Chi segue questo blog sa quanto abbiamo parlato del mutamento di destinazione d'uso, un vero e proprio argomento scottante. Questo post è dedicato alle modifiche che il decreto salva-casa ha apportato a questo tema: per come si vedrà, come sempre accade nelle norme connesse alla professione del tecnico, ci sono luci ed ombre (forse più luci che ombre), relativamente alle quali qui trovate il mio commento.
Il decreto ha introdotto diverse modifiche all'art. 23 ter DPR 380/01, facendolo nei fatti diventare un articolo strutturato su diversi ambiti del mutamento d'uso: prima delle innovazioni del salva-casa era limitato alla individuazione delle categorie generali d'uso, alla indicazione del fatto che il salto tra categorie generali è definito mutamento rilevante, e che il mutamento "non rilevante" è sempre consentito (previgente versione del comma 3).
il salva-casa non va a mutare la struttura generale originaria della norma, ma introduce una serie di nuovi commi (dall'1-bis all'1-quinquies) che descrivono dei casi specifici all'interno dei quali vigono particolari condizioni, anche agevolative. Al di fuori delle condizioni dei nuovi commi, rimane vigente il regime "ordinario" cioè la procedura per come la si conosceva prima delle novità introdotte.
in estrema sintesi, la struttura degli elementi innovativi è la seguente:
- comma 1-bis - assorbendo il precedente ultimo periodo del comma 3, specifica che il mutamento non rilevante è sempre consentito, alle condizioni sotto elencate;
- comma 1-ter - indica che il mutamento rilevante è sempre consentito, purché ci si trovi in zona territoriale omogenea di tipo A, B o C e purché non riguardi le destinazioni agricole (né come destinazione ante operam, né come post) ed alle condizioni ulteriori sotto elencate;
- comma 1-quater - descrive ulteriori condizioni per l'applicazione del comma 1-ter;
- comma 1-quinquies - impone l'assoggettazione a SCIA dei mutamenti d'uso attuati ai sensi dei commi 1-bis ed 1-ter ed anche di quelli "senza opere";
- comma 1 - viene aggiunto un nuovo primo periodo al comma 1 che definisce il mutamento d'uso senza opere come quello effettuato o in completa assenza di opere, ovvero quello eseguito contestualmente ad opere che, però, non devono eccedere quelle dell'articolo 6 (opere di attività edilizia libera).
- l'intervento deve riguardare una singola unità immobiliare, indipendentemente dalla sua dimensione. dunque non è possibile applicare i commi ad esempio per il cambio d'uso di un intero edificio adibito a condominio residenziale diviso in singoli appartamenti, ma si può applicare al singolo appartamento in condominio o ad una villetta isolata (attenzione però alle villette che hanno il box auto incorporato ma accatastato a parte: potrebbe essere intesa come unità immobiliare separata e quindi in tale caso non si potrebbe fare il cambio d'uso della villa e del box contemporaneamente). Attenzione tuttavia al fatto che nel testo unico dell'edilizia non è contenuta una definizione di "unità immobiliare" e nemmeno essa è descritta nel quadro delle definizioni uniformi. alcuni ritengono che si possa fare riferimento alla definizione catastale di tale elemento; tuttavia, se all'interno degli strumenti urbanistici comunali è contenuta tale definizione, a mio avviso occorre fare riferimento a questa e non a quella catastale;
- l'intervento deve rispettare le specifiche condizioni degli strumenti urbanistici comunali, il che, a parere di chi scrive, si applica non solo alle disposizioni che i comuni vorranno dettare nel futuro, ma anche a quelle vigenti: altri ritengono che, per come è formulata la frase della norma, essa si riferisce solo alle disposizioni di futura emanazione. Io non concordo con questa visione anche perché ciò rappresenterebbe uno scardinamento degli strumenti urbanistici stessi in quanto la gestione dei mutamenti d'uso, soprattutto nelle grandi città, è senza dubbio uno strumento pianificatorio importante.
