domenica 1 settembre 2024

salva casa e le variazioni essenziali

 All’indomani della pubblicazione del decreto salva-casa (D.L. 69/2024) e della sua legge di conversione (L. 105/2024) è emersa in modo prorompente una problematica interpretativa che prima delle innovazioni apportate dal decreto citato risultava di scarso impatto, ovvero il fatto che nel TUE non è presente una esplicita e chiara definizione di quali sono le variazioni essenziali, se non il contenuto dell’art. 32 il quale dispone una serie di regole essenziali, demandando poi alle singole regioni lo sviluppo di definizioni apposite.




Il decreto ha modificato la rubrica dell’art. 36, aggiungendo la specifica che esso si applica in caso di “totale difformità” ed introdotto l’art. 36-bis nella cui rubrica si indica che esso si applica in caso di “parziali difformità o variazioni essenziali”. Analoga questione si pone con il nuovo art. 34 ter, anch’esso aggiunto dal decreto, il quale può trovare applicazione appunto solo nel caso di difformità parziali.


Ad oggi pertanto si ha, stando alle rubriche (titoli) degli articoli:

  • art. 34 ter si applica in caso di parziale difformità;
  • art. 36 si applica in caso di variazioni totali;
  • art. 36-bis si applica in caso di parziali difformità e variazioni essenziali.

Appare dunque che per poter applicare serenamente le nuove ed importanti disposizioni occorre fare riferimento alle definizioni di difformità parziali, variazioni essenziali e difformità totali, benché queste ultime semplicemente sono gli abusi più gravi che non riescono a rientrare nella definizione di difformità parziale. Si noti che per la "parziale difformità" non esista una definizione contenuta nel testo unico dell'edilizia, ma vi è solo la citazione nell'articolo 34.

Nell’attesa che si ponga rimedio a questa mancanza, occorre ad oggi fare attento riferimento alle singole norme regionali le quali possono dettare anche disposizioni molto differenti tra loro: emblematico a parere di chi scrive è la differenza di interpretazione riguardo all’aumento di volume in quanto nel Lazio esso è limitato al 2% mentre in Emilia Romagna tale soglia è del 20% (vedi ad esempio dossier ANCE): è una differenza quantitativamente significativa che deve far riflettere.


Oggi dunque, viste le rubriche degli articoli 34 ter, 36 bis e 36, inquadrare il corretto "livello" dell'abuso è fondamentale in quanto incide direttamente sul tipo di titolo edilizio da utilizzare per gli accertamenti di conformità. Arrivati a questo punto, la formulazione dell'articolo 32 potrebbe apparire devastante quando disciplina l'"elevazione" da variazione essenziale a difformità totale in presenza di vincolo: vediamo perché questa cosa non incide sui titoli edilizi da impiegare per gli accertamenti di conformità.
Con lo stesso decreto salva-casa viene eliminata l’ultimo capoverso del comma 3 dell’art. 32: nella versione originaria dell’articolo il senso della norma voleva essere quello di far effettuare un “salto di qualità” a tutte le difformità laddove esse venissero riscontrate appunto su immobili oggetto di provvedimento di tutela: se si riscontrava una variazione essenziale, questa andava considerata come se fosse difformità totale, mentre in caso di variazioni non essenziali, queste dovevano essere considerate invece essenziali.


Con il decreto salva-casa viene eliminato l’ultimo capoverso del comma 3 sicché il testo normativo di questo comma ad oggi si legge nel seguente modo:


3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.


In carattere barrato si è riportato il periodo eliminato. Dunque ad oggi non vi è più uno scostamento di “classe” di gravità per tutte le opere, ma ciò rimane circoscritto solo agli interventi più consistenti: le variazioni essenziali (che sono gli interventi del comma 1) verificate su immobili soggetti a vincolo vengono automaticamente elevate a difformità totale, mentre invece le opere che rientrano nelle variazioni non essenziali rimangono tali, senza più aumento di classe di gravità. Dunque ci si potrebbe porre il legittimo dubbio se questa elevazione di definizione comporti anche una incidenza sulla scelta del titolo edilizio da applicare, ma l'ultima frase "ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44" disinnesca questo dubbio e fa comprendere come tale classificazione abbia valore solo e soltanto ai fini dell'applicazione delle sanzioni, sia amministrative sia soprattutto penali (ed attenzione perché è qui che il salto di categoria della difformità può essere più doloroso).
Ad oggi, volendo tradurre in uno schema le varie difformità, si può fare una prima ipotesi di strutturazione delle variazioni (ma si veda anche la prospettazione successiva in questo stesso post):

