giovedì 31 gennaio 2013

la parziale difformità dal titolo edilizio: quel 2% che qualcuno chiama un nuovo condono

Qualcuno - secondo me erroneamente - sostiene che l'aver introdotto nel DPR 380/01 all'art. 34 questo concetto 
"non si ha parziale difformità dal titolo abilitativo in caso di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali
si traduca in una sorta di condono mascherato. Io sono di parere contrario, e in questo post vorrei dire come la penso in merito, cercando di dare una guida per la più corretta interpretazione della questione.
post aggiornato a marzo 2018. sullo stesso tema, e con argomentazioni anche differenti, trovate anche questo altro post, più recente ed aggiornato a novembre 2018, che contiene anche riferimenti a sentenze del Consiglio di Stato.
Anzitutto, la breve storia di questa modifica: la legge 106/2011 ha introdotto un ulteriore comma all'art. 34 del DPR 380/01 che recita come virgolettato prima. Qualcuno potrebbe subito sobbalzare sulla sedia pensando che quindi è virtualmente già legittimata la verandina abusiva con cui fu chiuso il balconcino di casa: di fatto la legge ci sta dicendo che non rappresenta una parziale difformità dal titolo abilitativo quelle modifiche di volume o sagoma che non eccedono il 2% dei valori "autorizzati" nel progetto o nella originaria licenza di costruzione. A leggerla così, a se stante, la frase potrebbe prestare il fianco a diversi utilizzi poco leciti della definizione, ma vedrete da soli che inquadrandola correttamente nel quadro normativo tutto viene drammaticamente ridimensionato.

Anzitutto, l'art. 34 fa parte del capitolo "sanzioni" del TUE, e non del capitolo relativo ai titoli abilitativi. Quindi stiamo parlando, sostanzialmente, di un qualcosa da tenere presente quando si è già entrati nel sistema sanzionatorio e non in quello autorizzativo. Prima di addentrarci nei ragionamenti logici conviene riportare per intero l'art.34:

1. Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.
2. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 22, comma 3, eseguiti in parziale difformità dalla denuncia di inizio attività.

(comma aggiunto dal d.lgs. n. 301 del 2002)

2-ter. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali.

(comma introdotto dall'art. 5, comma 2, lettera a), legge n. 106 del 2011)

Dunque leggendo già il comma 1 si capisce l'ambito: siamo nel caso in cui sia stata accertata dalle autorità una difformità dal titolo abilitativo (che appunto può essere rappresentata dall'aver realizzato l'immobile con misure diverse - generalmente eccedenti - da quelle di progetto), violazione che deve essere "punita" con la demolizione degli elementi realizzati in difformità. Dunque il nuovo comma 2-ter introduce invece il concetto che se le difformità sono contenute all'interno di una tolleranza del 2% non stiamo parlando più di difformità e quindi decade l'azione repressiva.

L'interpretazione da me formulata, e cioè che il dettame normativo citato NON possa essere utilizzato come sanatoria, nè più in generale come tolleranza da utilizzarsi, per esempio, nella verifica della conformità urbanistica del pregresso, coincide con quanto viene affermato nella sentenza della Corte di Cassazione III penale n°15228/2017 in particolare al punto 3.3 del diritto:


3.3. La cd. "soglia di tolleranza" di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, comma 2-ter, si applica esclusivamente all'intervento e alle opere così come realizzati e costituisce unità di misura percentuale della eventuale variazione tra ciò che è stato assentito (che normalmente corrisponde allo "stato di progetto") e quel che è stato realizzato; tale criterio non si applica anche al modo con cui deve essere confezionato lo "stato di fatto" di progetto. Lo "stato di fatto" deve rappresentare fedelmente la realtà che prevale sempre sulle (eventualmente) diverse risultanze catastali, ciò perchè oggetto di valutazione, in sede urbanistico-edilizia, è l'immobile nella sua consistenza effettiva, non in quella catastale. E' perciò del tutto errata la tesi difensiva secondo cui la corrispondenza deve sussistere tra lo "stato di fatto" di progetto e le planimetrie catastali che, come noto, non sono fidefacenti e proprio per questo sono soggette a continue revisioni e aggiornamenti. [...].

