All’indomani della
pubblicazione del decreto salva-casa (D.L. 69/2024) e della sua legge
di conversione (L. 105/2024) è emersa in modo prorompente una
problematica interpretativa che prima delle innovazioni apportate dal
decreto citato
risultava di scarso impatto, ovvero il fatto che nel TUE non è
presente una esplicita e chiara definizione di quali sono le
variazioni essenziali, se non il contenuto dell’art. 32 il quale
dispone una serie di regole essenziali, demandando poi alle singole
regioni lo sviluppo di definizioni apposite.
Il decreto
ha modificato la rubrica dell’art. 36, aggiungendo la specifica che
esso si applica in caso di “totale difformità” ed introdotto
l’art. 36-bis nella cui rubrica si indica che esso si applica in
caso di “parziali difformità o variazioni essenziali”. Analoga questione si pone con il
nuovo art. 34 ter, anch’esso aggiunto dal decreto, il quale può
trovare applicazione appunto solo nel caso di difformità parziali.
Ad oggi pertanto si ha, stando alle rubriche (titoli) degli articoli:
- art. 34 ter si applica in caso di parziale difformità;
- art. 36 si applica in caso di variazioni totali;
- art. 36-bis si applica in caso di parziali difformità e variazioni essenziali.
Appare
dunque che per poter applicare serenamente le nuove ed importanti
disposizioni occorre fare riferimento alle definizioni di difformità
parziali, variazioni essenziali e difformità totali, benché queste ultime semplicemente
sono gli abusi più gravi che non riescono a rientrare nella
definizione di difformità parziale. Si noti che per la "parziale difformità" non esista una definizione contenuta nel testo unico dell'edilizia, ma vi è solo la citazione nell'articolo 34.
Nell’attesa
che si ponga rimedio a questa mancanza, occorre ad oggi fare attento
riferimento alle singole norme regionali le quali possono dettare
anche disposizioni molto differenti tra loro: emblematico a parere di
chi scrive è la differenza di interpretazione riguardo all’aumento
di volume in quanto nel Lazio esso è limitato al 2% mentre
in Emilia Romagna tale soglia è del 20% (vedi ad esempio dossier ANCE): è una differenza quantitativamente significativa che deve far riflettere.
Oggi dunque, viste le rubriche degli articoli 34 ter, 36 bis e 36, inquadrare il corretto "livello" dell'abuso è fondamentale in quanto incide direttamente sul tipo di titolo edilizio da utilizzare per gli accertamenti di conformità. Arrivati a questo punto, la formulazione dell'articolo 32 potrebbe apparire devastante quando disciplina l'"elevazione" da variazione essenziale a difformità totale in presenza di vincolo: vediamo perché questa cosa non incide sui titoli edilizi da impiegare per gli accertamenti di conformità.
Con lo stesso decreto salva-casa
viene eliminata l’ultimo capoverso del comma 3 dell’art. 32:
nella versione originaria dell’articolo il senso della norma voleva
essere quello di far effettuare un “salto di qualità” a tutte le
difformità laddove esse venissero riscontrate appunto su immobili
oggetto di provvedimento di tutela: se si riscontrava una variazione
essenziale, questa andava considerata come se fosse difformità
totale, mentre in caso di variazioni non essenziali, queste dovevano
essere considerate invece essenziali.
Con il
decreto salva-casa viene eliminato l’ultimo capoverso del comma 3
sicché il testo normativo di questo comma ad oggi si legge nel
seguente modo:
3.
Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a
vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico,
ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi
o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale
difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli
31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili
sono considerati variazioni essenziali.
In carattere barrato si è
riportato il periodo eliminato. Dunque ad oggi non vi è più uno
scostamento di “classe” di gravità per tutte le opere, ma ciò
rimane circoscritto solo agli interventi più consistenti: le
variazioni essenziali (che sono gli interventi del comma 1)
verificate su immobili soggetti a vincolo vengono automaticamente
elevate a difformità totale, mentre invece le opere che rientrano
nelle variazioni non essenziali rimangono tali, senza più aumento di
classe di gravità. Dunque ci si potrebbe porre il legittimo dubbio se questa elevazione di definizione comporti anche una incidenza sulla scelta del titolo edilizio da applicare, ma l'ultima frase "ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44" disinnesca questo dubbio e fa comprendere come tale classificazione abbia valore solo e soltanto ai fini dell'applicazione delle sanzioni, sia amministrative sia soprattutto penali (ed attenzione perché è qui che il salto di categoria della difformità può essere più doloroso).
Ad oggi, volendo tradurre in
uno schema le varie difformità, si può fare una sintesi per punti
come appresso:
- variazioni non essenziali –
rappresentano il livello più basso di gravità. Non vi è una
definizione ufficiale ma vi si possono espressamente ricomprendere
le opere interne di diversa distribuzione e gli interventi sui
volumi tecnici (ciò ai sensi dell’art. 32 comma 2). in caso di
immobili vincolati non vi è differenza operativa rispetto a quelli
non vincolati;
- parziali difformità dal
titolo – la definizione è completamente assente nel TUE ma vi si
fa riferimento all’interno dell’articolo 34 e conseguentemente nella rubrica del 34-ter e del 36-bis. Vi sono motivi per ritenere
che la definizione di parziale difformità elenchi opere la cui gravità si trova al di sotto della
classificazione della variazione essenziale per via di come essa è
definita dalla sentenza CdS n°3676/2013*;
- variazioni essenziali –
vagamente definite dall’art. 32 comma 1 ma variabili da regione a
regione – rappresentano il livello intermedio di gravità. Se vi
si rientra, ad oggi si deve operare ai sensi dell’art. 36 bis che espressamente si riferisce a questa tipologia di opere. In caso di immobile vincolato, la variazione essenziale diventa difformità totale, ma solo ai fini dell'applicazione delle sanzioni e non per quanto riguarda il titolo edilizio da utilizzare;
- difformità totali –
rappresenta il livello massimo di gravità e l’unico strumento in
grado di gestirne l’accertamento di conformità è l’art 36 TUE.
vi rientrano gli interventi più gravi che non possono essere
ricondotti alle variazioni essenziali. Negli immobili vincolati non
cambia nulla in quanto già si è nel livello massimo di gravità.
