giovedì 16 febbraio 2017

abusi edilizi e procedure repressive

In questo post parlerò di uno degli aspetti meno felici dell'edilizia: gli abusi edilizi e le relative procedure repressive che vengono avviate per combatterli. Diciamo subito che, per quella che è la mia lunga esperienza personale sull'argomento, gli abusi non sono solo quelli che vengono realizzati consapevolmente, ma sono anche e soprattutto situazioni, magari ereditate o magari insite nell'immobile acquistato e mai scoperte, di cui il responsabile viene a conoscenza in modo improvviso e, a volte, drammatico.



Parlerò principalmente delle procedure che vedo fare a Roma, che è la città dove opero professionalmente: il sistema comunque deve essere omogeneo in tutta Italia perché le leggi a cui si fa riferimento sono nazionali. Possono comunque esserci sfumature da comune a comune anche e soprattutto nella determinazione delle sanzioni, perché quelle possono essere oggetto di diversa normazione a livello regionale (come difatti è nel Lazio, dopo l'emanazione della L.R. 15/2008).

Per discutere di questi argomenti mi risulta più semplice, anche probabilmente per chi legge, fare riferimento ad una recente sentenza TAR Lazio sez 2Q n°2034/2017 , non particolarmente innovativa - perché conferma concetti già detti da altre parti - ma che contiene al proprio interno la trattazione di una serie di concetti che è importante focalizzare quando si parla di abusi edilizi ed accertamenti amministrativi.

La storia attorno a cui ruota la sentenza è la seguente: in una zona con vincolo paesaggistico, ma pesantemente urbanizzata (Flaminio) viene ampliato abusivamente un attico, prima con un ampliamento e poi con un secondo. Il primo ampliamento viene condonato con la legge del 1993, e per il secondo, realizzato successivamente, viene chiesto il condono con la legge del 2003: quest'ultimo viene respinto dall'ufficio condono perché in violazione della legge regionale di attuazione del condono la quale prevede che gli ampliamenti non sono ammissibili nelle aree vincolate. Il diniego del condono viene d'ufficio trasmesso al municipio competente, che quindi accerta l'irregolarità emanando il relativo provvedimento repressivo. Il titolare dell'abuso (che non è l'autore materiale, perché acquisterà successivamente) resiste presso il TAR sia al provvedimento repressivo, sia - diciamo fuori termine - all'annullamento del condono. Come si vedrà, il TAR confermerà l'annullamento del condono (in modo peraltro del tutto deciso) ma riterrà in parte sbagliata la procedura repressiva seguita dal Municipio.

In questo post comunque vorrei delineare la procedura repressiva, e le sue relative varie fasi. Per approfondire il tema degli abusi edilizi e per aiutare a distinguere tra quelli più gravi e quelli meno gravi, potete fare riferimento a quest'altro mio post.

Dunque in caso di notizia di abuso edilizio, il Comune (cioè il Municipio territorialmente competente) invia la Polizia Municipale (generalmente, ma non sempre, accompagnata da uno dei tecnici istruttori oppure dalla p.o. del settore disciplina edilizia) dopo aver recapitato un avviso dell'avvio del procedimento per presunti abusi edilizi. Se nel sopralluogo vengono rilevate delle difformità, parte il procedimento repressivo.

Sulla base del verbale della Polizia, l'ufficio Disciplina Edilizia analizza i rilevamenti e definisce di quale tipo di violazione si tratta: nella rilevazione, si dovrà fare riferimento alla legge regionale 15/2008 che ha normato in modo specifico le sanzioni per l'abusivismo edilizio*. Molte sanzioni di questa legge sono secondo me sproporzionate rispetto al "reato", comunque questa è solo una mia opinione. Definito il tipo di abuso, viene prodotta una Determinazione Dirigenziale (DD) iniziale in cui viene imposto al responsabile dell'abuso o al proprietario dell'unità edilizia la "sospensione dei lavori" che è un provvedimento di tutela per evitare che l'immobile possa subire delle alterazioni durante l'istruttoria. Questo provvedimento iniziale, e la sentenza citata lo specifica bene, ha una durata che per legge non supera i 60 giorni, dopodiché decade automaticamente ed oltre quella data non ha senso farvi ricorso.

* leggi dopo, perché la stessa sentenza di cui si tratta dirà che per gli abusi concretizzatisi prima dell'entrata in vigore della LR 15/08  va applicato il regime sanzionatorio precedente, cioè quello della normativa nazionale.

