domenica 16 febbraio 2025

aggiornamento alle NTA del PRG di Roma Capitale 2025 - regole della città storica

Proseguono i focus sui singoli aspetti delle norme tecniche di attuazione adottate dal Consiglio di Roma Capitale a dicembre 2024 con delibera A. C. n°169/2024: in questo appuntamento, illustrerò e commenterò le novità relative alle norme della città storica. Le norme sono di fatto già in vigore in quanto è scattata subito la norma di salvaguardia, dunque i progetti depositati da dicembre in poi devono essere conformi sia alle precedenti NTA, sia a quelle innovate.

estratto casuale degli elaborati prescrittivi del vigente PRG di Roma

introduzione alla città storica di Roma secondo il PRG

Dunque nell'approfondimento di oggi parliamo del sistema insediativo del PRG di Roma Capitale, ed in particolare dei tessuti della città storica. Questi tessuti sono relativi, come dice il nome stesso, alla parte più antica del tessuto urbano e che idealmente benché non tassativamente individua tutte le porzioni di città che sono stati edificati dall'antichità fino a tutta l'edilizia realizzata nelle zone pianificate dal PRG del 1909: ricomprende una vasta area di città che spazia dal centro storico di Roma propriamente detto (la parte di città all'interno delle mura imperiali) fino ad inglobare una cospicua porzione al di là dello speco aureliano.

La città storica nelle norme tecniche vigenti e adottate è suddivisa in 11 sotto tessuti, ciascuno con le proprie regole anche se per molti di questi tessuti le norme sono quasi del tutto identiche. gli articoli che si occupano di città storica vanno dal 24 al 44 compresi. Vediamo le novità della variante adottata.

Anzitutto, nei tessuti della città storica, ma ciò è implicito anche dalle modifiche apportate all'art. 16 (carta per la qualità), non ci sarà più la differenziazione di interventi vietati se l'edificio appartiene o meno alla carta per la qualità: questa è senz'altro non solo una importante semplificazione, ma anche una evoluzione che va verso una più obiettiva possibilità di trasformazione degli immobili esistenti. più in generale, grazie alla eliminazione delle definizioni specifiche di intervento edilizio che molto spesso hanno portato ad incomprensioni e corto-circuiti interpretativi, ora le norme appaiono perfettamente coerenti con i titoli edilizi stabiliti dal DPR 380/01, dunque non esisteranno più esitazioni riguardo al titolo edilizio da scegliere in funzione di interventi particolari: un esempio su tutti, il fatto che non è più previsto di dover ricorrere alla DIA per opere di rilevanza esterna in tessuti T1, T2 e T3 o in carta per la qualità (come si deduce leggendo la modifica al comma 19, dove viene eliminato l'ultimo periodo).

Entriamo più nel dettaglio delle singole innovazioni, andando con ordine nella lettura dei commi modificati.

I nuovi confini del COQUE

Si effettua la riscrittura del comma 6 dell'art. 24 che è quello che stabilisce la competenza del CO.Q.U.E. Nella versione originaria delle norme, questo comitato deve esprimersi genericamente per qualunque intervento rientrante nella RE2, DR, AMP come definite dalle precedenti definizioni, solo se l'edificio ricade nella città storica e solo in assenza di altri vincoli statali o di carta per la qualità e, comunque, al di fuori della zona UNESCO. La nuova formulazione del comma 6 non solo si aggiorna al fatto che non esistono più le definizioni di intervento edilizio specifiche, ma va a circoscrivere ulteriormente gli ambiti progettuali in cui servirà il citato parere. Gli interventi che saranno soggetti a parere difatti diventeranno quelli di 

"ristrutturazione edilizia con ampliamento, demolizione e ricostruzione o di ripristino di edifici crollati o demoliti con aumento di SUL o del Vft ovvero con modifica anche di un solo elemento tra sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente [...]"

