domenica 28 luglio 2024

salva-casa e la resurrezione delle norme tecniche del passato

 Le norme italiane, si sa, sono complesse ma nella loro complessità, spesso si generano dei controsensi temporali. Un caso particolare di questa complessità è quello che emerge dalla nuovissima versione dell'art. 34 bis comma 3 bis DPR 380/01 che è entrato in vigore proprio oggi, 28 luglio 2024, all'indomani della pubblicazione in gazzetta della L. 105/2024 di conversione del DL 69/24 "salva-casa".

immagine prodotta su prompt dell'autore con Ideogram AI

breve preambolo: il salva-casa è intervenuto in modo abbastanza strutturato sull'art. 34 bis DPR 380/01 quello relativo alle tolleranze costruttive: è stato introdotto anzitutto il comma 1-bis che disciplina l'introduzione di un ventaglio di nuove tolleranze costruttive, dal 2 al 6%, in funzione della dimensione della singola unità immobiliare, ma sono stati introdotti anche i commi 3 bis e 3 ter che introducono concetti nuovi. In verità il 3 ter semplicemente specifica che in caso di tolleranze costruttive, sono sempre fatti salvi i diritti di terzi, ma nella sua versione iniziale prevedeva una serie di adempimenti a carico del tecnico progettista che apparivano obiettivamente inapplicabili.

Il comma 3 bis invece prevede un adempimento del tutto nuovo, prima non previsto, e che oggi deve essere tenuto in considerazione in ogni tolleranza costruttiva; a ben vedere, in verità, occorre tenerne conto solo nelle zone sismiche, con esclusione delle zone a rischio basso (la cui definizione è, però, demandata ai decreti regionali i quali a volte non sono del tutto chiari sulla differenziazione - vedi il decreto della regione Lazio ad esempio).

Anzitutto, per più facile lettura, riporto qui appresso il testo dell'art. 34 bis comma 3 bis in vigore dal 28 luglio 2024:

3-bis. Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, il tecnico attesta altresì che gli interventi di cui al presente articolo rispettino le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II. Tale attestazione, riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell’intervento, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 2, corredata della documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall’articolo 93, comma 3, è trasmessa allo sportello unico per l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale secondo le disposizioni di cui all’articolo 94, ovvero per l’esercizio delle modalità di controllo previste dalle regioni ai sensi dell’articolo 94-bis, comma 5, per le difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di cui al comma 1, lettere b) e c), del medesimo articolo 94-bis. Il tecnico abilitato allega alla dichiarazione di cui al comma 3 l’autorizzazione di cui all’articolo 94, comma 2, o l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento rilasciata ai sensi dell’articolo 94, comma 2-bis, ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del ter- mine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

Rispetto alla prima versione di questo comma vi è una novità molto rilevante, che è quella relativa al fatto che l'attestazione riguardo alle strutture deve essere resa con riferimento alle norme tecniche in vigore al momento della realizzazione dell'intervento. Nel testo iniziale mancava questa specifica, e chi scrive aveva ritenuto che la formulazione della norma faceva propendere per la necessità di applicazione delle previsioni dell'art. 8 delle NTC 2018 ed in particolare della procedura della valutazione di sicurezza sismica. La formulazione definitiva della norma invece apre uno scenario differente.

In dettaglio, la norma chiede di verificare la struttura con riguardo alle norme in vigore al momento della costruzione o della specifica esecuzione delle opere difformi o "da tollerare", il che è cosa diversa dalla procedura della valutazione di sicurezza sismica del paragrafo 8.3 delle NTC, che prevede sì delle verifiche semplificate (agli stati limite ultimi SLU, come si faceva una volta con le vecchie norme tecniche, e non agli stati limite di esercizio, se non per le classi d'uso più delicate). Dunque ad oggi ad ogni attestazione inerente le tolleranze costruttive che sia eseguita su immobili ricadenti in zone sismiche escluse quelle a bassa sismicità, di fatto occorre rispolverare le vecchie norme tecniche, ma non pescandole a caso ma recuperando quella esattamente in vigore al momento in cui è stata eseguita l'opera.

