sabato 20 dicembre 2025

Roma e la rigenerazione urbana del Lazio

delibera Roma n°316/2025 attuazione rigenerazione Lazio

Era attesa ed alla fine è stata pubblicata, la delibera (dell'Assemblea Capitolina n°316 del 15 dicembre 2025) con la quale Roma Capitale ha stabilito di dare attuazione (in senso restrittivo) alle disposizioni della rigenerazione urbana della Regione Lazio, ovvero la L.R. 7/2017 così come - profondamente - innovata dalla L.R. 12/2025. commentiamola insieme in questo post.

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su prompt dell'autore

La delibera è la risposta del comune di Roma alla chiamata della Regione, che, con la legge n°12 di luglio 2025 nel modificare gli articoli della rigenerazione urbana ha inserito delle tempistiche che i comuni avrebbero dovuto perentoriamente rispettare per eventualmente circoscrivere, vietare o dare invece attuazione alle disposizioni speciali.

il contesto normativo

La legge regionale sulla rigenerazione urbana consente, con procedure anche in parte derogatorie della strumentazione urbanistica, l'esecuzione di interventi su edifici esistenti. La finalità della legge è proprio quella di dare strumenti per migliorare la qualità urbana ed edilizia, e per fare ciò consente premialità di superficie e/o cubatura anche in deroga alla strumentazione urbanistica (cioè le norme comunali che stabiliscono se e quanto si può costruire, e dove); per contro, essa può essere attuata solo per specifiche e ben delineate finalità ed in presenza di specifici presupposti, in assenza dei quali la norma non è applicabile. è dunque una norma che consente trasformazioni in deroga solo se sussiste la reale esigenza di dover migliorare la qualità urbana.

La città di Roma ha senz'altro bisogno di essere rigenerata e, sebbene il piano regolatore vigente possieda delle interessanti potenzialità, nei fatti sono partiti solo pochi e circostanziati progetti di riqualificazione. Sebbene vi sia questa necessità obiettiva, il comune ha deciso di limitare fortemente la possibilità di attuare la rigenerazione regionale, probabilmente perché l'intenzione è quella di mantenere le redini della rigenerazione, indirizzandola come programmazione urbanistica comunale e limitando per contro gli interventi privati.

Dunque per entrare nel merito, la delibera sulla rigenerazione urbana di Roma Capitale prende di petto tre articoli della L.R. 7/2017 ed in particolare il 4 (mutamento di destinazione d'uso), 5 (interventi di efficientamento sismico ed energetico con premialità) e 6 (interventi diretti di ristrutturazione edilizia anche con demoricostruzione, con premialità).

La delibera 319 si limita dunque ad intervenire su quegli articoli che prevedevano una scadenza specifica, trascorsa la quale i comuni avrebbero perso la possibilità di interpretare la norma. Dunque altri articoli della legge, che diventano attivi solo dopo delibere comunali ma senza che vi siano date perentorie per l'emanazione delle stesse, rimangono attualmente inibiti (ad esempio gli articoli 3 e 3-bis).

art. 4 - mutamenti d'uso in deroga

La delibera riguardo all'art. 4 della L.R 7/17 prevede di: 

escludere l'applicazione dell'art. 4 L.R. 7/2017

Su questo articolo Roma Capitale è semplicemente laconico: esso non può essere attuato nel territorio della capitale italiana. la legge regionale in effetti concede questa facoltà ai comuni.
L'articolo 4 avrebbe consentito al comune di poter disciplinare degli interventi di mutamento d'uso specifici, limitati a determinati ambiti, consentendo di superare alcuni incomprensibili "blocchi" del vigente piano regolatore, dove le destinazioni rimangono congelate in attesa di progetti urbani che stentano a prendere vita (pensiamo ad esempio agli ambiti di valorizzazione della città storica o alle centralità urbane: si tratta di zone per le quali il comune prevede dei progetti urbanistici ma, nelle more della loro adozione, hanno le destinazioni bloccate, condannando così al degrado ed all'abbandono immobili che si trovano in destinazioni ormai non più compatibili con l'economia di una città che negli ultimi venti anni è radicalmente cambiata).
Se il comune non avesse deliberato nulla entro il 31 dicembre 2025, sarebbe comunque entrato in vigore  il comma 3, che avrebbe consentito di attuare l'intervento su edifici fino a 2.000 mq per operare cambi d'uso tra le categorie omogenee dell'art. 3 comma 6, ma di tutto ciò a Roma non si vedrà nulla.