C'è comunque da notare un inviluppo della norma stessa: i successivi famosi articoli 36 e 37 del TUE, quelli che consentono di "sanare" eventuali situazioni abusive, ammesso (e non concesso) che siano legittimamente autorizzabili, sanciscono che essi possano essere attuati solo in caso di "totale o parziale difformità dal titolo edilizio": ciò significa che se siamo all'interno del 2% della tolleranza, tecnicamente non potremmo ricorrere all'accertamento di conformità, e rimarremmo dunque in un "limbo" in cui non abbiamo nè la conformità delle opere nè la possibilità di sanarle ex artt. 36/37. Analogamente, però, se eccedessimo dal 2% potremmo sì ricorrere all'accertamento di conformità (sempre, ripeto, ammesso che sia fattibile, e quasi mai lo è soprattutto in caso di ampliamenti e meno che mai di nuove costruzioni), ma parallelamente saremmo passibili delle sanzioni del caso (che sono sia pecuniarie che penali, si veda il successivo art. 44 TUE).

Questo "limbo" comunque non prevede l'applicazione di nessun tipo di sanzione nè può prevedere l'ordine di demolzione in virtù di quanto esposto nello stesso art. 34. Quindi forse una qualche ragione c'è nei ragionamenti di chi sostiene che si tratti di una specie di condono: di fatto, il fare il più classico degli abusi, ovvero il chiudere a veranda il balconcino, se il volume ricavato è pari od inferiore al volume dell'unità immobiliare cui è annesso, non comporta alcun tipo di sanzione, nè amministrativa nè penale. Certo rimane il fatto che non è sanabile in alcun modo (e, quindi, ecco perché secondo me non è un condono) e che quindi finchè sussiste la verandina, l'immobile non sarebbe vendibile nè locabile (dato che negli atti è necessario dichiarare espressamente la legittimità delle preesistenze, ed in questo c'è un concorso di responsabilità anche da parte del notaio), ma certamente è "utilizzabile" dal proprietario, il quale si può godere lo spazio ulteriore sempre con la necessità di ripristinare lo stato dei luoghi originari in caso di futura vendita.

Per concludere, l'"unità immobiliare" secondo l'attuale normativa si identifica, in caso di appartamento o di locale commerciale, seguendo il subalterno catastale che la identifica. Non è quindi l'intero condominio, ma può essere l'intero fabbricato se esso non è frazionato in più unità immobiliari (p.e. in una villa unifamiliare il concetto di "fabbricato" e quello di "unità immobiliare" coincidono). La superficie alla quale si fa riferimento invece è generalmente la "superficie utile lorda", quella calcolata quindi ricomprendendo lo spessore delle murature (fino a 30cm di profondità per Roma) e ulteriori dettagli per i quali vi rimando alla lettura delle stesse NTA del PRG che la descrivono abbastanza chiaramento.

Sull'argomento vi linko volentieri quest'ottimo post trovato su un blog legale, scritto con grande competenza. 

In questa pagina invece potete scaricare il testo del DPR 380 coordinato con la legge citata (e anche con una ulteriore legge più recente, oltre che con tutte le altre leggi che nel tempo lo hanno modificato ed integrato). 
 

