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La determinazione dirigenziale di cui sopra comunque è cofirmata da Comune e ASL competente per territorio, dunque si ritiene si possa considerare una procedura a cui dover fare affidamento (vi ricordo che i servizi preposti della ASL assolvono alla funzione che, in tempi andati, era svolta dall'ufficio di igiene).
per norme regolamentari devono evidentemente intendersi quelle facenti capo al regolamento edilizio ed al piano regolatore generale, ed in generale quelle norme che possono essere emanate dal Comune o dagli enti territoriali che hanno competenza in specifici ambiti, ma anche quelle emanate dai ministeri (decreti ministeriali), ma con eccezioni importanti (leggi sotto).
Quanto sopra detto era già stato oggetto di trattazione, con le medesime conclusioni, anche in una sentenza specifica sul territorio di Roma Capitale (dove le DD di cui sopra non vengono neanche citate): la sentenza è Tar Lazio n°186/2012 sez. II. Altra sentenza che giunge sempre alle medesime conclusioni è TAR Toscana sez. III n°857 del 14 giugno 2019 ed ancora, più di recente, di nuovo Consiglio di Stato sez. 6 n°2575/2021. In quest'ultima, peraltro, viene affrontato anche il tema del superamento dei 18 mesi per attuazione del silenzio-assenso in caso di falsa prospettazione: il caso di specie verteva sulle altezze, inferiori al minimo regolamentare (2,20 rappresentati dal tecnico, 2,18 rilevati, 2,70 quelli minimi da Decreto Sanità), di un ex garage convertito con condono ad abitazione; i Giudici convalidano l'azione del comune, espressa dopo i 18 mesi, perché vi è stata "falsa attestazione", ma, in verità, il tecnico non sembra aver rappresentato una altezza differente da quella reale: la "falsa attestazione", secondo la sentenza, sarebbe implicitamente insita nella dichiarazione generica che il tecnico sottoscrive riguardo alla rispondenza della situazione alle norme sovraordinate genericamente richiamate. Sinceramente, questo passaggio mi sembra un po' forzato, perché in effetti una falsa rappresentazione non sembra essere stata prodotta, almeno per ciò che si può capire dal dispositivo.
Come si pongono quindi le indicazioni del Comune di Roma viste sopra, riguardo a questa disposizione, che sembra andare palesemente in contrasto con queste? io non ho una risposta, ma tendo a pensare che Roma Capitale abbia ritenuto di detenere il potere di derogare a norme di rango primario, accordandosi specificatamente con la ASL che è l'ente territoriale preposto alla tutela della salute pubblica, il tutto facendo riferimento ad una specifica circolare ministeriale (n°3357/25 del 1985 attuativa della L. 47/85, la quale, al punto 9.3, in effetti espressamente prevede che i rapporti igienico-sanitari possono essere derogati). Tuttavia ciò pare in contrasto con il principio giuridico di fondo della normazione secondo cui nessun regolamento può derogare alle leggi di livello superiore: la situazione rimane in un alveo di ambiguità.
Per tornare al tema principale, dunque, dopo aver fatto queste riflessioni, potremmo cautamente provare a dire che, dato che un immobile per essere utilizzato deve essere agibile, e dato che per essere agibile deve rispettare specifiche norme che NON sono derogate dal condono, ne consegue che nell'intervenire su un immobile oggetto di concessione in sanatoria, le opere edilizie dovrebbero tendere a renderlo a norma riguardo a tutte le leggi sovraordinate (a meno che il committente non vi dispensi espressamente) e dunque gli ambienti andrebbero portati ad almeno 2,70mt di altezza, avere un rapporto aeroilluminante non inferiore ad 1/8, rispettare le norme sulle dispersioni energetiche, etc. etc. Nel fare questi interventi, che possono essere decisamente invasivi (pensiamo agli appartamenti ricavati negli ex locali lavatoi alti 2 metri), a mio modesto parere può ritenersi legittimo continuare ad usufruire del beneficio della deroga alle norme regolamentari, ma non a quelle primarie - in sostanza, un immobile che non ha l'altezza minima andrebbe completamente demolito e ricostruito "a norma". Sotto certi aspetti si può ritenere essere una norma regolamentare lo stesso decreto 1444/68 che impone limiti di densità edilizia, altezze e distanze, ma attenzione perché invece il decreto sanità del 1975, pur essendo anch'esso una norma regolamentare in quanto emanata da un ministero, con la sentenza del CdS n°1997/2014 viene elevata implicitamente a norma di rango primario perché diretta attuazione di una volontà normativa primaria (così come lo è il 1444/68, e quindi seguendo la stessa riflessione, anche questo varrebbe come norma inderogabile dal condono).