art. 5 miglioramento energetico

Riguardo all'articolo 5 della L.R. 7/2017 la delibera di Roma Capitale prevede di 

limitare, nelle porzioni di territorio urbanizzato, l’applicazione dell’art. 5 della 
Legge Regione Lazio come di seguito specificato:
a) nella Zona omogenea ‘‘A”, così come definita all’art. 107 delle NTA, non sono
consentiti ampliamenti della volumetria o della superficie lorda esistente degli 
edifici;
b) nei beni inseriti nell’elaborato “Carta per la Qualità” del PRG vigente
l’assentibilità dell’intervento è subordinata al parere della “CPV” Commissione 
Permanente per la valutazione degli interventi riferiti a immobili individuati in 
Carta per la Qualità di cui al punto 7)

l'art. 5 della L.R. 7/2017 è molto interessante, poiché consente di realizzare degli ampliamenti di fabbricati indipendentemente dalla demoricostruzione, purché connesso ad opere di adeguamento sismico e parallelamente energetico.
è una norma di buon senso che consente di avere una superficie in più per monetizzare direttamente l'intervento: i condomini possono valutare di creare questa superficie in più e venderla per ricavare i fondi necessari per le opere. Certo, non parliamo di grandi premialità se pensiamo che il limite massimo è di 70 mq che apparirà esiguo nel caso dei condomini più grandi; tuttavia, per edifici di dimensioni piccole o medie può davvero essere una carta valida per migliorare la sicurezza e l'efficienza del nostro patrimoinio immobiliare che certo non brilla né per l'uno né per l'altro aspetto. 

Certo, l'intervento di ampliamento ai sensi dell'art. 5 non è espressamente derogatoio delle distanze e delle altezze del DM 1444/68 e ciò a prescindere ne limita molto la concreta realizzabilità negli ambiti urbanizzati; tuttavia, è ammesso il recupero di volumi o superfici accessorie. Attenzione sempre alle densità edilizie massime di cui allo stesso DM. Le opere di efficientamento sismico ed energetico possono essere molto costose ed invasive: per valutare la convenienza dell'intervento è indispensabile affidarsi a tecnici professionisti che sanno quel che fanno (sai quanto ti costa un professionista ma non sai quanto ti costerà un incompetente).

Roma capitale non vieta questo tipo di interventi, ma ne circoscrive l'applicabilità:
  • nella zona territoriale omogenea di tipo A (che a Roma coincide con la città storica, ad esclusione degli ambiti di valorizzazione che sono zona B) l'intervento è ammesso senza premialità, cioè senza ampliamenti né di SUL né di Vft. in pratica, non serve a nulla. L'unica possibile attuazione potrebbe derivare dal recupero di locali accessori, i quali però devono già sviluppare SUL all'origine per non incorrere nel divieto.
  • Se ci si trova negli edifici individuati in carta per la qualità, è necessario acquisire il parere della commissione permanente di valutazione (CPV) che sarà presto istituita e che sarà qualcosa di simile a quella che fu istituita per il piano casa.
l'art. 5 è dunque operativo liberamente nelle altre porzioni di territorio al di fuori della città storica (zona A) e negli edifici interessati da Carta per la Qualità. Riguardo alla Carta per la Qualità, va detto che molti dei beni e dei tessuti ivi individuati ricadono pure in città storica, dunque in tali casi vige il doppio vincolo; esternamente alla città storica tuttavia sono presenti immobili individuati dunque a prescindere da dove si colloca il vostro intervento è sempre indispensabile saper effettuare una corretta visura di piano regolatore.