Nella precedente versione
della norma, in caso di immobili vincolati se ci si fosse trovati
nelle variazioni non essenziali o parziali difformità si sarebbe dovuto comunque concepirle
come variazioni essenziali: tuttavia, prima ciò valeva solo ai fini
dell’applicazione delle sanzioni in quanto l’accertamento di
conformità che era strutturato prima del 36-bis, ovvero l’art. 37,
non evocava in modo specifico a quali difformità si riferiva, ciò in quanto prima la classificazione degli abusi serviva solo per applicare le sanzioni, mentre i titoli edilizi continuavano a seguire esclusivamente le logiche delle definizioni degli interventi edilizi. il decreto salva-casa ha quindi creato una commistione tra le due sicché ad oggi il titolo edilizio deve essere scelto non solo con riguardo alla definizione dell'intervento edilizio ma anche alla tipologia di gravità dell'abuso, con il rischio di applicazione differenziata a livello regionale delle disposizioni per quanto commentato sopra e con tutti i problemi che derivano dal fatto che le definizioni dei livelli di gravità non sono affatto chiare né univoche.
Rimane però un dubbio applicativo nel merito dell'art. 34 ter: secondo la sua rubrica ed anche secondo il comma 1, questo articolo si può usare solo quando sussistono "parziali difformità" dal titolo, ma per quanto visto, non esiste una definizione di questo tipo. Le "parziali difformità" non sono assimilabili alle variazioni essenziali ma ne rimangono una fattispecie leggermente più contenuta in termini di gravità delle difformità (vedi sentenza citata sopra e di cui sotto trovate la massima), ragion per cui, facendo una lettura prettamente giuridica della questione, ciò circoscrive l'ambito applicativo del 34 ter ad opere di minore impatto ma di cui in concreto ad oggi non esiste una definizione: ciò limita molto il suo potere applicativo e soprattutto non lo si può considerare una alternativa completa all'art. 36-bis il quale può operare anche per le variazioni essenziali.
A parere di chi scrive,
andrebbe completamente superata la gerarchia della gravità delle
difformità ed utilizzare per la definizione delle sanatorie le
definizioni degli interventi edilizi dell’art. 3 che già contiene
una gerarchia implicita ma che consente una più chiara attribuzione
della categoria: ad oggi difatti non vi è diretta corrispondenza tra
classificazione dell’intervento edilizio e di gravità della
difformità ma entrambe ad oggi incidono sulla determinazione del
titolo edilizio da impiegare.
Attenzione anche al fatto che,
per come è formulato il comma 3, per edificio vincolato non si
intende solo quelli tutelati ai sensi del Codice dei Beni Culturali,
ma anche quelli ricadenti in aree di vincolo idrogeologico e nelle
aree protette.
*Consiglio di Stato sez. IV
sentenza n°3676/2013: “ai
sensi degli artt. 31 e 32, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, si verificano
difformità totali del manufatto o variazioni essenziali,
sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino
un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per
conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si
configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su
elementi particolari e non essenziali della costruzione e si
concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti
sulle strutture essenziali dell’opera
”
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Architetto buongiorno. Il problema è proprio capire come interpretare questo benedetto 34 Ter. La classica finestra spostata rispetto al progetto su tutto il fabbricato, o addirittura mai realizzata, rientra nella parziale difformità dal titolo o no? Rientra nel 34 Ter si o no? Se rientrasse allora sarebbe automaticamente sanato e non soggetto a sanzione (fermo restando che nel progetto da presentare uno debba evidenziare questo fatto). Mi sto scervellando da giorni anche con i colleghi ma non se ne esce
RispondiEliminasecondo me, come scritto nel post, la maggiore incertezza è generata proprio dall'assenza di una chiara definizione delle difformità. Al di là di ciò, farei questi passaggi: primo, valutare se le difformità possono rientrare nelle tolleranze; se no, passare alla verifica del se possono afferire alle opere eseguite in parziale difformità e quindi presentare un 34 ter; se invece no o non si è sicuri, 36-bis.
EliminaUna volta verificato però cosa andiamo a presentare? Il SUET non è aggiornato e siamo nuovamente al punto di partenza. I clienti pressano e noi "poveri" tecnici non sappiamo più che cosa dire loro
EliminaBuongiorno Arch., volevo chiederle i seminterrati/interrati accessori delle residenze ai piani superiori , come sono regolamentati a Roma? Possono uscire dalla sagoma del fabbricato sovrastante riducendo così il distacco dai confini? come dimensione possono essere al massimo il 10% della SUL? Secondo lei il salva casa permette di regolarizzare questi casi in cui i seminterrati/interrati hanno superfici maggiori fuori sagoma rispetto a quanto assentito nel titolo edilizio? Grazie
RispondiEliminai limiti dei locali accessori sono specificati nell'art. 4 delle NTA, comunque si, il limite è il 10% della SUL. non c'è una regola specifica per i piani interrati che superano la sagoma dell'impronta a terra, dunque valgono le norme generali relative alle distanze dei volumi interrati.
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