martedì 25 febbraio 2025

Cambio d'uso senza opere ante 1985

Il cambio d'uso di immobili prima del 1985 senza opere

 Con la sentenza n°3423/2025 la sezione II bis del TAR Lazio svolge una analisi interessante del tema dei cambi di destinazione d'uso avvenuti prima del 1985 e della documentazione che, in caso, deve essere esibita dall'utilizzatore dell'immobile per dimostrare la legittimità.

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La sentenza viene resa nell'ambito di un contenzioso tra Roma Capitale, che emette un ordine di demolizione e ripristino, ed il conduttore di dei locali i quali sarebbero asseritamente ad uso commerciale, anche se nella documentazione catastale e urbanistica pregressa risulterebbero delle cantine accatastate fin dall'origine in C/2, salvo un cambio d'uso apparentemente solo catastale negli anni novanta.

cambi d'uso antecedenti alla L. 47/85

La disamina del TAR è abbastanza lineare: anzitutto, dato che il conduttore dei locali ritiene l'uso commerciale "per somministrazione" legittimato da una licenza per "bevande ai soci" risalente agli anni '70, viene deciso che tale specifica fattispecie, essendo riservata ai soci di una associazione (privata), non può essere equiparato alla somministrazione al pubblico: pertanto, trattandosi di fattispecie differenti, non è possibile usare tale licenza per dimostrare la legittimità dell'uso a commerciale aperto al pubblico.

In secondo luogo viene esaminato il concetto di mutamento di destinazione d'uso in data antecedente al 1985 anno di entrata in vigore della L. 47 (la stessa del condono edilizio) la quale per prima, anche se in modo indiretto, va a disciplinare l'obbligo di dotarsi di una licenza edilizia per poter autorizzare il cambio di destinazione d'uso. Con riferimento a questa legge, il Collegio indica che prima di tale epoca il cambio d'uso poteva effettivamente ritenersi attività libera dalla licenza, purché, però, si trattasse di cambio d'uso senza opere. In tale ottica, dunque, si può dedurre che un locale che abbia ottenuto una licenza commerciale per una specifica destinazione d'uso in epoca antecedente al 1985, mediante trasformazioni prive di opere edilizie, può ritenersi legittima anche in assenza di titolo. Farei comunque attenzione all'art. 1 del vigente Regolamento Edilizio di Roma Capitale il quale fin dal 1934 disciplina l'obbligo di licenza anche per opere di "ria(da)ttamento" degli immobili esistenti, con ciò facendo sospettare che a Roma il regolamento già disciplinasse l'obbligo di licenza per i cambi d'uso, ma questa è una mia vecchia ipotesi e comunque non è un elemento che viene sottoposto all'attenzione del Giudice Amministrativo.

il catasto può avere solo natura indiziaria

Tornando al tema trattato nella sentenza, leggendo il dispositivo sembra emergere che non si sia riusciti a dimostrare nessun mutamento d'uso autorizzato nel passato, anche se il fabbricato, posto all'interno del centro storico di origine medievale, è stato oggetto di diverse licenze edilizie rilasciate anche prima del 1900: tuttavia, nessuna di queste sembra abbia aver mai espressamente approvato mutamenti d'uso. Nel caso in esame, da quel che si può capire leggendo solo il dispositivo, esiste una planimetria catastale di primo impianto al 1939 che individua l'immobile come cantina (categoria C/2) dalla quale l'unità immobiliare non si è discostata se non nel 1991 quando appare un mutamento d'uso registrato in catasto verso destinazione commerciale (C/1) ma non supportato da idoneo titolo edilizio: dato che le risultanze catastali in ambito edilizio possono avere solo natura indiziaria (salvo i casi in cui è espressamente elevabile a titolo edilizio secondo la definizione dell'art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01), il solo accatastamento non vale nulla ai fini della dimostrazione dello stato legittimo edilizio.

Infine, viene utilizzato dal conduttore come documento utile a cercare di testimoniare l'uso commerciale un nulla-osta igienico-sanitario in cui è rappresentato questo uso: il TAR, giustamente, stabilisce che questo tipo di attestazioni non hanno valore in ambito edilizio.

in sintesi

Dunque riassumendo, questa interessante sentenza, pur non dicendo nulla di radicalmente nuovo o che già non conoscessimo, in sintesi puntualizza che:

  • i locali che hanno subìto mutamenti d'uso senza opere prima del 1985 potrebbero (il condizionale è d'obbligo) usare come documento di legittimità per la destinazione d'uso eventuali licenze commerciali o altri documenti idonei a testimoniare la risalenza dell'uso a tale data, facendo però attenzione all'art. 1 del regolamento edilizio nel caso della città di Roma (non trattato dalla sentenza);
  • in ogni caso, bisogna risalire alla originaria licenza edilizia per la legittimità dell'immobile, il quale può essere stato successivamente oggetto di mutamento d'uso e nel caso individuare il titolo o il documento che testimonia tale passaggio;
  • il cambio d'uso per essere libero da licenza ante 1985 deve essere stato del tipo "senza opere" (soltanto di recente abbiamo la definizione di mutamento senza opere, inserita nell'art. 23-ter dal decreto salva-casa);
  • eventuali licenze rilasciate per somministrazione di bevande ai soci, intendendosi riferite ad attività non aperte al pubblico, non sono equiparabili a licenze commerciali per somministrazione al pubblico;
  • i documenti catastali non sono probanti a fini urbanistici, ma possono fornire degli indizi temporali sull'esecuzione delle opere. in ogni caso, una sola variazione catastale non supportata da idoneo titolo edilizio non è in grado di giustificare l'intervento e di fornirgli idonea base di legittimità;
  • le autorizzazioni rilasciate da enti che si occupano di ambiti tecnici non inerenti l'urbanistica, come ad esempio i pareri igienico-sanitari, le autorizzazioni di prevenzione incendi, non possono essere usate per legittimare l'uso (a meno che non risalgano a prima del 1985 e non dimostrino l'esecuzione di cambi d'uso senza opere, ndr).

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