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domenica 17 novembre 2024

art. 36-bis salva-casa: SCIA o PDC?

Il decreto salva-casa (D.L. 69/2024 e L. 105/2024) è ormai in vigore, nella sua veste definitiva, da oltre tre mesi dunque si inizia a stratificare una certa quantità di interpretazioni, di riflessioni e di proposte operative più o meno condivisibili. Uno dei punti che rimane ancora parzialmente oscuro o, almeno, forse non approfondito in modo specifico (almeno per quel che è capitato a me di leggere) è, quando si deve operare ai sensi dell'art. 36-bis, in quali casi occorra presentare la SCIA ed in quali il Permesso.

immagine generata con l'I.A. tramite ideogram.ai

Perché in effetti non è un aspetto del tutto chiaro o almeno non è esplicitato nella norma: l'art. 36 bis prevede di poter accertare la conformità di una difformità o di una opera eseguita abusivamente successivamente alla costruzione ed in assenza di titolo mediante l'uso sia della SCIA, sia del Permesso. Tuttavia come accennato l'articolo non specifica in modo esatto quando usare il primo e quando il secondo: dato che la questione è dirimente per quanto attiene alla legittimità delle procedure da porsi in essere, ho sviluppato un ragionamento che traduco in questo post e che può essere una base per una riflessione condivisa.

come abbiamo imparato a comprendere, l'art. 36-bis oggi gestisce una ampia fattispecie di difformità e che possono essere sia risalenti alla originaria costruzione, e quindi possiamo parlare di vere e proprie difformità esecutive, sia eseguite successivamente o comunque non in concomitanza di un titolo edilizio efficace, quindi opere eseguite in assenza di titolo edilizio congruo. Le casistiche per cui è possibile presentare un art. 36-bis sono grosso modo le seguenti:

  1. difformità ascrivibili alle difformità parziali, descritte dall'art. 34 che, prendendo spunto dalla giurisprudenza, con buona approssimazione e semplificazione possono essere descritte tutte quelle opere che non sono tolleranze costruttive ma che parimenti non possono essere ascritte né alle variazioni essenziali (art. 32) né alle difformità totali (art. 31);
  2. variazioni essenziali descritte all'art. 32 ma oggetto di "personalizzazione" da parte delle singole regioni;
  3. opere eseguite in assenza della SCIA (art. 37) e che ricadono, se da eseguirsi, nel campo di validità di questo titolo.
Dunque il campo applicativo della norma non ci dice molto sul quale titolo utilizzare nelle varie fattispecie, salvo l'ultimo caso in cui appare abbastanza logico poter depositare una SCIA ai sensi dell'art. 36-bis. E negli altri casi? quando occorre depositare una SCIA e quando un PdC? oppure, le due opzioni sono delle alternative a scelta dell'utente? Credo di poter dire con certezza che l'ultima domanda ha una risposta senz'altro negativa: il legislatore non avrebbe avuto interesse a dare la doppia opzione, posto poi che tra le due scelte non ci sono moltissime differenze in termini "operativi" in quanto entrambe beneficiano del silenzio-assenso. Dunque SCIA e PdC vanno scelti in funzione dell'intervento che si deve andare a gestire: ma come sceglierlo se la stessa norma non pare dare evidenti indicazioni? A parere di chi scrive, la scelta deve seguire la logica applicativa, cercando di ricostruire quale titolo edilizio avrebbe dovuto essere impiegato per legittimare le opere che non sono mai state sanate, ipotizzando virtualmente che le stesse si debbano ancora eseguire: seguendo questa logica, si può comprendere quale titolo scegliere tra SCIA e PdC.

Tuttavia, tra i titoli di una certa "importanza" esiste anche un terzo titolo che, diciamo, può essere collocato tra i due che è la SCIA alternativa al PdC gestita attualmente dall'art. 23 del TUE e ci si può chiedere perché non sia contemplata: chi scrive non ha la risposta ma si può ipotizzare che sia stato ritenuto inutile citare anche questo terzo titolo nel momento in cui entrambe le procedure di SCIA e di PdC ai sensi dell'art. 36-bis prevedono il silenzio-assenso. La SCIA alternativa al PdC difatti è uno strumento di semplificazione che consente di autorizzare in SCIA alcune specifiche opere che, ordinariamente, sarebbero soggette a permesso e sono quelle descritte all'art. 10 comma 1 lett. c) TUE: per queste opere la scelta tra permesso e SCIA alternativa è una effettiva opzione dell'interessato agli interventi. Il vantaggio è evidente: la SCIA alternativa, che ha il meccanismo del silenzio-assenso, consente di eseguire le opere senza dover attendere che il comune istruisca la domanda e rilasci il titolo; per contro, in alcuni casi più complessi si può sempre optare per la richiesta di permesso per essere supportati dall'interpretazione del comune sulla fattibilità dell'opera (un comune non rilascerà un permesso per un intervento che non ritiene fattibile o in contrasto con gli strumenti urbanistici).