40 commenti:

  1. Buonasera Marco,
    spero che riesci a darmi un consiglio per una pratica di condono che devo seguire:
    si tratta di un immobile a roma per il quale è stata richiesta la concessione in sanatoria L47/85 per cambio di destinazione d’uso della soffitta in studio e apertura finestra nello stesso vano.
    Il committente a seguito di una permuta tra familiari, ha ricevuto una lettera dall’ufficio condono per integrare la documentazione della pratica stessa che risale al 1986.
    Io ho eseguito visione e copia del fascicolo che risulta privo di planimetrie ma riporta solo i bollettini pagati e una fotografia della finestra.
    Nella lettera del comune si richiede integrazione della documentazione con elaborato grafico nel quale si deve riportare superficie e volume dell’abuso.
    Ho verificato che la planimetria catastale, che risale all’epoca dell’abuso, non è conforme allo stato dei luoghi. Le differenze riguardano piccoli spostamenti dei tramezzi interni (effettuate dal mio committente), e dimensioni delle superfici finestrate che risultano più piccole e in posizioni leggermente spostate rispetto la planimetria catastale (non eseguite dal mio committente)
    Quindi oltre la finestra della soffitta/studio non sono state apportate altre modifiche ai prospetti quindi c’è una inesatta rappresentazione grafica che il precedente tecnico non ha però rilevato.
    Ho chiesto copia del progetto originale, ma non so quando avrò modo di visionarlo, a questo punto vorrei capire come sarebbe più corretto muovermi secondo te.
    Grazie in anticipo
    Francesca

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    1. se vuoi seguire pedissequamente la legge, dovresti fare una CILA in sanatoria al muncipio ed allegarla alla domanda di condono, assieme ad una planimetria esatta che rappresenta l'attuale stato dell'immobile, dove indicherai le differenze soggette a sanatoria e le differenze che tu hai appurato essere meri errori di rappresentazione.

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  2. Grazie Marco,
    della risposta immediata, scusa del doppio post solo che sono un pò preoccupata dei costi..a cui il committente, che è un conoscente, non è preparato
    A presto
    Francesca

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  3. Buonasera Marco, per ampliare la cucina di un appartamento come si calcola il contributo straordinario di urbanizzazione? Devo calcolare gli standard urbanistici?

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    1. va considerata come se fosse nuova edificazione: negli altri miei post trovi come calcolare l'onerosità.

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  4. Buonasera Marco,
    ho un quesito da sottoporti. Mi trovo alle prese con una unità immobiliare leggiitimamente costruita, che presenta una difformità in pianta inferiore al 2 % della superficie lorda totale.
    In comune mi hanno chiesto di consegnare un permesso di costruire in sanatoria (pagando una sanzione di 516,00€) indicando nell'elaborato progettuale la
    parte difforme e citando l'art. 34 comma 2-ter.
    La mia domanda è questa: nel momento in cui la sanatoria andrà a buon fine, l'intera unità immobiliare sarà in regola per una successiva vendita e una manutenzione straordinaria?
    Grazie in anticipo

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    1. sì diventerà tutta legittima. ma la procedura secondo me non si può usare per sanare in questo modo. in ogni caso bisogna pagare le oblazioni.

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  5. Ti ringrazio per la risposta. Posso chiederti quale procedura utilizzeresti per portare a buon fine la pratica? Grazie ancora....

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    1. gli ampliamenti non sono sanabili, la cosa piu sicura è il ripristino o l'acquisizione di cubatura sottraendola da altre parti

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  6. Salve, dovrei redigere una pratica in sanatoria di un immobile che è stato realizzato in difformità dal permesso di costruire. Tale immobile è stato realizzato con parametri non eccedenti quelli consentiti dagli standard del tempo, ma eccede quelli prescritti dal subentrante e successivo prg. Tale difformità agli attuali strumenti urbanistici comunali si riscontra esclusivamente, in un'aumento delle volumetrie in quanto la superficie coperta realizzata è inferiore a quella autorizzata(e quindi legittima) ma l'altezza interna di 3,30 e i 40 cm tra solaio di copertura e piano di imposta a +10, hanno notevolmente incrementato i volumi. Al contempo il vigente Prg ha portato dal 0,8 allo 0,5 il volume utilizzabile. Mi chiedevo pertanto alla luce della notevole cifra necessaria a sanarla, se in questa situazione sia normale pagare l'intera sanzione al doppio per le parti in eccedenza pur non avendo un reale aumento di superficie utile, o se in casi come questo ci sono degli importi forfettari?