All'interno della validità della prima DD l'ufficio Disciplina dovrebbe produrre la seconda DD, quella più importante, in cui l'amministrazione irroga la sanzione che ha stabilito. Generalmente però passa molto più tempo, soprattutto se ci si trova in zona A di piano regolatore (per Roma coincide non solo, ovviamente, con il centro storico entro le mura aureliane ma anche con tutti i tessuti definiti della "città storica", quindi per esempio l'intera estensione del Municipio II, il quartiere Prati, la Garbatella, ed altri anche sparsi per la città) dove il Municipio è obbligato a richiedere il parere della Sovrintendenza SBAP circa la scelta tra il comminare la sanzione pecuniaria o intimare il ripristino dello stato dei luoghi. Se trascorrono 60 giorni senza che la SBAP si sia pronunciata, il municipio decide autonomanente tra le due opzioni.

Nel fatto di cui si parla nella sentenza TAR linkata, l'amministrazione con la seconda DD ha comminato sia la sanzione pecuniaria e sia l'intimazione al ripristino dello stato dei luoghi: il TAR su questo punto ha dichiarato illegittima la procedura perché, ed è vero, la legge nazionale è chiara nel dire che le due sanzioni sono alternative: o si applica la sanzione, o la demolizione. applicare entrambe dunque è una violazione procedurale.

Sulle sanzioni, e qui veniamo ad un aspetto molto delicato ed importante, il Municipio si è basato appunto sulle indicazioni della LR 15/2008, che è stata recepita da Roma Capitale con la delibera dell'Assemblea Capitolina n°44/2011, ed ha comminato una sanzione di un dato importo calcolata "in base alla gravità dell'abuso". L'abuso, però, è acclarato come essere stato realizzato nel 2002, o comunque risultava già in essere alla data del 2003 quando fu depositato il secondo condono edilizio, e, dunque, il TAR specifica che le sanzioni da applicare non sono quelle della legge regionale, che è del 2008, ma sono invece quelle che erano previste prima di detta legge, in base al principio di irretroattività delle sanzioni amministrative. Prima della LR 15/08, c'era nel Lazio il sistema sanzionatorio previsto dalla legge statale, la quale prevedeva e prevede per l'abuso in questione, a detta del TAR, una sanzione massima di 5.000 euro circa. Essendo superiore la sanzione comminata dal Municipio, il TAR respinge anche questo aspetto. La sentenza nello specifico si concluderà annullando la seconda DD (la prima DD la darà decaduta per decorrenza dei termini, come detto sopra) chiedendo al municipio di formulare una nuova DD in cui, sostanzialmente, dovrà decidere se comminare una sanzione non superiore a circa 5.000 euro oppure intimare il ripristino dello stato dei luoghi.

Non è chiaro, però (e non avrebbe potuto essere chiarito in questa sentenza perché esula dal contesto), se questo concetto è applicabile anche alle procedure di accertamento di conformità di cui agli artt. 36 e 37 del DPR 380/01: da un lato sì, nel senso che se vi sono documenti che attestano che l'abuso risale a prima del 2008 si dovrebbe applicare la sanzione in vigore al momento della realizzazione; dall'altro lato no, perché l'accertamento di conformità prevede il concetto della "doppia conformità", cioè gli interventi abusivi devono essere compatibili con gli strumenti urbanistici sia al momento della loro realizzazione e sia al momento della richiesta di accertamento, e, dunque, potrebbe essere legittimo applicare il regime sanzionatorio in vigore al momento del deposito della richiesta.

Occorre rilevare che se il municipio comminasse solo la sanzione amministrativa, che potrà sembrare più "conveniente", l'abuso edilizio in sè non si dovrà considerare affatto sanato, ma rimarrà un abuso edilizio che impedirà all'immobile di poter vedere autorizzate delle future modifiche (le nuove istanze edilizie, CILA o SCIA, possono essere depositate solo su immobili urbanisticamente legittimi) e che potrebbe avere problemi di commerciabilità (sarebbe un immobile con abusi non sanati realizzati successivamente al 1967) oltre che, comunque, essere ovviamente escluso dal poter ottenere l'agibilità. Certamente l'abuso non potrà essere perseguito una seconda volta, ma se il proprietario vorrà riportarlo in uno stato di legittimità, dovrà provvedere prima o poi all'effettivo ripristino dello stato dei luoghi originario.

Ultimo tema trattato nel caso di cui alla sentenza TAR, quello del condono edilizio 2003 e della legittimità degli ampliamenti in area vincolata. Nel Lazio purtroppo è stata emanata nel 2004 la legge di applicazione del condono del 2003, ma tale legge è stata emanata dopo che erano scaduti i termini per presentare le domande, dunque la legge regionale è intervenuta quando i richiedenti avevano già depositato le loro istanze. La Legge regionale ha stabilito che nelle aree vincolate non era possibile ottenere il condono per ampliamenti, al contrario di quella nazionale che invece non lo impediva (dietro sempre ottenimento di nulla osta del tutore del vincolo). Contro la legge regionale ci sono stati dei ricorsi che però non sono stati accolti, dunque la legge è da considerarsi valida: fatto sta che molte persone si trovano in una sorta di limbo, avendo presentato una domanda di condono che al momento del deposito era "concessionabile", salvo poi vedersi implicitamente bocciato il titolo dalla successiva legge regionale. Quando queste domande vengono sollecitate, l'ufficio condono risponde avviando la procedura di rigetto, come nel caso di cui si tratta nella sentenza TAR.

