Il tema della permeabilità dei suoli sta diventando molto importante nell'edilizia e nell'urbanistica: il continuo consumo di suolo oltre ad erodere aree verdi e togliere spazi alla natura, alle coltivazioni ed alle attività che hanno bisogno di spazi aperti, crea anche il problema della impermeabilità delle superfici. Un pavimento impermeabile convoglia l'acqua piovana verso la fogna invece che verso il terreno: questo crea negli strati profondi degli squilibri idraulici che possono portare a diversi problemi, nel medio e nel lungo periodo. Tuttavia, anche se da come descritta appare essere una cosa molto seria, attualmente in Italia non sembrano esistere norme nazionali specifiche sul tema, a parte qualche regione che, con una sensibilità sul tema forse più spiccata di altre o forse perché nel proprio territorio i fenomeni legati alla permeabilità sono più gravi, ha prodotto delle proprie norme.
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Si comprende quindi che il tema ha implicazioni vastissime e complesse, e per avere qualche inquadramento in più della questione si può fare riferimento alla pagina ufficiale dedicata dell'ISPRA; quello che interessa sviluppare in questo post però è meno teorico ma più tremendamente pratico, ovvero indagare sulla la connessione tra obbligo di dover garantire una certa quantità di superficie permeabile e le tipologie di intervento edilizio che eventualmente possono far scaturire il relativo obbligo. Il tutto con una focalizzazione particolare sulla regione Lazio e su Roma, rispettivamente la regione ed il comune dove opero prevalentemente come tecnico.
A livello di legislazione nazionale i riferimenti più diretti alla valutazione della permeabilità dei suoli li possiamo trovare nel d.lgs. 152/2006 norme in materia ambientale, e, con qualche prescrizione specifica, nel nuovo decreto per i Criteri Ambientali Minimi del 2022. in quest'ultimo documento, al punto 2.3.2 è specificato che nei progetti di nuova edificazione deve essere mantenuto un indice di permeabilità dei suoli di almeno il 60%, escludendo dal calcolo le superfici che, pur essendo permeabili, non consentono alle acque meteoriche di raggiungere la falda se circondate completamente da superfici impermeabili edificate: si può fare l'esempio dei giardini interni ai comprensori. Il decreto CAM, è bene ricordare, si applica agli interventi soggetti al Codice dei Contratti Pubblici, dunque non riguarda il campo dell'edilizia privata, almeno non in modo diretto. Sostanzialmente, da quel che ho potuto appurare, qui si ferma la normativa nazionale in ambito di permeabilità dei suoli.
Alcune regioni o comuni hanno legiferato in materia o comunque hanno previsto delle specifiche prescrizioni o dei riferimenti alla permeabilità dei suoli, ma non tutte. In quei territori in cui è maggiormente sentito il problema legato alla instabilità dei suoli, quello della permeabilità riveste un fattore cruciale per la sicurezza del territorio e della popolazione: in tali territori è dunque più facile che si siano sviluppate norme specifiche e maggiormente attente al tema, come ad esempio in Piemonte, in Emilia Romagna o anche in singoli comuni come Genova: in particolare, nel PUC del capoluogo ligure all'art. 14 che ho preso solo come esempio sono dettagliate delle indicazioni molto specifiche ed anche complesse su come calcolare la superficie permeabile equivalente. Interessante il passaggio in cui occorre classificare ciascuna superficie in base ad un coefficiente di deflusso che, molto utilmente, indica la quantità teorica di acqua che viene raccolta dal sistema fognario, in funzione del tipo di pavimentazione; è però demandato al progettista di dichiarare da quale fonte ha estratto il coefficiente utilizzato. Secondo dunque le indicazioni del comune di Genova non esiste un rapporto "secco" tra ciò che è verde e ciò che è pavimentato, ma esiste invece un calcolo complesso in cui a ciascuna superficie è attribuita una specifica percentuale di deflusso per cui sostanzialmente quasi tutte le superfici partecipano alla permeabilità, sebbene con apporti differenti. Viene anche imposta, in base a specifiche caratteristiche del progetto, la presenza di una vasca di laminazione, ovvero dei sistemi di raccolta temporanea dell'acqua piovana, per smorzare l'effetto delle "bombe d'acqua".