La conseguenza della riflessione del capoverso precedente è che, nei fatti, ad oggi la SCIA alternativa al PdC non può essere utilizzata per sanare opere contemplate dall'art. 36-bis. Può però continuare ad applicarsi laddove le opere debbano essere sanate ai sensi dell'art. 36 e rientrano tra le fattispecie ascrivibili a quelle dell'art. 10 comma 1 lett. c).

Tornando al discorso della SCIA e del Permesso, si è detto che - forse - il modo più corretto di stabilire quando usare l'uno ovvero l'altro stia nel ricostruire il titolo che si sarebbe dovuto usare per autorizzare gli interventi che appaiono difformi da quanto autorizzato.

Intrecciando le definizioni degli interventi edilizi con le definizioni delle difformità edilizie, si può delineare il seguente schema applicativo:

  • opere eseguite in assenza della SCIA, di cui al regime sanzionatorio dell'art. 37: qui è l'unico caso davvero chiaro in cui si procede con SCIA ai sensi dell'art. 36-bis;
  • difformità parziali (art. 34) di cui è possibile accertare l'esecuzione in corso d'opera: possono intendersi come "mancate SCIA di variante" ai sensi dell'art. 22 comma 2-bis, dunque è logico che possano essere presentati in SCIA art. 36-bis;
  • difformità parziali (art. 34) di cui non è possibile accertare la risalenza all'epoca della costruzione del fabbricato, dunque devono essere classificate opere eseguite a sé stanti in assenza di titolo. in questo caso, si procede in SCIA art. 36-bis perché di fatto torna a coincidere con il primo punto del presente elenco, salvo che non sia lo specifico e puntuale caso di opere eseguite in assenza di CILA, relativamente alle quali si può ritenere che ancora sopravviva la CILA tardiva;
  • mutamenti d'uso che non rientrano nelle casistiche delle variazioni essenziali (dunque senza incremento degli standard del DM 1444/68: attenzione, i "mutamenti non rilevanti" non sono la stessa cosa): SCIA art. 36-bis anche se astrattamente potrebbero ricadere anche nelle fattispecie di CILA tardiva, laddove puntualmente applicabile;
  • accertamento di conformità subordinato all'esecuzione di opere (sanatoria condizionata): in questo caso, descritto dal comma 2 dell'art. 36-bis, si fa espresso riferimento al "permesso" dal che si deduce che in tali circostanze si debba procedere mediante permesso di costruire e non tramite SCIA, e si ritiene sia l'unico caso in cui sembra non poter trovare applicazione l'istituto del silenzio-assenso perché la norma chiaramente indica che l'ufficio deve esprimersi sulle opere da eseguire per raggiungere uno stato sanabile, ma su questo aspetto si legga l'approfondimento più avanti;
  • variazioni essenziali (art. 32) di cui è possibile accertare l'esecuzione in corso d'opera: l'art. 36-bis espressamente indica che tali difformità possono essere gestite all'interno della sua sfera di competenza e, trattandosi di opere che non potevano essere oggetto di SCIA in variante in corso d'opera (salvo verifica puntuale), si ritiene debbano essere gestite attraverso il PdC in art. 36-bis (quindi con silenzio-assenso di 45gg): la giurisprudenza è sempre stata orientata a indicare che se un edificio oggetto di permesso deve subire una variante che ne vada a modificare in modo sostanziale i parametri e le previsioni, debba essere oggetto di nuovo permesso e non sia sufficiente la semplice SCIA in variante. Si ritiene debbano essere compresi in questa categoria anche i mutamenti d'uso che hanno comportato incremento degli standard previsti dal DM 1444/68, a meno che per qualche ragione non possa integrare la variazione "totale" nel qual caso va in art. 36;
  • variazioni essenziali (art. 32) di cui è acclarata l'esecuzione successivamente al completamento dell'originaria costruzione, dunque trattasi di opere eseguite in assenza di permesso di costruire: in questi casi (da verificare sempre puntualmente perché potrebbero esserci situazioni in "bilico" tra SCIA e PdC) si ritiene che la procedura sia quella del PdC in art. 36 (dunque accertamento ordinario con silenzio-diniego) dunque al di fuori della competenza del 36-bis;
  • variazioni totali (art. 31) indipendentemente dalla loro risalenza o meno alla originaria costruzione, sono opere eseguite in assenza di PdC e si ritiene debbano essere gestite con PdC art. 36;
  • interventi che avrebbero necessitato il PdC ma eseguiti in completa assenza del titolo: PdC art. 36, ivi compreso il mutamento d'uso rilevante in zona territoriale omogenea di tipo A che potrebbe essere presentato anche nelle forme della SCIA alternativa al PdC in sanatoria, sempre ai sensi dell'art. 36;
altro modo di vedere lo schema di cui sopra è indicare quale titolo può ritenersi coerente per la gestione della difformità:
  • CILA tardiva - solo opere eseguite in assenza di CILA, indipendenti dalle opere di cui ai titoli originari;
  • SCIA art. 36-bis (silenzio-assenso 30gg) - qualunque categoria di difformità parziali (art. 34) quindi sia se realizzate in corso d'opera, sia successive ed indipendenti dall'originario titolo + opere indipendenti dal titolo originario ed eseguite in assenza della SCIA nelle ipotesi dell'art. 37 + mutamenti d'uso che non hanno comportato aumento del carico urbanistico secondo gli standard del DM 1444/68, sia fatti contestualmente alle opere, sia successivi;
  • PdC art. 36-bis (silenzio-assenso 45gg) - variazioni essenziali (art. 32) eseguite in corso d'opera + mutamenti d'uso che hanno comportato aumenti di carico urbanistico;
  • PdC art. 36-bis senza silenzio-assenso (ma anche senza silenzio-diniego) - accertamenti di conformità che necessitano l'esecuzione di opere per poter diventare sanabili (comma 2);
  • PdC art. 36 (doppia conformità "piena" e silenzio-diniego 60gg) - variazioni essenziali (art. 32) eseguite successivamente al completamento della costruzione; variazioni totali (art. 31).
[aggiungo il seguente capoverso dopo una riflessione congiunta con l'ing. Carlo Pagliai che mi onora della sua amicizia] Prima del salva-casa, l'art. 37 comma 6 prevedeva di poter scegliere se presentare una SCIA in sanatoria o un permesso in sanatoria, per opere che ricadevano nell'ambito applicativo dell'art. 37 comma 4 (la procedura che è stata "ereditata" dal 36-bis) ciò anche in coerenza con quanto stabilito già dall'art. 22 comma 7 che consente al cittadino di poter "scegliere" se presentare una richiesta di permesso anche per opere che ordinariamente ricadrebbero in SCIA. Il Salva-casa ha modificato le ultime parole del comma 6 nel seguente modo: "Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all'intervento realizzato, l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell'accertamento di conformità di cui all'articolo 36. all'articolo 36-bis." dal che si deduce che mentre prima era possibile presentare un permesso in sanatoria per opere che sarebbero ricadute nell'alveo applicativo dell'art. 37 comma 4 (in modo analogo a come si può fare per le opere ancora da eseguire, ai sensi dell'art. 22 comma 7 citato), ad oggi tale opzione appare preclusa poiché quello che era un originario rimando opzionale è diventato un semplice richiamo procedurale perdendo le possibilità di scelta (richiamo comunque utile, in quanto avendo abrogato il comma 4 dell'art. 37 l'articolo avrebbe perso ogni riferimento all'accertamento di conformità - ma va anche detto che gli articoli 31, 32 e 34 non hanno questi diretti rimandi al concetto di accertamento).