dal che si deduce che tutti gli interventi, benché di ristrutturazione edilizia, ma che non producono nessuna trasformazione esterna né aumento di SUL, non saranno più soggetti a parere consultivo del CO.Q.U.E., come ad esempio i recuperi sottotetti (sui quali a mio avviso la competenza rimane comunque dubbia, vista la natura derogatoria della norma) tranne i casi in cui l'intervento produce effettivamente aumento di SUL (ad esempio operando su spazi che non sviluppano sul secondo le definizioni dell'art. 4), oppure interventi che incidono solo sugli interni senza alterazioni esterne (ad esempio, demolizione e ricostruzione solai interni con diversa quota d'imposta e senza modifica delle finestre esterne), o i mutamenti di destinazione d'uso (anche qui ambito molto dubbio in quanto ufficialmente il PRG non ha mai equiparato espressamente tali interventi alla ristrutturazione edilizia: l'equiparazione era solo stata rappresentata in una circolare interpretativa, successiva all'approvazione del piano). Tuttavia, le "caratteristiche tipologiche" dell'edificio possono essere anche modificate da un intervento di mutamento d'uso, se particolarmente invasivo o se riferito ai piani terra del fabbricato: si pensi ad esempio al mutamento d'uso dell'intero piano terra destinato a locali commerciali verso abitativo, oppure un cambio di "tipologia" si può avere se si va a modificare in modo significativo la forma e la consistenza dei collegamenti verticali del fabbricato (le scale, gli ascensori, gli spazi comuni esclusivamente interni). Dunque da un lato vi è una semplificazione, ma dall'altro la nuova definizione appare comunque soggetta a possibili interpretazioni in senso opposto pertanto almeno nei primi mesi di applicazione delle nuove disposizioni e finché non dovessero uscire circolari interpretative, nei casi dubbi è preferibile depositare comunque la richiesta di parere.

Sempre relativamente alle funzioni del CO.Q.U.E. viene in rilievo anche l'aggiornamento del successivo comma 12 sempre dell'art. 24 nel quale è stabilito che la richiesta di parere va in silenzio-assenso trascorsi 45 giorni dalla domanda (e tale questione rimane invariata rispetto a prima). Qui viene inserita la seguente specifica:

[...] Per gli interventi di categoria Ristrutturazione Edilizia, il CO.Q.U.E. stabilisce, nell'ambito delle proprie funzioni, i criteri di rilevanza urbana per tipologia di intervento, rinviando, nei casi di nulla o modesta rilevanza urbana, agli uffici competenti ad emettere il relativo parere.

Per come è impostata la frase, non appare del tutto chiaro se ci si riferisca alla singola valutazione che il COQUE fa sul singolo progetto, ma ciò sarebbe pleonastico rispetto alle disposizioni già individuate nell'art. 6, oppure, più credibile, se non si stia dando al COQUE la facoltà di delineare una serie specifica di casistiche di intervento di ristrutturazione edilizia che non avranno bisogno del parere: ciò sarebbe peraltro in linea con quanto già fatto dal Comitato con le linee-guida pubblicate nel 2018 e aggiornate nel 2021 e nelle quali sono state inserite non solo una serie di indicazioni progettuali per guidare il richiedente verso un parere favorevole, ma anche delle specifiche casistiche in cui il parere si dovrebbe ritenere acquisito a prescindere, come ad esempio qualunque tipo di opera che riguarda esclusivamente gli spazi interni (recupero sottotetti senza creazione di nuove finestre, ad esempio), eccetto i mutamenti d'uso al piano terra, in quanto opere del tutto ininfluenti sulla qualità urbana. In sostanza, appare che secondo la nuova disposizione del comma 12, queste linee-guida potrebbero essere elevate a procedura amministrativa che consenta direttamente di evitare il parere preventivo e quindi presentare direttamente il titolo edilizio ovvero, se dovuti, a richiedere altri pareri prescindendo da quello del comitato. Naturalmente, nel caso dovesse essere così, i tecnici avranno grande responsabilità nel dover stabilire se l'intervento sia realmente esente da parere.

rapporti con la soprintendenza statale ed opere di rilevanza esterna in centro storico

Le nuove norme adottate del PRG prevedono poche modifiche ai rapporti con la Soprintendenza statale, il tutto tendenzialmente in linea con quanto avveniva già prima, ma con qualche novità che appare rilevante.