Tornando al concetto generale, diventa dunque importante a questo punto capire che cosa effettivamente si intende per superficie impermeabile: il riferimento generale a livello nazionale si trova all'interno delle definizioni uniformi associate al regolamento edilizio tipo. Queste definizioni sono prescrittive in tutte le regioni che hanno recepito l'accordo stato-regioni relativo appunto alla redazione futura dei regolamenti edilizi, basati sul regolamento-tipo.
Nell'elenco delle definizioni uniformi sono presenti le seguenti, direttamente relative alle superfici permeabili:
- n°9 - superficie permeabile SP - Porzione di superficie territoriale o fondiaria priva di pavimentazione o di altri manufatti permanenti, entro o fuori terra, che impediscano alle acque meteoriche di raggiungere naturalmente la falda acquifera.
- n°10 - Indice di permeabilità IPT/IPF - Rapporto tra la superficie permeabile e la superficie territoriale (indice di permeabilità territoriale) o fondiaria (indice di permeabilità fondiaria).
la definizione n°9 è abbastanza chiara ma può essere utile commentarla. Anzitutto, la definizione si riferisce sia alle superfici fondiarie che territoriali: la differenza è chiara, nel primo caso l'indice esprime quanta superficie è permeabile all'interno di un singolo lotto edificabile, mentre nel secondo, ci si riferisce alla superficie di un intera area urbana (o non urbana) magari oggetto di pianificazione urbanistica. la definizione 10 esprime il rapporto tra i due valori. Ovviamente i singoli valori che lo strumento urbanistico deciderà di impartire per superficie fondiaria e territoriale possono essere differenti: generalmente vi è una percentuale più bassa per le aree fondiarie, al fine di consentire maggiore libertà progettuale, mentre quella territoriale sarà più alta, ciò affinché nell'intero settore urbano sia garantita una quantità permeabile minima necessaria, ad esempio prevedendo ampie aree a verde. Tornando alla definizione n°9, il testo prosegue, specificando in modo molto generico cosa si intende per superficie permeabile: si tratta di una porzione di superficie priva di pavimentazioni o altri manufatti, anche entro terra, che siano tali da impedire alle acque meteoriche di raggiungere la falda. Da questa definizione si possono sviluppare alcuni ragionamenti: anzitutto, quello che interessa al legislatore non è tanto il tipo di mattonella usata per la pavimentazione (vedi il concetto sopra richiamato relativo al PUC di Genova ed alle modalità di calcolo delle diverse superfici), ma il fatto che l'acqua che cade su di essa finisca in qualche modo in falda oppure se venga raccolta ed incanalata nelle fognature, oppure in quale proporzione ciò avvenga contestualmente. quello che rende impermeabile la superficie, difatti, è come l'acqua piovana viene raccolta, distribuita ed eventualmente smaltita, ed anche, ovviamente, la tipologia della superficie.
Roma Capitale si è dotata di una laconica specifica sulla permeabilità dei suoli in occasione delle implementazioni che furono fatte al regolamento edilizio con la delibera 48/2006, con la quale fu introdotto l'art. 48 quinques che così recita:
I materiali di finitura ed allestimento delle superfici esterne e delle aree di pertinenza degli edifici dovranno essere idonei ad assicurare, indipendentemente dalle esigenze che sono destinate a soddisfare, la permeabilità del terreno, anche mediante materiali e pavimentazioni drenanti, per una superficie non inferiore al 50% della superficie libera del lotto stesso.
Tale articolo appare imporsi a prescindere dal tipo di intervento che si intende realizzare su un'area esterna, anche fosse opera di manutenzione ordinaria. Tuttavia, è legittimo dedurre che laddove si interviene su uno spazio allestito prima dell'entrata in vigore della delibera e che non rispetta il parametro, sia possibile continuare a mantenere la percentuale permeabile seppure inferiore al valore indicato, purché non venga ridotta: questa è solo una supposizione di chi scrive e non una interpretazione certa e condivisa.
La specifica così indicata, però, appare in contrasto con alcuni principi di tutela delle acque: si parla di permeabilità dei suoli "indipendentemente dalle esigenze che sono destinate a soddisfare", il che significa che vale anche per i parcheggi eventualmente ammessi: in tal caso va detto che non è una buona idea far posteggiare le auto su superfici drenanti, perché gli sgocciolamenti d'olio o le eventuali perdite di carburante finirebbero per infiltrarsi facilmente e direttamente nel sottosuolo, raggiungendo la falda, inquinandola.
