domenica 31 maggio 2020

TAR Lazio: il centro storico di Roma dovrebbe essere elevato (almeno) a vincolo paesaggistico!

In questo blog è stata data (spero) adeguata evidenza ad un paradosso che ci si trascina avanti da anni: il centro storico di Roma, quel centro che ha oltre duemila anni di storia, che ha visto nascere e morire culture, religioni, repubbliche, imperi, regni, e che ha visto lavorare artisti di fama internazionale, secondo l'attuale impostazione vincolistica, è tutelato da una procedura tutt'altro che stringente, paradossalmente inferiore, come livello di attenzione, ai borghi storici del Lazio, i quali sono tutti bellissimi, ma comunque storicamente e culturalmente non confrontabili con la Città Eterna. Il TAR con recente sentenza entra nel merito di questa questione, e produce una decisione lapidaria.
immagine da Pixabay

brevissima sintesi: il Centro Storico di Roma attualmente non ha una forma vincolistica emanata ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004 n°42 (Codice dei Beni Culturali), né come forma di bene culturale (parte II del Codice), né come forma di vincolo paesaggistico (parte III del Codice). ovviamente, in centro sono presenti moltissimi edifici o zone sia con vincolo "diretto" di bene culturale (ed anche con vincolo "indiretto), sia con vincolo paesaggistico (pochissimi in verità, e circoscritti), ma non esiste una vera e propria forma di vincolo "strutturato" per l'intero centro storico.

Eppure, il nucleo storico della Capitale è inserito tra i beni patrimonio dell'umanità (UNESCO) dal 1980, anno da cui attende l'approvazione di un regolamento specifico di gestione, che ancora tarda ad arrivare. Nel 2007, anno di adozione del nuovo PTPR Lazio, il centro storico di Roma, così come moltissimi altri centri storici regionali, è stato individuato, nelle tavole prescrittive "B", come nucleo storico e, in quanto tale, portatore di un vincolo paesaggistico. purtroppo però, le norme tecniche del PTPR (art. 43 comma 15 del piano adottato) specificano che proprio nella capitale, tale vincolo non ha valore, forse perché la Regione riteneva prossima l'adozione del famoso regolamento. L'esclusione dalla disposizione di tutela è stata confermata nel PTPR approvato a febbraio 2020 (art. 44 comma 19), ma l'intera approvazione definitiva del Piano è stata impugnata dal Governo di fronte alla Corte Costituzionale, del cui sviluppo ancora non si sa nulla. Nel frattempo, il PRG di Roma, adottato nel 2003 ma approvato nel 2008, si è inventato, con l'art. 24 delle NTA, un suo meccanismo interno di "collaborazione" con la Soprintendenza statale per l'emanazione di dei pareri "consultivi" laddove gli interventi edilizi riguardassero il patrimonio UNESCO: nei fatti, le funzioni che normalmente sono svolte dal COQUE, nel sito UNESCO sono svolte dalla Soprintendenza statale, e sono estese anche ad ulteriori opere oltre quelle soggette alla normale procedura del COQUE. Per regolare tale collaborazione, è stato sottoscritto nel 2009 un protocollo d'intesa tra Comune e Soprintendenza.

Ancora, però, non si parla di vincolo: si tratta solo di procedure autorizzative attribuite ad una Commissione (il COQUE) che svolge, per alcuni specifici interventi, le funzioni della vecchia "commissione edilizia". Dunque è un po' come se alla Soprintendenza venisse chiesto di svolgere le funzioni della "commissione edilizia" per gli interventi di un certo tipo in centro storico a Roma, ma non si tratta di una vera e propria procedura di vincolo ai sensi del Codice.