art. 6 interventi diretti

riguardo all'art. 6 della L.R. 7/17 la delibera stabilisce di
consentire, nelle porzioni di territorio urbanizzato, l’applicazione dell’art. 6 della Legge 7/2017 tesa a qualificare la città esistente con le esclusioni ed i limiti di seguito indicati:
a) la ristrutturazione edilizia in assenza di demolizione e ricostruzione è consentita con premialità massima pari al 10% della SUL, e senza aumento del VFT, come definito all’art. 4, comma 4, delle NTA del PRG;
b) fermo restando quanto disposto al successivo punto b.1) la demolizione e 
ricostruzione del singolo edificio è consentita con premialità massima pari al
20% della SUL o della volumetria esistente, e comunque tale da non determinare 
un aumento del VFT, come definito all’art. 4, comma 4, delle NTA del PRG,  superiore al 20% di quello demo-ricostruito, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali sono consentite premialità volumetriche fino a un massimo del 10% della superficie coperta, ad eccezione degli incrementi volumetrici necessari all’aumento della sola altezza oltre i 5 metri di altezza di ogni interpiano, ove su tale volumetria non sia prevista la presenza costante di 
addetti, nel rispetto dell’altezza max prevista dal Piano;
b.1) la demolizione e ricostruzione del singolo edificio, ricadente in Zona omogenea “A” così come definita all’art. 107 delle NTA, è consentita esclusivamente in assenza di premialità della SUL o della volumetria esistente, e quindi tale da non determinare un aumento del VFT;
c) gli interventi di cui alle lettere a), b) e b.1), ove riguardanti beni inseriti  nell’elaborato “Carta per la Qualità” del PRG vigente sono subordinati al parere della “CPV” Commissione Permanente per la valutazione degli interventi riferiti a immobili individuati in Carta per la Qualità di cui al punto 7);
d) è esclusa l’applicazione dell’art. 6, comma 1 quinquies, della Legge Regione 
Lazio;
e) è limitata l’applicazione dell’art. 6, comma 2, della Legge Regione Lazio come di seguito specificato: nei Servizi pubblici gli interventi di cui alle lettere a), b) e b.1) sono assentibili solo per destinazioni assimilabili a quelle previste dagli 
articoli 84 e 85 delle NTA vigenti; nei Tessuti a prevalente destinazione per attività della Città da Ristrutturare gli interventi di cui alle lettere a), b) e b.1)
sono assentibili solo per le destinazioni funzionali indicate per la relativa componente residenziale e l’esclusione di funzioni a Cu/a, con il limite del 10% per la destinazione residenziale;

l'articolo 6 è quello che nella precedente versione della rigenerazione urbana era l'unico applicabile, perché non prevedeva che i comuni dovessero emanare delle delibere che lo rendessero operativo. Nella nuova versione, mantiene la sua applicabilità diretta ma con notevole incremento delle premialità: si passa dal 20 al 40% in caso di contestuale demolizione e ricostruzione, e si amette - novità assoluta rispetto a prima - la possibilità di eseguire ampliamenti a fronte di "sole" opere di ristrutturazione edilizia, cioè senza che vi sia una demolizione. In questo caso di ampliamento con ristrutturazione, il limite volumetrico è del 20%. Date queste importanti premialità, la Regione ha ritenuto di consentirne l'attuazione solo dopo che i comuni abbiano prodotto delle delibere attuative e, nelle more, che si possa procedere con una premialità che, nei fatti, è uguale a quella della norma precedente (articolo 6 comma 1-sexies) ma senza contestuale mutamento d'uso.

