Una recente sentenza TAR Lazio fornisce uno spunto per approfondire un tema che spesso ricorre nelle stanze della disciplina edilizia: i piccoli manufatti destinati a deposito, che siano di attrezzi o meno, installati all'esterno, sono soggetti a titoli edilizi?
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il terzo condono non può autorizzare abusi in zone vincolate se di tipologia 1, 2 o 3
La sentenza in commento è la n°3934/2025 TAR Lazio sez. 2 quater, che tratta l'argomento in quanto un manufatto destinato a "deposito attrezzi" il cui accesso, a quanto sembra, avviene attraverso un terrazzo "non abitabile" di un immobile sito nel comune di Anzio (RM), era stato oggetto di istanza di condono edilizio depositato ai sensi della terza legge sul condono (L. 326/2003).
Il comune rigetta il condono, in quanto ci si trova in area paesaggistica: il cittadino impugna tale decisione, ma il TAR da ragione al comune, consolidando la ineluttabile giurisprudenza pregressa che nega la possibilità di ottenere la concessione in sanatoria per opere che siano da ricondurre alle tipologie 1, 2 e 3 del terzo condono. Fin qui, nulla di nuovo: già sappiamo che i condoni presentati ai sensi di questa legge, in caso di presenza di vincoli, possono ottenere la concessione in sanatoria solo se riguardano abusi ascrivibili alle tipologie 4, 5 o 6.
Dunque ciò porta implicitamente a ritenere che anche un piccolo manufatto ad uso di deposito attrezzi è da considerarsi un oggetto sviluppante un volume e, come tale, non può ascriversi alle tipologie di abuso "minori" quali manutenzione straordinaria o risanamento conservativo, ma rientra almeno nella ristrutturazione edilizia.
le nuove definizioni di tolleranze e difformità del salva-casa possono incidere nel caso di specie
Dunque a seguito del rigetto del condono, il comune avvia gli atti di disciplina edilizia emettendo una determinazione dirigenziale di demolizione, ma senza inviare il preavviso relativo: di questo fatto si duole il cittadino che in questo caso ottiene il sostegno del TAR, che annulla la determinazione di demolizione. In questo caso, è stato stabilito che il cittadino ha diritto a poter svolgere una propria difesa ragionata, in quanto l'argomento della effettiva abusività di un manufatto di modeste dimensioni, destinato a deposito attrezzi, ad oggi potrebbe rientrare nella ampliata definizione di tolleranza costruttiva oppure potrebbe essere ascrivibile nelle parziali difformità, in quanto il decreto salva-casa ha obiettivamente modificato il quadro normativo di riferimento. Dunque avendo il comune avviato direttamente gli atti repressivi, avrebbe privato il cittadino del diritto alla partecipazione al procedimento.
Questo diritto alla partecipazione, indica sempre il TAR Lazio, è stato rafforzato e sottolineato dalle modifiche apportate dal Decreto Semplificazioni 2020 (D.L. 76/2020) alla L. 241/90, nella quale ad oggi è espressamente previsto che i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione devono sempre essere improntati sul principio della fattiva e leale collaborazione, e fondati sul concetto della buona fede (almeno finché non diventa palese il contrario). Di questa sentenza è utile riportare un passaggio:
Talché, il Comune avrebbe dovuto inviare l’avviso di inizio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 legge 7 agosto 1990, n. 241.
Pur rintracciandosi giurisprudenza, che non richiede in modo indefettibile un siffatto avviso, ove si tratti di contrastare abusi edilizi o rigettare c.d. condoni edilizi, vero è però che, qualora la fattispecie concreta richieda particolare approfondimento (ex multis: Cons. St., sez. VI, 1° giugno 2023, n. 5433; Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2708), non vi siano ragioni di alcuna urgenza e la repressione dell’illecito edilizio non sia perlomeno in toto ineluttabile, l’amministrazione è tenuta a dar corso alle doverose comunicazioni partecipative, onde assicurare vieppiù i principi di nuovo conio della (fattiva) collaborazione e buona fede, come introdotti dall’art. 12, comma 1, lett. 0a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modif., dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 («Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali») all’art. 1 (Principi generali dell'attività amministrativa) della legge n. 241 del 1990 citata, al comma 2-bis, secondo cui “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede” (in tal senso, cfr. Cons. St., sez. VI, 16 gennaio 2023, n. 483).
i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione devono essere sempre leali ed improntati alla collaborazione
Dunque il cittadino ottiene una parziale vittoria, in quanto il comune - a meno che non decida di impugnare questa sentenza di fronte al Consiglio di Stato - ora sarà costretto ad avviare una interlocuzione con il proprietario per verificare in concreto la natura dell'abuso e la sua possibile sanabilità, visto che il già citato decreto salva-casa ha anche introdotto una specifica procedura di accertamento di conformità per ampliamenti di volume in zone con vincolo paesaggistico.