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    1. la norma regionale prevede degli importi forfettari solo in alcuni casi, secondo me non ascrivibili al suo. comunque la questione è complessa, non posso dare un giudizio sulla base di questi pochi elementi.

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  7. buonasera, ho un quesito sulla difformità parziale. il mio cliente doveva vendere una casa dopo aver riportato allo stato di progetto il fabbricato ovvero il fabbricato presentava delle difformità in quanto nel progetto e nell'accatastamento nel piano seminterrato cè un vano con destinazione scannafosso non accessibile tutto chiuso....
    Al preliminare viene versata una caparra di 45000 E con una notula di legge dove si dice che se il rogito non fosse stato stipulato la caparra veniva trattenuta.
    Il mio cliente ha richiuso la porta nei tempi stabiliti ma all’acquirente non è stato erogato il mutuo per poter acquistare la casa quindi il mio cliente dopo un’anno a venduto il fabbricato ad altri .
    Adesso cè una causa in quanto i primi acquirenti rivorrebbero la caparra dato che detta loro la porta non sia stata chiusa per il giorno del rogito (giorno alla fine mai deciso in quanto non erogandogli il mutuo non è mai stato fissato l’atto).
    Il giudice adesso chiede :
    verifichi se le porte che permettevano l’accesso all’intercapedine posta al piano seminterrato siano state chiuse e, in caso positivo, se risulti dagli atti, in quale data o epoca e, in particolare, se prima o dopo il
    30.9.2013; (DATA ULTIMA PER COMUNICARE IL GIORNO DEL ROGITO)
    verifichi comunque se l’esistenza delle porte di accesso all’intercapedine, di per sé sola, ostacolasse l’alienabilità giuridica del bene sotto il profilo urbanistico-edilizio.”

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    1. è un caso complesso non credo di aver capito molto bene la vicenda: se erano assenti delle porte invece previste in progetto, per l'accesso ad un locale tecnico, questa difformità è comunque rilevante a livello urbanistico ma non credo tanto rilevante da poter giudicare inalineabile un immobile. forse è anche un problema di servitù.

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    2. è un po' complessa la questione in pratica se l'immobile è "vendibile" anche con queste piccole difformità dalla sanatoria . In pratica nell' accatastamento e nella sanatoria non sono presenti due porto che accedono allo scannafosso.


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  8. Visto che il post è stato aggiornato, aggiungo una riflessione.

    Mi sembra che non si stia cogliendo il senso del comma 2-ter dell'art.34 nell'intenzione del legislatore, che stavolta a me sembra piuttosto palese.

    L'intento a parer mio non è di rendere "indirettamente tollerabile" la realizzazione di una veranda su di un balcone di 2 mq in un appartamento di 100 mq.. In tal caso si configura difformità parziale (che potrebbe non essere considerata una "variazione essenziale" solo in virtù del ridotto incremento di cubatura) semplicemente perchè planimetria dello "stato di progetto" autorizzato/depositato non corrisponde con lo stato di fatto...

    Il senso del comma 3 è, a parer mio, di introdurre una tolleranza percentuale "sulle misure progettuali" (cito) tra il progetto e la realtà che comunque devono corrispondere nel numero, conformazione e disposizione degli elementi.

    Su di una lunghezza di 10 metri il 2% corrisponde a 20 cm, cioè 10 cm per lato... Una tolleranza dimensionale che mi sembra più che plausibile riscontrare tra un progetto disegnato magari a mano in scala 1:100 negli anni 50 e lo stato reale dei luoghi realizzato magari con operazioni di tracciamento non proprio precisissime.

    Ragionando in questi termini nessuno stato di fatto è mai pienamente conforme con il progetto depositato e la norma ci dice solamente che entro il 2% di scostamento in +/- delle misure progettuali si rimane nel campo dell'errore di misura fisiologico. (Un pennino da 0.8 in scala 1:100 sono 8 cm...)