Sul punto specifico della sanatoria condizionata, ovvero la possibilità di sanare opere eseguendo contestualmente degli interventi edilizi mirati proprio al rendere conforme e conformabile la difformità, si è detto che vi è il dubbio relativo al fatto se anche in questi casi sia applicabile l'istituto del silenzio-assenso. Da un lato, il comma 2 dell'art. 36-bis indica in modo chiaro che il responsabile del procedimento deve indicare le opere da fare, e ciò lascerebbe presupporre che non possa trovare applicazione il silenzio-assenso; tuttavia, il successivo comma 6 è chiaro nel dire che "sulla richiesta di permesso" vige la regola del silenzio-assenso, indipendentemente ai sensi di quale comma esso viene presentato (se comma 1 o 2).

Appare però ambiguo che possa consolidarsi il principio del silenzio-assenso su un qualcosa che deve essere oggetto di valutazione da parte del comune: tuttavia, se il permesso viene presentato allegando già una proposta progettuale, e questa proposta viene strutturata in modo tale da essere parte integrante del progetto di accertamento di conformità come se fosse una procedura dettata da una stretta consequenzialità allora potrebbe - forse - applicarsi comunque il silenzio-assenso in quanto si tratterebbe nel caso di un progetto "completo" come se fossero opere "ordinarie" da eseguire per le quali in effetti in taluni casi il meccanismo del silenzio-assenso opera anche per le richieste di permesso.