In sintesi, le norme vanno ad innovare un panorama che già si conosceva, senza introdurre questioni radicalmente nuove, ma principalmente specificando in modo più preciso alcuni tipi di cambio d'uso più ricorrenti, rendendoli più semplici o comunque fattibili a prescindere. in verità, il vincolo alle imposizioni dei piani regolatori finisce con l'essere un importante confine operativo, soprattutto in quelle città, come Roma o come le maggiori d'Italia, che si sono dotate nel tempo di una normazione specifica sui cambi d'uso; può essere invece una norma di più larga applicazione in quei comuni i cui strumenti urbanistici non dettano regole specifiche, ma si presti sempre attenzione alle destinazioni ammesse nelle varie zone o ad eventuali vincoli indiretti come superfici massime ammissibili di una data destinazione.
il comma 1 quater che, come detto, specifica il campo di applicazione del comma 1-ter (mutamenti rilevanti) contiene ulteriori disposizioni che sono in parte delle opportunità ed in parte delle ulteriori limitazioni, tutte non esenti da possibili differenti interpretazioni. vediamo quali.
gli standard urbanistici
la norma, in modo del tutto chiaro e netto, dispone che nell'attuare il comma 1-ter non è necessario reperire gli standard urbanistici eventualmente dovuti. è noto anche a chi frequenta questo blog che quando si opera un cambio d'uso vi è il problema connesso alla differenza di standard urbanistico che implica la necessità di dover reperire delle aree da donare al comune: tale questione emerge in modo indiretto dalle disposizioni del DM 1444/68 in quanto se il cambio d'uso avviene tra destinazioni che prevedono una quantità di standard differenti, è necessario colmare questa differenza reperendo nuovi standard ovvero donando al comune le aree per realizzarli. tuttavia, tale necessità di reperimento si è scontrata con la obiettiva impossibilità in molti casi di poter trovare dette aree o alla inutilità delle stesse: pensiamo ad esempio alle città ormai urbanizzate e consolidate, nelle quali non sono disponibili spazi "vuoti" da poter donare al comune, oppure pensiamo altresì ai cambi d'uso di singole unità immobiliari che producono un delta di standard urbanistico di poche decine di metri quadri: tali superfici sarebbero del tutto inutili ai comuni visto che gli standard devono contenere scuole, asili, edifici pubblici, parchi, etc. Per ovviare a questa limitazione, è stato introdotto il meccanismo della monetizzazione dello standard urbanistico, cioè la possibilità di convertire in moneta lo standard che non è possibile cedere. Tuttavia, tale istituto non è presente nella legge, ma si tratta di una procedura amministrativa introdotta direttamente dai comuni o dalle regioni e mai osteggiata dalla giurisprudenza in quanto considerata di naturale applicazione: la monetizzazione sostanzialmente consiste nel dare al comune i soldi che a questi occorrono per eseguire gli espropri al fine di trovare nuove aree su cui installare nuovi standard urbanistici.
Ebbene, il salva-casa interviene in modo deciso su questo aspetto ed indica, grazie alla disposizione del comma 1-quater, che il mutamento rilevante operato ai sensi del comma 1-ter non è soggetto all'obbligo di reperire gli standard urbanistici differenziali: dunque appare chiaro ed indiscusso che operando in tale contesto, non ci si deve preoccupare del reperire le aree per standard.
Ci si potrebbe tuttavia chiedere se non sia comunque dovuta la monetizzazione degli standard, visto che la legge non dice espressamente che anche la monetizzazione non sia necessaria. tuttavia, a parere di chi scrive e per quanto detto sopra, la monetizzazione non è un istituto legislativo a sé stante ma un qualcosa di connesso all'obbligo di dotazione degli standard, dunque nel momento in cui decade l'obbligo della dotazione, ciò porta con sé anche il decadimento dell'obbligo della relativa monetizzazione. Anche se chi scrive è profondamente convinto di tale questione, la norma non è effettivamente chiarissima e potrebbe emergere una visione opposta secondo cui la monetizzazione sia comunque consentita (o, a quel punto, dovuta necessariamente quale unica alternativa); tuttavia, anche in tale caso, dovrebbe almeno consentirsi sempre di poter monetizzare lo standard, indipendentemente dalle superfici differenziali richieste dall'intervento, in quanto comunque il comma 1-quater abroga nel suo complesso l'obbligo di reperimento; questa circostanza potrebbe aprire nuove strade nella città di Roma, dove il piano regolatore è particolarmente contorto nel calcolo degli standard urbanistici e nella relativa monetizzazione (prevista direttamente dal piano) e dove vi sono anche dei limiti dimensionali oltre i quali l'intervento non diventa fattibile senza materiale reperimento delle aree per gli standard: con questa norma, appare dunque possibile eseguire comunque gli interventi previsti, a patto che la giurisprudenza, la regione od il comune non ritengano il contrario.