    Quindi l'unica interpretazione possibile a parer mio è: lo stato di fatto deve corrispondere nella sostanza a quanto depositato con il titolo abilitativo, fatto salva una tolleranza dimensionale (tra rilievo, disegno, realizzazione..) del 2% che non costituisce difformità e di conseguenza proprio non deve essere considerata (tanto meno sanata).

    Anche perchè a me non è mai capitato di fare un rilievo dello stato di fatto e riscontrare esattamente le misure riportate ne nel progetto originario ne tantomeno nei titoli successivi.
    Che si fa ? si demolisce tutto ?

    Saluti.

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    1. Le parole della norma sono esatte e specificano che al di sotto di tale soglia non si ha difformità essenziale. Dunque la difformità resta, ma segue un diverso regime punitivo. Le sentenze sul tema seguono questa direzione. In caso di difformità, anche entro il 2%, si tratta di abuso edilizio. Ciò provoca evidentemente dei problemi nel fare le nuove istanze, ma interpretare questo aspetto non compete a noi tecnici.

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  9. Salve, il 2% vale anche per i 14 mq di superficie di una camera matrimoniale?

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  10. Buon giorno Architetto,Le volevo chiedere.se a Suo parere un aumento di cubatura inferiore al 2% ( per ampliamento a scapito della superficie del terrazzo) , realizzato dopo il 2011, che secondo la normativa vigente non costituisce illecito edilizio e quindi non passibile di demolizione e che inoltre non preclude all’appartamento là commerciabilità, (il che dimostrerebbe per converso il mantenimento della doppia conformità necessaria nelle transazioni immobiliari),, ( come peraltro da Lei scritto nei post che si sono succeduti negli anni), pur non rilevando NEANCHE una “ parziale difformità “, modifichihi lo status di doppia conformità preesistente alla realizzazione del manufatto.
    Anche dal punto di vista letterale la doppia conformità dovrebbe permanere non sussistendo, ex legge, abuso edilizio.
    Quale è laSua opinione? Desidererei dividere l’immobile ma in assenza di doppia conformità la procedura mi è preclusa; il tecnico cui mi sono rivolto non ha saputo darmi una risposta certa perché mi ha detto che non gli era mai capitato un caso simile.L’immobile insiste nel XI Municipio.
    Mi scusi se sono stata prolissa ma mi sembrava necessario per spiegare la situazione.
    La ringrazio fin da ora per la risposta che vorrà darmi.



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    1. secondo me inficia sulla commerciabilità, pur rimanendo un abuso "non perseguibile" (ma va visto caso per caso), ma pur sempre scaturente una non conformità. Occorrerebbe riportare l'immobile allo stato autorizzato, almeno come superficie lorda totale.

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  11. Buon giorno Architetto, qualche giorno fa mi è capitato di leggere che la legge 24 Luglio 2018 n. 89 ha elevato dal 2% al 5% la percentuale di cui al comma 2 ter dell'art.34 del D.P.R. 380 del 2001;a suo parere la nuova percentuale è efficace dal 2001 ( data del D.P.R.), dalla pubblicazione della legge 106/2011, che ha introdotto l'art. 2 ter, o dalla sopra citata legge del Luglio 2018? Grazie per la cortese risposta

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    1. la legge 89/18 si applica solo ai territori espressamente ivi citati, e non in generale a tutto il Paese. la soglia del 5% pertanto a mio modesto parere si deve riferire solo nell'ambito di applicabilità dei territori colpiti da terremoto e all'interno delle relative procedure repressive eventualmente in essere.

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  12. E' vero che la modifica è inserita nel decreto pro terremotati ma è altrettanto vero che la modifica del comma 2 ter, cosi come evidenziato nel testo unico, sembrerebbe avere carattere generale.

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    1. non mi sembra condivisibile questa affermazione: la norma è chiara nello specificare l'ambito applicativo.