Va detto che nelle DD citate sopra il tema è stato affrontato (il Comune di Roma, come è giusto che sia, è molto attento a non produrre atti annullabili o nulli), e il Dipartimento chiese espressamente un parere all'Avvocatura Capitolina (tutto ciò è descritto nel testo della prima DD del 2012), la quale ha ritenuto che il DM sanità del 1975 abbia carattere regolamentare e ne ha pertanto ritenuto possibile la deroga (la sentenza CdS citata sopra arriverà due anni più tardi). In effetti in quanto decreto ministeriale, il DM sanità del 1975 è di fatto un atto regolamentare: il CdS difatti lo ha elevato a norma primaria perché in diretta emanazione di una volontà normativa (il testo unico delle leggi sanitarie del 1934, come poi meglio chiarito nella sentenza 2575/2021 sopra citata), ma in effetti i parametri delle altezze minime e dei rapporti aeroilluminanti non sono contenuti nella legge ma solo nel DM: si noterà che la questione è assai delicata.
In questo contesto assai delicato può ritenersi legittimo operare, nel territorio di Roma Capitale, delle trasformazioni nell'ambito delle deroghe indicate nelle determinazioni dirigenziali viste sopra.
- Altezza minima utile interna 2,70 mt;
- superficie di interramento massima 50%, calcolata secondo le specifiche indicazioni allegate alla DD stessa;
- presenza di cucina e bagno;
- presenza di intercapedine ventilata di larghezza non inferiore a 30cm e pavimentazione realizzata su vespaio areato. Se tali caratteristiche non sono presenti, è possibile certificare l'esistenza o mettere in atto sistemi che garantiscano la salubrità degli ambienti e la protezione contro il Radon;
- normale libera delle finestre delle stanze di abitazione e delle cucine: 3 metri (per normale libera si intende, a mio parere, lo spazio antistante il vano architettonico in cui si trova l'infisso, il quale deve essere libero da costruzioni ed ostruzioni fisse per una lunghezza di tre metri, come se il vano stesso venisse estruso verso l'esterno, perpendicolarmente al filo del prospetto). l'affaccio deve essere comunque verso l'esterno;
- presenza di cucina e bagno;
- normale libera calcolata come da descrizione precedente;
- superficie utile (calcolata come da disposizioni della L. 10/77) minima degli ambienti abitabili (qui intesi tutti, dalla camera da letto al soggiorno, esclusa la cucina): mq 8,0;
- altezza utile minima interna mt 2,20, valevole sia per gli ambienti abitabili che per quelli di servizio quali cucine, bagni, ripostigli, corridoi;
- altezza utile media minima in caso di soffitti inclinati: 2,10, con impostazione minima della falda a metri 1,80. La DD non stabilisce cosa fare in caso in cui l'imposta del tetto sia più in basso: ispirandosi alla norma sul recupero a fini abitativi dei sottotetti LR 13/2009, si potrebbe ipotizzare che in questo caso si debbano realizzare dei muri per il "tombamento" degli spazi più bassi, oppure la realizzazione di armadiature.
- Rapporto aeroilluminante minimo 1/12. attenzione: in questo caso è espressamente richiesto che vengano posti in essere accorgimenti idonei ad integrare sia la ventilazione (mediante impianti di ventilazione meccanica, probabilmente anche i sistemi di microventilazione: attenzione ai punti di captazione dell'aria da immettere) sia l'illuminazione naturale con impianti artificiali (sistemi di illuminazione progettati secondo la UNI specifica). Laddove la normale libera della finestra sia compresa tra 3 e 4 metri, il rapporto aeroilluminante non deve essere inferiore ad 1/10. naturalmente, se il rapporto è 1/8, cioè se la finestra è sufficientemente grande, non vi è necessità di nessun accorgimento tecnico ad integrazione dell'aerazione naturale;
- le cucine devono avere superficie non inferiore a 4mq, altezza utile non inferiore a 2,20 metri, superficie della finestra apribile verso l'esterno di 1 mq (più obbligo della normale libera, come sopra descritta). presenza di sistema di aspirazione dei vapori di cottura, non in deroga all'art. 58 del R.E.;
- se invece della cucina è presente un angolo cottura nel soggiorno, non si applicano i minimi di cui al punto precedente, ma intuitivamente, dovrebbero applicarsi quelli dei soggiorni. dato che, come visto, per i soggiorni il limite minimo è 8mq, suggerisco di evitare di creare dei soggiorni con angolo cottura così piccoli, perché potrebbero comunque essere ritenuti fuori parametro igienico: anzi, l'appunto della DD nel punto 8 dell'allegato sembra lasciar intendere che in caso di soggiorni con angoli cottura non si possa derogare alle dimensioni minime regolamentari (14mq?).