Roma Capitale tuttavia con la delibera in commento ne limita fortemente l'applicabilità in quanto:
  • gli ampliamenti consentiti senza demolizione hanno premialità del 10% invece che del 20% ma, soprattutto, l'intervento non può aumentare il Vft, volume fuori terra che, ai sensi delle vigenti NTA, si ottiene con il prodotto della SUL per l'altezza. Sostanzialmente, salvo casi di particolari form geometriche dell'edificio, significa che l'ampliamento può essere eseguito all'interno dello stesso volume edificato, senza cioè aumentarne la sagoma. Ad esempio, in un immobile che ha delle altezze interne importanti, sarà possibile realizzare un solaio intermedio che aumenta la superficie, ma non saranno ammesse sopraelevazioni o aggiunte laterali. Interventi di questo tipo comunque non sono vietati nel piano regolatore vigente, se non in determinati tessuti nei quali oggi si potrebbe valutare l'applicabilità di questa norma. In sostanza, Roma in questo modo depotenzia significativamente l'impatto innovativo della norma riportandola nei fatti quasi completamente entro i perimetri del piano regolatore;
  • gli interventi di demoricostruzione possono beneficiare di una premialità del 20% invece che del 40% (cioè, come era prima) e tale limite deve valere sia riguardo alla SUL che riguardo al VFT. Anche in questo caso il limite della VfT appare estremamente vincolante ma trattandosi di demolizione e ricostruzione, qui il margine di trasformazione è più dinamico.
  • Se attuato in zona omogenea di tipo A (vedi commento all'art. 5) è ammesso senza premialità. in questo caso, a differenza dell'art. 5 che perde completamente di interesse, l'art. 6 rimane interessante perché si può accedere al sistema derogatorio dei mutamenti d'uso ammessi dall'art. 6, dunque in parte consentendo di recuperare l'annullamento dell'art. 4 (questo aspetto sarà commentato meglio più appresso);
  • viene inibita la possibilità di applicare il comma 1-quinquies che consente il recupero dei volumi e locali accessori. Se detti locali sono interrati o seminterrati, rimane da valutare l'art. 25 della L.R. 12/2025 che non prevede delibere né attuative né limitative.
  • vengono dettate prescrizioni specifiche per i mutamenti d'uso nel caso si applichi l'art. 6 nei tessuti della città da ristrutturare a prevalente destinazione produttiva (che sono ambiti che il comune dovrebbe ripensare, in quanto altre zone "bloccate") e nei servizi pubblici.
L'impressione generale è che Roma abbia paura di ogni strumento trasformativo che cerchi di andare oltre il piano regolatore, nel chiaro intento di evitare che la città possa essere modificata senza che vi sia una regia pubblica, il che ha la sua logica; per converso, però, questa regia pubblica negli ultimi vent'anni è stata quasi del tutto assente, soprattutto verso gli interventi che dovrebbero puntare ad attirare investimenti privati. Nel frattempo, ci sono immobili, fabbricati ed interi isolati che rimangono ostaggio di norme di piano regolatore castranti nell'attesa di piani di recupero che nessuno ha mai nemmeno iniziato a pensare di dover fare dal 2008.

l'art. 6 "salva" l'annullamento dell'art. 4?

la delibera in commento, tornando a consentire l'attuazione dell'art. 6 comma 1, sblocca anche l'applicabilità del comma 2, che disciplina la possibilità di eseguire mutamenti di destinazione d'uso contestualmente all'intervento anche solo di ristrutturazione edilizia. Senza questa delibera, sarebbe rimasto operativo il solo comma 1-sexies ovvero il comma "di salvaguardia" operativo in caso in cui i comuni non avessero deliberato.

Il comma 2 contiene delle disposizioni sostanzialmente simili a quelle della precedente versione dell'art. 6, dunque nulla di radicalmente innovativo e cioè la possibilità di una leggera deroga agli strumenti urbanistici consentendo di andare verso destinazioni diverse da quelle originarie e legittime, purché l'uso futuro sia comunque previsto dal piano regolatore nell'area. Lo strumento derogatorio dunque non sta nel fatto che si può cambiare l'uso liberamente (come avrebbe consentito l'art. 4) ma nel fatto che le destinazioni possono essere scelte indipendentemente dalle eventuali modalità attuative previste nel prg ed in deroga alle percentuali di distribuzione delle destinazioni nell'intervento: per questo motivo nella delibera viene puntualizzato che nei tessuti della città da ristrutturare a prevalente destinazione produttiva, il residenziale rimane vincolato alla percentuale del 10%, altrimenti l'art. 6 avrebbe consentito di derogare ai limiti imposti e consentire di stravolgere dei tessuti a vocazione produttiva (anche qui, tuttavia, vi sono zone in cui gli usi produttivi sono ormai scomparsi ma è rimasto il vincolo urbanistico, creando non pochi problemi di rigenerazione).

