Il Piano Regolatore vigente di Roma Capitale indica, all'art. 16 comma 8, che in caso in cui in un qualunque progetto si prevedano scavi, occorre acquisire il preventivo parere della soprintendenza archeologica: vediamo le procedure e le implicazioni di questa imposizione.
Anzitutto, premettiamo che qualora sia presente un vincolo archeologico, qualunque operazione da effettuarsi nel sottosuolo deve essere preceduta da una autorizzazione della Soprintendenza Archeologica competente per territorio, la quale probabilmente vorrà imporre o la realizzazione di una campagna di scavo, oppure almeno la presenza di un archeologo al momento di effettuare le operazioni di movimento terra. I vincoli areali archeologici nel Lazio sono riportati, si spera con esaustività, nel
Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Ma se non c'è vincolo archeologico?
In caso di assenza di vincolo archeologico la normativa nazionale non impone nessun obbligo; tuttavia, il piano regolatore di Roma ha voluto inserire un particolare comma per estendere questo obbligo a tutto il territorio comunale, indistintamente se si tratta di aree centrali o disabitate, con o senza rilevanza archeologica. La finalità dell'imposizione è fatta a fin di bene, cioè quella di valutare eventuali presenze archeologiche in zone in cui non si sospetta possa esserci nulla, vista l'unicità storica del territorio attuale della capitale che in passato ha svelato molte sorprese.
Di fatto però l'imposizione si traduce in ulteriori procedure autorizzative, che vanno ad appesantire il fardello di passaggi da fare prima di poter dare corso ad un opera, magari banale come può essere la realizzazione di un muretto di confine. Inoltre, come si vedrà, l'indicazione del PRG è estremamente generica per non dire ambigua.
Prima di addentrarci nella lettura del comma, vorrei sottolineare subito una cosa: come detto, la norma nazionale (quantomeno a quanto risulta a me: segnalatemi omissioni in tal senso) non obbliga all'acquisizione di alcun parere prima dell'esecuzione di scavi in zone che non hanno vincolo archeologico, dunque si tratta di una imposizione di piano regolatore. Il piano regolatore non prevede sanzioni dirette per il non aver adempiuto a questo obbligo, ma l'eventuale inadempimento può essere considerato violazione delle imposizioni del PRG, il che può comunque portare a contenzioso amministrativo. In ogni caso, non si tratterebbe di un intervento che il PRG vieta (dunque a mio parere non vi sarebbe nullità del titolo edilizio acquisito in assenza dell'adempimento, ma è solo una mia teoria) e dunque in violazione delle previsioni degli strumenti urbanistici, ma semmai il non aver adempiuto ad una delle procedure da questo richieste: gravità che è da valutarsi caso per caso ma, almeno così a naso, non sufficiente a mio parere per generare la nullità o annullabilità del titolo acquisito. Certamente il comune può inibire il titolo edilizio, in assenza di questo adempimento, nei primi 30 giorni, se trattasi di SCIA. In ogni caso, essendo coinvolto il ministero nella procedura, è sempre bene fare grande attenzione.
Il passaggio del PRG di cui parliamo è il comma 8 dell'art. 16. Riportiamolo per intero:
8. La definizione progettuale degli interventi di categoria NC e NIU, o di qualsiasi intervento che comporti escavazioni, perforazioni o rinterri, è subordinata all’effettuazione di indagini archeologiche preventive, a cura e spese del soggetto attuatore, indirizzate e sorvegliate dalla Soprintendenza statale competente. In caso di ritrovamenti di interesse archeologico, oltre al rispetto di quanto previsto dagli articoli 90 e 91 del D.LGT n. 42/2004, si applicano le disposizioni di cui al comma 5, ovvero le misure e gli interventi di tutela e/o valorizzazione, che la Soprintendenza statale dispone a carico del soggetto attuatore, e da recepire nella progettazione o variazione progettuale degli interventi trasformativi, la cui approvazione rimane subordinata al parere favorevole della competente Soprintendenza statale. Se le prescrizioni di tutela applicate vietano la riedificazione di un edificio appena demolito, si applicano gli incentivi urbanistici di cui all’art. 21, comma 8. Per gli interventi ricadenti nella Città storica e soggetti a titolo abilitativo, che interessino i piani cantinati e i piani-terra degli edifici, viene data comunicazione di inizio lavori alla competente Soprintendenza statale.
Vediamo che questo passaggio specifica due concetti importanti:
- qualunque intervento di scavo, di perforazione o anche solamente di reinterro, su tutto il territorio del Comune, deve essere eseguito con la supervisione di archeologi coordinati dalla Soprintendenza; a valle di queste attività di scavo preventivo, l'ufficio valuta eventuali prescrizioni al progetto;
- in caso di qualunque forma di intervento che sia soggetto a "titolo abilitativo" (tra i titoli abilitativi è annoverata anche la CILA) ma limitatamente alla città storica, va data comunicazione preventiva alla Soprintendenza Archeologica dell'avvio dei lavori (dunque la forma è quella solo dell'informazione, e non dell'autorizzazione).
Occorre però notare che l'art. 16, in cui è inserito il comma 8 di cui sopra, è quello relativo alla
carta per la qualità, e quindi si dovrebbe presupporre che l'ambito di applicazione sia in effetti circoscritto ai beni classificati in carta per la qualità.