  • variazioni non essenziali – rappresentano il livello più basso di gravità. Non vi è una definizione ufficiale ma vi si possono espressamente ricomprendere le opere interne di diversa distribuzione e gli interventi sui volumi tecnici (ciò ai sensi dell’art. 32 comma 2). in caso di immobili vincolati non vi è differenza operativa rispetto a quelli non vincolati. Permane però un dubbio sostanziale, ovvero che le variazioni non essenziali in realtà non siano altro che le difformità parziali: se confermata tale ipotesi, tutto ciò che è posto tra le tolleranze costruttive e le variazioni essenziali è da considerare variazione non essenziale = parziale difformità;
  • parziali difformità dal titolo – la definizione è completamente assente nel TUE ma vi si fa riferimento all’interno dell’articolo 34 e conseguentemente nella rubrica del 34-ter e del 36-bis. Vi sono motivi per ritenere che la definizione di parziale difformità elenchi opere la cui gravità si trova al di sotto della classificazione della variazione essenziale per via di come essa è definita dalla sentenza CdS n°3676/2013* e, come "limite" inferiore, le opere gestibili con la CILA tardiva art. 6-bis. se confermata l'ipotesi dell'ultimo periodo del punto precedente, le parziali difformità coincidendo con le variazioni non essenziali rappresenterebbero tutto ciò che non è né tolleranza costruttiva né variazione essenziale;
  • variazioni essenziali – vagamente definite dall’art. 32 comma 1 ma variabili da regione a regione – rappresentano il livello superiore di gravità o livello intermedio. Se vi si rientra, ad oggi si deve operare ai sensi dell’art. 36 bis che espressamente si riferisce a questa tipologia di opere. In caso di immobile vincolato, la variazione essenziale diventa difformità totale, ma solo ai fini dell'applicazione delle sanzioni e non per quanto riguarda il titolo edilizio da utilizzare;
  • difformità totali – l'art. 33 del TUE indica le procedure da seguire in caso di difformità totali, ma nei fatti anche qui non ne viene fornita una definizione: anche per tale motivo, vi è un filone interpretativo secondo cui le difformità totali altro non siano che un diverso nome delle variazioni essenziali: a tale conclusione si giunge anche leggendo la sentenza del 2013 sopra citata ma anche analizzando i contenuti della sentenza della Corte Costituzionale n°119/2024** che la riprende citandola. tuttavia, ciò appare in contrasto con il fatto che l'art. 31 TUE sembra stabilire una applicazione alle opere eseguite in difformità totale che appare essere una categorizzazione differente rispetto alle variazioni essenziali dell'art. 32. Ciò non è in contrasto con le sentenze citate le quali più specificamente stanno differenziando gli ambiti sanzionatori. la difformità totale, tuttavia, rimane un qualcosa di non ben definito se non qualcosa che è talmente diverso da quanto progettato da non mantenere quasi nessuno degli elementi originari.
una variazione essenziale può essere costituita da un ampliamento
della sagoma del fabbricato al di fuori delle forme del progetto originario


Nella precedente versione della norma, in caso di immobili vincolati se ci si fosse trovati nelle variazioni non essenziali o parziali difformità si sarebbe dovuto comunque concepirle come variazioni essenziali: tuttavia, prima ciò valeva solo ai fini dell’applicazione delle sanzioni in quanto l’accertamento di conformità che era strutturato prima del 36-bis, ovvero l’art. 37, non evocava in modo specifico a quali difformità si riferiva, ciò in quanto prima la classificazione degli abusi serviva solo per applicare le sanzioni, mentre i titoli edilizi continuavano a seguire esclusivamente le logiche delle definizioni degli interventi edilizi. il decreto salva-casa ha quindi creato una commistione tra le due sicché ad oggi il titolo edilizio deve essere scelto non solo con riguardo alla definizione dell'intervento edilizio ma anche alla tipologia di gravità dell'abuso, con il rischio di applicazione differenziata a livello regionale delle disposizioni per quanto commentato sopra e con tutti i problemi che derivano dal fatto che le definizioni dei livelli di gravità non sono affatto chiare né univoche.