Nelle aree vincolate del Lazio tuttavia è possibile sanare con condono 2003 quegli interventi che non incidono sulle  volumetrie esterne, come per esempio i cambi di destinazione d'uso. Più sibillina l'eventuale possibilità di sanare piccoli ampliamenti contenuti all'interno dell'1% della superficie dell'unità immobiliare legittima: l'ordine di servizio n°984/2013 dip. PAU specifico di Roma Capitale infatti sembra consentire questa possibilità.

Sempre nel caso specifico della sentenza linkata, il titolare dell'abuso nel resistere alla determinazione dirigenziale proverà a sostenere che sono intervenuti i termini di silenzio-assenso per poter considerare il condono come accolto. Qui il TAR è meno netto nel delinerare una sua idea a riguardo, ma si limita a dire che un successivo provvedimento di rigetto "annulla" ogni silenzio-assenso eventualmente maturato: probabilmente l'aspetto si chiarirà meglio se questa sentenza dovesse arrivare al Consiglio di Stato.

per riassumere, queste sono le fasi che l'amministrazione generalmente segue dopo la segnalazione di un presunto illecito edilizio:
  1. visita della polizia municipale sul posto, eventualmente accompagnata dai tecnici amministrativi;
  2. se si ritiene di non essere in una situazione di illecito, dopo la visita della polizia si può trasmettere al municipio (ed alla polizia) una documentazione che possa aiutare l'amministrazione a capire la situazione. tuttavia, detta documentazione può essere anche del tutto ignorata;
  3. sulla base del verbale della polizia, l'ufficio preposto (in genere è quello della disciplina edilizia) stabilisce se effettivamente c'è un abuso, e, se si, definisce in quale tipologia ricade. Ne dà quindi comunicazione al responsabile con una prima determinazione dirigenziale di intimazione alla sospensione lavori, dove però non viene ancora comminata alcuna sanzione. Se ci si trova in ZTO A, a seguito di questa DD il Municipio deve chiedere il parere alla sovrintendenza statale riguardo al fatto se applicare la sanzione pecuniaria o se intimare il ripristino. Come abbiamo visto, questa prima DD decade automaticamente dopo un certo tempo. Tecnicamente, si può fare ricorso al TAR a questa prima determinazione dirigenziale;
  4. successivamente alla prima DD, nel caso di individuazione di abuso edilizio, deve essere emanata una seconda determinazione nella quale è invece contenuta la sanzione che l'amministrazione ha stabilito: deve essere, in alternativa e non entrambe insieme - come abbiamo visto in base alla sentenza citata -, o il ripristino dello stato dei luoghi o la comminazione di una sanzione pecuniaria stabilita ai sensi della delibera dell'assemblea capitolina n°44/11. A questa seconda DD si può fare ricorso, nei termini, se si ritiene che l'amministrazione abbia commesso degli errori di valutazione;
  5. Si può comunque provvedere al ripristino dello stato legittimo dei luoghi, dopo aver riconosciuto l'abuso, ovviamente dietro la presentazione di un idoneo titolo edilizio. Qualora invece le opere fossero sanabili, cioè opere per le quali avrebbe potuto essere rilasciato il titolo edilizio ma non lo si è chiesto, si può presentare una istanza di accertamento di conformità: attenzione: l'amministrazione non necessariamente vi dirà nelle DD se gli abusi sono sanabili - anzi difficilmente si sbilancerà - , ma dovete rivolgervi ad un tecnico privato che sappia valutare la situazione. In ogni caso, va chiesto a conclusione delle opere di ripristino una verifica di ottemperanza, alla quale seguirà una ulteriore comunicazione di avvenuto ripristino e quindi di conclusione dell'iter repressivo.
  6. Se gli interventi individuati sono di rilevanza penale, gli atti prodotti vengono tutti inviati in Procura per le eventuali indagini di competenza.

52 commenti:

  1. Grazie Marco, sempre chiaro e preciso. Una preghiera: quando ti avanzerà un pò di tempo, eperchè non fai un post anche sul fantomatico "ripristino dello stato dei luoghi"? È una procedura che in alcuni Municipi è ancora avvolta nella nebbia, soprattutto quando ci sono di mezzo opere strutturali. Non si è ancora capito da chi parte l'esposto in Procura e come fare a dichiarare che le opere risalgono ad un periodo che le rende prescritte. Oltretutto mi è stato detto in Municipio che la scia di ripristino è generalmente fatta per interventi legittimi, non per abusi, anche se in via eccezionale a volte le accettano anche per questi ultimi.

