venerdì 29 maggio 2015

evoluzione dei regolamenti edilizi di Roma Capitale fino al 1934

Spesso è importante, quando si interviene sull'esistente, conoscere quali erano le regole in vigore al momento in cui l'immobile è stato edificato o modificato: ciò serve sostanzialmente a poter dimostrare che lo stato dei luoghi, anche se non rispetta le normative attuali, rimane legittimo proprio in virtù del fatto che rispetta le regole in vigore al tempo della costruzione. In questo post vorrei ricostruire l'evoluzione dei regolamenti edilizi di Roma, almeno fino al 1934.
il post parla di verifica fino al 1934 ma successivamente ho aggiunto un paragrafo che arriva a coprire fino al 1949. testo aggiornato a novembre 2018.
I documenti utilizzati per redigere questo post sono stati tutti reperiti presso la biblioteca Romana conservata presso l'Archivio Capitolino (piazza dell'Orologio), dove sono reperibili e consultabili da chiunque e dove è possibile riprodurre i documenti anche con propri mezzi tipo macchina fotografica.

estratto del PRG di Roma attualmente vigente. fonte: Nuova Infrastruttura Cartografica

La lettura dei documenti pone l'accento su quegli aspetti che oggi possono avere rilevanza, come per esempio l'evoluzione delle norme sull'interno delle costruzioni per avere strumenti per capire se un dato ambiente con certe caratteristiche era legittimo all'epoca della sua realizzazione. Ciò può essere utile in caso di intervento su immobili preesistenti per ottenere una sorta di legittimità ex post anche in violazione dell'attuale regolamento edilizio (esempio tipico: un ambiente con una finestra sottodimensionata: vedremo che è da un preciso anno che viene introdotto il rapporto minimo aeroilluminante, dunque se si dimostra che l'edificio era preesistente a quella data può essere ritenuto legittimo che quell'ambiente sia sottodimensionato; anche perché in centro storico non è possibile allargare le finestre per raggiungere i rapporti prescritti oggi).

Anzitutto, brevissimo preambolo: se siete capitati qui, è forse perché state cercando di capire se l'immobile che possedete o su cui dovete autorizzare dei lavori sia legittimo, avendo magari scoperto delle difformità rispetto al progetto edilizio risalente a molto tempo fa. Se vi doveste legittimamente chiedere se siano effettivamente "validi", cioè aventi valore di Legge, i regolamenti edilizi approvati prima della legge urbanistica 1150/1942 (dove sono espressamente citati come strumenti urbanistici), la risposta è: sì, sono validi, in virtù di una antica legge, la numero 2248 del 1865 (legge generale per l'unificazione amministrativa dello Stato Italiano) la quale all'allegato A, art. 87, tra le varie cose concedeva ai comuni la facoltà di dotarsi appunto di un regolamento edilizio e di igiene, che dovevano essere approvati dalle province (art. 138 allegato A). Tuttavia, la giurisprudenza nel corso del tempo ha avuto andamenti altalenanti nel considerare "validi" i regolamenti edilizi emanati nel passato (soprattutto quelli di prima del RD n°297/1911): per una rassegna delle sentenze più significative in tale ambito potete andare in calce al post.

1864 - in quest'anno a Roma c'era ancora il Papa Re: viene pubblicato in quest'anno il nuovo regolamento edilizio, il quale, rispetto a quelli più recenti, è assai generico su molti aspetti. è comunque già specificato che le nuove costruzioni e le modifiche degli edifici esistenti devono essere approvate dalla "magistratura" comunale dietro presentazione di regolare richiesta di licenza con allegati elaborati grafici (non necessari in caso di opere "non rilevanti", dal che si potrebbe pensare che piccole modifiche avvenute in corso d'opera possano rientrare in un generico concetto di tolleranza esecutiva ante litteram). Ciò a specificare che anche per immobili di quegli anni occorreva possedere un titolo abilitativo.
Per quanto riguarda gli ambienti interni, ci si limita ad obbligare alla dotazione di un bagno per ciascun appartamento.
il regolamento non ha validità "oltre le porte della città" (Roma al censimento del 1871 contò 212 mila abitanti, meno di un decimo rispetto ad oggi, e si sviluppava quasi per intero all'interno dell'anello aureliano) o comunque ha validità all'interno di una citata "pianta topografica" di cui, però, nella documentazione rinvenuta non si trova traccia. vi sono motivi per ritenere che la pianta topografica citata nel regolamento possa essere questa disponibile in libera visione sul sito dell'archivio storico capitolino, in cui sostanzialmente la città è rappresentata fino al tracciato delle mura aureliane, vaticano compreso. La pianta topografica è del 1866 ovvero due anni dopo la pubblicazione del regolamento edilizio. Ipotizzando che sia vera questa mia ricostruzione, se ne deduce che finché questo documento rimarrà in vigore (1887) non vi sarà obbligo di chiedere una licenza per l'esecuzione di fabbriche al di fuori della "pianta topografica"; detta in altri termini, laddove si dimostri che un edificio posto esternamente alle mura risulti antecedente al 1887 si potrebbe valutare se ricorrono i presupposti per poterlo dichiarare legittimo (in taluni casi, a tale scopo possono essere utili le tavolette IGM serie 25V risalenti al 1873: questa ad esempio è quella del settore sud-ovest, compreso il centro storico - ricordo sempre che l'utilizzo di questi materiali ai fini della dimostrazione della legittimità è sempre responsabilità del committente e del suo tecnico di fiducia, e che non c'è un modo univoco per svolgere queste ricerche).
questo regolamento rimarrà comunque in vigore fino al 1886 perché espressamente validato dall'amministrazione sabauda che si sostituirà a quella papalina dopo la conquista dei territori romani.
il regolamento del 1864 è disponibile in consultazione gratuita su Google Play books.

1866 - siamo ancora in età papalina; viene pubblicato un regolamento specifico per la regolamentazione dell'altezza degli edifici e della dimensione dei cortili, che rimarrà in vigore fino all'emanazione del regolamento del 1887. in funzione della larghezza stradale viene imposta una altezza massima dei fabbricati (14mt per strade inferiori ai 6mt; 16 da 6 a 7 metri; 18 dai 7 agli 8 metri; 20 dagli 8 ai 9 metri; 22 dai 9 ai 10 metri; 25 oltre i 10 mt). Per i cortili interni vi è una dimensione minima di metri 5 per il lato minore. Viene introdotto un divieto di sopraelevazione negli edifici che "meritano di essere conservati nella loro integrità alla Storia dell'arte", ma non viene specificato nulla di più (probabilmente la commissione valutatrice aveva anche il compito implicito di valutare l'importanza storica di un fabbricato).

1872 (bozza di regolamento mai entrata in vigore) - siamo passati in era sabauda; il progetto di regolamento acquista validità "per tre chilometri oltre le porte della città". Si conferma che, entro questa area, ogni edificazione ed ogni modifica all'esistente deve essere autorizzata dalla giunta municipale. Viene introdotto l'obbligo di ottenere il permesso per l'abitabilità delle nuove costruzioni. Si introduce anche l'obbligo relativo al fatto che le domande di concessione devono essere controfirmate da un tecnico ("architetto patentato") che agirà in qualità di direttore dei lavori, oltre che come progettista. Attenzione: il testo di questo regolamento era certamente una proposta votata dal Consiglio Comunale, ma non risulta essere mai entrato in vigore.

Finora non vi sono norme relative all'interno delle costruzioni - se non l'obbligo della latrina -, non si specificano rapporti aeroilluminanti, non ci sono altezze minime per gli ambienti abitabili (non ho notizia se all'epoca erano in vigore normative di livello nazionale che imponevano tali limiti).