Il comma 19 stabilisce, ora come prima, che nel centro storico dichiarato patrimonio UNESCO (che coincide quasi perfettamente con il percorso delle mura aureliane) le competenze affidate al COQUE vengono operate dalla Soprintendenza Statale. Nel comma 19 viene eliminato l'ultimo periodo, nel quale veniva stabilito che il parere, nel patrimonio unesco, andava chiesto anche per interventi di categoria inferiore alla ristrutturazione edilizia quali manutenzione straordinaria o risanamento conservativo, purché aventi rilevanza esterna. L'eliminazione di questo passaggio potrebbe far presupporre l'ipotesi che questa modifica tolga competenza alla Soprintendenza; tuttavia, al successivo comma 20 viene espressamente elevato a norma di piano regolatore il protocollo d'intesa del 2009 tra Comune e Soprintendenza, nel quale rimane specificato che il parere è necessario per opere di rilevanza esterna, indipendentemente dalla loro classificazione. Da un certo punto di vista, però, la cosa appare come un corto-circuito: nel protocollo, questa specifica fu inserita proprio facendo riferimento all'ultimo periodo del comma 19 ma senza citarlo espressamente: oggi invece il periodo del comma 19 sparisce, ma il protocollo d'intesa che ne traeva ispirazione viene elevato a rango di norma di piano: tuttavia, il comma 19 della versione aggiornata stabilisce che le competenze della Soprintendenza sono "solo" quelle del COQUE, dunque dovrebbe escludersi che sia necessario il parere per opere al di sotto della ristrutturazione edilizia. E' pur vero, però, che il protocollo d'intesa è ad oggi espressamente citato anche nel PTPR Lazio (art. 44 comma 19), dunque il suo "potere" trascende la norma di regolamento locale elevandosi a norma regionale.

Come già accennato, viene riscritto il comma 20 che nella versione precedente delle norme indicava la necessità di formulare le modalità di collaborazione tra istituzioni che poi effettivamente confluì nel protocollo d'intesa.

è molto importante notare che viene completamente abrogato il comma 21 delle norme originarie, il quale stabiliva che gli interventi di rilevanza esterna, anche di semplice manutenzione ordinaria, eseguiti nei tessuti T1, T2, T3 e T10 e negli edifici genericamente ricompresi in carta per la qualità, erano comunque soggetti a DIA. Non sentiremo la mancanza di questa disposizione che ha da sempre comportato strane e contrastanti interpretazioni, soprattutto a partire dal 2010, anno in cui fu introdotta la CILA ma ancor di più nel 2016, quando la DIA definitivamente scomparve dal panorama dei titoli abilitativi edilizi. In molti, me compreso, hanno sempre ritenuto che il passaggio normativo dovesse ritenersi implicitamente "evoluto" nei titoli edilizi nuovi, dunque "almeno" una CILA rimaneva necessaria per autorizzare questo tipo di opere. Oggi come detto il comma scompare del tutto, dunque fermo restando la necessità di acquisire il parere della Soprintendenza statale anche per opere di rilevanza esterna, come definito nel protocollo d'intesa del 2009, dette opere di rilevanza esterna anche di manutenzione ordinaria sono di fatto ormai non più soggette a titolo, se effettivamente così è secondo il DPR 380/01. Tuttavia, il comma 21 evocava espressamente gli interventi di manutenzione ordinaria come soggetti al parere preventivo, ma il protocollo d'intesa non contiene questa specifica disposizione: se ne dovrebbe dunque dedurre che opere che siano effettivamente di mera manutenzione ordinaria non siano più soggetti a titolo. Se state cantando vittoria pensando all'installazione dei condizionatori esterni, attenzione al fatto che nel protocollo d'intesa sono comunque evocate generiche "installazioni impiantistiche" sui prospetti.