L'articolo sarebbe stato sostituito dal nuovo 48/quinques con la delibera 7/2011, sulla quale tuttavia permane il dubbio se questa sia mai divenuta veramente efficace nel modificare il regolamento edilizio, in quanto non è stato reso pubblico - o almeno io non ho trovato tale riferimento - se la Provincia abbia approvato tale variazione (l'approvazione della Provincia è richiesta dalla legge regionale urbanistica, e per la delibera del 2006 è presente; per la delibera del 2011 invece non è stato reso pubblico l'eventuale esito di tale approvazione). Se si conferma che tale delibera non è mai entrata in vigore, allora il testo vigente dell'art. 48 quinques è quello sopra riportato. Laddove invece la delibera del 2011 fosse valida, il nuovo articolo sarebbe il seguente:
Negli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione edilizia su interi edifici e di ristrutturazione urbanistica, è obbligatorio l’impiego di pavimentazioni drenanti nelle sistemazioni delle superfici esterne e aree di pertinenza, almeno per il 50% della superficie pavimentata. Qualora la superficie coperta SC sia superiore al 50% della superficie fondiaria SF le prescrizioni del precedente punto dovranno essere estese alla totalità della superficie non coperta.
Se l'articolo vigente fosse questo, è intanto importante constatare che l'obbligo è circoscritto ad uno specifico ambito di intervento edilizio, ovvero opere che hanno di partenza una importante invasività sul territorio (nuova costruzione, ristrutturazione edilizia di interi edifici, ristrutturazione urbanistica), lasciando intendere che gli interventi che non rientrano in questa categoria non sono soggetti a tale disciplina. Questo crea per contro un certo "vuoto" perché lascerebbe intendere che chiunque ha un'area esterna abbia la capacità di disporre della superficie permeabile come meglio ritiene, almeno finché l'immobile non è oggetto di opere per cui la disposizione si applica, a valle del quale qualunque futura ulteriore trasformazione sarebbe obbligata a mantenere il rapporto di permeabilità. Tuttavia ne deriverebbe che chiunque sia in possesso di un'area di un edificio edificato prima del 2011 sarebbe libero di modificare la permeabilità del suolo come preferisce, almeno sempre finché non si pongono in essere interventi che fanno scattare l'obbligo normativo.
Dunque le due disposizioni, quella del 2006 e quella del 2011, appaiono essere radicalmente diverse, con, paradossalmente, quella più recente più permissiva della precedente; per contro, quella del 2006 è estremamente restrittiva e impone obblighi anche solo laddove si pongono in essere lavori anche tecnicamente molto semplici su spazi esterni.
In entrambe le versioni dell'art. 48 quinques non vi è nessuna specifica di calcolo né nulla di quanto commentato più sopra rispetto al PUC di Genova (che è solo un esempio: vi sono altre amministrazioni in Italia che hanno una regolamentazione simile), ma può essere ammissibile che i parametri contenuti nell'articolo possano essere determinati in modo non semplicemente binario (superficie a verde o non a verde) ma anche funzionale. ad esempio, un vialetto pavimentato posto all'interno di un giardino, potrebbe assimilarsi ad una superficie permeabile, in quanto l'acqua piovana finirebbe comunque nell'area verde circostante; viceversa, delle superfici trattate in modo permeabile ma con tipologie di sistemazioni che non consentono una permeabilità totale, come ad esempio una pavimentazione in ghiaia su un letto di sabbia, potrebbero comunque incidere sulla riduzione della superficie effettiva permeabile.
Finché non ci saranno chiarimenti o norme maggiormente specifiche emanate da Roma Capitale o dalla Regione Lazio, non posso che consigliare la massima prudenza sia in fase progettuale (verifica del rispetto dei parametri) che in fase realizzativa (verifica che effettivamente vengano messe in atto soluzioni che rispettano il progetto).
Per informazione, segnalo anche queste slide pubblicate sul sito di Roma Capitale e legate ad un evento divulgativo specifico sull'argomento.
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