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  13. Salve arch. Campagna,
    proprio oggi mi è stato dato un diniego all'art.34 comma 2 ter. trattasi di apartamento che è stato stretto nella zona di confine con altra uiu perdendo mq e ampliato in facciata riacquisendone in più e comunque rientrando pienamente nel 2% di incremento SUL....tutto questo fatto dal costruttore nel 1960. Il municipio non vuole rilasciare determina asserendo che la superficie in meno, visto che è interna e di confine, non può essere messa nel conteggio in quanto assentita da progetto...conteggiando solo quella "ampliata" in sagoma ovviamente sono fuori il 2%.
    A me non sembra un'interpretazione corretta della legge in quanto si parla di incremento di superficie per singola unità immobiliare e quindi l'incremento della stessa rispetto alla SUL dello stesso appartamento assentita da progetto.
    ...o forse sbaglio io
    grazie,
    Simone S.

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    1. posto che come detto secondo me il 2% non è un margine entro cui poter sanare, mi sembra logico poter "sottrarre e aggiungere".

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  14. Buongiorno architetto. Sto procedendo ad una scia in sanatoria per scala interna eseguita senza permesso in appartamento, ma facendo visura del fascicolo precedente ho notato errori formali del tecnico con misure interne errate fino a 1 mt su larghezza reali. Come mi devo comportare?

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    1. può darsi che rappresentino delle difformità le quali, se del caso, vanno gestite prima di presentare un nuovo titolo.

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  15. Buongiorno architetto,
    poichè il 2% si riferisce a superficie coperta, quale ritiene possa essere la procedura da seguire per una difformità su un piccolo balcone che, rispetto al progetto approvato dove risultava di forma trapezoidale, è stato invece costruito di forma rettangolare? Grazie

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    1. i balconi non sviluppano SUL quindi non si pone, a mio avviso e salvo casi particolari, il problema della SUL.

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  16. salve a tutti, nel mio caso altro che il 2%... verifiche alla mano in una vendità è risultato che il progetto originale del 1956 riporta 2 mt. in meno dull'intero lato dell'edificio, per intenderci il cstruttore si è brillantemente allargato di 2 mt. rispetto alla concessione.. Secondo voi che si fa?

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    1. è evidentemente una situazione di grave difformità, a mio parere molto difficile da gestire in accertamento di conformità. provi a relazionarsi con l'ufficio tecnico municipale.

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  17. Buongiorno Architetto Campagna.
    Le scrivo per sottoporle un quesito al quale non sono riuscito a dare risposta leggendo i molti post del suo blog.
    Il proprietario di un piccolo appartamento a Roma al piano terra, acquistato nel 2012 direttamente dal costruttore, intende ora venderlo. Si è però accorto che nella planimetria catastale è erroneamente disegnata una finestra in corrispondenza della parete che separa l’appartamento da un vicino box di un altro proprietario. Questa finestra tra le due unità immobiliari ovviamente non è mai esistita. Il costruttore, interpellato dal mio cliente, ha confermato che lo stesso errore grafico era stato riportato nei disegni di progetto allegati alla pratica edilizia. La planimetria catastale è la planimetria del permesso di costruzione sono quindi conformi tra loro, ma non con lo stato di fatto realizzato. Il costruttore, che nel frattempo non svolge più attività di impresa, ha consigliato di rivolgersi ad un tecnico per regolarizzare la situazione prima di procedere alla stipula della compravendita.
    Le chiedo se nel caso in questione è sufficiente presentare un docfa per errata rappresentazione dei luoghi oppure è necessario regolarizzare anche la conformità urbanistica ? In questo secondo caso, si può ricorrere alla presentazione di una CILA, riferita al solo appartamento, per manutenzione straordinaria ?
    Grazie anticipatamente per la sua disponibilità.

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    1. se la finestra è riportata anche nel progetto allegato alla licenza, a mio parere bisogna ripartire da quello, sanando prima l'avvenuta tamponatura "virtuale" della finestra e solo successivamente aggiornare la planimetria catastale.