la circolare dPAU prot. QI/2024/205723 del 21 ottobre 2024
verso fine ottobre 2024, dunque successivamente alla pubblicazione del presente post, il dipartimento PAU di Roma Capitale (l'ufficio che si occupa del rilascio dei permessi di costruire e del coordinamento delle interpretazioni edilizie su tutto il territorio comunale) ha emesso una circolare interpretativa che tocca alcuni dei temi del salva-casa, compreso quello del mutamento d'uso.
L'interpretazione che viene data dall'ufficio in parte conferma quanto avevo già scritto qui sopra ma in parte no: in dettaglio, l'ufficio è dell'avviso che le disposizioni della pianificazione urbanistica siano comunque fatte salve, dunque si concorda sul fatto che i mutamenti d'uso, pur nella versione innovata dal salva-casa del 23 ter, continuano ad essere ammessi solo se conformi alle prescrizioni del piano regolatore già vigente: dunque l'ufficio prende la posizione più restrittiva e, pertanto, ritiene che la parola "condizioni" da rispettare del piano regolatore riguardino tutte le sue disposizioni, sia prescrittive che condizionanti. Ne consegue che l'intervento è fattibile, a Roma, solo se già previsto dal PRG.
Sul punto si potrebbe obiettare che la parola "condizioni", per come argomentato più sopra, non si riferisca a tutte le "disposizioni" del PRG: vedremo se ci saranno sentenze nel merito che potranno aiutare a chiarire il dubbio interpretativo. Al di là di tutto, appare comunque prevedibile che il comune prendesse la posizione più conservativa, anche a tutela del Piano Regolatore e delle sue funzioni. La presa di posizione peraltro va a confermare l'applicabilità anche del contributo straordinario.
Nella circolare vengono poi esplicitate le procedure autorizzative da utilizzare per i cambi d'uso su singola unità immobiliare, che vengono sintetizzate nella SCIA e nel PdC (o SCIA alternativa), con esclusione implicita quindi della CILA e ciò è corretto quando si opera su singola unità immobiliare ed all'interno dei presupposti dei commi 1-bis e 1-ter. Rimangono in essere specifiche fattispecie, magari residuali, che ancora continuano a rimanere appannaggio della CILA ovvero quei casi in cui l'intervento ricade in manutenzione straordinaria leggera o risanamento conservativo leggero e non sono applicabili le specifiche condizioni dei commi 1-bis ed 1-ter, dunque ad esempio banalmente nel caso in cui si intervenga contemporaneamente su più di una unità immobiliare.
La posizione meno condivisibile del Comune di Roma (con il necessario rispetto e stima per l'ufficio che si è prodigato nel diramare tempestivamente una nota di uniformità su questo tema "caldo") si ha, però, quando viene indicato che è comunque dovuta anche la monetizzazione degli standard urbanistici. Per ribadire questo punto l'amministrazione indica che la disposizione, facendo parte del Piano Regolatore ed essendo le "condizioni" di questo fatte salve, implicitamente tale procedura rimane in vigore ed applicabile. L'autore di questo post, tuttavia, rimane sostenitore di una versione differente già sopra tratteggiata: se il legislatore prescrive che in determinate condizioni non sia dovuto l'obbligo di reperire gli standard urbanistici, allora in quelle specifiche casistiche non è applicabile nemmeno la relativa monetizzazione la quale non è una condizione applicativa del piano bensì una procedura che serve a regolamentare l'istituto della conversione in denaro degli standard quando gli stessi non sono materialmente reperibili. Se, tuttavia, la norma nazionale impone che lo standard a monte non debba essere reperito, automaticamente ciò fa decadere anche la necessità di doverlo monetizzare, in quanto non è la monetizzazione in sé che è lo strumento, quanto il reperimento dello standard, che viene reso non più obbligatorio.
