d'opera alle opere autorizzate con un accertamento di conformità

Ma mettiamo che, anche dopo aver letto questo post, abbiate deciso di intraprendere opere di ristrutturazione "voluttuarie" agganciandole ad un titolo in accertamento di conformità, magari perché avete concordato con il comune che è possibile (ribadiamolo: la legge non lo vieta espressamente), e mettiamo che in corso d'opera sia necessario fare delle modifiche che esulano dal campo di validità delle tolleranze: con che titolo edilizio presentereste la variante? Già la norma ordinaria pare non ammettere varianti alle CILA ed alle SCIA (è una grave carenza legislativa) salvo l'averle introdotte quando era indispensabile (è il caso delle CILA-S in variante alle CILA-S nel caso del Superbonus 110%), ma come potrà essere possibile presentare un nuovo titolo in variante ad un originario titolo che non prevede l'esecuzione di opere, se non entro strettissimi confini?
Sarebbe un controsenso, ed è per questo che a parere di chi scrive è più logico che le opere da eseguirsi, spotanee o voluttuarie che si vogliano definire, siano gestite da un titolo autonomo e successivo a quello dell'accertamento di conformità.

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