Occorre peraltro far emergere una questione interpretativa che, ad oggi, appare assolutamente non secondaria: mentre nella legge appare chiaro indicarsi che vi è differenza tra le difformità totali e le variazioni essenziali, in quanto le prime sono espressamente citate nella rubrica dell'art. 36 mentre le seconde sono appannaggio dell'art. 36-bis, secondo la giurisprudenza non esisterebbe tale differenza o, meglio, le due cose in verità sarebbero la stessa. Questo lo schema che appare potersi delineare con la sentenza CdS n°8072/2024*** nella quale viene sintetizzata l'evoluzione normativa delle difformità delineando in modo relativamente chiaro che esisterebbero in sostanza di queste solo due fattispecie: le parziali difformità e le variazioni essenziali (dette anche difformità totali).

Alla luce di questi approfondimenti, lo schema per punti di cui sopra si riduce e si rimodula nel seguente modo:

  • tolleranze costruttive (art. 34 bis DPR 380/01) - tutto ciò che vi può ricadere non è una difformità e non deve essere sanato;
  • parziali difformità ovvero variazioni non essenziali - tutte quelle difformità che non sono né tolleranze costruttive, né variazioni essenziali o totali;
  • variazioni essenziali ovvero variazioni totali - le difformità riconducibili all'art. 32 DPR 380/01 e che comportano la realizzazione di un edificio sostanzialmente diverso da quello oggetto di progetto.
Il che appare forse maggiormente logico ma che determina a questo punto un vuoto normativo, in quanto l'art. 36-bis è applicabile alle variazioni essenziali mentre il 36 a quelle totali, ma se variazioni essenziali e totali sono la stessa cosa, abbiamo un problema serio. Per quanto riguarda invece le parziali difformità si applica l'art. 36 bis senza ombra di dubbio ma se è vero quindi che non ci sono spazi tra le tolleranze costruttive e le parziali difformità, starebbe a significare che la CILA tardiva ha ormai un ruolo molto più marginale di quello che aveva prima del salva-casa.

schema che rappresenta le corrispondenze tra difformità e procedure di accertamento di conformità, così come strutturate dopo il decreto salva-casa


Rimane quindi un dubbio applicativo nel merito dell'art. 34 ter: secondo la sua rubrica ed anche secondo il comma 1, questo articolo si può usare solo quando sussistono "parziali difformità" dal titolo, ma per quanto visto, non esiste una definizione di questo tipo. Le "parziali difformità" non sono assimilabili alle variazioni essenziali ma ne rimangono una fattispecie leggermente più contenuta in termini di gravità delle difformità (vedi sentenza citata sopra e di cui sotto trovate la massima), ragion per cui, facendo una lettura prettamente giuridica della questione, ciò circoscrive l'ambito applicativo del 34 ter ad opere di minore impatto ma di cui in concreto ad oggi non esiste una definizione: ciò limita molto il suo potere applicativo e soprattutto non lo si può considerare una alternativa completa all'art. 36-bis il quale può operare anche per le variazioni essenziali.

A parere di chi scrive, andrebbe completamente superata la gerarchia della gravità delle difformità ed utilizzare per la definizione delle sanatorie le definizioni degli interventi edilizi dell’art. 3 che già contiene una gerarchia implicita ma che consente una più chiara attribuzione della categoria: ad oggi difatti non vi è diretta corrispondenza tra classificazione dell’intervento edilizio e di gravità della difformità ma entrambe ad oggi incidono sulla determinazione del titolo edilizio da impiegare.
Attenzione anche al fatto che, per come è formulato il comma 3, per edificio vincolato non si intende solo quelli tutelati ai sensi del Codice dei Beni Culturali, ma anche quelli ricadenti in aree di vincolo idrogeologico e nelle aree protette.

*Consiglio di Stato sez. IV sentenza n°3676/2013: “ai sensi degli artt. 31 e 32, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, si verificano difformità totali del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera

**Corte Costituzionale sentenza n°119/2024: Secondo l’elaborazione della giurisprudenza amministrativa, ai sensi degli artt. 31 e 32 t.u. edilizia, si è in presenza di difformità totali del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 8 agosto 2023, n. 7644, e 7 aprile 2023, n. 3596)