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    1. Va bene lo metto tra le cose da fare. Comunque il ripristino si può fare anche da situazione abusive, ed anzi è proprio in quei contesti che è più indicato altrimenti come fai a dimostrare in futuro che hai effettivamente rimosso un abuso e ti sei messo in regola? la procedura serve proprio a questo. Per la sanatoria di opere strutturali, è il genio civile che, nel momento in cui riceve una domanda di sanatoria, oltre ad istruire la pratica deve contestualmente inviare gli atti in procura. Invece, se le opere di rilevanza penale sono gli abusi in sè (tipo ampliamenti) allora è il municipio che deve trasmettere sempre in procura i relativi atti. Non di rado per abusi minori o di scarsa rilevanza si archivia direttamente, anche se ancora non è intervenuta la prescrizione.

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  2. Perfettamente d'accordo, anche perchè la scia di ripristino permetterebbe di affrontare i lavori con un titolo in mano, evitando di commettere un ulteriore illecito. Purtroppo la mia strada si sta rivelando piena di ostacoli perchè al GC hanno storto un pò la faccia di fronte al fatto che l'opera da eliminare è stata fatta in modo abusivo. Mi è stato detto che la pratica potrebbe essere bloccata o respinta. Riguardo alla data in cui è stato commesso l'abuso, hanno detto che fa fede solo una data fissata da organi ufficiali e cioè o un accertamento a seguito di denuncia da parte di terzi o un'autodenuncia in Procura che fa scattare l'iter del perito del tribunale che descrive e ufficializza la situazione. Questo è quanto. Per curiosità, mi rendo conto che le sitazioni cambiano nel corso del tempo e a seconda dei casi specifici, ma a te è capitato di portare a termine ripristini con opere strutturali?

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    1. Non di recente. I tecnici del GC purtroppo hanno delle norme rigide e che nemmeno contemplano casi particolari come questi, dunque loro dovendo seguire le regole che hanno, non possono avere flessibilità. Per l'accertamento della data invece non sono completamente d'accordo con quanto asserito: in sede di giudizio possono valere anche prove concrete o indirette e non solo date certificate.

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  3. E' proprio come dici. Il problema, però, resta l'incertezza della situazione, troppo legata a indirizzi soggettivi degli organi competenti. È pur vero che di base c'è un abuso, però la "redenzione" la rendono davvero difficile! Grazie per la chiacchierata, Marco, sei un confronto preziosissimo. Se ci saranno sviluppi ti aggiornerò!

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  4. caro collega non ti sbagli, io la legge 15/08 la chiamo la legge truffa!!

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  5. Buongiorno, come affronterebbe invece una situazione dove è stato presentato e protoccollato il PdC ma non sono mai stati mandati inizio e fine lavori ed ulteriori comunicazioni al Comune? Quale sanzione si configura? Specifico che le opere realizzate sono confromi al PdC.

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    1. se il permesso è ancora in validità forse si può fare qualcosa; se è anche decaduto (lo è se è trascorso un anno senza invio dell'inizio lavori) allora è come se le opere fossero abusive.

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  6. Buonasera e complimenti! Sempre articoli di alto livello!

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  7. Buonasera, vorrei sapere se con l'ampliamento del "piano casa" clausole riportate nell'atto di compravendita possono andare in deroga o essere "ignorate".
    Ho recentemente scoperto che l'atto stipulato nel 1960 riporta che sull'intero lotto di terreno acquistato le eventuali costruzioni non dovranno superare 200mq di copertura (ma non viene specificato il perche').
    Sul terreno e' stato edificato un fabbricato con tale copertura, ma esiste ancora una cubatura residua che potrebbe essere ampliata sfruttando il piano casa; e' applicabile (dato che va in deroga a molte leggi e regolamenti) oppure devo attenermi alla clausola contenuta nell'atto?

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    1. se si tratta di un atto d'obbligo nei confronti del comune, secondo me è superabile con il piano casa; se si tratta di un impegno tra privati per altre ragioni, occorre prima rivedere quel patto.

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  8. Viene riportato nell'atto di acquisto dei vari lotti di terreno rodato dal noraio, che fu stipulato tra il venditore e tutti i conpratori dei lotti adiacenti. E quindi penso che rientri come atto tra privati non bypassabile dal piano casa.

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  9. Buanasera architetto,
    le propongo il seguente quesito e desidererei avere un suo parere:
    per sanare un balcone che non era previsto nel progetto del 1952 depositato al comune ma viene realizzato all'atto della costruzione della palazzina( sempre nel 1952), interpellando un tecnico del XIV municipio mi descrive che tale abuso si può sanare con una SCIA IN ALTERNATIVA AL P.d. C. e come sanzione il TRIPLO DEL COSTO DI COSTRUZIONE.
    Ma,essendo l'abuso realizzato prima dell'11 agosto 2008,giorno di entrata in vigore della L.R. 15/2008, non si dovrebbero applicare le sanzioni dell'art.22 e cioè il TRIPLO DEL COSTO DI COSTRUZIONE,ma si dovrebbe applicare l'art.36 della medesima legge, che in sostanza recita:per gli abusi precedenti alla L.R.15/2008 non si applica l'art.22 ma la legge precedente, e quindi non bisognerebbe pagare il TRIPLO DEL COSTO DI COSTRUZIONE , ma bensì il DOPPIO.
    Che giudizio ne da lei?
    In attesa di una sua risposta la saluto cordialmente.