1881 - deliberazione del Consiglio Comunale del 29 luglio e 4 novembre 1881 - viene pubblicato un regolamento provvisorio, il quale al primo articolo conferma la validità del regolamento del 1864 (dunque il regolamento papale rimarrà in vigore fino al 1887) ma specificando che le norme regolamentari si applicano sia all'esterno che all'interno della fabbrica allo specifico fine di supervisionare i progetti, anche quelli di restauro e ristrutturazione. all'art. 10 di questo regolamento speciale viene indicato che l'Ispettorato Edilizio è obbligato ad effettuare delle verifiche in loco per attestare la rispondenza della costruzione al progetto approvato. Per il resto, il regolamento provvisorio introduce delle norme specifiche per i ponteggi.

1886, approvato nel 1887 (deliberato nelle sedute del 31 maggio, 4, 9 e 11 giugno 1886, riformato con delibera 8 gennaio 1887, approvato dalla deputazione provinciale il 24 gennaio 1887-) - se ne trova una copia in questo ebook, da pagina 50 in poi - il regolamento edilizio viene completamente riscritto, in parallelo con l'emanazione del nuovo Piano Regolatore dello stesso anno, e viene espressamente abrogato quello del 1864 che rimane in vigore fino a quello nuovo, più altri regolamenti "paralleli". la sua validità è "nella città e nel suburbio", una definizione un po' vaga ma che potremmo grosso modo sovrapporre alla zonizzazione del piano regolatore coevo; tuttavia, l'art. 82 "piani di ampliamento di nuovi quartieri per iniziativa privata" di questo regolamento è sibillino ed indica che i costruttori che volessero edificare su terreni vuoti devono prima presentare un piano particolareggiato di fognature, strade ed altri servizi, e soltanto dopo possono edificare. L'altezza dei fronti stradali non può superare una volta e mezza la larghezza viaria; vengono date ulteriori disposizioni che è inutile citare. Si cominciano ad intravedere delle norme più specifiche sugli ambienti: si introduce l'obbligo, rimasto tuttora, relativo al fatto che i piani terreni destinati ad abitazione devono essere sopraelevati di almeno un metro dal terreno circostante, e che debbano sovrastare locali arieggiati (e non terrapieni). Viene imposto l'obbligo di avere un camino per ogni ambiente, anche non abitativo, in cui si faccia uso di fiamma libera.

1912 - In quest'anno viene emanato un regolamento edilizio (scritto nel 1909) che ha una serie di norme che sono simili, se non del tutto uguali, a quelle attualmente in vigore. Questo regolamento viene di fatto scritto assieme al Piano Regolatore del 1909, ma approvato in via definitiva qualche anno dopo (1912 appunto, forse perché si è voluta attendere prima la pubblicazione della L 297/1911 che ha riformato completamente la struttura dell'amministrazione comunale, introducendo, tra le varie cose, le specifiche competenze del regolamento edilizio all'art. 111 del regolamento annesso, discorso peraltro evocato in modo interessante nella sentenza Consiglio di Stato n°3/2009).
Una prima versione del regolamento viene deliberata dal Consiglio Comunale nelle sedute dell'11, 14, 18 e 25 giugno del 1909, ed il testo verrà sottoposto all'esame del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e del Consiglio di Stato. Quest'ultimo, in particolare, porrà una questione di legittimità relativa al fatto che la validità di questo regolamento è stata estesa all'intero territorio comunale, mentre invece, sollevarono gli Ermellini, l'allora normativa di riferimento (art. 111 sopra linkato) specificava che il regolamento edilizio deve dettare regole esclusivamente all'"edificato" e non anche alla parte priva di edificazione; tuttavia, lo stesso parere non vietava in assoluto che il comune potesse dettare regole anche al di fuori dell'abitato (anche perché così espressamente imponeva, per contro, la L. 11 luglio 1907 n°502, art. 16) ma, semplicemente, che dovessero avere una regolamentazione differente.
Fu proprio per questa ragione che, prima ancora della definitiva approvazione di questo regolamento (che avvenne con la votazione favorevole alla 425° proposta del Consiglio Comunale avvenuta il 12 gennaio del 1912 - rif. faldoni delle delibere comunali, presso l'anticamera della sala ovale dell'Archivio Storico Capitolino, raccolta delle delibere, anno 1912, I quadrimestre, pagina 114 e seguenti), venne pubblicato dal Governo e reso operativo il Regio Decreto n°1522/1911 , poi modificato successivamente in piccole parti (tra cui il comma 7 dell'art. 8 relativo alle costruzioni sul Lungotevere), che ratifica delle norme speciali e specifiche per l'edificazione sia all'interno che soprattutto al di fuori della perimetrazione del PRG del 1909. Piccole modifiche a questo regolamento speciale sono approvate con il R.D. n°845/1912. Questo regolamento speciale ovviamente, anche se approvato con legge nazionale, non modifica la validità di quello approvato dal Comune, ma vi si affianca, proprio per le ragioni sopra descritte.
La modifica più importante per quanto qui interessa è quella apportata all'art. 1 del Regolamento: laddove inizialmente (nella versione 1909) era scritto che la validità del regolamento era estesa "a tutto il territorio comunale" si sostituì (nella versione licenziata nel 1912) con "a tutto il territorio comunale compreso nel piano regolatore" ma aggiungendo, alla fine del regolamento, un ulteriore articolo, il 129, che così recita: "per le costruzioni che dovranno eseguirsi nel territorio fuori del perimetro del piano regolatore, sarà provveduto con apposito regolamento" che sarà poi quello autorizzato con Regio Decreto di cui sopra.
E' importante tenere distinti questi due provvedimenti, il regolamento comunale ed il regolamento emanato con regio decreto, anche se ci si può facilmente confondere avendo la stessa data, 1912, e lo stesso titolo, "regolamento edilizio": uno è emanato dal consiglio comunale, e vale come regolamento edilizio comunale ed è da intendersi effettivamente limitato all'estensione del piano regolatore dell'epoca, mentre quello contenuto nel Regio Decreto è un regolamento "speciale" edilizio specificamente concepito per evitare che la città possa crescere oltre i confini del PRG senza regolamentazione (in questa scelta governativa si intrecciano moltissime questioni, anche politiche ed economiche: l'Italia era da poco uscita da una pesante crisi edilizia, partita a fine ottocento e perdurata per i primi anni del 1900: in questo periodo era ripresa l'attività edilizia per la fine della crisi e si temeva che tale spinta potesse generare edilizia senza regole, vista la crescita esponenziale della città).
Nel regolamento edilizio del 1912 ed in quello suo parallelo coevo, quindi, è introdotta una novità importantissima rispetto ai regolamenti precedenti: l'obbligo di dotarsi di una autorizzazione edilizia per svolgere qualunque lavoro, sia di costruzione che di trasformazione dell'esistente, è esteso all'intero territorio comunale, senza quindi indicazione di determinate e delimitate porzioni di territorio al di fuori del quale non vi è necessità di titolo come avveniva nei regolamenti precedenti. Dunque, per la verifica della legittimità, se il vostro immobile è posteriore al 1912, non vi è altra ricerca da fare se non quella per il progetto originario di costruzione o di trasformazione, in difetto o in difformità dei quali è da ritenersi carente della conformità urbanistica.
tale circostanza deriva da una precisa volontà governativa, impressa già dalla Legge 11 luglio 1907 n°502 la quale all'art. 16 individua proprio la necessità, per la Capitale, di dotarsi di un regolamento edilizio che vada a disciplinare l'edificazione "così dentro come fuori del nuovo piano regolatore", probabilmente al fine di dare delle linee di indirizzo allo sviluppo urbano che iniziava ad essere di dimensioni importanti (anche se verso gli anni 10 del novecento ci fu una grave crisi edilizia che rallentò il processo).
Ad una lettura più approfondita, però, si percepisce che, mentre il regolamento edilizio valido all'interno del piano regolatore assoggetta l'obbligo di licenza a praticamente qualunque tipo di trasformazione edilizia, nel regio decreto, operativo al di fuori del prg del 1909, le regole potrebbero essere lette in modo leggermente diverso. L'art. 1 del Regio Decreto sembra difatti limitare l'applicabilità ad interventi che prevedano la "costruzione di nuovi quartieri e nuove case per uso di civile abitazione o di stabilimento industriale" il che potrebbe significare che ne risultano implicitamente escluse le opere che prevedono la costruzione di edifici che non sono finalizzati alle abitazioni civili o alle industrie, dunque ad esempio gli edifici rurali.
Dato che a questo punto diventa importante anche capire quali erano i confini del comune in passato, vi metto il link di una cartografia con i confini amministrativi così come risultano al 1880. I confini amministrativi nel 1913 invece possono essere visionati nelle seguenti tavole: tavola 1 - da ostia ad Anzio; tavola 2 - Roma; tavola 3 - confini ad Est ed indice delle tenute; tavola 4 - confini sud-est ed altro indice delle tenute.