*** CdS sentenza n°8072/2024 - Di seguito, con la legge n. 10 del 1977, il regime sanzionatorio è stato semplicemente graduato (Corte cost. n. 217 del 2022) secondo uno schema generale tuttora vigente: le opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità dalla stessa dovevano essere demolite a spese del proprietario o del costruttore (art. 15, terzo e ottavo comma); le opere invece realizzate in parziale difformità dovevano essere demolite a spese del concessionario, ma, ove non potessero essere rimosse senza pregiudizio per le parti conformi, il concessionario restava assoggettato a una sanzione amministrativa pecuniaria (art. 15, undicesimo comma).
A tale graduazione sanzionatoria si è, successivamente, correlata la differenziazione tra variazioni essenziali e non essenziali, introdotta dagli artt. 7 e 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), di seguito trasfusi negli artt. 31 e 32 d.P.R. n. 380 del 2001.
«In particolare, le variazioni essenziali vengono assoggettate al più severo regime sanzionatorio proprio della totale difformità, mentre quelle non essenziali restano ascritte al vizio della parziale difformità, correlato alle sanzioni stabilite, all’epoca, dall’art. 12 della legge n. 47 del 1985 e, di seguito, dall’art. 34 t.u. edilizia» (Corte cost. n. 217 del 2022, cit.).
[...]
«L’unica ipotesi in cui possono ritenersi regolari difformità esecutive rispetto a titoli abilitativi rilasciati in passato è quella delle cosiddette tolleranze costruttive, previste per la prima volta dall’art. 5, comma 2, lettera a), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (“Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia”), convertito, con modificazioni, nella l. n. 106 del 2011, che aveva introdotto il comma 2-ter nell’art. 34 t.u. edilizia, e di seguito disciplinate dal nuovo art. 34-bis t.u. edilizia (introdotto dall’art. 10, comma 1, lettera p, del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 120 del 2020). Quest’ultimo, in particolare, stabilisce che le tolleranze costruttive – ossia le difformità esecutive contenute nel limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo – non costituiscono violazioni edilizie (commi 1 e 2) e che, ove “realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi […] sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali” (comma 3).

Se ne inferisce con chiarezza che le difformità eccedenti la soglia del 2 per cento, ancorché risalenti nel tempo, restano variazioni non essenziali, che integrano una parziale difformità» (Corte cost. n. 217 del 2022, cit.).

Il presente post è frutto degli appunti, delle riflessioni e dell'esperienza maturata dall'autore il quale per spirito di condivisione li mette a disposizione del pubblico. Pur garantendo la massima affidabilità di quanto scritto, non ci si assume alcuna responsabilità nei riguardi della correttezza di quanto scritto e della effettiva rispondenza al vero: chi decida di operare seguendo quanto qui indicato lo fa a propria personale ed esclusiva responsabilità.


12 commenti:

  1. Architetto buongiorno. Il problema è proprio capire come interpretare questo benedetto 34 Ter. La classica finestra spostata rispetto al progetto su tutto il fabbricato, o addirittura mai realizzata, rientra nella parziale difformità dal titolo o no? Rientra nel 34 Ter si o no? Se rientrasse allora sarebbe automaticamente sanato e non soggetto a sanzione (fermo restando che nel progetto da presentare uno debba evidenziare questo fatto). Mi sto scervellando da giorni anche con i colleghi ma non se ne esce

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    1. secondo me, come scritto nel post, la maggiore incertezza è generata proprio dall'assenza di una chiara definizione delle difformità. Al di là di ciò, farei questi passaggi: primo, valutare se le difformità possono rientrare nelle tolleranze; se no, passare alla verifica del se possono afferire alle opere eseguite in parziale difformità e quindi presentare un 34 ter; se invece no o non si è sicuri, 36-bis.

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    2. Una volta verificato però cosa andiamo a presentare? Il SUET non è aggiornato e siamo nuovamente al punto di partenza. I clienti pressano e noi "poveri" tecnici non sappiamo più che cosa dire loro

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    3. le disposizioni del comune sono di procedere ad impostare una SCIA come se fosse il "vecchio" articolo 37 inserendo dove possibile la specifica dell'articolo "nuovo" che si sta usando. chi è più marziale, può ritenere che finché non ci sono i moduli aggiornati la nuova legge non si può applicare, ma dato che la vecchia è stata abrogata e non si può stare senza legge, non vedo alternative.

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  2. Buongiorno Arch., volevo chiederle i seminterrati/interrati accessori delle residenze ai piani superiori , come sono regolamentati a Roma? Possono uscire dalla sagoma del fabbricato sovrastante riducendo così il distacco dai confini? come dimensione possono essere al massimo il 10% della SUL? Secondo lei il salva casa permette di regolarizzare questi casi in cui i seminterrati/interrati hanno superfici maggiori fuori sagoma rispetto a quanto assentito nel titolo edilizio? Grazie

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    1. i limiti dei locali accessori sono specificati nell'art. 4 delle NTA, comunque si, il limite è il 10% della SUL. non c'è una regola specifica per i piani interrati che superano la sagoma dell'impronta a terra, dunque valgono le norme generali relative alle distanze dei volumi interrati.