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    1. ai fini del calcolo delle sanzioni, fa fede il momento in cui si deposita l'istanza: ad oggi è in vigore la LR 15 ed è quindi in base a quella che bisogna stimare l'oblazione, ed in ciò l'art. 22 è chiaro. Solo nel caso in cui sia l'amministrazione a rilevare l'abuso, allora la sanzione si applica in base alla norma in vigore al momento della realizzazione.

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  10. Egr. Architetto buonasera e complimenti per il blog.
    Ricollegandomi alla richiesta della collega Gabriella Gentile sulla SCIA per ripristino dello stato dei luoghi ed eliminazione degli abusi esistenti, le volevo porre un quesito in merito alla procedura da applicare ed al regime sanzionatorio applicato (se previsto). Vorrei procedere spontaneamente (nessun accertamento da parte del comune) a ripristinare lo stato dei luoghi così come da licenza edilizia originaria di un villino in fregene, nel quale è stato realizzato un ampliamento abusivo (chiusura di un portico) e la realizzazione di una tettoia in giardino. Escludendo ovviamente le spese necessarie per i lavori edili di ripristino e i diritti d'istruttoria per la presentazione della SCIA, vorrei capire se depositata (ripristino spontaneo) la pratica in comune, sono comunque passibile di sanzioni amministrative pecuniarie e di sanzioni penali relativamente agli abusi denunciati, o se invece tali sanzioni non vengono applicate.
    Ringraziandola anticipatamente per la risposta, porgo distinti
    saluti.

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    1. il ripristino spontaneo, in assenza di procedure repressive già avviate, a mio parere non può comportare nessuna azione sanzionatoria a posteriori, nè la pratica può intendersi "a sanatoria" visto che appunto si stanno rimuovendo degli abusi. Comunque occorre chiedere in Comune, perché qui ognuno la pensa come vuole su queste procedure meno "codificate".

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  11. Buona sera Architetto, ho presentato una scia ai sensi dell'art. 37 dpr 380/01 il comune si trova nel Lazio, quindi soggetto alla l.r. 15/08. Al comune affermano che per la scia non viene applicato il silenzio rifiuto dopo 60 giorni e che quindi loro non devono esprimersi su tale scia. In merito al silenzio rifiuto per la scia in art.37 ne il dpr ne la l.r. Sono chiarissimi, lei sicuramente avrà avuto casi simili, il silenzio rifiuto vale anche per la scia in art. 37? Grazie in anticipo

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    1. La norma nazionale non prevede silenzio rifiuto nel 37, ma solo nel 36. La legge regionale invece non si capisce, in quanto l'art 22 è unico e non distingue le due casistiche. Le scia ordinarie e le cila comunque a mio parere non richiedono una riposta esplicita da parte del comune, ma davvero non vi è certezza.

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    2. In merito alla l.r. ho trovato questo parere della regione lazio
      http://www.regione.lazio.it/binary/rl_urbanistica/tbl_pareri/Accertamento_conformit_MunicipioIX.pdf
      A questo punto non ci dovrebbero essere più dubbi.

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    3. bene, mi era sfuggito questo parere e mi fa piacere che la direzione urbanistica abbia interpretato come era più corretto fare, cioè rimanendo in aderenza al dettame della legislazione nazionale.

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    4. Quindi leggendo il parere la scia in sanatoria secondo l'art 37 non è soggetta a silenzio rifiuto e l'abuso è sanato con il pagamento della cosiddetta reversale proposta dal responsabile del procedimento?

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    5. l'art. 37 tendenzialmente non richiede una risposta da parte dell'ufficio, ma ci sono state (anche) sentenze di parere discorde. L'ufficio può comunque scrivere a posteriori chiedendo integrazione del pagamento, se lo ritiene insufficiente.

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  12. Egr. Architetto,
    Abito a Roma nel II municipio. A seguito di un sopralluogo da parte della polizia municipale venivano rilevate delle difformità rispetto alla planimetria e mi si suggeriva di presentare una CILA in sanatoria, cosa che è stata fatta. Ora, a distanza di qualche mese, mi è pervenuta una determinazione dirigenziale (la prima) nella quale mi si intima il ripristino delle parti modificate. Cosa converrebbe fare adesso? Posso richiedere una verifica di ottemperanza e come devo richiederla?