nuove regole dei tessuti

Le regole per operare sui tessuti in cui è suddivisa la città storica non subiscono modifiche radicali, anche se qualche novità di rilievo deve essere segnalata e commentata. In linea di massima, si evidenzia che scompare dall'art. 25 la "strana" sub-definizione degli interventi edilizi specifici per la città storica, contenuta nel comma 4. Di questa sub-definizione non sentiremo la mancanza, non solo perché è stata sempre foriera di contrasti interpretativi, ma anche perché le definizioni di questo comma venivano (impropriamente?) citate anche nelle regole della città consolidata, senza far capire se vi fossero veramente applicabili. Tra le tante, una delle interpretazioni più delicate era quella relativa allo spostamento di finestre: secondo l'interpretazione data dal comune, questo intervento ricadeva in RE2, una tipologia di intervento vietata a prescindere in T1, T2 ed in tutti gli edifici classificati come di rilevante interesse dalla carta per la qualità: la conseguenza era quindi uno strettissimo confine interpretativo che rendeva in contrasto con il prg qualunque intervento di modifica di prospetto ma, soprattutto, rendeva impossibili le sanatorie delle difformità pregresse: il Dipartimento dovette diramare una nota con la quale specificava, un po' forzatamente, che tale tipologia di intervento poteva essere assimilata alla RE1: questo è solo un esempio delle incongruenze delle quali, come detto, non sentiremo la mancanza.

Le disposizioni dell'art. 25 comma 5 vengono confermate: si tratta della possibilità di recuperare, mediante operazione di ampliamento di SUL, tutte le superfici che, ai sensi delle vigenti disposizioni dell'art. 4 delle NTA, non sviluppano SUL: si tratta ad esempio dei locali interrati destinati a funzioni accessorie come i depositi sottonegozi o le cantine, ma anche i volumi tecnici in copertura o i locali sottotetto con altezza inferiore a 1,80 mt (gli spazi di altezza netta superiore a tale limite devono considerarsi già computati nella SUL). Con questo comma, ad esempio, si possono ricavare i bagni nei sottonegozi. Viene aggiunta la specifica, che secondo me era già implicita, che tale operazione è soggetta a contributo straordinario.

La vecchia sub-definizione generale viene comunque in parte riversata direttamente nelle regole dei singoli tessuti: in questo modo le specifiche disposizioni rimangono sempre valide, ma, in modo più coerente, si devono verificare tessuto per tessuto. Per questo motivo alcuni articoli delle norme di tessuto diventano più corposi rispetto a prima.

modalità di attuazione

Nelle nuove norme tecniche viene formulato in modo diverso il comma 9 dell'art. 25 e tale rimodulazione è necessaria in quanto nel vecchio comma, le modalità di attuazione del prg erano modulate in funzione delle sub-definizioni degli interventi edilizi che, come abbiamo già commentato, sono state completamente superate grazie al richiamo generale alle definizioni del DPR 380/01.

La gran parte degli interventi edilizi rimane attuabile in modalità diretta, ivi comprese le demolizioni e ricostruzioni quando ricadono nella definizione della ristrutturazione edilizia.

viene introdotta la novità del PdC convenzionato nel caso in cui si operi in ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione estesi a più edifici contigui o a lotti contigui. Non viene stabilito con esattezza quali debbano essere i contenuti della convenzione ma certamente si tratta di stabilire le modalità di attuazione degli standard urbanistici e/o la cessione di aree o eventuali modalità compensative delle cubature.

rimane l'obbligo, già presente nelle norme precedenti, di procedere con piano di recupero ai sensi dell'art. 28 L. 457/78 in alcuni casi specifici tra cui, e qui occorrerà fare grandissima attenzione, gli aumenti di SUL che eccedono le previsioni delle norme di tessuto, oltre agli interventi classificabili di nuova costruzione o per l'insediamento di destinazioni d'uso con carico urbanistico elevato.