- i servizi igienici privi di finestra devono avere aspirazione meccanica: non è in deroga all'art. 41 del R.E.
- la superficie complessiva minima dell'alloggio monostanza può essere di 20 mq (invece dei 28 minimi regolamentari) se per una persona, e di 28 se per due persone.
- in caso di presenza di verande oggetto di condono (deve intendersi valevole sia se l'oggetto di condono è solo la veranda, sia se trattasi di verande presenti all'interno di un unico immobile oggetto di condono nella sua complessità), queste possono ottenere l'agibilità solo se viene mantenuto un rapporto aeroilluminante di 1/6 tra la somma delle superfici della veranda stessa e degli ambienti abitabili che affacciano (esclusivamente?) sulla veranda, con ulteriore limite che l'ambiente che affaccia sulla veranda deve avere una finestra con un rapporto non inferiore a 1/10 (in tal caso non è chiaro se si applica l'obbligo di avere integrazione alla ventilazione ed illuminazione);
- in caso di finestre velux, queste possono essere ammesse solo come integrazione di finestre normali verticali, dunque non è comunque agibile un vano abitabile che abbia esclusivamente finestre tipo velux, mentre le finestre "tradizionali" devono rappresentare almeno il 70% della superficie complessiva aerante ed illuminante o almeno il rapporto aeroilluminante deve essere calcolato in modo tale che almeno il 70% sia coperto dalla finestra verticale.
schema di come ad avviso di chi scrive si dovrebbe calcolare la "normale libera" |
In merito ai rapporti aeroilluminati, volevo sapere se esiste una procedura di deroga ai paramenti canonici, per la riconversione di edifici storici, che per caratteristiche architettoniche non consentono il soddisfacimento della normativa.
RispondiEliminaGrazie, Mario Fontana
nelle norme romane non ho mai trovato deroghe specifiche, comunque scrissi tempo fa un post più mirato su questo tema.
EliminaGentilissimo Marco.
RispondiEliminaSe un immobile e' stato concessionato prima dell'entrata in vigore del DM 75, ed ha un rapporto rispettato di 1/12 e non di 1/8 come poi previsto (modificando il nostro RE) in fase di manutenzione straordinaria e diversa distribuzione potremo fare riferimento al valore di 1/12 o dobbiamo adoperarci perché venga rispettato il parametro di 1/8 (ad esempio riducendo le superfici delle camere...)
Grazie
prima del DM bisogna vedere cosa imponeva il regolamento edilizio: a Roma comunque era più di 1/12 anche prima del 75, anche se non era proprio 1/8. Nel fare le ristrutturazioni ad oggi, secondo me bisogna rispettare i valori attuali: eventualmente, ambienti che non subiscono modifiche possono continuare a seguire norme precedenti, anche se l'argomento è dibattuto e non vi è unicità di veduta sul tema, per cui è sempre bene valutare caso per caso e interfacciarsi con l'ufficio di turno.
EliminaGentile Architetto,
RispondiEliminavorrei un suo parere circa la procedura da seguire per effettuare un cambio di destinazione d'uso di un immobile condonato.
Le illustro la storia dell'immobile.
Domanda di Condono registrato nel 1987:
- Viene accorpato all'unità immobiliare un ambiente condominiale che diventa ad uso abitativo pur non avendo le altezze adeguate;
Domanda di Condono registrata nel 2004:
- All'immobile nella sua interezza viene cambiata destinazione d'uso da A1 ad A10.
In entrambi i Condoni la planimetria catastale allegata, riporta un errore nell'altezza di uno degli ambienti (essendo in origine un sottoscala, l'altezza media reale è di 2,65m e non di 2,81, come riportato).
Gli attuali proprietari vorrebbero ripristinare la situazione antecedente al 2004, quindi riportare tutto l'immobile ad uso residenziale.
Secondo lei è possibile effettuare questa operazione?