il tema dei locali piani terra ed interrati
il comma 1-quater contiene una specifica condizione limitativa relativa agli immobili che si trovano ai piani terra ("primi piani fuori terra") e seminterrati: per questi, l'applicazione del comma 1-ter è sospesa finché le regioni non andranno ad emanare delle norme che consentono ai comuni di prevedere le zone in cui tali cambi d'uso sono consentiti. Per come scritta la norma, a parere di chi scrive, appare chiaro che si riferisce solo ai casi specifici del comma 1-ter, il che significa che se occorre operare un cambio d'uso rilevante in questi locali esso può essere eseguito purché nel rispetto delle norme "generali" previgenti, senza poter utilizzare le disposizioni favorevoli del comma 1-ter.
tuttavia, per come scritta la norma, vi è chi interpreta la questione come un totale blocco di tutti i mutamenti d'uso degli immobili ai piani terra e seminterrati, perché la disposizione appare generalista. tuttavia, nella stessa frase è contenuto il rimando al comma 1-ter dunque appare abbastanza chiaro che in tali casi si possa operare comunque, ma senza applicare il comma 1-ter.
Quindi leggendo è chiaro che una cantina nel seminterrato non potra' mai diventare un'abitazione, giusto?
RispondiEliminanon arriverei direttamente a questa conseguenza diretta: per ora la legge dice che non è applicabile il regime "semplificato" del comma 1 ter se le unità si trovano ai piani terra e seminterrati, indipendentemente dalla fattibilità in concreto del cambio d'uso che può essere astrattamente verificata attraverso le regole del piano regolatore e del regolamento edilizio.
EliminaNulla muta per una soffitta (con adeguati parametri )che si voglia tramutare in abitazione. Permane SCIA con annessi e connessi...
RispondiEliminala norma, per come scritto, non va a cambiare in modo radicale il meccanismo dei cambi d'uso, ma cerca di ordinare e semplificare i procedimenti autorizzatori.
EliminaSto verificando la possibilità di un cambio d'uso per un'unità immobiliare su due piani, seminterrato e interrato lato strada, affaccio libero di entrambe i piani in un cortile interno molto ampio. Città Storica T6. L'immobile fa parte di un grande complesso immobiliare ex INCIS, ma la sua categoria è B5 Scuola e sto leggendo tale categoria non è suscettibile di destinazioni diverse senza radicali trasformazioni.
RispondiEliminanon si confondano le definizioni catastali da quelle urbanistiche. se urbanisticamente è fattibile, il catasto deve necessariamente adeguarsi. la frase "non suscettibile di altre destinazioni senza radicali trasformazioni" vuol dire che la categoria catastale cambia solo se l'immobile viene trasformato in modo integrale e radicale, non che non possa cambiare destinazione.
EliminaGrazie per la tua disponibilità, sei sempre illuminante. Verifico PRG e Regolamento edilizio, anche perchè oltre al cambio d'uso dovrei frazionare, e anche qui la questione è complicata.
EliminaHo letto la circolare, io ritengo che il legislatore con la frase "ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni" intendesse riferirsi a future specifiche e non a quelle già presenti nelle NTA, altrimenti che senso avrebbe una norma del genere? se dobbiamo rispettare regolamenti e norme vecchie di anni allora non perdiamo tempo a fare leggi nuove, visto che tanto non sono applicabili.
RispondiEliminasecondo me in quello specifico punto il passaggio della circolare è condivisibile, più che altro perché diversamente opinando la norma andrebbe a scardinare la funzione di tutti i piani regolatori la cui programmazione si fonda anche sulle destinazioni d'uso, come quello di Roma, rendendolo "zoppo".
Eliminasalve Architetto, sto affrontando un cambio destinazione d'uso da da negozio in abitazione di un piano seminterrato di 32 mq. L'immobile è situato in tessuti T2. Ma non ho ben capito la questione se nella citta consolidata (nello specifico T2) non è mai consentito il cambio. . Come sempre la sua competenza è un faro nel nostro complicato lavoro. La ringrazio anticipatamente per l attenzione.
RispondiEliminain città consolidata i cambi d'uso da qualunque destinazione verso residenziale sarebbe sempre soggetto a programma di recupero urbano, ma siccome nel passato c'è stata una sentenza che ha ritenuto illogica questa previsione, alcuni municipi accolgono comunque le istanze per questi cambi d'uso, mentre altri, no.