Occorre soffermarsi sulla indicazione dell'aumento di SUL "oltre le previsioni delle regole dei tessuti" per capire quando si dovrà ricorrere a questo strumento indiretto, perché l'ambito appare ambiguo. Anzitutto, va detto che le regole di tessuto della città storica non dettano delle disposizioni specifiche per la SUL, in quanto in genere ci si limita a specificare che gli interventi ammessi non devono comportare aumento di SUL ovvero lo ammettono ma senza variazione del Vft (volume fuori terra ovvero volume lordo), dunque appare ambiguo individuare nelle norme di tessuto interventi che prevedono aumenti di SUL oltre le specifiche regole. Anzitutto, mi sono chiesto se ciò incide sull'applicazione dell'art. 25 comma 5 (vedi sopra) ma tenderei a dare risposta negativa a questo dubbio in quanto questo comma fornisce una disciplina generale della città storica e non si riferisce alle "norme dei tessuti".

applicazione del contributo straordinario e cambi d'uso

L'originaria formulazione del comma 11 art. 25 era abbastanza semplice e prevedeva che il contributo straordinario si applicasse agli interventi che prevedevano aumento di SUL oltre uno specifico limite, individuato nella metà della soglia degli incentivi dell'art. 21 (per interventi di recupero in città storica, tale soglia è il 10% quindi il contributo andava applicato al di sopra del 5% di incremento).

Il comma viene completamente riscritto e viene specificato che la SUL soggetta a contributo straordinario è quella che "eccede la norma di componente", dunque appare potersi qui riportare il commento già fatto nel paragrafo precedente dove si parlava delle modalità di attuazione in caso di programma di recupero. tuttavia, la definizione parla anche in generale di "incrementi di SUL" ma anche e soprattutto di cambi di destinazione d'uso, contesto che prima era escluso. Riguardo ai cambi d'uso, tuttavia, viene specificato che sono soggetti a contributo solo quelli che generano "le più rilevanti valorizzazioni immobiliari" il che nei fatti vuol dire tutto e niente: chi stabilisce quando una valorizzazione è rilevante? è rilevante anche la valorizzazione di 10 euro? appare un ambito talmente vasto che nei fatti in ogni cambio d'uso in città storica da oggi in poi occorrerà almeno inserire una specifica dichiarazione, motivata, riguardo alla presunta non rilevanza della valorizzazione, ed in caso contrario, produrre il calcolo del contributo straordinario e versarlo. Poteva essere un ambito chiarito meglio.

Rimane confermato, nella riscrittura del comma 15, il fatto che non si può eseguire cambio d'uso da funzioni residenziali ad altre funzioni, nei tessuti da T1 a T5 e nel T6 se ricade nel municipio 1, a meno che non ci si trovi nei piani seminterrati, piani terra o mezzanini. Si conferma altresì la possibilità, in deroga al passaggio precedente, di poter ampliare le destinazioni turistiche, ammesso che la destinazione d'uso già occupi almeno il 70% della SUL dell'intera unità edilizia; viene riportata in modo "ufficiale" una supposizione che già in molti avevano intuito, e cioè che tale sviluppo può ricomprendere gli immobili destinati a affittacamere e case vacanza, cioè le destinazioni extralberghiere. Questo può apparire un grimaldello ma, come si dirà meglio in seguito, in generale vengono introdotte delle regole per limitare la diffusione delle destinazioni extralberghiere in città storica.

viene altresì introdotta la nuova specifica riguardante il fatto che se si proviene da una destinazione non residenziale, si può andare sempre verso quella residenziale ma, se ci si trova nel patrimonio UNESCO, tale destinazione non può essere quella di "abitazione ad uso ricettivo". nei fatti, in centro storico UNESCO, ciò significa che la destinazione turistico-extralberghiero può essere instaurata solo in unità immobiliari che già possiedono la destinazione residenziale prima dell'adozione della variante. il nuovo ultimo periodo del comma 15 non è formulato in modo perfetto, comunque sembra potersi affermare che nei tessuti al di fuori del patrimonio UNESCO invece il cambio d'uso verso abitazione ricettiva è possibile anche proveniendo da destinazione non residenziale.