Dalla pubblicazione del R.E. del 1912 dunque ogni costruzione sull'intero territorio del Comune, intesa anche come trasformazione dell'esistente, deve essere autorizzata dall'Amministrazione: per questo, realizzazioni di edifici o trasformazioni di edifici per le quali non si trova il relativo progetto, anche se posti al di fuori della perimetrazione del PRG del 1909, se realizzati successivamente al 1912, diventano casi problematici da analizzare con attenzione, in quanto l'assenza del progetto incide sulla valutazione della conformità edilizia ed urbanistica.

nel merito della necessità della licenza già a partire da quest'epoca, purtroppo le visioni non sono univoche: dato che questo blog vuole essere uno spazio di confronto e non certo una fonte del diritto, segnalo che molti, anche autorevoli colleghi, ritengono che il vero inizio dell'obbligo di licenza in modo esteso sul territorio comunale abbia inizio solo con l'approvazione del regolamento del 1934, tuttora vigente. Principalmente, si fa riferimento alla sentenza TAR Lazio n°1877/2018, passata in giudicato, la quale però non parla esplicitamente del regolamento edilizio, ma si limita a prendere contezza del fatto che dal 1931 a Roma, era in vigore un piano regolatore che non estendeva la sua giurisdizione su tutto il territorio comunale, ma solo su una ristretta parte, al fine di indicare che potevano esserci porzioni di territorio non soggette ad obbligo di licenza anche successivamente al 1931 e fino almeno al dicembre del 1962 (periodo di pubblicazione del primo piano regolatore di Roma che investirà l'intero territorio comunale). Tuttavia, il regolamento edilizio del 1934, regolarmente operativo, come si può chiaramente leggere tuttora, impone l'obbligo di licenza in maniera indistinta sul territorio comunale, e così faceva anche quello del 1912. Altre visioni giurisprudenziali invece tendono a non ritenere proprio meritevoli di imposizione di vincoli gli stessi regolamenti edilizi: così difatti TAR Toscana n°899/2014, rispetto alla quale però il sottoscritto condivide in pieno le riflessioni ad essa relative pubblicate sul sito di Lexambiente.it e la visione contraria espressa dal CdS con la sentenza 3/2009. Comunque, il dubbio sorge per gli edifici edificati in zone non pianificate dagli strumenti urbanistici comunali, poiché per le zone ricomprese nei piani regolatori e per edifici realizzati in epoca successiva alla relativa approvazione del piano, la visione sull'obbligo di licenza è quasi unanime.
Il regolamento comunale del 1912 viene invece espressamente citato come documento imponente l'obbligo di licenza edilizia, nella Sentenza CdS n°3816/2017 sez. VI (da cui questo breve estratto: "[...] in considerazione della regola introdotta dal regolamento generale edilizio di Roma del 1912, sulla necessità del previo rilascio della autorizzazione, per realizzare «nuove costruzioni» nel territorio del Comune").

Nella prima parte del regolamento vengono ulteriormente aggiornate le norme per il calcolo delle altezze dei fabbricati, ma viene per la prima volta divisa la città in due settori: quello della città più interna (sostanzialmente l'attuale centro storico ed il Flaminio) e quella della città esterna, dove ci sono regole diverse per le altezze. Per i cortili appare una norma simile a quella attuale: l'area libera deve essere pari ad almeno 1/5 della somma delle superfici dei muri che la delimitano, con normale minima pari a 2/3 dell'altezza del muro visto. Su cortili con tali caratteristiche possono affacciare gli ambienti principali. Si normano anche le chiostrine, che dovranno avere un area minima di 1/25 della somma dei muri perimetrali e con normale minima di 2,50mt, ma non potranno affacciarvi altri ambienti se non vani scale, bagni, corridoi, esclusi sempre ambienti abitabili, cucine ma anche forni, stalle o officine che emettano esalazioni nocive.
Sono introdotte in questo regolamento anche delle norme sulle altezze degli ambienti: le botteghe al piano terra devono essere alte almeno 4 metri, mentre per tutti i piani abitabili l'altezza minima è di tre metri, anche se "per ragioni estetiche" il numero dei piani di altezza minima non potrà superare la metà del numero totale dei piani. In pratica correva l'obbligo che almeno metà dei piani abitabili avessero altezze superiori ai tre metri. Nessun locale adibito ad abitazione non può avere cubatura inferiore a 25mc.
Si parla anche di sottotetti abitabili, la cui altezza non può essere inferiore a due metri, ed è prescritta la presenza di un controsoffitto (per questioni termiche, immagino).
I locali interrati possono essere adibiti a cucine, lavatoi, magazzini e simili e devono essere fuori terra per almeno 1/4 rispetto al piano strada esterno, con obbligo di intercapedini fognate o comunque di materiale isolante contro l'umidità.
Si normano anche i sottosuoli ad uso abitazione, norma che è rimasta poi invariata fino ad ora: altezza minima di tre metri e quota di interramento non superiore ad 1/2 dell'altezza; obbligo di intercapedini fognate e di vespaio di sottopavimentazione. Le abitazioni in sottosuolo non possono affacciare su strade con larghezza inferiore a 10 metri.
viene introdotta in questo regolamento la norma sul rapporto minimo aeroilluminante, prima assente nei regolamenti: viene stabilito un minimo di 1/10 come rapporto tra superficie della finestra e superficie calpestabile dell'ambiente, con la dimensione minima della finestra di 1mq. Viene introdotta anche una successiva norma sibillina secondo la quale il rapporto può essere abbassato ad 1/15 in caso in cui le finestre non abbiano occlusioni esterne.
Il vano dove è ospitato il vaso deve essere necessariamente finestrato, e gli appartamenti in genere devono essere forniti di acqua corrente e di camini.
Il regolamento del 1912 fu modificato nel 1920 e poi anche nel 1923 per introdurre delle facilitazioni progettuali ed autorizzative, al fine di agevolare l'edilizia a fronte di una crisi che aveva investito il settore negli anni precedenti. Le deroghe riguardavano principalmente le altezze massime dei fronti.