il ritorno della CPV - Commissione permanente di valutazione

Chi ha qualche anno di professione alle spalle si ricorderà della Commissione Permanente di Valutazione, istituita dal comune per esaminare i progetti relativi al "vecchio" piano casa regionale (quello del 2009 modificato radicalmente nel 2011) quando ricadevano in carta per la qualità. Con questa delibera, Roma Capitale la istituisce nuovamente per la medesima finalità: occuparsi del rilascio dell'autorizzazione per intervenire su fabbricati che sono individuati nell'elaborato Carta per la Qualità.
La delibera prevede un semplice rimando agli uffici per la composizione della Commissione, dunque al momento non è operativa e non ne conosciamo i contorni applicativi (a rigore di logica, dovrebbe contemplare l'eventuale silenzio-assenso).

Il comune tuttavia non risolve un tema che noi professionisti avremmo voluto venisse introdotto da qualche parte, cioè una verifica o valutazione da parte degli uffici del rispetto dei presupposti per l'attuazione della norma: senza una verifica dell'ufficio, la dichiarazione circa il rispetto delle finalità della legge e quindi del presupposto fondante è sempre in capo al tecnico asseverante. Si ritiene che, anche per tale motivo, questi interventi sia preferibile attuarli mediante permesso di costruire, anche se non è necessariamente in quella sede che l'ufficio deve valutare i presupposti suddetti.

il vincolo della monetizzazione

Roma Capitale nel punto 4 della delibera stabilisce di

dare mandato agli uffici di procedere alla verifica della richiesta di monetizzazione degli standard non reperiti in analogia con le procedure previste per gli interventi realizzabili secondo le prescrizioni delle NTA del PRG vigente, ai sensi della Deliberazione 73/2010 e s.m.i.,;

Una delle regole di più complessa applicazione nel piano regolatore vigente è quella della monetizzazione degli standard urbanistici, operazione necessaria ogni volta in cui si effettuano mutamenti di destinazione d'uso, trasformazioni di superfici ed ampliamenti. Difatti, quando tali interventi si attuano in contesti ormai già saturi dal punto di vista edilizio ed urbanistico, non ci sono materialmente gli spazi per poter soddisfare la dotazione differenziale di standard e pertanto è necessario operare attraverso l'istituto della monetizzazione, ovvero la conversione in denaro delle superfici che non è possibile reperire e donare al comune (valevole anche quando le aree sarebbero pure disponibili, ma non utili per il Comune, magari perché di superficie esigua).

Il meccanismo di calcolo previsto da Roma, nel precedente piano casa era disapplicato in quanto si utilizzavano le regole generali dettate dalle specifiche leggi, anche in virtù della deroga esplicita alla strumentazione urbanistica. Con questa delibera, al punto 4, Roma Capitale non solo intende obbligare al rispetto dell'istituto della monetizzazione (e qui, nulla di male, anzi bene) ma vincola anche ad operare secondo le specifiche direttive già in essere nel comune, facendo esplicito riferimento alla d.a.c. 73/2010 dove vengono imposti dei limiti precisi oltre i quali l'intervento diventa non fattibile se non si possono reperire materialmente gli standard (tali limiti a seconda dello standard da reperire sono di 500 o di 1.000 mq).

Tale decisione appare essere un secondo, implicito e forte blocco all'applicazione della norma regionale.

nota di lettura 

Il presente post, come tutti in questo blog, contiene delle valutazioni e delle riflessioni frutto dello studio e della applicazione dell'autore, che vi garantisce di aver impiegato nello scrivere la massima diligenza. Tuttavia, non ci si assume alcuna responsabilità sulla veridicità, applicabilità ed affidabilità di quanto qui riportato, dunque ogni valutazione che si dovesse fare in funzione di quanto qui scritto sarà ad esclusiva responsabilità di chi intendesse avvalersene. In ogni caso è gradita l'indicazione di contenuti ritenuti errati o, in generale, commenti e critiche.

Il presente post non ha nessuna parte generata con AI eccetto l'immagine rappresentativa.




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