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  3. Buonasera architetto, volevo una sua interpretazione in merito alle modifiche introdotte dalla legge 105/24, al d.p.r. 380, in riferimento alla scia in sanatoria in accertamento di conformità. L'abuso che dovrebbe essere sanato è la classica apertura di una finestra (su muratura non portante) presente in tutti i piani dell'immobile (costruzione 1960), ma assente nell'elaborato grafico del progetto. In assenza di prove certe sulla data di realizzazione dell'intervento, in quanto la finestra non compare neanche sulla planimetria catastale d'impianto, non è possibile asseverare che lo stesso sia stato effettuato come variante non depositata al progetto di costruzione, da cui ne consegue che l'intervento non rientra nell'art. 34 ter. Mi verrebbe da pensare che a questo punto rientri nel 36bis. Però anche in questo articolo viene richiesta l'asseverazione del tecnico in merito alla data di esecuzione dei lavori. Non volendo effettuare una asseverazione "forzata" in questo senso, è possibile far rientrare l'intervento nell'art. 37, dove questa asseverazione non è richiesta ? Ma se la risposta fosse affermativa come verrebbe calcolata la sanzione che prevede un pagamento pari al triplo dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi. La tipologia di difformità sopra descritta (apertura di una finestra) non credo determini variazioni di valore venale dell'immobile.
    Grazie per la collaborazione

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    1. l'art. 37 oggi gestisce solo sanzioni, non anche accertamenti di conformità, dunque per le difformità da voi riscontrate è comunque indispensabile procedere con art. 34 ter o 36 bis, quale che sia applicabile al caso di specie. la verifica dell'epoca di realizzazione può essere fatta anche con saggi o con ispezioni nella muratura (ad esempio aprendo il cassonetto avvolgibili e verificando che non ci siano segni di "strappi" murari) o anche con considerazioni empiriche (appare strano che tutti i proprietari contemporaneamente abbiano deciso di aprire tutte finestre identiche senza presentare un titolo edilizio né adeguare i catastali, dal che si potrebbe desumere che si tratta di opere eseguite dal costruttore e che i catastali siano stati disegnati senza nemmeno eseguire sopralluogo, ma solo ricalcando i disegni di progetto). anche delle foto storiche possono aiutare.

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    2. Spettle, scusi il disturbo. Grazie per questi chiarimenti. Per quanto concerne gli oneri per i 36 bis sopra descritti (esempio a Roma molto presente, le finestre "spostate" rispetto al progetto originario), credo anche io che si debba comunque procedere con SCIA "vecchia" 37, quella che nel SUET di Roma scrive:"c.3 Sanatoria dell'intervento realizzato in data conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione, sia al momento della presentazione della segnalazione (d.P.R. n. 380/2001, articolo 37, comma 4. Punto 41 della Sezione II – EDILIZIA – della Tabella A del d.lgs. 222/2016; l.r.n. 15/2008, artt. 19 e 22) c.3.1 la ricevuta di versamento minimo di € 1.000,00 che sarà soggetto ad eventuale conguaglio a seguito di istruttoria edilizia ....o è una castroneria? Ma pensa che si possano ad oggi ancora utilizzare i criteri per il calcolo degli oneri di costruzione e concessori :"(art 22 co.2 lett b Lr. eg 15/2008 e succ L.reg. 1/2020 art 2 lett c co.2) : 2xOneri concessori +O.C. " tanto per capirsi, (Circolare Esplicativa del Dip. P.A.U. prot. 67246 del 27/06/2013 al punto 3.2.1 negli elencati “casi particolari” alla lettera b)?

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    3. secondo me sì, perché a Roma non ritengo sia integralmente derogata la delibera 44/2011 che dispone tale specifica disciplina, in funzione della L.R. 15/08 che pure rimane a mio avviso tuttora valida.

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  4. salve Arch. Campagna, posso sanare un balcone molto piccolo (mq1.3 circa) che è stato chiuso su due lati con una vetrata per inglobarlo nella cucina , con il decreto salva casa? Inoltre gli altri condomini (15 su 16 ) hanno tutti chiuso questo mini balone e credo anche condonato negli anni passati.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.