EliminaBuongiorno Architetto, sul Salva Casa a mio avviso non è ben specificata la possibilità dei cambi di destinazione di immobili già variati nell'uso con i tre condoni precedenti. Anche perchè mi è capitato, in alcune mie verifiche, che per una ristrutturazione con demolizione e ricostruzione parziale di perdere quanto acquisito con il condono con obbligo di ripristino della vecchia situazione. Secondo Lei in una situazione di ex locale condominiale (C2) al piano primo, attualmente sanato ad ufficio e con altezza di m 2,55 esiste la possibilità di cambio ad abitativo con il Salva Casa? Grazie anticipatamente per l'attenzione e la possibile risposta.
RispondiEliminami sembra un caso specifico da analizzare in modo puntuale, comunque astrattamente non mi sembra infattibile.
EliminaSalve architetto , dovrei effettuare un MDU da garage ad abitazione oppure ufficio. Il garage è già stato modificato con bagno e cucinotto ed apertura di porta e finestra laterale e chiuso con finestrone lato fronte. l'unità è separata catastalmente dall'abitazione superiore ed è in ZTO B (città consolidata T3) non ho capito se è fattibile il cambio d'uso in abitazione o ufficio oppure se è possibile sanare la situazione rimanendo in C1. Le categorie d'opera si devono considerare quelle urbanistiche però poi si considerano quelle catastali. Ovviamente c'è CU da nullo a basso. Credo che sia una SCIA in sanatoria onerosa da 1000 a 10.000€ circa come recita il parere del Comune. Secondo lei è sanabile questa situazione e come? La ringranzio in anticipo, saluti. Gianluca
RispondiEliminail cambio d'uso di questo tipo presenta diversi problemi: 1. il garage non sviluppa sul (probabilmente), dunque non è solo un cambio d'uso ma anche un ampliamento; 2. il garage potrebbe essere considerato standard urbanistico e nel caso l'operazione è fattibile solo se si reperisce nelle vicinanze una superficie adeguata da convertire a standard; 3. il cambio d'uso verso residenziale in città consolidata è tuttora vincolato dall'art. 45 comma 6, anche se dovrebbero sbloccarlo con la revisione delle nta. mi sembra un intervento che parte in salita.
EliminaGrazie per la sua risposta che non chiude la porta ma lascia aperti molti dubbi. La legge salvacasa è chiara nel suo obiettivo fare cassa attraverso la concessione onerosa di abusi? Piccole difformità? comunque questa MDU in sanatoria da garage ad abitazione è proprio il caso tipico direi, però capisco benissimo quello che scrive sulle condizioni e le restrizioni di PRG che però mi sembrano superate dall' 1ter e 1 quater come ha descritto bene nel suo blog, allora perchè dovrei reperire degli standard al posto di quello che si sottrae all'esistente? Differente invece è la lettura dell'art. 45 comma 6 che prevede la possibilità di Cambio d'uso se non sottraggono parcheggio, ma a questo punto ritorniamo al punto degli standard, è come una gatto che si morde la coda, non capisco. Ovviamente andrò negli uffici a domandare è riferirò data la sua nota gentilezza nel mettere a disposizione tutte queste preziose informazioni.
EliminaCordiali saluti
Come promesso vi relaziono su quello che mi hanno riferito nel municipio nell'ufficio preposto. Il caso di Cambiamento di destinazione d'uso da garage ad abitazione a Roma nella "Città consolidata" nel mio caso T3 non si può fare per 2 motivi:
Elimina1. Si dovrebbe ricorrere al Piano di Recupero ma il comune non lo redige più (Campa cavallo!)
2. Per i locali ap PT la regione sembra non consentirlo.
Rimane una piccola speranza se cambieranno le NTA ma chissà quando.
Mi rimane questo dubbio Dall'art.45 delle NTA comma 7 lett. c) insediamento di Abitazioni singole ...da funzioni non abitative verso le destinazioni...."servizi alle persone" o studi di artista.
Saluti
grazie del riscontro. scrivi pure di nuovo se hai ulteriori aggiornamenti.
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