Nel caso lo fosse, che titolo abilitativo bisognerebbe richiedere, tenendo conto che si tratta di un intervento senza opere edilizie?
E' possibile rinunciare all'ultimo condono ottenuto senza invalidare il primo?
Infine, al fine di ottenere l'agibilità se uno dei vani dell'immobile affaccia su un locale condominiale aperto (senza serramenti) i rapporti aeroilluminanti possono essere considerati soddisfatti essendo la finestra 1/8 della luce?
Ho avuto modo di verificare che nella modulistica del Comune di Roma per l'agibilità legate ai Condoni sono previste delle deroghe tanto all'altezza che ai rapporti aeroilluminanti.
Grazie
in linea teorica è possibile rinunciare all'ultimo condono tornando quindi alla situazione del primo, e se non ci sono opere, si dovrebbe poter procedere come risanamento conservativo.
EliminaLa ringrazio molto. Proverò a procedere con il risanamento conservativo perché suppongo che sia la procedura più rapida.
RispondiEliminaBuongiorno Marco,
RispondiEliminami trovo ad intervenire in sanatoria su un immobile che ha subito un cambio d'uso condonato nell'85 (da magazzino a residenza).
La sanatoria riguarda un unico ambiente con angolo cottura che, facendo il calcolo della superficie finestrata, non rispetta il rapporto di 1/8.
Successivamente al condono è stata create una stanza da letto che ovviamente prende una delle due finestre. Mentre la nuova camera rispetta i rapporti aeroilluminanti, il resto dell'immobile (soggiorno con angolo cottura) no.
Mi chiedo, visto che con il condono è stato concesso un rapporto aeroilluminante minore, come mi devo comportare con la nuova configurazione che non potrà mai rispettare la normativa?
Grazie
verificherei che la nuova distribuzione sia almeno coerente con quanto disposto dalle determinazioni dirigenziali dell'ufficio condono riguardo all'agibilità dei locali.
EliminaBuonasera Architetto, a luglio 2020 ho acquistato un immobile nel comune di Roma che aveva usufruito della concessione in sanatoria del 94 e con la quale aveva trasformato il piano seminterrato della villetta completamente sbancato (ex box e posto auto) in soggiorno e cucina.
RispondiEliminaAdesso mi ritrovo a dover ristrutturare l'immobile e mi chiedo visto che l'altezza dei soffitti è di 2.50 se nella ristrutturazione e futura richiesta di agibilità posso avere problemi.
Grazie
bisogna valutare l'eventuale specifica regolamentazione locale, comunque in linea di principio ed in assenza di circostanze specifiche, gli immobili condonati non dovrebbero poter derogare alle regole sull'agibilità degli edifici nati legittimamente.
Eliminabuonasera
RispondiEliminaè possibile demolire e ricostruire in posizione diversa ma nello stesso immobile , una superficie realizzata abusivamente e oggetto di sanatoria rilasciata riportando ai valori corretti i parametri igienico sanitari?
Nello specifico si tratta di un bagno con h cm 232 ottenuto realizzando un ampliamento di un solaio intermedio all'interno dell'unità immobiliare su tre piani .
Il bagno è stato legalizzato con h. 232 cm mediante il rilascio della concessione in sanatoria e ora si vuole demolire l'ampliamento del solaio (e relative pareti) per ricostruirlo in posizione diversa all'interno della stessa unità immobiliare ma con H 240 cm
grazie
secondo me operando in dem-ric è opportuno che la costruzione ricostruita sia a norma riguardo alle regole attualmente vigenti, salvo casi particolari che possono crearsi in ambiti vincolati o in interventi di fedele ricostruzione.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaBuonasera architetto, volevo chiederle un parere in merito alla possibilità di effettuare una cila per un immobile oggetto di terzo condono per una veranda abusiva ma con concessione non ancora rilasciata.
RispondiEliminaSe le opere non riguardano la veranda, secondo lei è possibile presentare una cila per risanamento conservativo (devo installare una caldaia esterna per la sola produzione di acqua calda sanitaria, oltre diversa distribuzione degli spazi interni) mettendo come ante operam comunque la planimetria del condono?
La ringrazio in anticipo
Cordiali saluti
non è vietato ma il comune secondo una vecchia circolare che potrebbe ritenersi superata, chiedeva in tali casi di allegare la copia integrale del condono ed un atto d'obbligo al ripristino dell'originario stato dei luoghi in caso di diniego della sanatoria. valutate anche se non convenga istruire una procedura semplificata per la definizione del condono.