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    2. Sì, la finestra è riportata anche nel progetto allegato al PdC del 2012. Per sanare l'avvenuta tamponatura "virtuale" della finestra intende dire che andrebbe presentata una CILA in sanatoria? Siccome la situazione che si è creata non è dipesa dall'attuale proprietario, sarei dell'opinione di presentare una CILA ordinaria per manutenzione straordinaria. Qual'è la procedura più idonea?
      Grazie

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    3. al di là delle recentissime innovazioni alla norma, che inserisce le variazioni di prospetto almeno in SCIA (c'è un recente post apposito alle innovazioni apportate dal DL 76/20), suggerirei di operare mediante SCIA alternativa.

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  18. Buongiorno, differenze non di posizione ma di dimensione di alcune finestre su 3 pareti di villa unifamigliare, preservando i rapporti aeroilluminanti, costituisce difformità da sanare con SCIA alternativa o P.d.C?

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    1. se ricade in RE pesante si può procedere anche con SCIA alternativa (art. 10 comma 1 lett. c), comunque viste le innovazioni alla norma, potreste anche ricadere nelle casistiche semplificate: ho scritto un post apposito più recente.

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  19. Buongiorno. Nel 2001 ho acquistato un immobile di due piani adiacente ad un altro già di mia proprietà, in seguito fusi in un unico immobile a livello catastale (non risulta quindi come seconda casa) . I due immobili sono serviti e collegati tra loro da una scala centrale in muratura che ha la porta di ingresso nel cortile al piano terra. L’immobile è degli anni 60 ma nel corso degli anni sono state apportate delle variazioni regolarmente denunciate . Ora è emerso che l’unica scala esistente non è a norma in quanto i gradini sono alti 19 cm mentre il regolamento comunale prevede un massimo di 18, inoltre una rampa di scale ha una larghezza di 110 mentre l’altra di 90cm. Ovviamente non è possibile abbatterla per rifarla, vorrebbe dire abbattere anche la soletta al piano superiore con il risultato che poi la scala partirebbe a ridosso delle porte senza un pianerottolo , per non parlare poi dei costi ... inoltre abbattendola andrebbe ricostruita secondo le normative vigenti e in una larghezza di 2 metri non sarebbe fattibile . Secondo il geometra non è sanabile ma in questo modo non potei neppure rivendere l’immobile . Sto inoltre cercando di accedere al super bonus e questa difformità mi blocca la pratica . Pensa possano esserci soluzioni alternative ? Grazie .

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  20. Buongiorno Marco,si parla tanto di tolleranza ammissibile entro il 2% ma esiste una formula particolare da rispettare per fare tale verifica? Se ho la superficie realizzata di 66.76mq e la superficie approvata di 65mq, rientro nel 2%? Quale è il calcolo che devo fare per dimostrarlo?

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    1. la norma usa parole di riferimento generale ma precise: il 2% si applica a tutte le misure progettuali (quindi anche la superficie) e fanno riferimento alla singola unità immobiliare. 66,76 è oltre la soglia del 2% rispetto a 65, dunque si tratta di una difformità non riconducibile alle tolleranze.

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Grazie per il commento. verifica di essere "nell'argomento" giusto: ho scritto diversi post su vari argomenti, prima di commentare controlla che il quesito non sia più idoneo ad altri post; puoi verificare i miei post cliccando in alto nel link "indice dei post". I commenti inseriti nella pagina "chi sono - contatti" non riesco più a leggerli, quindi dovrete scrivere altrove: cercate il post con l'argomento più simile. In genere cerco di rispondere a tutti nel modo più esaustivo possibile, tuttavia potrei non rispondere, o farlo sbrigativamente, se l'argomento è stato già trattato in altri commenti o nel post stesso. Sono gradite critiche e più di ogni altro i confronti e le correzioni di eventuali errori a concetti o procedure indicate nel post. Se hai un quesito delicato o se non riesci a pubblicare, puoi scrivermi in privato agli indirizzi che trovi nella pagina "chi sono - contatti". Sul blog non posso (e non mi sembra giusto) pubblicare le mie tariffe professionali: scrivimi un email per un preventivo senza impegno. Grazie.