Anzitutto appare fondamentale nell'ambito delle tolleranze costruttive - ma anche nell'applicazione dell'art. 36 bis che sempre da oggi fa espresso riferimento al comma 3 bis richiamandone l'obbligatorietà quindi anche negli accertamenti di conformità - ricostruire l'esatto momento di esecuzione delle opere per poterne rilasciare opportuna e veritiera attestazione. In caso di incertezza sul momento dell'esecuzione, suggerisco di porsi in modo più cautelativo possibile, dunque ad esempio se un intervento è stato fatto in prossimità del momento in cui è stata pubblicata una nuova e più restrittiva norma tecnica, e non si riesce a dimostrare con assoluta certezza che l'opera fu fatta prima, ha senso eseguire le verifiche rispetto alle norme tecniche temporalmente successive. Attenzione al fatto che tale verifica è responsabilità del tecnico progettista quindi è opportuno che sia fatta con scrupolo onde evitare possibili accuse di aver commesso reato di falso in atto pubblico.

Nei fatti, questa nuova norma fa resuscitare la validità delle norme tecniche del passato, in quanto oggi occorre riferirsi a queste per poter eseguire l'attestazione come previsto dalla legge. A tal fine, sarebbe opportuno che vi fosse un database pubblico a cui fare riferimento, perché se è vero, come è vero, che risalire alle norme tecniche fino a quelle degli anni ottanta e novanta non è difficile, più complesso e soprattutto più incerto inizia ad essere l'andare più indietro nel tempo, considerando il fatto che molti degli edifici ad oggi esistenti nelle città sono stati realizzati in parte anche prima dell'emanazione della prima norma "strutturata" riguardo alle costruzioni ovvero il R.D. 2229/1939, in un epoca in cui le norme tecniche di calcolo del calcestruzzo armato riguardavano più l'accettazione del legante che i calcoli strutturali veri e propri.

All'atto pratico, sembra potersi dire che l'attuale obbligo normativo debba rispettare i seguenti due punti-cardine: 1. il deposito di un progetto che contenga gli elementi indicati all'art. 93 comma 3 e 2. che la verifica sia compiuta nel rispetto delle norme tecniche in vigore al momento dell'esecuzione delle opere.

Gli elementi richiesti dall'art. 93 comma 3 sono essenzialmente:

  • un elaborato grafico, completo di rappresentazione in pianta, sezione e prospetto, che rappresenti sia architettonicamente che strutturalmente l'elemento oggetto di valutazione. nella redazione di questo disegno il progettista dovrà per quanto possibile ricostruire le consistenze e le fattezze strutturali, eseguendo anche dei saggi se lo ritiene opportuno (probabilmente in molti casi sarà necessario);
  • una relazione tecnica che contiene la descrizione dell'opera;
  • gli "elaborati previsti dalle norme tecniche", e qui rientrano in gioco le norme tecniche in vigore al momento dell'esecuzione della difformità.
A valle del deposito dell'attestazione di cui all'art. 3 bis, l'ufficio del Genio Civile dovrà rilasciare apposita attestazione o autorizzazione; in alcuni casi il tecnico stesso potrà dichiarare la maturazione dei termini entro cui l'ufficio poteva emettere comunicazioni inibitorie o chiedere integrazioni.

Una ultima nota dedicata alla città di Roma: questa è divisa più o meno a metà in verticale tra due zone sismiche, la 2 per i municipi di Roma Est e la 3 per quelli di Roma Ovest e Roma Nord. Tuttavia, la Regione Lazio ha introdotto delle sotto-zone ulteriori secondo le quali i municipi Est ricadono in sotto-zona 2A mentre gli altri in zona 3B: appare comunque chiaro che i municipi che si trovano in zona 2A sono comunque soggetti agli adempimenti qui descritti, mentre i municipi che si trovano nella zona 3B definita dalla regione a rischio "medio basso" non è chiaro se siano soggetti o meno, in quanto non è chiaramente zona a rischio "basso" ma non è nemmeno certamente in zona a rischio "medio" né "alto". Tendenzialmente, ritengo che possa classificarsi comunque zona a rischio basso, ma sul punto occorrerà attendere un chiarimento dalla Regione. Le definizioni di sismicità si trovano in parte nell'art. 94 bis DPR 380/01 il quale chiama espressamente come a "bassa sismicità" le zone 3 e 4.