Dell'argomento, ne ho discusso in diversi post ma soprattutto in questi:
  • sovrintendenza e silenzio-assenso, in cui viene descritto come nelle procedure di autorizzazione paesaggistica il silenzio-assenso non esista (verso il cittadino), mentre invece la particolare condizione in cui si trova il centro di Roma ammette l'esistenza di tale istituto, proprio perché si "disapplica" la norma paesaggistica;
  • centro storico di Roma e fascia di rispetto, in cui il discorso è focalizzato sulla fascia di rispetto ma si parla sempre del medesimo concetto secondo cui il centro di Roma viene escluso dai vincoli di natura paesaggistica.
Il vincolo "unesco" quindi viene gestito con delle procedure non convenzionali, non dettate dal Codice dei Beni Culturali, le quali procedure peraltro, come descritto nel post linkato, prevedono anche un silenzio-assenso.

Questo produce un paradosso: dato che gli altri centri storici individuati nel PTPR sono a tutti gli effetti dei vincoli paesaggistici (i piani paesistici regionali hanno potere di imporre vincoli), ne consegue che in questi piccoli centri le procedure autorizzative per interventi edilizi con rilevanza esterna devono necessariamente seguire l'iter di cui all'art. 146 del Codice, ovvero acquisire l'autorizzazione paesaggistica, la quale è atto "autonomo e presupposto" al titolo edilizio: un qualcosa di molto importante la cui omissione comporta non solo l'inefficacia del titolo edilizio, ma anche l'esposizione ad ipotesi di reato. A Roma invece il PTPR impone la disapplicazione del Codice dei Beni Culturali, e relega sotto certi aspetti il centro storico di Roma ad un livello inferiore di tutela: anche se la Soprintendenza è un organo con grande potere, nel caso dei "pareri consultivi" non può esercitare le piene funzioni che può svolgere nell'ambito delle autorizzazioni paesaggistiche (sebbene il DPR 31/17 ne abbia un po' depotenziato l'arsenale, imponendo tempi di reazione troppo brevi), muovendosi peraltro in un campo privo di una sua connotazione normativa chiara (non è né una autorizzazione per interventi sui beni culturali, di cui alla parte II del Codice, né un parere endoprocedimentale interno ad una autorizzazione paesaggistica, di cui alla parte III del Codice), e con questo meccanismo del "silenzio-assenso" che è del tutto anomalo per una procedura che vuole assomigliare ad un vincolo, dato che nessuna delle procedure autorizzatorie del Codice dei Beni Culturali prevede tale strumento (se non il silenzio-assenso "tra amministrazioni", cioè endoprocedimentale).

In tutto questo panorama, oggi entra a gamba tesa il TAR, il quale, con una sentenza peraltro condivisibile, va a smontare tutto il castello che si è andato fin qui delineando. la decisione è della sezione 2q e prende il numero 5757/2020 (sulla scia di questa sentenza, ne segnalo una seconda, della medesima sezione, la n°9688/2020 sul tema specifico delle canne fumarie in zona UNESCO)

Il Tribunale romano ricorda che il vincolo Unesco non viene imposto per velleità di enti esterni alle istituzioni italiane, ma fu richiesto espressamente dal Ministero, proprio al fine di dare corpo e valore ad un insieme urbanistico di straordinaria importanza. Ritiene quindi il TAR "inammissibile" che il piano paesaggistico non imponga almeno un vincolo paesaggistico su tale importantissimo bene, portandolo al livello degli altri "graziosi borghi" del Lazio. C'è una affermazione del dispositivo che mi piace talmente tanto che voglio riproporla per intero:

Si finirebbe, infatti, per non assicurare a luoghi di valore simbolico “assolutamente eccezionale” per qualunque Popolo della Terra nemmeno la stessa tutela che deve essere garantita ad un qualsiasi “grazioso borgo” vincolato ai sensi dell’art. 136 cod. bbcc. in ragione di un valore molto più modesto del suo “aspetto caratteristico di rilevante valore estetico e tradizionale”, con conseguente palese violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dei mezzi di tutela rispetto al “valore” del bene tutelato.
è pur vero che la sentenza viene emessa in una situazione che, nella sua specificità, è paradossale: si tratta di un intervento effettuato in un area delicata (prossima ad uno dei più rilevanti monumenti archeologici romani) ma che all'improvviso è risultata priva degli strumenti di tutela che ci si sarebbe aspettati avesse avuto già da tempo. In ogni caso, l'area, benché non oggetto di tutela diretta ai sensi della Parte II del Codice, era comunque ricompresa all'interno di un vincolo paesaggistico (PTP 15/12 della Regione Lazio) e quindi necessitava comunque di una procedura di autorizzazione paesaggistica che sembra essere manchevole all'interno dell'iter autorizzativo del caso specifico.

La società interessata all'intervento ha impugnato la sentenza 5757/2020 dinanzi al Consiglio di Stato il quale, però, non poteva far altro che convalidare la validità della sentenza e quindi rigettare il ricorso: è pacifico che se un intervento necessitava dell'autorizzazione paesaggistica, e questa non è stata richiesta, l'intervento non può considerarsi correttamente autorizzato. La sentenza di Palazzo Spada è la n°8641 del 28 dicembre 2021 sez. VI

Tornando al passaggio che è oggetto del post, il TAR arriva ad evocare un concetto chiaro, anche se non si spinge (perché probabilmente non può) oltre: il PTPR non avrebbe dovuto escludere il centro storico dai vincoli paesaggistici e, pertanto, è come se sul centro storico gravasse un vincolo paesaggistico. L'affermazione del TAR probabilmente non ha la forza di istituire un vincolo che non c'è, ma è opportuno muoversi, da oggi in poi, con grande attenzione e, soprattutto, con le orecchie tese alle inevitabili conseguenze.

Nella sentenza del Consiglio di Stato sopra richiamata, che pone fine alla vicenda, non viene, però, raccolta questa tesi del TAR relativa alla inadeguatezza degli strumenti di tutela del centro storico: alcuni leggono questa mancata citazione come una smentita.

12 commenti:

  1. Bravissimo architetto Campagna.Le ricordo comunque che è strepitoso passeggiare per il centro di Roma e vedere che è abitato da "persone che contano e politici" che fanno di tutto per non vincolare il centro...e ancor più bello è sapere che hanno ottenuto il condono edilizio 326/03 (prima di subito)...si si proprio quello, che invece è orgogliosamente negato per i per i poveri disgraziati che abitano nelle periferie.Caro architetto il ptpr della regione lazio è una jattura soltanto per il popolino

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  2. Contestualmente alla adozione del PTPR è stato imposto il vincolo paesaggistico relativo anche al centro storico di Roma come "bene tipizzato": la Tavola B_24_374 lo individua in modo inequivocabile e comporta l'obbligo sul piano delle procedure di acquisire l'autorizzazione paesaggistica. La circostanza che le norme del PTPR (art. 43, comma 15, ora art. 44 comma 19) non dettino prescrizioni di tutela non esenta dall'obbligo di rilasciare sempre e comunque l'autorizzazione paesaggistica

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    1. a mio parere non è così, partendo dal principio, giuridicamente consolidato, che le norme scritte prevalgono sui grafici: se nelle norme c'è scritto, come è scritto, che il vincolo non si applica al centro storico patrimonio unesco, questo prevale sulla graficizzazione dove invece è individuato. tant'è che gli uffici si sono sempre orientati in tal senso, a torto o a ragione. La questione comunque non è mai stata del tutto chiara.

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    2. Le sfugge che nella gerarchia delle fonti del diritto da un lato la Regione Lazio ha il pieno potere di imporre il vincolo paesaggistico del centro storico come "bene tipizzato", che esiste dal 2008, mentre dall'altro lato uno strumento attuativo della legge regionale n. 24/1998 come il PTPR non può derogare dall'art. 146 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che è sovraodinato ed obbliga al rilascio preventivo ed obbligatorio della autorizzazione paesaggistica per tutti i progetti di edificazione ricadenti all'interno del vincolo. Legga meglio la sentenza del TAR n. 5557 del 29 maggio 2020

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    3. grazie per il suo appunto. le assicuro che non mi sfugge la gerarchia delle fonti del diritto: ho riletto con attenzione il passaggio a cui certamente fa riferimento, ma rimane a mio parere un vuoto.