1924  - questo, come quello del 1872, è un regolamento che si trova negli atti comunali ma che non risulta mai entrato definitivamente in vigore - sarebbero state sostanzialmente ritoccate alcune norme del regolamento precedente (per ampliare le capacità edificatorie del PRG del 1909, diventato nel frattempo "stretto" per le mire espansionistiche della città) e verrebbe ribadito che l'obbligo di licenza edilizia rilasciata dal Comune si applica su tutto il territorio comunale (rimando sempre alle considerazioni di sopra). Riepilogo quelle che possono tornare maggiormente utili: le chiostrine avrebbero dovuto rispettare ora il rapporto di 1/18 tra porzione aperta e pareti occludenti, sempre con normale minima di 2,5mt e sempre con divieto di affaccio di locali abitabili. Si introduce l'obbligo di una apertura permanente al piano strada per la ventilazione continua. Per i cortili invece le norme non cambiano.
Per le altezze degli ambienti, sarebbero rimaste valide le norme precedenti ma si introduce l'obbligo di fare metà piani a tre metri (come prima) e l'altra metà almeno a 330 cm.
Per i sottotetti, si sarebbe introdotta la specifica che l'altezza media deve essere di tre metri; prima non c'era indicazione chiara.
Si introduce l'obbligo di dover areare i corridoi con una finestra quando abbiano lunghezza superiore a 8 metri. Rimangono invariati i rapporti aeroilluminanti.
Si rafforza il concetto, già presente nel regolamento del 1912, che nell'intevenire sulle costruzioni esistenti si devono rispettare le norme del nuovo regolamento.

Vi segnalo questo testo redatto dall'Archivio Storico Capitolino dove si dettagliano ulteriori elementi relativi ai vari regolamenti edilizi fino al 1934.

1934 - si arriva alla versione del regolamento che, salvo aggiustaggi localizzati, arriverà fino ai giorni nostri. Nel 1934 i rapporti aeroilluminanti degli ambienti sono ancora quelli del regolamento del 1912 (quindi 1/10 ed 1/15). Il nuovo regolamento stabilisce in modo chiaro le regole per distinguere e classificare i pozzi di luce, le chiostrine, i cortili secondari ed i cortili.

1949 - [paragrafo aggiunto il 14 sett 2017] - dopo essere entrato in possesso di una copia della versione del regolamento edilizio aggiornato al 1949, posso aggiungere questo paragrafo. Le differenze più rimarchevoli rispetto all'attuale versione del regolamento edilizio da me individuate sono le seguenti: art. 39 - i locali commerciali possono essere alti 3,20, invece dei 4,00 metri della versione originale e invece dei 3,00 metri di oggi, ma viene distinto il caso delle botteghe (3,20 metri) dai laboratori artigiani e pubblici esercizi, che mantengono il limite dei 4,00 metri. già compare qui l'obbligo dei RAI pari ad 1/8 e finestra a riscontro oltre i 7 metri di profondità per le botteghe. art. 40: contrariamente a quanto viene imposto per i locali commerciali, per le abitazioni i RAI sono ancora di 1/10 come nella originaria stesura, e tali rimarranno presumibilmente fino al 1975. possiamo pertanto intanto affermare che fino al 1949 i RAI per le abitazioni dovevano essere 1/10 e non di più. è presente una previsione differenziata per l'altezza minima che permarrà nel regolamento almeno fino alla fine degli anni '70: i primi quattro piani abitabili devono avere altezza utile interna di metri 3,00 e dal quinto piano in poi può essere ridotta a 2,80, quando la normale libera è di almeno 16 metri. I bagni con vaso ("latrine") devono essere per forza con finestra di almeno 0,50mq. Per le cucine invece il dato è uguale ad oggi: 15mc minimi e finestra di almeno 1,5mq. art. 42: contiene una norma oggi abrogata: i corridoi, se con lunghezza maggiore di 8 metri, devono avere una finestra per aerazione di almeno 1,15mq. Ancora non esistono regole per la dimensione minima degli ambienti abitabili. ometto altre differenze.

Sulla validità dei regolamenti edilizi pubblicati prima della legge 1150/42 vi sono pareri contrastanti, anche autorevoli, che ritengono non possa considerarsi valido nulla che non sia esistito prima della 1150. A mio parere non è così. Come visto, il regolamento edilizio di qualunque città ha il suo valore urbanistico fin dal 1865, purché ovviamente approvato secondo le regole all'ora vigenti (cioè dalle provincie). Il discorso quindi della legittimità di opere edilizie realizzate ante 1150/42 in assenza di titolo acquista valore solo laddove ci si trovi in un comune, o comunque in un territorio, che all'epoca era privo di normazione edilizia specifica o dove comunque il regolamento edilizio non imponeva l'obbligo di una licenza. Questo concetto comunque della legittimità di opere realizzate senza titolo ha valore anche fino alla data di pubblicazione della L. 765/67 la quale, modificando la L 1150/42, imporrà la licenza edilizia estendendola a tutto il territorio comunale, senza distinzione tra zona urbanizzata e non urbanizzata.

La sentenza del Consiglio di Stato sez. IV n°5330/2019 comunque emette un chiaro giudizio nel merito della validità delle imposizioni dei regolamenti edilizi precedenti alla L. 1150/42, statuendo che devono ritenersi a prescindere legittimi, anche laddove dettano norme al di fuori dell'edificato esistente (perché, dovendo regolare necessariamente anche l'espansione urbana, non avrebbe avuto senso che potessero essere valide solo all'interno dell'abitato preesistente). allego un breve estratto della Sentenza:

"Ed invero, la previsione di una pianificazione e di un controllo obbligatori limitata ai centri abitati, certamente non impediva ai Comuni – nell’esercizio del proprio potere, rimarcato dal regolamento statale n. 297 del 1911 – di estendere all’intero territorio comunale (anticipando così il contenuto della legge n. 765 del 1967) il potere di pianificazione e controllo dell’attività edilizia, con il conseguente obbligo di licenza, trattandosi di una tipica prerogativa ad essi spettante.
Dunque, in tale ambito, non vi è stata alcuna valenza abrogativa o disapplicativa della legge n. 1150/1942 sui precedenti regolamenti edilizi, sicché la giurisprudenza maggioritaria ha evidenziato l’assoggettamento alla sanzione della demolizione per le costruzioni realizzate in assenza del titolo edilizio, anche se eseguite al di fuori del centro abitato o delle zone di espansione, ove l’obbligo fosse stato previsto dai regolamenti edilizi comunali (in tal senso cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 luglio 2008, n. 5141;Consiglio di Stato, sez. VI, 7 agosto 2015, n. 3899 e 5 gennaio 2015, n. 13)."
nel caso di specie, peraltro, il Consiglio di Stato conferma l'abusività di un fabbricato edificato in zona agricola negli anni '50 dunque prima del 1 settembre 1967 ma dopo la pubblicazione di un regolamento edilizio, risalente al 1929, che imponeva l'obbligo di licenza all'intero territorio comunale, dunque implicitamente anche in zona agricola.

Tornando al tema principale, cioè il Regolamento Edilizio di Roma e la sua evoluzione, va detto che purtroppo è difficile ricostruire la storia evolutiva di questo documento dopo il 1934 perché gli interventi di modifica diventano puntuali e frammentati (al posto delle complete riscritture che venivano fatte precedentemente), e la relativa documentazione si trova in archivi che cominciano a contenere una tale moltitudine di atti da rendere difficoltosa la ricerca. In ogni caso sull'attuale regolamento si trovano, in calce, una serie di note con il richiamo al provvedimento che ha effettuato la variazione, con la relativa data. Si può dire con certezza che è nel 1975 che vengono imposti i rapporti aeroilluminanti attuali (1/8 della superficie, senza distinzione tra eventuali finestre con o senza occlusioni esterne) e il rapporto minimo del fattore medio di luce diurna (2%) in conseguenza della pubblicazione del decreto sanità. Anche le dimensioni minime dei singoli ambienti dovrebbero essere state introdotte in quest'anno: difatti molti appartamenti degli anni '60 per esempio prevedevano la camera della servitù in ambienti decisamente sottodimensionati. Meno determinato è il momento in cui cambiano le altezze minime interne dei locali da abitazione e non: attualmente il minimo è 270cm indistintamente per tutti i piani, ma fino agli anni '70 - e non so da quando - vi era l'obbligo di realizzare almeno la prima metà dei piani abitabili con altezza minima di 300cm; i successivi poi potevano essere da 280cm (vedi paragrafo sul regolamento del 1949, aggiunto più di recente).