Sperando di aver fatto buon governo della questione, invito chiunque ritenga di leggere nella norma una visione differente a voler partecipare e condividere le sue idee, commentando il post mediante il form qui in calce oppure scrivendomi in privato: naturalmente, chi decide di avvalersi di quanto qui riportato per presentare dei titoli edilizi, lo fa a proprio esclusivo rischio e pericolo in quanto chi scrive non può assumere nessuna responsabilità relativamente alla veridicità ed affidabilità di quanto qui sviluppato.

Dato che la normativa fluttua in continuazione e questo post entra molto nel dettaglio operativo, ritengo necessario riportare qui appresso dalla fonte www.normattiva.it il testo dell'art. 36-bis vigente al momento in cui viene redatto il presente post (novembre 2024).

Art. 36-bis

Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali


1. In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32.

2. Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo sportello unico per l'edilizia di cui all'articolo 5, comma 4-bis, subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo del presente comma. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo sportello unico individua tra gli interventi di cui al secondo periodo del presente comma le misure da prescrivere ai sensi dell'articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesta le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento. L'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo del presente comma, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

3-bis. Per gli immobili ubicati nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 34-bis, comma 3-bis

4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

5. Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo:

a) pari al doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall'articolo 16, incrementato del 20 per cento in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all'articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell'articolo 32. Non si applica l'incremento del 20 per cento nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;

b) pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile valutato dai competenti uffici dell'Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l'intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all'articolo 37, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

5-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

6. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Alle segnalazioni di inizio attività presentate ai sensi del comma 1 si applica il termine di cui all'articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nelle ipotesi di cui al comma 4, i termini di cui al primo e secondo periodo del presente comma sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine è interrotto qualora l'ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. Nei casi di cui al presente comma, l'amministrazione è tenuta a rilasciare, in via telematica, su richiesta del privato, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell'intervenuta formazione dei titoli abilitativi. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l'istante può esercitare l'azione prevista dall'articolo 31 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dal presente testo unico. 

4 commenti:

  1. Gentile architetto,
    dovrei sanare un cambio di destinazione d'uso in sanatoria da cantine ad abitazione. L'unità oggi appartamento si trova in un condominio in città storica t5, NON è censito in carta per la qualità e NON ha vincoli specifici, si trova all'interno del perimetro UNESCO, ma in zona definita come zona B dal PRG del 1965 al quale credo faccia riferimento il DM 1444/68.
    Il cambio di destinazione è avvenuto in corso nel 1956 quando era efficace il titolo edilizio (licenza edilizia), nel 1957 è stato accatastato conformemente allo stato attuale dei luoghi e dichiarato abitabile con certificato di abitabilità nel 1958.
    Credo di avere la doppia conformità e il cambio si è realizzato creando un tramezzo e un bagno e una cucina senza modifiche esterne.
    Non potendo procedere ai sensi dell'art. 34ter comma 4 essendo il cambio di destinazione suddetto una variazione essenziale (e non parziale difformità) mi chiedo con quale titolo dovrei presentare questa istruttoria vista la collocazione in zona B ma all'interno dell'UNESCO.
    Il perimetro UNESCO è equiparato alla zona A? quindi quando nel dpr o nella legge regionale 15/2008 leggo zona A devo intendere perimetro unesco?
    Sono piuttosto certa di NON dover richiedere alcun parere alla sovrintendenza statale in quanto ai sensi del protocollo di intesa del 2009 punto c) l'intervento è RE ma non modifica l'aspetto esteriore.

    Come devo calcolare i costi della sanatoria?
    - doppio del valore venale o doppio del Ccc
    - parcheggi e verde?
    la ringrazio molto



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    1. su una sanatoria del genere farei uno studio molto attento, perché si tratta di situazioni molto delicate. Il titolo edilizio a mio avviso è il pdc in accertamento art. 36.

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  2. Buongiorno architetto e buon anno.Grazie x quello che fa per noi.Le rubo solo qualche istante.Presentato ai sensi salvacasa-Salvini PDC in sanatoria per un tetto difforme dal permesso di costruire di qualche anno fa.Sono trascorsi piu' di 70 giorni e non mi e' stato notificato nulla,anche se il progetto in sanatoria presentato non rispondeva alla doppia conformita',nel senso che mancava quella urbanistica al momento della presentazione dell'istanza.Il fatto che siano passati 70 giorni e sia maturato il cosidetto"silenzio assenso",mi permette di dormire sonni tranquilli oppure......grazie x la risposta e complimenti x il blogger...

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    1. se l'intervento può essere sanato secondo le condizioni dell'art. 36-bis, sull'istanza si applica il silenzio-assenso dunque trascorso il termine, il titolo deve ritenersi rilasciato. ovviamente ciò è valido se l'intervento è conforme alle norme urbanistiche vigenti ed edilizie all'epoca della realizzazione, se la difformità rientra tra quelle gestibili con l'art. 36-bis, se l'istanza non contiene errori, omissioni o altri possibili problemi.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.