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    1. è possibile che all'ufficio disciplina non sia arrivata notizia della CILA in accertamento di conformità che è stata fatta (ispettorato edilizio e disciplina non sono lo stesso ufficio e non condividono i protocolli): consiglio di recarsi all'ufficio scrivente con la copia della CILA e spiegare la situazione; probabilmente le suggeriranno di protocollare una lettera in cui descrive la situazione e dichiara di aver già provveduto all'accertamento di conformità, tutto ciò partendo dal presupposto che la CILA abbia comunque sanato tutte le difformità riscontrate e non ve ne siano altre ancora in essere.

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    2. La ringrazio per la celere risposta. Provvederò a fare quanto da lei suggerito. Cordiali saluti e grazie ancora per la gentilezza e per la disponibilità.

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  13. Eg. Architetto
    Guardo sempre con molto interesse il suo blog e poichè recentemente mi sono imbattuto in una vicenda riguardante il condono edilizio 2003 in area vincolata, ho letto, all'inizio di questo post che la L.R. 12/04 (quella che ha stabilito che in area vincolata non è possibile ottenere condono per ampliamento) è stata emanata dopo che erano scaduti i termini per presentare le domande di cui alla L 326/03.
    Mi sembra però che la scadenza delle domande della 326/03 erano fissate al 10/12/04 mentre la L.R 12/04 è del 8/11/04.
    Mi sfugge qualcosa?

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    1. purtroppo la norma regionale è stata emanata dopo la pubblicazione della legge statale: sono stati fatti dei ricorsi ma non hanno impedito di ritenere legittima la norma, anche se posteriore. Purtroppo i condoni presentati anche prima dell'entrata in vigore della lR 12/04 sono destinati al rigetto se prevedono ampliamenti in zona vincolata.

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  14. Buongiorno, sono una collega ed ho presentato una pratica Scia art. 37 al I Municipio (senza Sovraintendenza) per un villino anni 30, non vincolato, nè inserito in Carta della Qualità e situato nel quartiere Monti.

    L'edificio è stato costruito su richiesta di Licenza edilizia del 1932, poichè tale licenza non è reperibile, il titolo di legittimità è il catastale del 1939.

    Nella pianta catastale del piano 2° adibito a soffitta, un muro perimetrale risulta arretrato rispetto alla facciata del villino di circa 80 cm, nella realtà invece il muro è allineato a detta facciata.

    Abbiamo effettuato dei saggi sul solaio di copertura che dicono che il solaio, che arriva sulla facciata, è stato costruito in quell'epoca (la tecnica costruttiva è quella tipica di quegli anni e del resto del villino).

    E' chiaro che non è possibile definire se è stato edificato nel 1932 insieme a tutto l'edificio o qualche anno più tardi (tipo primi anni '40). A questo punto, secondo te quali sono gli sviluppi possibili?

    Grazie

    Elena Padovani

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    1. insisterei con la ricerca del titolo edilizio: mi sembra strano che non ci sia, vista la zona. L'unica cosa che mi viene in mente che potrebbe aiutare sono le foto aeree dell'epoca: sara nistri ha un volo su roma del 32 o del 34, provate a vedere se si capisce qualcosa: se la foto dimostrasse uno stato diverso dal catastale, potrebbe ricavarsi qualcosa. Comunque ripeto: insisterei con la ricerca del progetto o comunque farei una richiesta di accesso agli atti per farmi certificare che non si trova.

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  15. Salve architetto ho presentato domanda di condono 10/12/2004 chiusura portico zona infernetto vincolo paesaggistico. Hanno mandato il diniego ,ho protocollato alla regione lazio richiesta di rettifica del vincolo 1954 in quanto palesemente errato , da tanti hanni sono stati fatti incontri con la regione con usce addirittura anche comr intertogazione al parlamento tutti sanno di questo errore e nessuno vuole risolverlo, la cosa assurda é che il mio vicino ga fatto lo stesso ampliamento con il piano casa.SEcondo lei il tar potrà considerare questo? Grazie

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    1. è un argomento molto particolare, bisogna vedere se il TAR riconoscerà effettivamente l'errore nella perimetrazione del vincolo.

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  16. BUONGIORNO...SE SI RISCONTRASSE DI AVER FATTO UN ERRORE PALESE MA INVOLONTARIO (PER INESPERIENZA DICIAMO...) SU UNA CILA (IN PARTICOLARE SI è PRESDISPOSTA UNA STANZA DA LETTO CON AFFACCIO SU CHIOSTRINA QUINDI CONTRO LE PRESCRIZIONI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO DEL COMUNE DI ROMA) A COSA SI VA INCONTRO IN TERMINI DI VALIDITA' DEL TITOLO E DI SANZIONI? EVENTUALMENTE COME SI PUO' PROCEDERE PER RETTIFICARE IL TUTTO MEDIANTE SUET, AVENDO ANCORA I TERMINI APERTI DELLA CILA (ANCORA NON è STATO PRESENTATO IL FINE LOAVORI...).? GRAZIE