EliminaGrazie architetto, provo a cercare questa circolare...nel frattempo dall'ufficio condono mi hanno risposto che non posso fare pratiche se il condono è aperto, ma alla mia domanda del perchè è ammessa la scia in alternativa al pdc con condono non definito (ho anche allegato le linee guida del municipio XIV che indicano tale procedura) hanno solo risposto che la domanda di condono non è un titolo abilitativo (cosa che ovviamente sapevo...). Sto cercando di capire come muovermi per la procedura semplificata ma sto ancora aspettando da 2 mesi che il SIPRE mi invii la copia del fascicolo del condono...lei ha per caso già attivato questa nuova procedura? Quanto dovrei aspettare prima di poter procedere con la cila?
RispondiEliminase si presenta una SCIA su immobile con condono, semplicemente l'ufficio la sospende e sollecita la definizione del condono: questa, da quanto so, è la prassi in vigore fino ad un po' di tempo fa.
EliminaGrazie architetto,
EliminaIn merito alla circolare che citava effettivamente ho trovato una delibera in cui si specifica che non è più possibile richiedere atti d'obbligo.
Se per la SCIA è valida la procedura che lei cita, per la cila potrebbe essere lo stesso? Ma cosa dovrei indicare come ante operam se il condono non è rilasciato?
La ringrazio sempre in anticipo per la sua disponibilità
il punto è proprio questo: come ante operam si dovrebbe mettere lo stato autorizzato "virtuale" di condono: è per questo che se poi il condono viene denegato, il titolo edilizio che si deposita diventa inefficace.
EliminaBuongiorno architetto,
RispondiEliminami trovo in questa situazione: siamo in Calabria, ed abbiamo un Immobile (2 Piani F.T. oltre sottotetto non praticabile) realizzato ante 1967, per cui il Comune, nel 2005, rilascia Permesso di Costruire in Sanatoria, su richiesta presentata dalla committenza ai sensi della Legge 47/1985 (primo condono).
Trattandosi di immobile avente volume inferiore ai 450,00 mc, ai sensi della Legge 47/1985, non fu presentata - cito testualmente dalla Legge sul primo condono - “una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all'esercizio della professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite”.
Pertanto, oggi, l’immobile, avente struttura mista (muratura ordinaria e struttura intelaiata in c.a.), oltre ad essere privo di collaudo, non ha nemmeno la predetta perizia giurata attestante l’idoneità statica delle opere eseguite, in quanto all’epoca della richiesta di condono, non “necessaria”, stante la cubatura al di sotto dei 450 mc.
“Ovviamente” non è mai stata richiesta l’agibilità di questo immobile.
Su questo immobile, a breve, saranno eseguiti lavori di ristrutturazione per cui sarà presentata SCIA al Comune. Fra questi lavori, la chiusura di una porta esterna e la realizzazione di un foro (di superficie di 1 mq) sul solaio di interpiano finalizzato all’inserimento di una scala a chiocciola prefabbricata, che andrà dal P.T. al Piano 1° (opere rientranti fra gli “interventi privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità” ai sensi della Legge sismica Regionale per cui, a fine lavori, andrà redatta Dichiarazione di regolare esecuzione e Certificazione di Rispondenza al progetto, così come da normativa regionale).
La domanda è: alla luce delle premesse, una volta ultimati i lavori, per poter chiedere l’agibilità di questo immobile, sarà sufficiente una perizia di idoneità statica oppure è necessario procedere al collaudo statico (con tutto ciò che comporterebbe)?
Grazie per la risposta e mi scuso per il papiro, ma era necessario.
è una situazione da valutare approfonditamente, e certamente conta anche il fatto se ci si trova in zona a rischio sismico oppure no, perché ciò incide sulla documentazione necessaria ai fini dell'acquisizione del condono e dell'agibilità.
EliminaSì, siamo in Calabria, quindi zona sismica. Addirittura c'era un vecchio regio decreto degli anni '20 (sto andando a memoria e potrei ricordare non perfettamente) che includeva tutti i comuni calabresi fra quelli a zona sismica.
RispondiEliminaBuongiorno. Sono proprietario di un'abitazione costruita abusivamente negli anni 90 e totalmente condonata. Ho effettuato nel 2016 lavori di modifica degli ambienti interni (tutto in regola con CILA) e successiva presentazione al catasto della nuova disposizione interna. E' necessario intervenire sul condono edilizio originale oppure è sempre valido? Grazie
RispondiEliminail condono è come una licenza edilizia ordinaria: una volta ottenuto, entra a far parte della storia della legittimità dell'immobile, ma non deve essere "toccato" più: i nuovi titoli dovranno essere in coerenza con quelli pregressi.