rassegna di giurisprudenza

Per doveroso dovere di cronaca, segnalo delle sentenze del Consiglio di Stato che sembrano andare in senso opposto a quanto fin qui rappresentato: la Sentenza CdS sez. VI n°5264/2013 riguardo alla controversia sulla legittimità di un fabbricato posto nell'allora campagna romana, edificato negli anni 40 presumibilmente, va a confermare l'illegittimità degli atti di disciplina di Roma Capitale la quale riteneva l'immobile abusivo in quanto realizzato senza licenza. Il CdS segnala che il Regolamento di Roma del 1934 individua nell'art. 17 una zonizzazione di massima, indicando che la zona rurale è posta al di fuori delle norme del regolamento. In realtà non è così: leggendo l'art. 17 questi semplicemente dice che la città (intesa come intero territorio comunale) è distinto in due zone: quella centrale, rappresentata in una planimetria allegata, e tutto il resto, indicata come parte periferica, ma ad entrambe si applica la disciplina di base relativa all'obbligo di licenza edilizia. Gli ermellini fanno anche riferimento all'art. 92 del RE, il quale specifica che per l'agro romano valgono le specifiche disposizioni, facendo leva su questo per dire che l'Agro non era in realtà regolato dal Regolamento Edilizio. Purtroppo però questo regolamento, già citato in questo post (è il regio decreto 1522 del 1911 sopra linkato) non smentisce affatto il regolamento edilizio (in vigore all'epoca, diverso - ma non di molto - da quello del 1934) lasciando pacificamente intendere che l'autorizzazione servisse anche per le costruzioni rurali.

Altra sentenza in contrasto con quanto leggete sopra è CdS sez VI n°5283/2017 anche se qui il problema, a mio modesto parere, è stato quello di non aver opportunamente argomentato la difesa di Roma Capitale in quanto non si parla neanche di regolamento edilizio.

Per contro, invece, la sentenza CdS sez. IV n°435/2014 va invece nel verso di quanto detto nel post, specificando che "Per la città di Roma, in particolare, ogni costruzione da eseguirsi nel relativo territorio, anche fuori dal centro abitato o dalle zone di espansione, era soggetta a preventiva autorizzazione del sindaco, a norma dell’art. 1 del regolamento edilizio comunale del 1934 (cfr. anche, al riguardo, Cass. civ. SS.UU., 16.3.1984, n. 1792)".

Anche la sentenza CdS sez. 6 n°427/2014 è sulla linea di quanto detto: riferendosi alla città di Bettona in Umbria, ritiene valido il giudizio del TAR il quale ritiene che il regolamento edilizio approvato nel 1929 avesse già potere di imporre l'obbligo di licenza. Si sottolinea in questo caso l'importanza del Regio Decreto n°297 del 12 febbraio 1911, art. 111, il quale ha probabilmente dato la vera "forza" amministrativa ai regolamenti edilizi. Ancora sul punto anche CdS sez. IV n°1943/2019.

Rimanendo nell'ambito territoriale dell'Umbria, segnalo sempre nel solco di questa interpretazione la sentenza TAR Umbria n°155/2021, passata in giudicato, relativa ad una controversia nella città di Perugia: il comune emette l'ordine di demolizione per un manufatto (si comprende essere una sorta di passerella esterna chiusa di collegamento tra due porzioni di un immobile) che non risulta supportato da idoneo titolo abilitativo, pur risalendo "presumibilmente" a prima del 1925, ma in assenza di evidenza di una licenza rilasciata, specificando che nella città di Perugia l'obbligo di dotarsi di una licenza è da retrodatare al 1869, anno in cui fu promulgato il primo regolamento edilizio e di polizia urbana: il TAR Umbria, seguendo già delle sue sentenze precedenti, conferma la bontà dell'interpretazione del comune e ne conferma l'operato. Dunque, essendoci in Perugia un regolamento che risale a prima della presunta esecuzione delle opere, anche se le stesse sono state realizzate in epoca ben antecedente al 1967 o al 1942, in assenza di specifica licenza, sono da considerarsi abusive e dunque possono essere oggetto di ordine di demolizione.

Altra sentenza di rilievo sulla questione, in linea con il post, è CdS sez. VI n°13/2015, la quale stavolta parla del Comune di Napoli, il quale si sarebbe dotato del primo regolamento edilizio nel 1935. il CdS dunque va a confermare una sentenza TAR che conferma un ordine di demolizione comunale per tutta una serie di vari immobili presenti in un unico appezzamento, specificando però che gli edifici antecedenti al 1935 non possono essere demoliti perché prima del regolamento in effetti non vi era obbligo di licenza. Anche in questo caso, come in alcuni dei precedenti, l'origine della "forza" dei regolamenti è trovato nell'art. 111 del R.D. 297/1911.

Ancora una sentenza in linea con quanto detto, e forse di portata anche più ampia, è la CdS  sez IV n°5220/2019 del 29 luglio 2019 inerente il Comune di Venezia il quale si dotò di un primo regolamento edilizio nel 1929. Il Consiglio di Stato conferma anche qui che il regolamento, obbligando all'acquisizione di una licenza su tutto il territorio comunale, è da intendersi prescrittivo fin dall'epoca di pubblicazione e, inoltre, dato che il ricorrente aveva provato ad introdurre la questione, è stato indicato che la L 1150/42 non può ritenersi una norma che è andata ad abrogare implicitamente i regolamenti preesistenti in quanto la nuova legge non è in contrasto con la possibilità sancita già dalle norme precedenti (viene richiamata sempre la 297/1911).

58 commenti:

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  2. Ottimo excursus, come sempre.
    Sarebbe inoltre interessante capire meglio da quando esattamente è necessaria la licenza edilizia per costruire un fabbricato nelle diverse zone del territorio comunale. Sappiano tutti infatti che gli uffici tecnici di Roma Capitale, considerano legittimi i fabbricati realizzati prima del 1934 anche se privi di licenza, "accontentandosi" come prova, della planimetria di primo impianto del 1939. Però hai appena evidenziato che, per lo meno nelle zone centrali della città, una sorta di autorizzazione edilizia fosse già necessaria a partire dalla fine dell'800. Come mai allora gli uffici tecnici richiedono la licenza edilizia solo per gli immobili successivi il 1934? Ed inoltre, siamo sicuri che dal 1934 in poi la licenza fosse necessaria su TUTTO il territorio comunale? Ad esempio, un casale realizzato negli anni '50 in agro romano (ben oltre l'attuale GRA per capirci), avrebbe dovuto avere la licenza edilizia?
    Sono curioso di leggere la tua risposta e conoscere la tua opinione in merito, e ti ringrazio in anticipo.
    Saluti, Marco Crisciotti.

    P.S.: per quanto riguarda le sempre esigue dimensioni delle stanze delle domestiche, ho verificato più volte che esse venivano indicate negli elaborati di progetto come "antibagno" (avendo in effetti quasi sempre il locale WC al loro interno), aggirando così la norma sulla superficie minima delle camere abitabili!

    Di nuovo, Marco.