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  18. Buongiorno arch. Campagna, Le scrivo per chiederle alcune delucidazioni: poco più di un anno fa mi veniva intimato dalla Disciplina Edilizia, dopo soppralluogo della Polizia Locale, di rimuovere una doppia finestra che affaccia su pubblica via da me installata oltre vent'anni fa per difendermi dai rumori provenienti dal piano strada. A seguito della comunicazione, mi recavo presso la Disciplina Edilizia per chiedere se ci fosse stato il modo di mantenere detta doppia finestra. L'allora responsabile dell'ufficio, oggi in pensione, mi spiegava che in effetti avrei potuto mantenerla: essendo installata al terzo e ultimo piano dello stabile su cui insiste un terrazzo condominiale e avendo caratteristiche anti-intrusione, poteva essere giustificata come struttura di sicurezza, in quanto avrebbe impedito a potenziali ladri di potersi calare dal terrazzo e trovare un appiglio per accedere all'appartamento. Pertanto mi invitava a spedire una raccomandata AR al suo uffico in cui spiegavo quanto sopra e rimandando al regime giuridico di Edilizia Libera, al punto 7, entrato in vigore più o meno nel periodo in cui mi era stata inviata la richiesta di smantellamento della doppia finestra e recepito dall'amministrazione pubblica subito dopo. Provvedevo pertanto a inviare detta raccomandata inserendo tutti i riferimenti giuridici, come indicatomi, che giustificavano il mantenimento della stessa. Ora, a distanza di un anno circa, sono stato contattato da un impiegato della Disciplina Edilizia, il quale mi chiedeva appunto riguardo la rimozione della finestra. Spiegavo quanto descritto sopra e mi veniva chiesto di presentare una copia della raccomandata, inviata a suo tempo, e delle relative ricevute di spedizione, cosa che dovrei fare in settimana. Vorrei chiederle: l'amministrazione pubblica non avrebbe dovuto rispondermi entro 60 giorni? Non è scattato l'accoglimento per silenzio-assenso? È vero che se inviassi in via "ufficiale" questa documentazione il silenzio-assenso acquisito decadrebbe? Grazie per la eventuale risposta.

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    1. nelle procedure repressive è la pubblica amministrazione che detta i termini per fornire i documenti, ma dal lato del cittadino non scattano in automatico dei diritti con il solo trascorrere del tempo. è vero però, più in generale, che la Giustizia Amministrativa ritiene che il comune debba completare l'iter repressivo entro tempi ragionevoli, pur senza aver mai indicato chiaramente quali sono. Altra cosa, più delicata, è che a parer mio il Comune non potrebbe intimare la demolizione per opere per le quali non è richiesto il permesso a costruire (o SCIA alternativa): il suo caso è a mio parere di risanamento conservativo, il che farebbe ricadere le opere in CILA (attualmente). comunque la doppia finestra si poteva pure sanare appunto con una CILA in accertamento di conformità, perché si tratta appunto a mio parere comunque di un qualcosa soggetto a comunicazione; più difficile gestirlo come attività libera perché in effetti vi è un cambio di infisso, in qualche modo. Comunque se si risolve ritrasmettendo quella lettera, tanto meglio.

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  19. Grazie per la disponibilità. L'allora titolare dell'ufficio mi disse che prima della pubblicazione della Gazzetta Ufficiale del 7 aprile 2018 avrei dovuto fare un CILA in accertamento di conformità, come correttamente lei ha indicato. Ma a seguito della pubblicazione, annoverandola tra i sistemi anti-intrusione, non sarebbe stato più necessario. Comunque in settimana mi recherò presso l'ufficio sperando che la nuova dirigenza confermi quanto dettomi in passato, chiudendo l'iter.

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  21. Buonasera architetto, complimenti per i contenuti del blog, molto dettagliati ma sempre fruibili anche ai non addetti ai lavori.
    Come si può dimostrare che un abuso risale a prima del 2008?
    Inoltre, in tema di responsabilità, lei cita "Il titolare dell'abuso (che non è l'autore materiale, perché acquisterà successivamente)".
    A questo proposito, un abuso edilizio realizzato, intorno alla metà degli anni 90, su lastrico solare condominiale in uso esclusivo al proprietario dell'appartamento sottostante e poi l'appartamento è stato venduto alla morte del proprietario nonché autore dell'abuso, su chi ricadrebbero eventuali responsabilità e spese di demolizione?
    Piuttosto contorto, spero di essere stato chiaro.
    Grazie.
    Giuseppe

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    1. la risalenza dell'abuso ad una certa epoca può essere certificata con della documentazione tecnica o con delle foto aeree certificabili o con qualunque documento che è depositato presso un archivio che è capace di fornire data certa o comunque di certificare la provenienza. le sanzioni per gli abusi affliggono chi è proprietario al momento dell'azione di sanatoria, ma questi può rivalersi, nei limiti di legge e valutando caso per caso, sui precedenti proprietari.