EliminaBuongiorno architetto, in riferimento alla tematica affrontata, sono ad interrogarla per un quesito. In un appartamento è presente un soppalco abitabile con altezza in deroga (2.30) per cui è stata rilasciata una concessione edilizia in sanatoria anni fa (per aumento di SUL). Le strutture del solaio in legno del soppalco sono ormai sono vetuste, sarebbe possibile demolirlo e ricostruirlo, essendo lo stesso l'oggetto della vecchia domanda di condono? Oppure in questo modo perderei la deroga alla normativa vigente? Sono in attesa di un appuntamento con il tecnico di zona, intanto le chiedo un confronto e la ringrazio per la sua sempre grande disponibilità.
RispondiEliminaa mio parere, sostituire la struttura del soppalco è possibile in quanto legittimato. si valuti, però, se vi sono le condizioni per riposizionare il solaio in altra posizione o altezza in modo da migliorare comunque i parametri igienico-sanitari.
EliminaBuonasera architetto, in riferimento all'articolo, Le chiedo...sto valutando l’acquisto dell’appartamento sovrastante il mio per poi unirlo in un unico immobile. È un sottotetto condonato nel 95 con agibilità e abitabilità, accatastato A2, con altezza media 2.25 e RAI di poco sotto la media.
RispondiEliminaVorrei unirli e creare nel piano superiore (che attualmente è un grande open space soggiorno/cucina, una camera un bagno)…. tre camere lasciando intatto il bagno.
È fattibile l’unione? È possibile ridisegnare gli spazi sopra rifacendosi alle altezze e ai Rai del condono? Sarebbe considerato un intervento migliorativo delle condizioni igienico sanitarie?
Nella concessione in sanatoria (trasformazione sottotetto da agibile in locali di civile abitazione ad uso residenziale) vi è questa dicitura: Si precisa altresi che il certificato di abitabilità/agibilità delle opere indicate in premessa, sì intende concesso contestualmente alla presente concessione in sanatoria ai sensi art 35 comma 20 legge 47/85, vale anche come certificato di abitabilità?
Grazie mille
Buongiorno Marco ho un quesito su Volume condonato con destinazione magazzino: in questo caso è consentita una demolizione e ricostruzione con sagoma e volume identici all'esistente ? grazie
RispondiEliminala regione ha sempre indicato che il condono è titolo di legittimità valido per eseguire opere di trasformazione.
EliminaSalve architetto,
RispondiEliminasu un immobile a Bologna, ad uso ufficio, con altezza interna 2,40 metri, risulta rilasciato un certificato di agibilità/abitabilità nel 1971 ed una autorizzazione all’uso ufficio con condono rilasciato nel 1997. Volevo sapere se secondo il suo parere è possibile il cambio di destinazione d'uso da ufficio (classe cat. A10) verso abitativo in deroga ai requisiti igienico-sanitari da DM 1975, applicando l’art. 11, comma 2-bis, della L.R. n. 15/2013.
Grazie mille per un qualsiasi chiarimento o consiglio 🙂
dovrebbe contattare un tecnico che opera su Bologna: avete un regolamento edilizio molto ampio ed articolato, occorre contattare un tecnico che ne ha dimestichezza.
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RispondiEliminaBuongiorno architetto Campagna,
RispondiEliminain riferimento all’articolo avrei una questione da sottoporre…
Mansarda comunicante con un appartamento sottostante condonata ad uso abitativo grazie a condono legge 47/85. La mansarda ha un’altezza media di 210 cm (nel punto più alto è 230 cm). Dovendo intervenire con modifiche interne (tramezzi e rifacimento bagno esistente), la mansarda sarebbe ancora considerata abitabile, anche se con altezza minore del DM 1975?
In attesa di gentile riscontro la ringrazio e la saluto.
la questione non è mai stata chiarita in modo definitivo né dalle norme né dalla giurisprudenza. ad ogni modo, si può fare riferimento alla normativa per l'agibilità di Roma che, in caso di condono, espressamente prevede che se nell'immobile oggetto di condono si eseguono opere successive, ma mantenendo altezze inferiori alla norma, l'agibilità deve essere sempre valutata dall'ufficio condono ma ciò fa capire che è possibile comunque ottenerla.
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