Attenzione: le presenti considerazioni sono basate sul testo definitivo della norma ma sono frutto dell'interpretazione della stessa da parte del sottoscritto, il quale non può garantire che gli uffici o il Ministero decidano di interpretare in questo esatto modo i contenuti della norma. Dunque l'autore non può assumere alcuna responsabilità rispetto a quanto detto in questo post: chiunque decida di avvalersi delle considerazioni contenute in questo post, lo deve fare a proprio rischio e pericolo. buon lavoro a tutti!

12 commenti:

  1. e la Zona 3a, corrispondente al territorio del Municipio I? a rigor di logica dovrebbe rientrare anch'essa nelle zone a bassa simicità, ma leggo da più parti interpretazioni e sentenze secondo le quali
    soltanto la zona 4 rientra in bassa sismicità del Testo Unico (ovvero Sardegna, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta).

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    1. purtroppo come ho scritto la questione non è chiara: alla luce di questa importante novità normativa sarà essenziale un chiarimento definitivo.

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    2. ho fatto qualche approfondimento anche grazie ad altri colleghi: le sentenze che citi dovrebbero essere quelle del 2017, ma che indicavano che anche nelle zone 3 era necessaria l'autorizzazione sismica. Nel 2019 è stato però modificato il DPR 380/01 con il decreto "sblocca-cantieri" e nell'art. 94 bis è stata introdotta la specifica (benché in modo indiretto) che le zone a bassa sismicità sono la 3 e la 4. Nel caso del Lazio, che ha a sua volta diviso in due sottozone la zona 3, sarebbe utile che venisse chiarito che entrambe le sottozone (3A e 3B) siano classificate comunque come a bassa sismicità, soprattutto perché la zona 3B è definita a "sismicità medio-bassa". Mi pare comunque abbastanza ovvio che le zone 3 indipendentemente dalle sotto-zone, sono definite a bassa sismicità dalla norma nazionale, anche se avrei gradito una definizione più circostanziata.

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    3. Grazie Marco, si la sentenza a cui mi riferivo era la n. 56040 del 15 dicembre 2017.
      Ho letto l'art. 94 bis del TU e in effetti, come scrivi tu definisce in maniera indiretta, la 3 e la 4 come zone a bassa sismicità.
      In realtà, nella Relazione Tecnica allegata alla Nuova Classificazione sismica della Regione Lazio del 2009 (con cui è stata eliminata la zona 4 e introdotte le sottozone), sono le zone 3A ad essere definite a "sismicità medio-bassa"; come giustamente scrivi una definizione più chiara sarebbe doverosa.

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  2. In effetti, per la regolarizzazione delle opere difformi, il riferimento del legislatore agli "immobili ubicati nelle zone sismiche di cui all'articolo 83" dovrebbre riferirsi alla zonizzazione valida al tempo dell'abuso, anche se il legislatore non lo scrive chiaramente. Altrimenti si dovrebbe attestare che le difformità eseguite in zona non sismica sono in regola con le norme tecniche sismiche ("...del capo IV...") che però non erano in vigore!

    A maggior ragione se si guarda al caso delle parziali difformità e delle variazioni essenziali, dove le opere difformità potrebbero essere veramente significative.

    Ciò premesso, a questo punto bisogna guardare anche al vecchio sisitema di classificazione sismica (categoria I, II, III) e considerare in bassa sismicità i comuni in zona di categoria III e quelli non classificati.

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    1. grazie del contribuoto, ingegnere. giustamente come lei scrive, la norma sembra implicitamente riferirsi non solo alle norme tecniche in vigore al momento della realizzazione dell'abuso, ma anche alla classificazione sismica vigente all'epoca, dato che è quest'ultima che, nel passato, determinava la norma applicabile (a differenza di oggi che le NTC sono uniche).

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    3. Facciamo anche un esempio, che ci aiuta a capire le intenzioni del legislatore: prendiamo il comune dove vivo io, che oggi si trova in zona sismica 2, ma che al tempo di un abuso con variazione essenziale nell'anno 2002 si trovava in zona non classificata sismica.