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  22. grazie Arch. Mi chiedevo se ciò valga anche per l'uso esclusivo.. Se la proprietà è condominiale chi ha l'uso esclusivo può chiedere una sanatoria? In caso l'amministratore di condominio proceda con una denuncia alle competenti autorità, c'è il rischio che tutti i condomini ne rispondano o solo quello che attualmente gode del bene?

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    1. se l'abuso è su proprietà condominiale la questione è più delicata ancora, in quanto diventa responsabile l'amministratore, in solido con l'utilizzatore, secondo me. ma inizia a diventare un quesito da porre più ad un legale che ad un tecnico.

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  23. Buonasera Architetto.
    Le scrivo per un chiarimento: nel corso della ristrutturazione di un un appartamento sono state installare 2 travi in acciaio a sostegno del solaio soprastante (in sostituzione di vecchi tramezzi). A seguito di visita ispettiva da parte dei vigili urbani l'immobile è stato posto sotto sequestro per abuso edilizio.
    Il proprietario ha quindi fatto elaborare un progetto in sanatoria al genio civile e si è aperto per lui un procedimento penale. Qualora il proprietario avesse deciso di rimuovere le travi, il procedimento penale non si sarebbe aperto?
    grazie in anticipo

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    1. purtroppo non saprei dire cosa sarebbe successo se si fosse operato diversamente, perché dipende moltissimo dalla situazione.

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  25. Buongiorno Arch. Campagna,
    le sottopongo questa problematica relativa alla sanatoria di un abuso edilizio per la chiusura di un portico senza titolo abilitativo all'intervento per una villa unifamiliare su due livelli. Ad oggi secondo le NTA del PGT vigente questo ampliamento sarebbe legittimo in quanto rientra nella SLP massima realizzabile. Ovvero, secondo la normativa vigente all'epoca dell'abuso, tale ampliamento eccedeva di circa 5.00 mq rispetto alla superficie realizzabile; secondo la normativa attualmente in vigore, invece, questi 5.00 mq sarebbero legittimati come ampliamento. Nasce quindi il problema della doppia conformità, in quanto l'intervento possibile oggi non sarebbe stato autorizzato in precedenza. Secondo la sua esperienza come si potrebbe affrontare il problema?
    La ringrazio per la collaborazione e la disponibilità. Saluti.

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    1. non credo di aver capito bene: se comunque si verifica che, per norme differenti o anche per vigenza della stessa disciplina, l'intervento era fattibile sia all'epoca della sua esecuzione e sia ad oggi, allora si può valutare di procedere in art. 36.

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    2. Approfondirò seguendo il suo consiglio. Grazie. Saluti.

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  26. Architetto Buongiorno,
    cortesemente può chiarirci il seguente quesito:
    Espletando una pratica per un superbonus.., dalle verifiche fatte mi sono accorto che l'immobile era stato ristrutturato a mezzo D.I.A. (con asseverazione di "...non presenza di vincoli urbanistici"), modificando sagoma e prospetto dello stesso in difformità delle prescrizioni di legge in quanto sull'immobile gravano i seguenti vincoli:
    -D.Lgs.22.01.2004 n.42-art.136 comma 1 lett.d) e art. 142 comma 1 lett. M);
    -Aree di interesse archeologico già individuate art. 134 comma 1 lettera B) e art.142 comma 1, art. 13 comma 3 lett.A) L.R. 24/98;
    -D.Lgs. 22.01.2004 n.42 art. 134 comma 1 lett.C) insediamenti urbani storici e territori.. area di rispetto di 150 metri.
    Non essendo stato ottenuto il nulla osta della sovraintendenza (MIBAC) ma soltanto quello inerente il Genio Civile e quello della D.I.A. salvo art.136 ecc., cosa posso consigliare al committente affinche gli venga riconosciuto un risarcimento del danno da parte del vecchio Professionista tenendo conto ovviamente di tutte le conseguenze derivanti dalle possibili azioni che il Comune e/o MIBAC può fare, cosa consiglia affinchè venga risolto il problema?
    Perchè si prmettono ancora oggi cose del genere che ledono gli ignari committenti come in questo caso della D.I.A.?
    Grazie a nome di tutti noi, suoi colleghi.

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    1. è una situazione delicata che, anzitutto, va chiarita con grande attenzione. dopodiché, una volta eventualmente accertata la carenza della prescritta autorizzazione, si può valutare l'eventuale possibilità di ottenerne una postuma, se ne ricorrono i presupposti. Per il resto, consiglio di valutare assieme ad un legale le eventuali azioni.

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    2. Grazie mille per il consiglio, non mancherò di procedere. grazie e buon lavoro architetto.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.