sabato 11 ottobre 2025

luci e porte non sono vedute ai fini delle distanze tra costruzioni

 Chi come me fa progetti (e consulenze) nell'ambito delle demolizioni e ricostruzioni o nuove costruzioni sa bene che il tema delle distanze tra costruzioni e tutt'altro che semplice da affrontare. Non basta che le distanze siano normate da distinti livelli di norme (nazionali, regionali, comunali) e da tipi di norme diverse (norme urbanistiche, norme vincolistiche) ma sorgono anche legittimi dubbi quando si deve interpretare il concetto di parete finestrata.

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su prompt dell'autore del post


Già, perché una delle norme fondamentali sulle distanze, ovvero il D.M. 1444/68, indica che la distanza delle costruzioni dalle pareti finestrate non può essere inferiore a 10 metri. Tale limite scaturisce dall'articolo 9 del decreto che conviene riportare qui appresso

Limiti di distanza tra i fabbricati 
Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 
2) nuovi edifici ricadenti in altre zone: e' prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 
3) Zone C): e' altresi' prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato piu' alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12. 
Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilita' a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15. 
Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato piu' alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

Dalla semplice lettura della norma appare chiara la disciplina delle distanze che "in tutte le altre zone [esclusa la zona A]" vige l'obbligo di mantenere una distanza minima di 10 metri quando la costruzione prospetta verso una facciata dove sono presenti finestre.

La giurisprudenza si è interessata moltissime volte sia del come calcolare questi 10 metri, sia del perché, e sia anche se si tratti di una norma derogabile oppure no. 

Sul come essa vada calcolata, si può intanto dire con relativa certezza, riguardo a questi temi, che anzitutto la distanza va calcolata in senso normale (perpendicolare) alla facciata dotata di finestre, e non in senso radiale da ciascun punto della facciata stessa: su tale aspetto si è espresso il Consiglio di Stato in modo molto netto con la sentenza n°9872/2023 nella quale è anche citato l'orientamento più recente della Cassazione.

Sul perché esista, anche qui la giustizia sia amministrativa che civile è ormai praticamente unanime e consolidata nel ritenere che si tratta non di norme che afferiscono la sfera civilistica tra privati (la quale è in qualche modo derogabile previo accordo) ma si tratta di disposizioni poste a tutela di interessi pubblici non comprimibili come la salute e la pubblica igiene. Ciò significa che si tratta di norme non derogabili, non subordinabili, e che non possono essere oggetto di pattuizione privata: le uniche deroghe sono quelle ammesse dalla stessa norma (cioè nell'ambito di piani particolareggiati dove, si presume, il comune abbia valutato opportune compensazioni per la compressione di questa norma fondamentale).

Rimane dunque da capire esattamente cosa si intende per parete finestrata, e qui ci viene in aiuto la sentenza del Consiglio di Stato n°7207/2025 che entra nel merito di una questione molto particolare, in quanto si discute della valenza delle distanze con riguardo ad una parete che è dotata solo di luci e di una porta non vetrata, ad uso uscita di sicurezza antincendio. La sentenza, dopo ampia discussione che ripercorre anche le alterne visioni giurisprudenziali, prende posizione netta e statuisce che una luce non potendo garantire l'affaccio (si tratta delle finestre "alte" tali per cui stando in piedi dentro l'ambiente, la finestra rimane più in alto dell'altezza degli occhi degli abitanti) non può essere considerata alla stregua delle finestre e quindi una facciata in cui siano presenti solamente delle luci non genera la distanza minima di 10 metri.

Analoga deduzione per una porta cieca, presente sulla stessa facciata, utilizzata come via di fuga antincendio: anche in questo caso trattandosi di una porta che non consente l'affaccio e la veduta e che peraltro viene usata non come porta principale ma come uscita secondaria a fini di sicurezza, anche in questo caso non determina la funzione di "finestra" e pertanto anche in questo caso la facciata rimane esclusa dal computo della distanza dei 10 metri.

Attenzione: non significa che la facciata non determini comunque la generazione di distanze da rispettare secondo le altre normative ivi compreso il codice civile ma soltanto che, ai soli fini del calcolo delle distanze dell'art. 9 sopra riportato, non è un elemento da ricomprendere in ciò che determina tale vincolo.

Ora che abbiamo capito forse definitivamente (!?) come si determina se una parete è finestrata, possiamo trarre qualche deduzione e spunto di attenzione:

  • se una costruzione nuova si pone a meno di 10 metri da una facciata che non ha aperture o ha solo luci o finestre cieche, quella facciata diventa "vincolata" a vita a non poter avere finestre.
  • il semplice cambio di infisso da una porta cieca ad una porta-finestra a vetri può determinare il cambio di ruolo dell'intera facciata, se nel resto di essa ci sono solo luci o altre porte cieche.
  • il cambio della quota d'imposta dei solai interni ad un edificio, alzando la quota facendo in modo che il davanzale di una finestra si abbassi, può determinare la trasformazione implicita da "luce" a "finestra": dunque anche senza cambio del prospetto si può determinare un cambio di funzione ai fini delle distanze.
  • le zone A sono le uniche a non dover sottostare a tali regole, tuttavia lì vige una regola assoluta che appare ancora peggiore, in quanto non è possibile ridurre le distanze preesistenti e legittime: almeno, sembra non applicarsi il regime delle pareti finestrate in quanto non espressamente evocate.

nota di lettura

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