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    1. dunque la trattazione di questa domanda meriterebbe un altro post, che in effetti è proprio in bozza forse da troppo tempo. il piano regolatore di Roma del 1932 riguardava anche lui solo una parte della città, quella più vicina al centro storico, lasciando intuire che oltre quei confini non ci fosse regolamentazione, ed in effetti si può intendere proprio così. Nel 1934 fu fatta una prima legge urbanistica, prima di quella del 1942, che però non so perché viene praticamente ignorata. Il piano del 1932 rimase in vigore fino al 1964, ma in questo lasso di tempo fu implementato con una serie di piani di lottizzazione che piano piano presero quasi l'intero territorio comunale, ma comunque non tutto. La legge urbanistica del 1942 comunque, nella sua stesura iniziale, prevedeva che la licenza fosse obbligatoria "nelle zone urbanizzate o in quelle perimetrate nei PRG" e solo nel 1967, con la 765, la legge verrà modificata nella forma attuale secondo cui la licenza è obbligatoria su tutto il territorio comunale, anche in assenza di piano regolatore. Dunque anche qui, in pratica, fino al 1964, nelle zone esterne al prg, teoricamente sarebbero considerabili non abusivi gli immobili realizzati al di fuori di tali ambiti pianificati, ammesso che sia possibile certificare questa cosa.
      per quanto riguarda le planimetrie del 1939, secondo me è una sorta di "argine" temporale: consideriamo infatti che i progetti dell'800 potrebbero verosimilmente essere andati perduti visti tutti gli eventi sia bellici sia no che ci sono stati nel frattempo. Comunque, se si trova un progetto ante 1939, quello può far fede più del catastale stesso.

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    2. buongiorno a entrambi.
      vorrei aggiungere una cosa sulla questione della legittimità dei manufatti ante 1934/1939, e in particolare quelli che si collocano tra la fine dell'800 e l'inizio del '900.
      in febbraio ho avuto la fortuna di prendere visione degli elaborati grafici interni alla relazione del PRG di Roma del 1908/1909, prima di allora conoscevo di vista solo la tavola generale. documenti senza dubbio meritevoli anche sotto il profilo artistico.
      Nella relazione ci sono le tavole che sono fatte ovviamente su base cartografica e rappresentano i tessuti pianificati e quelli esistenti all’epoca.
      Ovviamente, siccome quasi sempre si ha a che fare con fabbricati su più livelli, alla cartografia del PRG bisognerebbe affiancare almeno la foto aerea, perché comunque è chiaro che dalla cartografia di PRG si vede solo l’impronta a terra.
      Premesso che come prova di legittimità “il progetto approvato” è superiore a tutto, secondo me anche questo tipo di documentazione può essere utile da sottoporre al comune. Per lo meno nei casi in cui è messa in dubbio la totalità del fabbricato. Forse questa casistica non è poi molto diffusa…comunque che ne pensate?
      Per quanto riguarda il catastale recentemente ho avuto modo di constatare che non sono sempre infallibili, perché mi sono imbattuto in un accertamento fatto dopo il 1940 e quindi inutile.

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    3. Intanto grazie per la risposta (i cui contenuti sono assolutamente condivisibili) e... si hai ragione: la trattazione meriterebbe un post dedicato. Sarebbe anche interessante riuscire in qualche modo a censire i diversi piani particolareggiati approvati fino all'adozione del PRG degli anni '60, e collocarli temporalmente, in modo da sapere da quale anno in ogni diversa zona era necessaria la licenza. Mi rendo conto che sarebbe un lavorone non da poco...

      Grazie ancora e saluti.

      P.S.: della storia delle camerette delle domestiche, che mi dici? La mia "versione" ti convince?

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    4. In realtà appunto c'è stata un epoca in cui gli ambienti non avevano una superficie minima (sebbene nei regolamenti edilizi, come ho scritto nel post, già da tempi non sospetti vigeva la norma che gli ambienti abitabili non dovessero avere meno di 25mc) e quindi si è abbondato di tali soluzioni. Anche quella del dichiararlo antibagno o zona lavanderia era una soluzione, poco elegante, magari, ma efficace.

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    5. salvo il fatto che sempre di abuso si tratta.

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    6. vorrei sapere perchè il regolamento edilizio del comune di milano stabilisce che una camera singola deve avere una superficie minima di mq 8 e a Roma 9?
      Io, come molti di noi, in una stanza inferiore ai 9 mq ci abbiamo vissuto e studiato.

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    7. non saprei, non conosco la realtà milanese. Il decreto sanità del 1975 comunque ha valore nazionale, ed impone la camera minima di 9mq.

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  4. Gentile Architetto, sono un collega.
    Mi trovo nella situazione in cui, nell'ambito di una ristrutturazione di civile abitazione, la stanza padronale risulta accatastata senza rispettare gli attuali rapporti aeroilluminanti.
    Nello specifico la finestra di questo ambiente rispetta la vecchia prescrizione di 1/10, essendo la suerficie finestrata pari a 1/9 esatto della superficie in pianta.
    Il progetto vorrebbe mantenere intatta la superficie di questa camera, e non avendo intenzione di ampliare la superficie della finestra vorrei un suo parere in merito.
    E' possibile presentare la scia mantenendo le condizioni attuali? Se si, come? La ringrazio anticipatamente per l'attenzione.

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    1. bisogna verificare se l'attuale configurazione planimetria è legittimata (con progetto o con catastale 1939), se lo è, non ci sono motivi ostativi ad indicare in pratica edilizia il mantenimento di quell'ambiente alle esatte e precise consistenze di progetto.

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  5. Buongiorno,
    anche io sono una collega che passa molto tempo ad effettuare le ricerche per le verifiche delle legittimità. Ho letto con interesse il post e vorrei chiedere dove si possono avere copie dei regolamenti che Lei cita ante 1934...sarebbe bene averne tutti una copia per sentirci meno ignoranti di fronte al tecnico di zona di turno quando cita le fanta-circolari-interne come se noi avessimo chissà quale colpa per non essere nati nel 1908 e non saperle...grazie se può aiutarci e buon lavoro

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    1. si trovano sparsi per le biblioteche romane: online c'è un modulo di ricerca per vedere dove sono collocati.

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  6. Ciao Marco, per quanto riguarda il recupero del sottotetto, leggendo sul blog e in giro su internet ho capito che qui nel lazio il minimo di altezza media per il recupero ai fini abitativi è 190cm. ME lo puoi confermare? Grazie

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    1. la legge 13/09 così prevede: sempre meglio leggere direttamente il testo normativo piuttosto che i post in giro, anche perché la legge è stata aggiornata un paio di volte ed all'inizio il limite era diverso.

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    2. Si ma cercando qua e là non ho trovato proprio la dicitura, però se anche tu me lo confermi, ti ringrazio, 190 cm è un'ottima quota media per sottotetto con funzione abitativa. grazie

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    3. legge regione lazio numero 13/2009, art. 3, comma 1, lett. b). qui c'è il form per aprire le leggi regionali http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglioweb/leggi_regionali.php?vms=107&vmf=19#.V3Uusdet-h5

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  7. Buongiorno Marco, essendo la legge del 1942 del 17 agosto, secondo te è possibile considerare una planimetria di impianto del gennaio del 1942 come licenza edilizia?
    Grazie

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    1. secondo me sì, purché l'immobile sia ante 1934 e sia irreperibile il progetto edilizio.

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    2. Il progetto edilizio è irreperibile ma l'immobile è stato realizzato probabilmente dopo il 1934...

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    3. se è irreperibile, dichiaralo tale per iscritto e fai valere il catastale 1942.

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    4. Sempre nello stesso appartamento è stata fatta una correzione al catasto per esatta rappresentazione grafica in quanto una finestra è spostata di circa un paio di metri rispetto alla planimetria del 42 all'interno di una stanza. Essendo la fila di finestre degli altri appartamenti tutte allineate e a detta del condòmino è sempre stata così dunque credo che quella variazione catastale sia stata fatta in modo corretto e che non serva effettivamente una dia in sanatoria in quanto la circolare 3/2006 dell'Agenzia delle entrate dice:

      "tale causale può essere utilizzata nel caso in cui si debbano correggere piccoli errori grafici che non comportano mutazioni nella geometria della u.i.u. e che non sia dipendente da lavori successivamente intervenuti e che comunque non dia luogo ad una nuova determinazione di rendita per l’unità, l’eventuale tardivo adempimento non è comunque sanzionabile (Agenzia del Territorio - circ. 3/2006 prot. 28334)"

      Pensi sia comunque necessaria la DIA in sanatoria per variazione della facciata esterna?