Tuttavia, in molti ritengono invece che la portata del dispositivo sia generica ed ampia; sicuramente, si applica a tutte le opere da realizzarsi su suolo pubblico, più che altro perché le strade ed i viali pubblici, se con più di settanta anni di età, sono da considerarsi automaticamente sottoposti a tutela (art. 10 codice dei beni culturali) ed in quanto beni tutelati sono comunque soggetti a carta per la qualità. In generale, la soprintendenza ha comunque il dovere di controllo sugli scavi che si effettuano su suolo pubblico.
L'obbligo scatta per qualunque forma di intervento che possa riguardare il sottosuolo: dunque al di là del vero e proprio scavo, possono rientrarvi attività come quella di rifacimento di una pavimentazione controterra, laddove è necessario demolire massetto e vespaio sottostante. Delicato il discorso relativo alle sanatorie di scavi effettuati in precedenza (anche dal costruttore, per esempio nel caso di diversa collocazione del fabbricato nel lotto o di ampliamento del locale cantinato), da valutare sempre con attenzione e sperando di non essere in zone specificamente oggetto di tutela archeologica diretta.
La Soprintendenza archeologica di piazza delle Finanze attualmente non ha una modulistica predisposta: si produce una richiesta a testo libero (con marca da bollo) con gli allegati necessari per la piena comprensione dell'intervento da parte dei funzionari. Si può trasmettere anche via PEC. La Soprintendenza ritiene che questa procedura debba intendersi come una vera e propria richiesta di autorizzazione, dunque occorre attendere la loro risposta che, generalmente, contiene l'imposizione di nominare un archeologo che sia presente durante gli scavi e che rediga, a fine lavori, un rapporto da inserire nel database degli scavi. Laddove si abbia fretta (cosa che a Roma forse più che altrove è foriera di problemi) e si debba iniziare l'operazione prima del responso della Soprintendenza, oltre a sconsigliare di procedere senza tale avallo, si consiglia di incaricare comunque un archeologo che sovrintenda allo scavo e che effettui le operazioni necessarie sia durante, sia dopo le opere.
Buona sera Architetto, questa frase: "L'obbligo scatta per qualunque forma di intervento che possa riguardare il sottosuolo" è frutto di colloqui con la soprintendenza? Perché non avendo mai considerato questo articolo riguardante l'interezza del suolo comunale, se riguarda anche opere non di scavo diretto, mi sto preoccupando e non poco.
RispondiEliminaMi sembra comunque assurda l'interpretazione della soprintendenza di considerare il comma 8 come una norma generale e non specifica per la carta della qualità, visto che di questo si stava parlando nell'art.16.
l'affermazione che ho dato scaturisce da dei colloqui, ma va pure detto che ne ho parlato più volte e la visione non è unanime: alcuni funzionari non ritengono si applichi per esempio a modifiche interne a volumi già scavati (e autorizzati).
EliminaBuonasera architetto le chiedo cortesemente la sua opinione se devo chiedere parere alla soprintendenza archeologica per un muro in calcestruzzo di rinforzo su un muro già esistente e dove quindi si è già scavato. Probabilmente il rinforzo arriva sino al piano fondale del muro esistente. Si trova in tessuto urbano T7. Grazie
RispondiEliminase si deve intervenire anche sull'esistente muro di sostegno probabilmente sì; se il nuovo muro sarà "addossato" all'esistente, senza modificarlo e senza effettuare nuovi scavi per nuove fondazioni, potrebbe non servire ma andrei a chiedere per sicurezza.
EliminaBuongiorno Arch. Campagna,
RispondiEliminaposto che per ogni intervento di scavo va inviata comunicazione alla Soprintendenza, quali sono le tempistiche di risposta? E soprattutto, serve una risposta o è una semplice comunicazione?
Grazie mille e complimenti per il numero e la qualità di informazioni che mette sempre a disposizione
il piano regolatore non entra molto nel merito: risulta genericamente indicato che la comunicazione deve essere fatta entro un certo numero di giorni prima dall'avvio dei lavori.
EliminaBuona sera, Architetto
RispondiEliminasono interessato al discorso Sanatoria ...."Delicato il discorso relativo alle sanatorie di scavi effettuati in precedenza", VERISSIMO. Un mio cliente in effetti dovrebbe sanare una piscina in resina autoportante, di dimensioni esigue (4 x 2.5) la cui realizzazione non ha tralaltro costituito opere in cls, ma soltanto uno scavo. Effettivamente li dove urbanisticamente posso sanarla, la soprintendenza sembrerebbe richiedere il "parere preventivo".
Ultimo ma non per importanza pensa che detta opera possa rientrare nella definizione di variante dell'assetto morfologico del terreno in funzione delle n.t.a del PAI?
Può darmi per caso degli strumenti per proseguire ?
Anticipatamente la ringrazio.
Buon Lavoro.
se siamo in zona con vincolo archeologico, la sanatoria è davvero complessa per non dire quasi impossibile; in zone non vincolate direttamente, ma nel comune di Roma, occorre secondo me distinguere tra opere fatte prima del PRG e quelle fatte dopo. prima del nuovo prg di fatti non mi risulta (ma potrei ignorarle io) esistano norme che disciplinavano tali richieste, dunque secondo me può ritenersi corretto non fare nulla; per scavi eseguiti dopo l'entrata in vigore del prg, può essere invece necessario trasmettere una comunicazione tardiva, ma non ho ancora sperimentato quali possano essere gli scenari che ne derivano.
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