Ad ogni modo, dalle parole usate nella sentenza, sembra che il caso in esame non sia da ricondurre ad un vero e proprio manufatto realizzato abusivamente dopo la costruzione dell'edificio, ma che in qualche modo possa riferirsi ad un qualcosa di compenetrato nel fabbricato o comunque realizzato dall'originario costruttore durante le fasi realizzative dell'edificio e non a posteriori: potrebbe ad esempio trattarsi di un sottotetto accessibile dal lastrico privato, o qualcosa del genere.
deposito attrezzi e confini dell'attività edilizia libera
Laddove invece il manufatto per "deposito attrezzi" fosse stato realizzato su un giardino pertinenziale di una unità immobiliare, avrebbe avuto la possibilità di rientrare direttamente nell'edilizia libera, in quanto il relativo glossario, pubblicato in Gazzetta nel 2018, dispone che i piccoli manufatti ad uso anche non necessariamente agricolo, tra cui i depositi attrezzi, soggiacciono alla liberalizzazione dai titoli edilizi in quanto oggetti di fatto ininfluenti dal punto di vista edilizio. Nel merito di un argomento simile, afferente un manufatto per animali da cortile (voliera) lo stesso TAR Lazio si era già espresso con la sentenza n°7458/2023 dichiarando non ascrivibile all'edilizia libera un pollaio di circa 100 mq.
Ancora sul tema, segnalo anche la sentenza Consiglio di Stato n°4191/2024 nella quale, tra le altre, viene dichiarata attività edilizia libera proprio perché riconducibile alle definizioni del Glossario dell'Edilizia libera una "cuccia per cani di grossa taglia" che, data la modesta dimensione e la mancanza di collegamento stabile al suolo, può rientrare nella definizione di edilizia libera. Si riporta un passaggio di questa sentenza:
23.2. Quanto al prefabbricato, dalle foto allegate dal verificatore risulta evidente come si tratti di una sorta di cuccia per cani (di grossa taglia), adibita verosimilmente a deposito di piccoli attrezzi, per la quale non è predicabile la necessità di titolo edilizio, attesa l’irrilevanza edilizia dell’accessorio, oltretutto nemmeno infisso al suolo.
Viene, peraltro, in rilievo l’elencazione contenuta nel glossario dell’edilizia libera di cui all’Allegato 1 al decreto ministero delle Infrastrutture 2 marzo 2018, che annovera, nell’ambito delle “Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza” (d.lgs. n. 222/2016, Tab. A, Sezione II –Edilizia- attività 29), fra gli altri, l’installazione di ricoveri per animali domestici e da cortile, con relativa recinzione, e l’installazione di ripostigli per attrezzi, manufatti accessori di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo.
Tuttavia, ripeto, dal tenore delle parole usate nella sentenza commentata nella prima parte di questo post è maggiormente verosimile che l'oggetto della controversia non sia un manufatto effettivamente realizzato a posteriori e dotato di una propria autonomia, quanto piuttosto un oggetto edilizio in qualche modo compenetrato alla originaria costruzione ed in questo caso le definizioni del glossario non sarebbero facilmente assimilabili alla fattispecie.
conclusioni e sintesi
Alla luce di tutto quanto detto, si può affermare che un piccolo manufatto che sia un armadio da esterni o poco più possa facilmente rientrare nell'edilizia libera; già se parliamo, però, di manufatto in muratura potremmo uscire dalla definizione e trovarci ben presto nell'alveo di strutture soggette a titolo edilizio e quindi passibili di ricevere una procedura di disciplina edilizia nel caso in cui lo facessimo senza autorizzazione. Diverso invece può essere il caso se questi modesti manufatti sono compenetrati nella originaria costruzione, poiché entro certi limiti possono rientrare nelle definizioni delle tolleranze costruttive o comunque poter godere di una procedura di sanatoria "semplificata" come introdotte dal decreto salva-casa.
In particolare, nel merito della sentenza che ha ispirato questo post, la Pubblica Amministrazione se intende procedere a contestare una struttura di questo tipo, è necessario che valuti con attenzione di inviare una lettera di preavviso al fine di consentire al privato di partecipare al procedimento sanzionatorio, in quanto le novità normative recenti hanno in qualche modo ampliato la sfera delle opere edilizie che non possono essere oggetto di atti di disciplina vincolati (dove il privato non è ammesso a partecipare).
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