      Grazie
      Enrico

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    5. va visto in dettaglio, impossibile rispondere puntualmente su temi che andrebbero studiati. Spesso comunque basta una buona e nutrita relazione per giustificare delle difformità.

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  8. Buongiorno Marco, complimenti per il tuo blog sempre esauriente.
    Mi trovo a dover ristrutturare un appartamento a roma (Municipio I, centro storico- Esquilino). L'attuale bagno (certificato da pianta catastale del 1939) ha altezza m 2,05. Vorrei spostarlo di qualche metro rispetto alla posizione attuale ma non è possibile variare l'altezza del vano. E' possibile fare questa variazione senza avere l'altezza minima stabilita dall'attuale Regolamento Edilizio?

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    1. secondo me no, perchè le situazioni fuori norma sono ammesse solo finché rimangono identiche a come indicate in progetto o nel titolo legittimante. tuttavia in specifici casi possono consentire lievi modifiche: devi sentire il tecnico di zona.

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  9. scusami non riesco trovare il regolamento edilizio

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  10. Ciao Marco,
    dopo il RE del 1872 che arriva fino a tre chilometri dalle porte della città gli altri RE (escluso quello del 1934 che estende a tutto il Governatorato) hanno dei confini diversificati?
    p.s. stò tentando di ricostruire la vicenda della legittimità della preesistenza incrociando PRG e RE; poi ti invio il quadro che ne ricavo

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    1. si, il perimetro si è ampliato un poco nei RE successivi e poi nel 1912 definitivamente è stato ricompreso indifferentemente tutto il territorio comunale.

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  11. Buongiorno,
    Ho un dubbio riguardo ad un immobile realizzato negli anni '60 con regolare licenza ed agibilità. Questo immobile era l'appartamento del portiere, si sup. inferiore a 28mq (circa 20mq).
    Quello che mi chiedo, ma prima del DM del 1975 e della modifica del Regolamento Edilizio del 1978 (DCC 23 maggio 1978 n. 2470), quali erano le superfici minime e se esistevano.
    Ho provato a cercare il testo originale (del 1934) del RE ma non ho trovato niente in rete.
    Tu che hai avuto modo di vedere il testo aggiornato al 1949, l'articolo 40 che superfici riportava?

    Grazie.

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    1. non vi erano prescrizioni sulla superficie, nella versione del 1949. Si parla solo di cubatura minima (25mc) superficie finestra 1/10 ma comunque minimo 1mq; altezza minima 3 metri salvo che per i piani superiori al quarto, che potevano essere 2,80.

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  12. Buonasera architetto,
    sto ristrutturando un appartamento a Roma (municipio II) e vorrei recuperare lo spazio occupato da un piccolo bagno con finestra, eliminandolo e spostandolo altrove. Questo mi consentirebbe di avere due camere, il problema e' che pero' l'appartamento verrebbe dotato di un solo bagno, ampio ma senza finestra. Il mio quesito, al quale non sono riuscita ad trovare risposta e su cui spero davvero potra' aiutarmi, e' se un appartamento a Roma con un solo bagno senza finestra e' consentito dalla normativa. Mi sembra infatti che se da un lato il regolamento edilizio lo consente, il regolamento igiene vieta questa possibilita'. In altre parole, le due normative sono in contraddizione, e non sono ad ora riuscita a capire quale normativa "vince" sull'altra ... puo' aiutarmi? La ringrazio fin d'ora, cordiali saluti
    Roberta Serafini

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  13. Buonasera, architetto. A ROMA ho un edificio piccolo di 60 mq indipendente , zona porta furba di Roma, con pianta catastale del 1940 ma non si trova progetto. La piantina si può considerare come titolo autorizzativo. Insomma non considerare edificio abusivo?

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    1. occorre verificare di che epoca è questo fabbricato: se è antecedente al 1912 forse è possibile ritenerlo legittimato dal catastale 1940 (occorrerebbe comunque fare uno studio); in caso contrario, sarebbe comunque stato soggetto a licenza edilizia.

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  14. Ciao Marco,
    non so in quale post farti questa domanda...nel regolamento Edilizio i garages privati vengono velocemente liquidati come autorimesse, di cui poco è detto. La mia domanda è questa: può il garage privato di una villetta di nuova costruzione essere attrezzato con tinozzo e lavatrice? So che non deve essere dotato di bagno (anche se nel R.E. non c'è scritto neanche questo a dire il vero), ma mi rimane il dubbio per lavatrice e tinozzo e non vorrei che a fine lavori mi facciano storie. Grazie

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    1. un lavatoio va individuato come tale, e non ha la stessa destinazione d'uso di un autorimessa. Confermo che sul regolamento non ci sono indicazioni dirette su questo caso.

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  15. Buon Giorno Arch ho ereditato un piccolo appartamento,50mq, in un palazzo di Roma zona Piazza Re di Roma.Ora volendolo vendere ho rintracciato il progetto nell'archivio storico capitolino ed ho constatato che la situazione attuale mostra una superfice maggiore di circa 4mq rispetto al progetto,in quanto il costruttore a suo tempo spostò il bagno su un terrazzino fuori sagoma.Consideri che il progetto fù approvato nel 1929 e la costuzione fù completata prima dell'estate del 1930.Inoltre nell'estate del 1930 l'appartamento fù venduto dal costruttore ad un privato e nell'atto fù inserita una planimetria ,poi accatastata, che rispecchia l'attuale situazione.Inoltre prima della vendita fu rilasciato per tutto il palazzo e specificatamente per l'appartamento il certificato di abitabilità.Cosa mi suggerisce di fare per superare questo problema?

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    1. secondo me è una situazione da sanare o da ripristinare, posto che si tratta di una situazione ante 67 documentabile (dal catastale immagino): occorrerebbe vederla in dettaglio.

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    2. Grazie Arch.Marco per la risposta.Come posso fare per contattarla e fornirle tutta la documentazione in mio possessso?

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    3. può usare i canali di contatto nella pagina "chi sono - contatti". grazie.

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  16. Gentmo architetto. Mi trovo in una situazione strana: ho versato caprra epagato l'agenzia per immobile derivato da frazionamento e risultante accatastao fino al 2015 come di 47 mq( di cui 2 per balcomne) in realtà di 39 ( di cui 2 di balcone) come ora accatastato a seguito di lavoro sanato ma chiesto al Comune con istanza e progetto nel 1993che ha prodotto seguenti irregolarità: cucina su chiostrina, bagno nella cucina , cucina meno di 9 metri.Quindi il resto è un unico locale. Inoltre ora è abitabile da 1 sola persona e però ha la stssa rendita catastale del 2015....che mi consiglia?neppure la stanza di letto puo farsi sulla chiostrina che è una finestra stetta quindi non so se la luce è rispattata ( rapporto 2 per cento). Che mi consiglia? Grazie Valeria

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    1. non credo di aver compreso completamente la problematica, ma credo sia opportuno dare incarico ad un tecnico di valutare approfonditamente la situazione di questo immobile.