le nuove regole su frazionamenti e accorpamenti

le nuove norme portano con sé una evoluzione degli interventi che prevedono frazionamento e accorpamento di unità immobiliari in città storica.

rimane fisso il limite di 45 mq di SUL che deve avere ciascuna unità a destinazione abitativa ricavata da frazionamento, dunque su questo aspetto nello specifico possiamo dire che rimangono valide le valutazioni che già ampiamente conosciamo. Le regole specifiche, però, vengono in parte riscritte nelle norme dei singoli tessuti.

nei tessuti T1 e T2 viene confermato il divieto generale di frazionamento, ma con due importanti novità:

  1. i frazionamenti sono ammessi ma solo per le destinazioni residenziali, ma con esclusione delle "abitazioni ad uso ricettivo";
  2. scompare la possibilità di frazionamento per "ricostituzione di unità immobiliari interessate da precedenti processi di accorpamento".
commentiamo insieme questi due punti. Quanto al primo punto, si tratta di una novità di rilievo che aiuterà anche a sbloccare molte situazioni pregresse in cui furono fatti frazionamenti in assenza di titolo edilizio successivamente venduti a soggetti diversi: tali situazioni saranno ad oggi sanabili anche grazie allo "svincolo" della doppia conformità consentita dall'art. 36-bis DPR 380/01 come introdotto dal salva-casa. il divieto di destinare le unità frazionate a "abitazioni ad uso ricettivo" ha il chiaro intento di evitare la proliferazione di unità di piccole dimensioni destinate a turistico, ed attenzione anche al fatto che tale disposizione si applicherà anche per il futuro, nel senso che non sarà possibile effettuare prima il frazionamento, e dopo qualche anno procedere al cambio d'uso verso turistico-residenziale: le unità derivate da frazionamento dovranno rimanere per sempre esclusivamente abitative.
Quanto al secondo punto, è vero che scompare questa possibilità che era invece espressamente evocata nel comma 3 dell'art. 26 (per il T1) ed identicamente riportato nel comma 3 dell'art. 27 (per il T2), ma è anche vero che, a parere di chi scrive, questa operazione deve ritenersi a prescindere fattibile in quanto si tratta, in caso, di ripristinare uno stato urbanistico precedente e legittimo.
La novità normativa mi appare del tutto sensata: il centro storico di Roma si sta spopolando per due principali motivi: 1. la vocazione turistica (e vabbé) che spinge verso le piccole attività ricettive; 2. il fatto che spesso nei tessuti storici sono presenti appartamenti di grandi e grandissime dimensioni, soprattutto negli edifici pre-ottocenteschi, che appaiono ad oggi sproporzionati per quelle che sono le dimensioni e le possibilità di spesa delle famiglie italiane. Per intervenire soprattutto sul secondo aspetto, la possibilità di suddividere le unità immobiliari grandi in unità più piccole certamente favorirà il ritorno di nuclei familiari all'interno del centro storico, impedendo di converso la trasformazione in turistico.

Quanto alle regole sugli accorpamenti in T1 e T2, ci sono novità importanti in quanto viene completamente riscritto il comma 3 degli articoli 26 e 27:
  1. sono adesso ammessi anche tra unità edilizie diverse ma in specifici casi: ai fini residenziali, con esclusione delle abitazioni ad uso ricettivo; per destinazioni commerciali già operative alla data di adozione della variante (dicembre 2024); per le destinazioni alberghiere con specifiche condizioni;
  2. sono come prima ammesse all'interno della stessa unità edilizia (edificio) senza spostare le scale comuni: prima non era specificato che le scale dovessero essere comuni ed era espressamente vietato anche crearle pertanto prima l'accorpamento non era possibile se contemplava spostamento o creazione di nuove scale. Con l'evoluzione di questa specifica, sarà possibile eseguire accorpamenti in verticale con creazione di scale nuove, purché interne alle unità immobiliari e senza modifica di quelle comuni o comunque senza spostare quelle comuni esistenti.
Dunque per le unità commerciali, non sarà possibile instaurare una nuova attività successivamente all'adozione della variante e procedere all'accorpamento di locali nelle unità edilizie adiacenti: la norma sembra fatta apposta per consentire di regolarizzare le molte situazioni prive di titolo che sussistono ad oggi in centro storico, ma occorrerà attendere l'approvazione definitiva.