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  3. Bellissimo blog e bellissimo articolo. le vorrei sottoporre un problema pratico del comune cittadino che si è letteralmente perso in questa giurisprudenza: in un cortile interno di un palazzo in centro storico a Roma mi hanno sequestrato una pergotenda 3m x 1.5 m sul balcone di un immobile in cui conduco attività commerciale,per violazione del vincolo ex art 10 dlgs 42/2004.
    Poi la stessa sovrintendenza statale, che aveva inizialmente contestato che l'intervento doveva essere autorizzato ai sensi dell'art. 21 ha dichiarato che invece a questo immobile si applica l'art.45, ma soltanto sulle facciate frontali del palazzo perché interagiscono con una chiesa storica vincolata, mentre nel cortile interno addirittura non ci sono vincoli. Questo significa dunque che la sovrintendenza statale non aveva la competenza sul sequestro e che il parere preventivo per autorizzare la pergotenda andava invece indirizzato alla sovrintendenza capitolina? Se sì, secondo te possono autorizzare la pergotenda senza chiederne prima la demolizione, visto che loro stessi prevedono che debba coprire tutto il balcone (e lo fa)?
    Per effetto della sentenza del TAR che cosa succede se mi rivolgo al giudice penale per ottenere il dissequestro? potrà considerare come vincolato tutto il palazzo per effetto del nuovo orientamento? Grazie un saluto

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    1. anzitutto, direi che bisogna acquisire copia del decreto di vincolo, per capire quale è l'esatto oggetto della tutela. Se poi non dovesse risultare puntualmente vincolato, la pergotenda potrebbe ricadere in quei casi in cui la Soprintendenza (statale, se siamo in patrimonio UNESCO) emette un parere consultivo e non una autorizzazione.

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  4. Buongiorno, la ringrazio per i suoi post. Vorrei chiederle se può, a partire dalla sua esperienza, darmi qualche indicazione su quali aree del centro storico di Roma sarebbero più gravemente modificate se, per assurdo, non esistesse alcun vincolo paesaggistico o di tutela, e si applicassero al centro le stesse norme previste per le nuove costruzioni (RAI, distanze e altezze previste per pieni e vuoti, per citarne alcune)?

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    1. non sono sicuro di aver ben compreso il quesito, comunque se intendeva chiedere quali sono le zone che potrebbero maggiormente essere esposte a procedure speculative in ipotetica assenza di tutela, a mio parere sarebbero quelle zone con densità edilizia leggermente inferiore alla media, quindi le parti più vicine al perimetro delle mura. ma è un discorso del tutto teorico in quanto le norme possono essere diversissime da edificio ad edificio anche se posti nello stesso isolato.

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    2. Buonasera, la ringrazio per la sua risposta. Mi scuso per la poca chiarezza, capisco che si tratti di un'ipotesi assurda, ma mi pare sia rilevante rispetto alla definizione di patrimonio, fra le altre cose. Provo a riformulare a partire da un esempio, sempre per assurdo: se analizzassimo l'area di Trastevere compresa fra Via Garibaldi e Via di S. Gallicano esclusivamente alla luce delle norme vigenti per nuove costruzioni, che percentuale potrebbe essere considerata a norma? ovvero, sarebbe possibile replicare in maniera identica la stessa architettura e maglia stradale su un'area vuota? o si tratta, secondo la normativa vigente, di un enorme abuso edilizio?

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    3. la trasformabilità dei tessuti urbani dipende dalle disposizioni del piano regolatore e delle eventuali leggi speciali o altri strumenti speciali, non dipende direttamente o esclusivamente dai vincoli di tutela.

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