      Il legislatore mi chiede di dichiarare che gli interventi abusivi rispettino "le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II" (cioè le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica), con riferimento alle "norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento".

      E' evidente che, indipendentemente da come sono fatte le norme tecniche (cioè che abbiano oppure no dei capitoli specifici per le costruzioni in zona sismica, oppure no), la dichiarazione che io posso fare nel mio comune non può essere di sicuro quella che vuole il legislatore:

      forse, con uno sforzo, potrei anche CONTROLLARE se gli abusi rispettano (virgolettato dal 34-bis) "le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II", (cioè le norme sismiche) vigenti in generale nell'anno 2002 (potre andare a prendere le regole sismiche del DM'96 sulle costruzioni in zona sismica e applicarle al mio abuso)...

      ma di sicuro non posso dichiarare che gli abusi rispettano (virgolettato dal 34-bis) le "norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione", perché nel mio comune le norme tecniche sismiche del DM'96 nel 2002 non erano vigenti... E anche se fossero state vigenti (intese come corpus normativo), non sarebbe stato comunque vigente il capitolo del calcolo sismico…

      Questo ragionamento porta, secondo me, alla conclusione che l'unica classificazione sismica del comune a cui è possibile far riferimento è quella al tempo degli abusi.

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    4. Concordo con lei ingegnere e, seguendo la sua riflessione, ci si potrebbe spingere a desumere che, in un caso come il suo, l'adempimento non sia dovuto in quanto all'epoca degli abusi l'immobile non era classificato in zona sismica.

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    5. Concordo, l'adempimento di consegna del "contenuto di cui all'art. 93" non è applicabile nei comuni che al tempo dell'abuso non erano classificati sismici oppure erano in zona a bassa sismicità (zone 3, o di III categoria).

      Tuttavia, in tali casi è richiesto l'adempimento generale di dimostrare il rispetto dei requisiti previsti dalle norme tecniche (anche sismiche) vigenti al tempo dell'abuso.

      Conoscendo i metodi con cui operano i funzionari degli organi di controllo, nei casi cui sono chiamati ad essere "parte attiva" per il rilascio di un "permesso in sanatoria", loro avranno bisogno in effetti di procedere con controllo di merito, e non credo si potranno accontentare della "dichiarazione" a cui fa riferimento il legislatore nei commi 1 e 3 dell'art. 36-bis. Probabilmente è necessario aggiungere una "relazione tecnica", per più o meno sintetica, per indicare quali siano le norme tecniche di sicurezza strutturale e antisismica vigenti al momento dell’abuso, e per illustrare la dimostrazione del rispetto dei requisiti previsti.

      Difficile pensare che accettino una dichiarazione del tipo "dichiaro che era tutto a conforme alle norme vigenti"... Ma questa è solo una mia sensazione ;-)

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  3. Buon giorno Architetto, mi scusi se la disturbo di nuovo, ma con la pubblicazione del salva casa penso che per Lei ormai non vi siano dubbi sulla possibilità di poter sanare un piccolo ampliamento abusivo ( senza alcuna richiesta) di 2mq realizzato per ampliare una stanza portando in diminuzione la corrispondente superficie dal terrazzo di mia proprietà esclusiva.
    In caso ciò non fosse possibile, secondo Lei se demolissi tale manufatto potrei installare una vepa, delle stesse dimensioni, che usufruirebbe come tetto dell'attuale copertura (solaio + tegole) e
    la vetratura scorrevole riguarderebbe due lati?
    Cordiali saluti
    Grazie per la pazienza ma la sua competenza mi darà sicuramente un parere esaustivo su come comportarmi.

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    1. il salva-casa anche nella sua versione definitiva non contiene norme adatte a superare i vincoli urbanistici, ma opera "solo" ampliando le maglie di valutazione delle tolleranze costruttive. Dunque nel suo caso, se l'ampliamento è frutto dello stesso intervento che ha generato il fabbricato, si potrebbe valutare la sua incidenza come "tolleranza" con margini più larghi di quelli presenti in precedenza; viceversa, se fosse un intervento successivo, si tratterebbe sempre di un ampliamento.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.