novità di importante rilievo rispetto a prima è che le disposizioni sui frazionamenti e gli accorpamenti che abbiamo visto per i tessuti T1 e T2 da oggi valgono anche per il T3, che invece prima ne era escluso. Difatti, le norme di variante introducono un comma 3 dell'art. 28 introducono disposizioni limitative identiche.
Attenzione dunque alle situazioni limite che potrebbero venirsi a creare: ad esempio, un immobile appartenente al T3 che è stato legittimamente frazionato prima delle norme di variante, potrebbe ad oggi vedere preclusa la possibilità di cambiare l'uso in turistico extralberghiero perché tali destinazioni non possono trovare collocazione negli immobili oggetto di frazionamento. Tuttavia, è possibile interpretare la norma come vigente dal momento dell'adozione della variante, e non per il pregresso: è dovuta comunque una specifica attenzione.

Le sole regole qui descritte per gli accorpamenti sono estese anche ai tessuti T4 e T5, ma questi tessuti rimangono "liberi" dalle regole specifiche sui frazionamenti del T1, T2 e T3. il T5 mantiene delle speciali condizioni per i frazionamenti che aveva pure prima (ad esempio obbligo di non frazionare gli spazi esterni pertinenziali).

La nuova destinazione d'uso residenziale turistica

Come già commentato nel post dedicato alle novità sulle destinazioni d'uso, nel PRG è stata introdotta una specifica sottofunzione della destinazione residenziale, al fine di individuare regole specifiche per le unità immobiliari destinate ad ospitare attività extralberghiere quali affittacamere e bed and breakfast.
Sempre come già commentato, ad avviso di chi scrive ciò rende intanto chiaro il fatto che debba comunque procedersi con un titolo edilizio per formalizzare il cambio d'uso: è vero che il regolamento regionale specifica che non occorre cambio d'uso urbanistico quando si instaura una attività ricettiva extralberghiera in un residenziale, ma è anche vero che se il piano regolatore distingue le sottofunzioni e si cambia dall'una all'altra, l'attività diventa soggetta a titolo anche perché, ad oggi, occorre verificare che il cambio d'uso sia fattibile, alla luce delle varie norme che sono state introdotte per, in parte, limitarne la diffusione.
Per punti, proviamo a fare una selezione degli ambiti a cui occorrerà fare attenzione da oggi in poi:
  • essendosi dedotto che da residenziale abitativo a residenziale turistico si tratta di mutamento d'uso, esso è da intendersi soggetto a titolo che, ai sensi del nuovo art. 23-ter comma 1-bis può essere individuato nella SCIA;
  • trattandosi nei fatti ormai di un cambio d'uso, potrebbe apparire lo spettro del contributo straordinario, in quanto applicabile agli interventi di rivalutazione immobiliare (vedi mio commento di prima sull'ampiezza di questo concetto di nuova introduzione);
  • nei frazionamenti immobiliari eseguiti in T1, T2 e T3 le unità derivate non potranno andare verso questa destinazione d'uso;
  • in città storica all'interno del patrimonio UNESCO non è possibile fare cambio d'uso da destinazioni non residenziali verso il residenziale-turistico. rimane ammesso per il residenziale "standard";
  • in caso di operazioni di accorpamento, la destinazione residenziale-turistica è ammessa solo se si sta intervenendo all'interno della stessa unità edilizia.
Attenzione comunque al fatto che il novo comma 17 dell'art. 25 concede all'amministrazione la facoltà di emanare dei provvedimenti specifici per limitare l'insediamento di alcune tipologie di destinazione d'uso in determinate zone sia della città storica che della città consolidata, anche espressamente con riguardo alle destinazioni residenziali-turistiche: dunque ciò può significare successive specifiche limitazioni operative per tali destinazioni.

nota di lettura

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