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  17. Buongiorno architetto, credo di conoscere un po' la situazione, giacché una decina di anni fa avevo fatto un'inchiesta in materia. Purtroppo mi sono stabilito all'estero e non ho a disposizione i materiali, andati in gran parte dispersi. Grosso modo posso affermare questo : 1 ) è vero che il regolamento edilizio del 1912 e quello successivo del 1924 nel testo originario disponevano che la licenza edilizia fosse obbligatoria in tutto il territorio del Comune di Roma, ma ci furono delle decisioni del Consiglio di Stato che annullarono questa estensione, lasciando in piedi l'obbligo della licenza per il territorio abitato, formulazione a cui ricorreva l'allora testo unico delle leggi degli enti locali del 1915 ; 2) il regolamento edilizio del 1934 ripristinò l'estensione dell'obbligo della licenza all'intero territorio comunale, e stavolta non ci fu censura da parte del giudice amministrativo, giacché nel 1935 fu emanata la legge sui terremoti che prevedeva l'obbligo della licenza in tutto il territorio nazionale (norma che sarà tacitamente abrogata dalla legge urbanistica n. 1150 del 1942); 3) le vicende dei "nuclei edilizi" fuori dal piano regolatore del 1931 è altra cosa : si trattava di prendere atto che alcune porzioni di territorio erano state oggetto di lottizzazioni edilizie prima che entrasse in vigore la regolamentazione prevista dalla legge del 1932 sul PRG 1931 ; per disciplinare il rilascio delle licenze edilizie in quelle zone (che fino ad allora era stabilito da una consuetudine) fu emanata una delibera (con allegate delle planimetrie) che non senza provocare contenziosi fu applicata fino all'adozione del piano regolatore del 1962.

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    1. grazie dell'intervento: se potesse fornire dei riferimenti in più rispetto a quanto afferma, soprattutto nel merito della successiva contestazione della validità della prescrizione da parte del Consiglio di Stato, ne farò tesoro.

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    2. Prego. Purtroppo non ho più nulla, dal 2017 vivo all'estero e mi sono liberato delle carte che conservavo a Roma. In ogni modo se si consultano gli opuscoli reperibile all'Archivio capitolino riportanti i testi dei regolamenti edilizi del 1912 e quello del 1924, la menzione della validità di detti regolamenti nell'intero territorio capitolino scompare. A braccio posso dirLe che mano a mano che il Comune (poi Governatorato) di Roma estendeva il perimetro del piano regolatore del 1909 (in un primo tempo con alcune varianti specifiche, poi, nel 1926, con una variante generale che non sarà mai approvata), l'obbligo della licenza era considerato esteso nei territori inclusi nella nuova perimetrazione (ad esempio la zona di viale delle Medaglie d'Oro, quella di Forte Braschi, eccetera). Detto questo, a Roma giuridicamente appare più logico considerare la generalizzazione dell'obbligo della licenza edilizia come decorrente dall'entrata in vigore del regolamento del 1934, e giustamente gli uffici capitolini si attengono a questa interpretazione, o almeno così era all'epoca in cui studiai la questione.

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    3. credo di aver trovato il riferimento che cita, ed ho modificato il testo del post in ragione di ciò. il Consiglio di Stato in effetti originariamente obiettò che il regolamento non poteva estendere la sua validità oltre i confini dell'abitato o di quelli del piano regolatore ma, proprio perché questa era una precisa volontà governativa, il regolamento del 1912 fu subito affiancato dalla L. 1522/1911 che disciplinava proprio l'obbligo di licenza anche oltre i confini del piano regolatore, con regole specifiche, così da venire incontro alle questioni sollevate dagli Ermellini. Ringraziandola ancora per il contributo, la invito a verificare se era questo il tema che lei ricordava.

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    4. Mi permetto di dissentire, in realtà il "regolamento speciale edilizio" del 1911 NON è un regolamento edilizio. Quel regio decreto contiene le norme tecniche di attuazione del PRG 1909, e non impone l'obbligo della licenza edilizia fuori del perimetro del PRG 1909, ma detta delle norme piuttosto generiche relativamente alla possibilità di costruire al di fuori di detto perimetro (norme che andranno ben presto vanificate). La sentenza del Consiglio di Stato che Lei cita non ha nulla a che vedere con le sentenze a cui facevo riferimento (e i magistrati amministrativi non indossano la toga). Detto questo, con la recente, ennesima riscrittura del Testo Unico dell'edilizia (articolo 9-bis, comma 1-bis) si è tentato di affrontare il dilemma, ma la norma è confusa, starà alla giurisprudenza dare dei chiarimenti.

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  18. Gentilissimo Marco.
    Mi sorge un dubbio. Da visura progettuale al dipartimento mi accorgo che in un edificio ogni appartamento ha una stanza che varia tra i 6 e i 7 mq con finestra riportando la dicitura "guardaroba". il progetto è stato approvato nel 65 e l'edificio ad oggi si presenta conforme se non per alcune piccole opere interne (che non impattano su tali stanze) ed una finestra realizzata come porta finestra come nel mio caso sto provvedendo a sanare in scia art. 36. Il dubbio è: tali stanze sono legittime? da quando nel RE di Roma compare la specifica art. 42 sulle superfici dei ripostigli con finestra? La domanda sorge perché nel DM 75 non ho traccia di questa indicazione ma ritengo che non sia cogente nel RE dal 1934 altrimenti avremmo centinaia di appartamenti legittimati con delle situazioni che di fatto sono in contrasto con il RE. Grazie.

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    1. quegli ambienti sono da ritenersi legittimi finché mantengono la destinazione impressa dal progetto, cioè "guardaroba". la dicitura sugli ambienti superiori a 4mq con finestre dovrebbe fare la sua comparsa nel RE negli anni 80.

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    2. Perfetto... pertanto presentando in scia art 36 la situazione non variata per quell'ambiente oltre a riproporre la medesima dicitura non possono contestarmi che ad oggi tale configurazione non sia legittima... perché il dubbio mi sorge proprio per il principio dell'art. 36 (doppia conformità che ad oggi non è riscontrata di fatto) pur andando a sanare una banale finestra in tutt'altro ambiente dell'unità. Grazie come sempre dello splendido ausilio. PS Ho comprato il libro... strepitoso! complimenti!!!

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  19. Buongiorno Marco. Non mi è chiaro cosa si intende per "occlusione esterna" in merito alla superficie della finestra che poteva essere pari a 1/10 oppure 1/15 della superficie. Non doveva avere persiane?
    Grazie Carlo Ragaglini

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    1. per occlusione esterna secondo me intendono un fabbricato o altra costruzione posto lungo la normale

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  20. Buonasera Marco,
    Ho un quesito da porle su un appartamento in centro storico derivante da un frazionamento del 1970, come da registrazione catastale e riportato nell'atto di compravendita del 1975.
    Secondo lei è sufficiente l'atto catastale per legittimare il frazionamento, fatto nel 1970? O a quei tempi serviva un atto comunale, (tipo DIA o CiLA dell' epoca, per intenderci) per avviare i frazionamenti?
    La ringrazio per il tempo che mi potrà dedicare
    Buona serata

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    1. il frazionamento deve essere sostenuto da idoneo titolo edilizio: all'epoca era necessario dotarsi di una licenza edilizia per un frazionamento, che era considerato opera molto invasiva.

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  21. Buonasera Marco. Mi trovo di fronte ad una piccola unità (19 mq) frutto di un frazionamento che, stando ai primi documenti non risulta mai legittimato da titolo edilizio ma solo in catasto. Ora essendo stato fatto prima del 75 ( si evidenzia una pln catastale del 70 con il frazionamento già eseguito) di fatto la sup. sarebbe pur legittima anche se inferiore a 28 mq ma se il frazionamento non è mai stato legittimato vengono a mancare ad oggi i presupposti per sanarlo con visto in mancato sussistere della doppia conformità di cui all'art. 37. Peraltro la seconda porzione frutto di frazionamento è proprietà condominiale pertanto difficilmente si può pensare ad un ripristino dello stato dei luoghi. cosa ne pensi?

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    1. è un caso limite e tendenzialmente infattibile. l'unica strada che puoi provare a valutare è quella di sanare in CILA (se ne ricorrono i presupposti) che non prevede il meccanismo della doppia conformità ed evocare l'art. 10 comma 2 DL 76/2020. è più no che sì, però.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.